Dopo l'annuncio da parte dell'Ispra che l'animale
responsabile dell'ultima aggressione a Vasto (e probabilmente anche di
alcune delle altre della serie) è una lupa
al 100%, i lupisti hanno reagito ribadendo l'eccezionalità del caso, nascondendo le aggressioni
degli ultimi anni e quelle di meno di un secolo fa. Che i lupi non aggrediscano le persone in Italia da
oltre un secolo è una fake news bella e buona. Ma, come vedremo in questo articolo, la storia
della reitroduzione "naturale" del lupo è costellata da una serie di fake news.
La vicenda di Vasto è una bomba che sta
scoppiando in mano al partito del lupo. Arroccatosi dietro la linea del
Piave: "il lupo non attacca mai l'uomo, se lo fa è un lupo anormale o è
traviato dall'uomo", diventa sempre più difficile gestire un'emergenza
come quella di Vasto e San Salvo. Che si tratti di uno (o più lupi)
ormai non ci sono dubbi. Per noi non c'erano dubbi che fosse una lupa;
ora che le analisi del dna, eseguite dall'Ispra, lo hanno confermato,
aspettiamo la cattura definitiva da tempo annunciata dal Parco della
Maiella (dopo che quest'ultimo - come da dichiarazioni del sindaco di
Vasto - aveva impedito alla protezione civile di catturare l'animale che
si era messo in trappola da soli in un vivaio come riferito qui
da ruralpini) . Intanto, chi ha
continuato per mesi, di fronte a video sempre più inequivocabili, a
intorbidare le acque parlando di "cane cecoslovacco" (facilmente
riconoscibile per alcune caratteristiche fenotipiche) dovrebbe vergognarsi. Si tratta
comunque di mentitori seriali, di gente che mente sapendo di mentire, come prassi di chi milita nel partito
del lupo (come dimostreremo nella carrellata di fake news lupiste, "storiche" o più recenti in questo articolo). Nel video sotto un esempio clamoroso (sempre a proposito di
Vasto e del
presidente del Parco della Maiella).
In occasione della rivelazione dell'identità genetica
dell'animale responsabile delle aggressioni seriali, i soliti
personaggi pro lupo non si sono trattenuti dal ripetere le loro fake
news. Sono spudorati. Hanno avuto l'ardimento di sentenziare che il
lupo di Vasto è il primo che aggredisce l'uomo dopo 100 anni.
Ma come "da 100 anni"! Solo nel 2023, a parte i casi di Vasto, sono
state attaccate due donne per predare il loro cane: una è stata morsa a
una mano (caso in Toscana), l'altra è stata fatta cadere a terra e si è
fratturata il polso. In quest'ultimo caso, il solito Parco della Maiella,
ha confermato che si trattava di un lupo; un lupo che ha compiuto il suo raid
nel centro di un paese senza che nessuno (Comune, Parco, Prefettura,
Protezione civile, Asl, Forestali) abbia ritenuto di intervenire.
Sempre a proposito di "sono 100 anni che ...", ricordiamo che, nel 2020,
il lupo di Otranto è stato identificato attraverso il dna dall'Ispra e
catturato dal solito Parco della Maiella. Tolti i casi (rari) nei quali
la responsabilità del lupo non è stata confermata, la statistica degli
attacchi (con o senza lesioni a carico delle vittime) risulta la
seguente (vedi grafico). Il caso dell'automobilista ferito a un distributore di
benzina a S. Benedetto dei Marsi nel 2015 compare nella nostra statistica perché la
smentita è stata... smentita da Franco Zunino (già direttore del Parco
nazionale dlel'Abruzzo) che ha interrogato i testimoni ottenendo delle
conferme sul fatto che di lupo si trattasse Vi è quindi il sospetto che alcuni casi di aggressioni
attribuite a cani, a "discarico" del lupo, possano essere stati
manipolati dagli apparati (pubblici e privati) pro lupo.
Casi
riferiti da organi di informazione
online e versioni online di quotidiani cartacei in Italia. Nostre
elaborazioni
Quando la mafia del lupo non può
più nascondere che l'autore di un'aggressione è un lupo, si attiva la
narrazione del "caso abnorme"; il comodo alibi per la mafia del lupo
per nascondere le responsabilità del suo programma di espansione senza
limiti del lupo. Un programma che
sta conducendo a situazioni di compromissione della
pubblica incolumità.
