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[Eat local]

 


L'appello di Lorenzo Dellai, di recente rieletto per la terza volta alla guida della Provincia autonoma di Trento, rappresenta un atto politico significativo. E' la prima volta che un politico di grosso calibro si appella direttamente ai consumatori affinchè sostengano la "filiera corta" e abbraccino il concetto di Eat local.

Va detto, però, che fino ad oggi, la Provincia di Trento ha spinto in ben altre direzioni.  Sia con Melinda che con la fragola di Sant'Orsola che con il vino e gli spumanti (ma anche con i formaggi) si sosteneva sino a ieri la prospettiva della globalizzazione. Viene il sospetto che l'appello al buy local sia a beneficio di un settore zootecnico e lattiero-caseario in crisi profonda e che si intende puntellare con decine di milioni (a copertura dei clamorosi "buchi" di bilancio della più grande struttura trentina: il caseificio di Fiavè). Sollevando un po' le sorti commerciali del comparto lattierio-caseario ed evocando una "crisi senza precedenti" si spera  che questi aiuti massicci non vengano contestati più di tanto, nonostante che essi tentino di "sanare" le conseguenze di un modello zoocaseario sbagliato e non solo errori di gestione.

L'appello di Dellai, però, potrebbe essere ripreso anche da altri presidenti di regioni ordinarie ed autonome con la consegienza che i comparti "forti" dell'agro-alimentare trentino (che dipendono in gran parte dalle esportazioni sul mercato nazionale) potrebbero vedere contratto il proprio mercato.  Del tutto legittimamente Galan potrebbe invitare i veneti a consumare prodotti veneti (in parte il Veneto lo fa già con la legge regionale del km0), Formigoni a consumare prodotti lombardi ecc.

Nel caso delle mele (Valtellina) e delle "bollicine" (in particolare quelle oltrepadane) le cooperative di produttori lombardi hanno anche qualche ragione per lamentare una concorrenza non proprio ad armi pari con Melinda, Mezzocorona ecc. Basti pensare alle milionarie campagne Melinda e alla faraonica cantina del Rotari per capire che da quelle parti gli appelli di Dellai saranno certamente condivisi e tradotti in inviti a comprare Melavì (la "parente povera" di Melinda) e le "bollicine" lombarde (queste, invece, con 2 Docg).

Tuto ciò non deve portare a una guerra micronazionalistica, ma, al contrario, deve fare riflettere come la "filiera corta" lungi dall'essere uno slogan di facile ... consumo, rappreseneti l'occasione per parlare ovunque, di monocolture e dei loro impatti ambientali e dell'esigenza di despecializzare, deindustrializzare, diversificare e, noi non ci vergognamo di dirlo, ri-contadinizzare l'agricoltura.

La specializzazione e le monocolture non giovano neppure al Trentino dove in alta val di Non, ma non solo, la zootecnia continua a regredire. Il principio buy local deve valere anche per i comprensori e non solo su scala di grandi entità politico-amministrative (regioni, provincie). La zootecnia trentina paga per una concentrazione produttiva che forse è andata al di là del ragionevole. Per inseguire le economie di scala a livello industriale di sono dilatati i costi della raccolta del latte e della distribuzione. Intere grandi vallate sono senza stalle e qui devono arrivare i "camioncini" da lontano. Senza contare che "comprare locale" significa mettere a disposizine un "paniere" variegato di prodotti locali. Non si può consumare solo Mozzarella di Fiavè o Trentingrana. Il consumatore locale acquisterebbe più prodotto locale se ci fossero più caseifici artigianali con prodotti realmente legati al territorio e realmente diversi dalle produzioni di massa della Padania.

Vogliamo spingerci più in là e sostenere che se in Italia si producessero e consumassero più mele locali e se Melinda dovesse ridimensionarsi e lasciare spazio alla zootecnia e ad altre coltivazioni non sarebbe una tragedia. Anzi ne deriverebbe un salutare incentivo a diversificare. A Fiavè, con la fuga dei soci conferenti e il collasso annunciato del caseificio, una "riconversione agricola" sarà probabilmente obbligata. In Anaunia, invece, perchè non decidere spontaneamente di limitare l'espansione dei meleti e iniziare a seguire nuove-vecchie strade.

Qualche anno fa si pensava che le patate dovessero essere coltivate solo in Olanda, che il grano saraceno dovesse venire per forza dalla Cina (alla lunga anche i pomodori ecc.). Oggi la "filera corta" ribalta tutto. C'è spazio per nuove coltivazioni "marginali" (da tempo snobbate perchè "vengono dall'estero a basso costo"). Nello stesso Trentino vi sono esperienze di rilancio della patata (Val di Gresta) e del mais da polenta (Storo e Valsugana). Per "comprare locale" bisogna anche produrre locale ... e non si vive di sola mozzarella, fragole, Melinda, Trento doc ecc. Va rilanciata la zootecnia, ma anche l'agricoltura "minore". Non è l'autarchia ma una prospettiva che riduce inutili sprechi di risorse per trasporti e imballaggi, lo sfruttamento del territorio, l'inquinamento. La "filiera corta" aumenta il valore aggiunto delle attività di agricoltura e artigianato alimentare su piccola scala. Va incoraggiata in Valtellina, in Trentino, nel Feltrino, a Valdobbiadene, in Romagna, a Montalcino ecc.ecc. In questo caso sì ci vuole proprio la par condicio.

 

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