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Da un convegno a Mantova il 2 febbraio emerge chiaro il messaggio dei "Consorzioni": nessuna limitazione alle produzioni. Ci pensi il governo a sostenere i prezzi Bisogna ammettere che i "consorzioni" delle SuperDop (Grana Padano e Parmigiano Reggiano) ci sanno fare nell'ottenere quello che vogliono; in alternativa dovremmo essere costretti a pensare checi sia un po' troppa sudditanza della politica verso queste lobby. Ad ottobre la crisi di mercato delle due major sembrava gravissima e il governo annunciava di voler combattere la povertà ritirando dal mercato 100.000 forme per ciascuna delle SuperDop destinandole ad "aiuto alimentare" agli indigenti. Qualcuno potrebbe obiettare che suona a dir poco contradditoria una politica che promuove le SuperDop sui mercati "emergenti" quali "bandiere del Made in Italy" e simbolo delle "eccellenze alimentari" italiche e poi ritiene che esse stesse siano idonee per essere utilizzate quale aiuto alimentare contro la povertà. A dire il vero c'è il precedente di Maria Antonietta (che suggeriva al popolo senza pane di mangiare brioches ...).
Una crisi che è stata dipinta a tinte molto più fosche di quanto giustifichi la realtà Alla fine dell'anno si è scoperto che i consumi di Grana Padano sono cresciuti. Nel bimestre ottobre-novembre, secondo le rilevazioni Nielsen, essi sono lievitati del’1,4% portando l’aumento annuale dicembre 2007-novembre2008 ad un ragguardevole 2,6%. Le scorte sono calate al livello più basso degli ultimi dieci anni e la produzione è cresciuta del 2%. I prezzi al dettaglio sono cresciuti e quelli all'ingrosso - se si confronta il 2008 con il 2007 - sono risultati costanti. C'è stato un calo nel corso dell'anno, è verò, ma - nel confronto annuale - esso è compensato dai bassi prezzi inziali del 2007 (che poi hanno raggiunto un massimo a fine anno). Uno scenario che, sia pure in un contesto di prezzi all'ingrosso bassi (ma sempre al di sopra del 2006), non giustifica se non in parte allarmismi e interventismi governativi. Oltre alla distribuzione del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano agli indigenti sono previsti massicci interventi di sostegno alle esportazioni. Il Consorzio del Parmigiano Reggiano ha ritirato con autonoma iniziativa 50.000 forme dal mercato per alleggerire la pressione dell'offerta e destinarle alla lunga stagionatura in attesa degli interventi sovvenzionati da BuonItalia (agenzia di promozione sui mercati esteri promossa dal Ministero delle Politiche Agricole, Istituto del Commercio estero e altri enti). Per par condicio anche il Grana Padano usufruirà di simili sostegni alla penetrazione sui "mercati emergenti". Ci si potrebbe cominciare a chiedere perchè le due SuperDop devono ricevere gli stessi aiuti se la crisi del Parmigiano Reggiano è senza dubbio più seria (in questo caso la produzione è calata e I prezzi sono andati anche peggio del "cugino"). A questo punto, però, perchè non chiedersi perché non siano aiutati tanti prodotti caseari che sono realmente in crisi. I dati del CRPA, per i primi undici mesi del 2008, indicavano un incremento dei consumi a dettaglio dell’1,2% per entrambi i prodotti, nel frattempo il comparto degli "altri formaggi duri" perdeva ben il 8,2% delle vendite al dettaglio in volume e il 3,5% in valore. Evidentemente ci sono piccole Dop o piccole produzioni che soffrono sul serio la crisi. Ma non avendo il peso politico dei "Consorzioni" nessuno proporrà mai interventi di sostegno.
Una questione politica Il peso politico dei "Consorzioni" è dimostrato anche da un'iniziativa dell’assessore dell’Emilia-Romagna, Tiberio Rabboni che, nel farsi portavoce di entrambe le SuperDop (in Emilia sono ampiamente rappresentate), ha chiesto,in una lettera inviata alla commissaria europea per l’agricoltura e lo sviluppo rurale Mariann Fischer Boel, di istituzionalizzare le “Super Dop”, ovvero le Dop più grosse, più note e “vocate all’export” e di concedere loro ampi poteri di controllo del mercato lasciando alle Dop di serie B una protezione di solo carattere nazionale o regionale. Qualcuno nutriva ancora dei dubbi?
Una questione ambientale e di equità Grazie agli interventi governativi e alla prospettiva di espansione dei mercati "emergenti" le SuperDop pensano di espandere la produzione. Accusano la GDO di pratiche scorrette, di vendite sottocosto in cui Grana Padano e Parmigiano Reggiano vengono usati come prodotti civetta. Ma senza le promozioni e i canali di vendita della GDO che spingono il grattugiato e il cubettato come avrebbe potuto espandersi il consumo interno? Quanto ai prezzi "sottocosto" e alle promozioni che "ledono" l'immagine delle "loro maestà" basta frequentare la "distribuzione moderna" per capire che le cose non stanno propriamente così e che certe marche di Grana Padano sono vendute regolarmente a 7 € al di fuori di alcuna promozione (e non nei discount ma nelle principali catene nazionali). Di quale qualità può essere quel prodotto? E' lo stesso Baldrighi, presidente del Grana Padano ad ammettere che “Per migliorare e mantenere la qualità occorrono prezzi adeguati lavorando sottocosto la qualità decade inesorabilmente”. Ma allora che senso hano - torniamo al punto iniziale - la SuperDop? SuperDop, ancor più di Dop dovrebbe implicare alcune contropartite per il consumatore, che dovrebbe attendersi un livello qualitativo garantito dal marchio. Differenze qualitative ce ne possono essere ma i disciplinari di produzione, i controlli e gli standard a che cosa servono se non a garantire una certa omogeneità, costanza e uniformità di caratteristiche del prodotto? Quel Grana Padano venduto regolarmente al dettaglio a 7 € merita la SuperDop? E' giusto che, per difendere marchi attribuiti anche a prodotti esitati a prezzi così vili, i contribuenti debbano pagare tanti milioni? Ricordiamoci poi che mentre gli "altri prodotti duri", compresi quelli di montagna, realizzati in contesti estensivi e pastorali non ricevono alcun aiuto (con l'eccezione del Pecorino in Sardegna, ma lì si vota), le grandi produzioni padane sono realizzate in un contesto di forte impiego di acqua, erbicidi e concimi chimici. Lo dice lo stato di salute del Po dove le concentrazioni di diserbanti, legati al largo investimento nella coltivazione del mais per uso zootecnico, superano spesso i limiti massimi consentiti dalla legge. In attesa di ulteriori aumenti delle quote latte e della loro definitiva liberalizzazione (2015) i produttori dicono chiaramente che non ridurranno le produzioni. Vogliono la botte piena e la moglie ubriaca: un mercato "sostenuto" e, al tempo stesso, la libertà di produrre senza limitazioni. Il vino lo paga il contribuente. |
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