Piero
Genovesi
Non rinuncia a questa narrazione
neppure Piero Genovesi, coordinatore Ispra per la fauna selvatica, che,
pochi giorni orsono, ha dichiarato: Il
lupo non è un animale
pericoloso, i numeri di presenze rimangono contenuti e non attacca
l'uomo
se non in casi molto rari come quelli che compaiono in questi giorni
sui
giornali, sempre se si scoprirà che si tratta di un lupo (Intervista
RAI 19/08/2023). Quando, però, i casi "molto rari" aumentano un
ricercatore dovrebbe porsi degli interrogativi. Ma se questo
ricercatore è a capo di un
baraccone pubblico e deve conservare la cadrega nel succedersi dei
governi, facendo contenti gli ambientalisti senza scontentare troppo i
cacciatori più organizzati, si diventa politici più che tecnici, abili nel galleggiare,
a raccontare una versione nei convegni un'altra in altre circostanze. E i dubbi si
mettono da parte. Come seconda linea difensiva, i nostri amici del lupo
sono pronti a giocare la carta del condizionamento umano (offerta di
cibo). Nel caso del lupo di Otranto è in realtà possibile che degli incoscienti
abbiano condizionato il lupo determinandone la confidenza. Nel caso del
lupo di Vasto, però, l'animale (tutt'ora uccel di bosco) mantiene un carattere parzialmente schivo. Non
ha paura della presenza di numerose persone ma si tiene a una certa
distanza al di sotto, comunque del 30 m che costituiscono il
limite critico di distanza tra un lupo e gli umani). Quello che è
probabile è che la lupa (e gli altri eventuali lupi responsabili di
aggressioni all'uomo) si sia abituata a mangiare i rifiuti sulla
spiaggia (presso i chioschi e gli stabilimenti balneari). Ma è un
comportamento normale del lupo consumare rifiuti. Prima dell'aumento
della presenza di ungulati selvatici, il lupo italico si alimentava
regolarmente di rifiuti. Vedi : L.
Boitani, Wolf research and
conservation in Italy, in
"Biological
conservation", 61 (1992), pp. 125-132; Meriggi, A., et al.; Changes of wolf
(Canis lupus) diet in Italy in relation to the increase of wild
ungulate abundance., in "Ethology
Ecology & Evolution", 23, 3 (2011), pp. 195-210. E' talmente
normale per il lupo alimentarsi di rifiuti che una delle ipotesi
più accreditate per spiegare la domesticazione del cane consiste
nell'indicare l'instaurazione di una simbiosi tra lupo e uomo basata
sulla frequentazione dei siti di discarica degli accampamenti mesolitici. Più che
risultare un animale condizionato all'uomo, la lupa appare come un
animale che si è abituato ad aggredire e che, verificando che le
reazioni dell'uomo non sono pericolose, non ha esitato a rifarlo,
sapendo anche meglio come aggredire.
Il lupo di Otranto. Un animale decisamente
più "socializzato" rispetto a quello di Vasto
Ma
non c'è bisogno di lupi particolarmente aggressivi
come quello di Vasto per determinare situazioni di pericolo. Se,
nel caso di Vasto, le aggressioni sono tendenzialmente predatorie
(evidente nel caso della bambina e negli episodi nei quali le vittime
sono state ferite agli arti superiori per difendersi da attacchi
pericolosi), ormai al di là dell'atteggiamento di "saggio" delle
reazioni umane, in altre circostanze si sono verificati attacchi
per reazione alla difesa dei cani opposta delle vittime (i padroni).
Appare evidente che gli attacchi in fase di predazione di un animale, qualora sferrati
nei confronti di un bambino, possono ben risultare mortali. I sommi
esperti licologi se ne rendono conto benissimo e, come nel caso dei
giovanotti neolaureati che hanno irresponsabilmente lanciato e gestito le prime fasi del
progetto Life Ursus, se ne assumono il rischio e... speriamo che ci sia un giudice a Berlino. Forse i
responsabili dell'onnipresenza dei lupi nelle aree antropizzate pensano che, dal
momento
che il ritorno del lupo è spacciato come del tutto "naturale", senza
alcun "aiuto", sia possibile
sfuggire alle responsabilità penali e civili più facilmente identificabili nel
caso di
una reintroduzione artificiale che porta la firma di uno zoologo, esattamente come
quella dell'ingegnere che ha progettato un ponte crollato. Ma anche per il lupo
le firme ci sono. La
sistematica e colpevole
sottovalutazione del pericolo è finalizzata, nelle intenzioni delle
lobby, a continuare a mantenere lo status di intoccabilità della
specie e a respingere qualsiasi ipotesi di contenimento, nonostante
l'Italia sia il paese con la massima densità di lupi al mondo. Rigettare un serio protocollo di gestione dei lupi pericolosi e opporsi
a qualsiasi contenimento equivale a prendersi precise responsabilità
da parte dei tecnici e dei politici che firmano un Piano lupo così come attualmente impostato.
Casi riferiti da organi di informazione
online e versioni online di quotidiani cartacei in Italia. Nostre
elaborazioni (work in progress). Il progressivo avvicinamento per
accresciuta spavalderia da parte dei lupi è indicato dalla più rapida
crescita dei casi "tra le case" rispetto a quelli "vicino alle
abitazioni" (a volte, in quest'ultimo caso a poche decine di metri, altre a 200 o più metri).
Purtroppo, al momento, l'unico monitoraggio possibile è quello sul web dal momento
che il partito del lupo ha tutto l'interesse a far passare tutto sotto silenzio, a non svolgere accertamenti, a non
tenere una registrazione degli eventi. Interviene solo quando può dimostrare che il
lupo è stato ingiustamente tirato in ballo.
Il prevedere, come nell'ultima bozza del piano lupo,
l'attivazione
delle deroghe solo in casi eccezionali (ignorando che la dimensione dei
danni agli allevamenti è massiccia e crescente), ignorare, con la copertura
dalla
sottile foglia di fico del ridicolo protocollo autoreferenziale
LCIE, le esigenze di prevenzione degli attacchi all'uomo, ignorare,
liquidandole come "situazioni normali" quelle che, in altri paesi,
comportano l'abbattimento dei lupi (la crescente e inquietante
presenza degli stessi nei centri abitati con intrusioni nelle
pertinenze delle abitazioni), equivale all'assunzione di responsabilità
per gli "incidenti" che potranno verificarsi. Pensiamo al bambino che
gioca con il suo cane nel giardino di casa, nel cortile di casa, tra le
vie di un borgo rurale e che, di fronte all'irruzione del lupo e
all'attacco al suo o a un altro cane, potrebbe reagire con
comportamenti tali da
stimolare l'attacco del lupo anche al piccolo. Come andrebbe a finire
non vogliamo immaginarlo. Sappiamo che ci sarebbe materia per azioni
penali e civili nei confronti di chi, ostinatamente, per interessi personali e di cerchia o per
ideologia, continua a rifiutare quegli interventi che in tutti i paesi
civili sono attuati quando i grandi predatori si avvicinano troppo agli
spazi dove l'uomo ha il diritto sacrosanto di sentirsi sicuro e libero di muoversi. Le fake
news non proteggeranno i loro propalatori quando ci saranno i morti.
Casi riferiti da organi di
informazione online e versioni online di quotidiani cartacei in Italia.
Nostre elaborazioni (work
in progress). Il
progressivo avvicinamento per accresciuta
spavalderia da parte dei lupi è indicato dalla più rapida crescita dei
casi "davanti alla porta" rispetto alla presenza in giardino o in casa,
che paiono aumentare di conserva
Tutt'ora, sul sito di Life Wolf Alps,
la più grande macchina di propaganda messa mai in piedi al mondo per
forzare l' "accettazione" della reintroduzione dei grandi predatori.
Una vergogna assoluta per la Regione Piemonte, la Regione
Lombardia, la Regione Liguria che, a parole, si dichiarano vicine alla
gente di montagna, agli allevatori, che, sempre a parole, intendono
tutelare tradizioni e territori ... salvo operare a sostegno
dell'animal-ambientalismo di matrice rosso-verde.
Le fake news del partito del lupo
vengono da lontano
Le bugie, passando dagli esponenti di primo piano del partito del lupo
a quelli di secondo e terzo piano si ingigantiscono, così come la dimensione
delle prede nei racconti dei pescatori aumenta ad ogni resoconto. Nel 2019, il comandante della polizia
provinciale di Belluno, affermava che da 150 anni non si registrano
aggressioni da lupi in... Europa.
Ci si chiede come possa un dirigente di un corpo che opera in ambito
faunistico, un servitore dello stato, sostenere delle enormità simili senza subire censure.
Vediamo allora cosa
riportano gli esperti di parte licologica. Linnell, John, et al. The
fear of wolves: A review of wolf attacks on humans, (2002)
Norwegian Institute for Nature Research (NINA); qui
il pdf dell'intero rapporto. Un aggiornamento venne redatto
bel 2002 (qui
il pdf). Come si legge nella tabella sottostante, tratta dal rapporto citato, i nostri licologi
hanno incluso solo i casi che a loro giudizio (ovviamente senza contraddittorio) si presentavano come più
affidabili e precisano che "i dati non sono quelli totali ma
semplicemente quelli per i quali sono stati rinvenute delle
registrazioni". Nonostante questa "scrematura", l'affermazione che da
100 o 150 anni non si registrano attacchi da lupi in Europa (pur
escludendo la Russia e l'Ucraina) appare una colossale fake news.
A conferma della faziosità di questi rapporti (curati per
l'Italia da Boitani), il Report di aggiornamento (2002-2020), non solo
riporta la fake news che il lupo di Otranto recava i segni di un
collare, presupponendo che l'animale fosse stato mantenuto in cattività
(fake news smontata dallo stesso Piero Genovesi al convegno sui lupi
confidenti organizzato al forte di Bard in Val d'Aosta il 19 maggio
2022), ma si preoccupava di smentire la notizia di un'aggressione a un
cercatore di funghi avvenuta nell'Appennino settentrionale nel 2015. In
quel caso venne analizzata la saliva e il dna risultò quello di un cane
(Caniglia, R., Galaverni, M., Delogu, M., Fabbri, E., Musto, C. &
Randi, E., Big bad wolf or
man's best friend? Unmasking a false wolf aggression on humans.
Forensic Science
International-Genetics, 24 (2017), E4-E6.). . E' impressionante
venire a conoscenza leggendo questo articolo dal titolo che rivela intento ideologico ("smascherare", come se si
parlasse dell'autore di un crimine), che dopo sole cinque ore dall'aggressione vennero raccolti alcuni peli
e tre campioni salivari dagli abiti del ferito. Evidentemente si era messo in moto
un tam tam che, a partire dalla polizia provinciale, coinvolgeva l'Ispra e l'Università di Bologna
mentre un veterinario stilava il suo referto indicante come l'attacco fosse anonalo si metteva in moto
i ricercatori dell'Università di Bologna e l'Ispra. L' "esperto" Mauro Delogu, professore a Veterinaria, a Bologna, di fronte
alla domanda se i lupi fossero pericolosi sentenziava che:
«No, lo dice la storia. Episodi occasionali in Siberia e in Canada. Ma sono animali molto più grandi dei nostri, isolati con un metro di neve e niente da mangiare. Per trovare aggressioni da noi bisogna tornare indietro di 150 anni. Però, all’epoca, i lupi avevano la rabbia».
(qui la fonte). Il professore in una risposta di poche parole accumulava una serie di bugie, oltretutto chiamando in causa la storia. L'Università di Bologna, come da pubblicazione citata,
su questo episodio ha costruito una ricerca con il supporto dell'Ispra e del Ministero. Tanto zelo si
è riscontrato solo quest'anno per "smascherare" l'allevatore comasco che aveva
denunciato di essere stato aggredito da tre lupi. I fantomatici cani clc non sono mai stati individuati, né
tantomeno catturali ma la saliva sui calzoni del malcapitato dopo soli otto
giorni era stata identificata come quella di un cane e la polizia provinciale - vera polizia di partito pro lupo - lo denunciava alla procura per procurato allarme in modo da "dare una lezione"(qui). A Vasto, dopo 11 feriti e un anno
di distanza, gli esperti dell'Ispra hanno tenuto un corso al personale dell'ospedale su come ottenere tamponi dalle ferite.
In un anno il corso non è mai stato fatto e non si sono mai prelevati indumenti lacerati dei feriti.
Perché? Perché sapevano tutti che si trattava di lupi e si sperava che tutto finisse. Si sperava
che si potesse lasciare il dubbio "saranno lupi o cani, magari cecoslocacchi?".
Alla fine le pressioni (si era svegliato anche il prefetto), montavano e l'Ispra e il parco
della Majella hanno dovuto provvedere.
Sui casi
di aggressioni avvenuti tra il 2011 e il 2020, casi non smentiti o, come abbiamo visto,
confermati da indagini che smontavano le smentite, silenzio di tomba da parte degli "esperti zoologi" che
hanno ancora l'impudenza di parlare di "non si sono registrate aggressioni prima di quelle di Vasto da almeno 100 anni".
Viene nascosto anche il caso del proprietario di un bassotto aggredito a Giaveno (To) sui cui calzoni,
addentati dal lupo restò traccia della saliva che, analizzata dalla stessa Ispra confermò
che il dna apparteneva a un lupo appenninico (era il 2017). In quel caso si deve
alla solerzia dei cacciatori torinesi, guidati da Alessandro Bassignana, se il campione venne inviato all'Ispra, non alla
solerzia delle istituzioni che agiscono con efficienza, rapidità, solerzia quando si tratta di difendere i
lupi e smascherare gli "odiatori". Proprio istituzioni al di sopra delle parti. Proprio una democrazia con pari
diritti e doveri. O un regime?
L'articolo originale di Altobello del 1924
Boitani ha censurato casi di aggressione. Ha
censurato persino lo zoologo (Giuseppe Altobello) a cui si
deve il riconoscimento del lupo appenninico
quale sottospecie distinta Canis
lupus italicus. L'Altobello, medico e naturalista
molisano scriveva: (G. Altobello,
Un nemico da combattere: il lupo, in Le
Vie d'Italia , a. 20, n. 8, agosto 1924)
1°
Nel 1914, in una giornata
tempestosa invernale, una donna rimase vittima dei lupi in contrada
Portelle,
all’inizio della Piana di Cinquemiglia presso Roccaraso.
2°
In uno degli inverni di guerra, un soldato
che ritornava dal fronte in breve licenza, nel percorrere di notte la
strada
che dalla stazione di Palena va al paese, fu assalito e sbranato dai
lupi.
3°
L’inverno scorso tre donne che
scendevano da Rivisondoli a Canzano furono circondate da un branco di
lupi
affamati e la più vecchia fu uccisa dai feroci carnivori.
4°Quest’anno,
e propriamente nel
gennaio, presso Cittaducale un mendicante è stato trovato morto,
dilaniato dai
lupi
L'ultima delle vittime indicate da Altobello fu uccisa nel gennaio
1924. Non sono passati 100 anni eppure i lupisti, da anni, ripetono
il mantra "è da 100/150 anni che i lupi non attaccano le persone in
Italia". Fake news. Lo attesta
uno zoologo che di lupi se ne intendeva. La sua colpa, però, agli occhi
di Boitani, era quella di considerare il lupo un nocivo da eliminare.
Un tale orrore deve essere sepolto dall'oblio, Altobello e le vittime
del lupo da lui ricordate semplicemente ignorate. Boitani, però, è
scaltro e nel testo del rapporto del 2002 scrive: "non sono documentati
casi di attacchi da parte di lupi dopo la seconda guerra
mondiale". Evidentemente Boitani non solo conosce benissimo
l'articolo di Altobello (anche se le vittime da lui riferite non compaiono nella tabella
di cui sopra) ma, probabilmente, è a conoscenza di casi successivi che noi non conosciamo. Se
lo stesso Boitani, autoritas scientifica, censura i dati scomodi (tanto chi può
contestare qualcosa alla massima autorità, al papa della licologia?) perché meravigliarsi che gli animalisti
giochino a chi le spara più grosse. Sino al delirio di tal Danilo Bandini
delegato della Lega per l'abolizione della caccia delle Marche che, a
luglio di quest'anno, dichiarava:
le giustificazioni addotte per far
riaprire la caccia (sic) al lupo sono prive di qualsiasi fondamento
scientifico e servono solo a fomentare un clima di odio e di paura
nella popolazione, specie quando si afferma che «il lupo entra nei
giardini delle case, sbrana i cani e gli animali domestici
nei cortili e rappresenta ormai un pericolo anche per l'uomo stesso».
Tutto ciò è smentito dai dati reali, perché in tutto il pianeta, negli
ultimi 150 anni, non sono mai stati registrati casi di attacchi
all'uomo da parte di lupi, inoltre e dimostrato, dall'esame delle loro
feci, che le loro prede preferite non sono i bambini o i cagnolini,
bensi i cinghiali e i caprioli. (da Cronache Maceratesi
17/07/2023 qui
La fake new dei 100 lupi: la madre di
tutte le bugie
Il lupo è il simbolo delle
battaglie per la conservazione del WWF nel
nostro Paese sin dal 1972, quando
con il Parco Nazionale d'Abruzzo avviammo l'Operazione S. Francesco e,
l'allora avveniristico, primo progetto di conservazione del Lupo in
Italia.
(dal sito del WWF)
Secondo la mitologia ambientalista, il lupo in Italia si è salvato
grazie al "Progetto San Francesco" del WWF e del Parco nazionale
d'Abruzzo. Però già nel 1971 era stato approvato un D.M. con validità
biennale che prevedeva il divieto d'esercizio venatorio sul lupo su
tutto il territorio nazionale. Il divieto di uso di bocconi avvelenati
risale, invece, al 1975. Il progetto "San Francesco", in realtà, era molto
limitato nelle sue azioni (inizialmente circoscritte al Parco dell'Abruzzo
e solo in seguito ampliate alla Majella). Fu la propaganda orchestrata
intorno al progetto stesso che ebbe effetti. Con l'operazione "San Francesco"
si gettarono le basi di un approccio che dura sino ad oggi, nonostante
i lupi dilaghino ovunque, aggrediscano le persone, entrino nelle
stalle, nei cortili, nei giardini, scorazzino nel centro di borgate,
paesi, città. In Italia, con la massima densità al mondo di lupi, il
WWF e la galassia di associazioni e gruppuscoli animal-ambientalisti
gioca sempre la carta del "povero lupo" eternamente minacciato di
estinzione per via di perfidi bracconieri (ovvero pastori e cacciatori immorali e ignoranti). La propaganda del WWF
si basava su un "censimento" eseguito da Boitani mediante interviste,
come racconta lui stesso nel suo romanzo Dalla parte del lupo (Milano,
Giorgio Mondadori, 1986). La ricerca era stata commissionata a un
giovane Boitani dal WWF e i risultati vennero riferiti in una
pubblicazione (Zimen
E., Boitani L., Number and
distribution of wolves in Italy.
Zeitschrift fur Saugetierekunde, 40 - 1975 - pp. 102-112) e in
opuscolo del WWF (L. Boitani, Al
lupo, al lupo, Panda a XIII 1 gennaio
1979)(scaricabile qui).
I "100 lupi" erano "dimostrati" con una mappa e una
ripartizione del numero dei lupi. Come avrà fatto Boitani a conoscere
quei numeri così precisi (solo nel caso del Matese il dato numerico è
accompagnato dal punto interrogativo) con delle interviste è un mistero.
Quello che sconcerta è che da parte di altri studiosi e della
stessa parte WWF, prima dell'orchestrazione del programa "San
Francesco", venivano forniti altri numeri. Cagnolaro, zoologo
affermato, direttore del Museo di Storia naturale di Milano, che poteva
avvalersi di diversi collaboratori, riferiva, nello stesso periodo,
un'area di distribuzione del lupo ben diversa e più estesa,
comprendente anche la Toscana meridionale e l'Appennino
tosco-emiliano.
L. Cagnolaro, Inchiesta
sulla distribuzione del lupo (Canis lupus L.) in Italia e nei Cantoni
Ticino e Grigioni (Svizzera) , Laboratorio di
zoologia applicata alla caccia, Bologna, 1974.
I risultati di Cagnolaro sono stati confermati da ricerche
condotte successivamente che riferivano come il lupo non fosse mai
scomparso del tutto dallʼAppennino
tosco-romagnolo (Mariani L., Boscagli G., Inverni A., Tribuzi S., . Evoluzione del fenomeno di
ricolonizzazione del lupo lungo lʼAppennino Umbro–Marchigiano
settentrionale
e Romagnolo. Atti del convegno naz. del G.L.I. , Civitella
Alfedena, 1988).
Se, però, ci riferiamo alle stime numeriche si resta sconcertati di fronte al mito dei "100 lupi". Fulco Pratesi (fondatore e
presidente del WWF Italia), insieme con lo zoologo Ziswiler stimava in Italia
la presenza di 350 lupi nel 1968 (F.Pratesi,
C. Ziswiler, Animali estinti e in
via di estinzione, Milano 1969, p.
176). Lo stesso WWF, udite, udite, nel 1971, calcolava circa 250 esemplari (cit. G.
Ortalli, Lupi,
genti, culture, Einaudi, Torino, 1997, n p. 58). Uno strano
crollo. Ricordiamo che il "censimento" di Boitani è stato fatto "a
sentimento" e che le sue stime non hanno fondamenti metodologici più
solidi di quelle precedenti (salvo uno studio sul campo in un'area campione). Il punto era che si voleva dimostrare che
il lupo stava per scomparire per ottenere provvedimenti di protezione e il rampante giovane ricercatore Boitani
era pronto ad assecondare il WWF (qualcuno poi parlò di bugie a fin di
bene). La cosa aiutò molto la carriera successiva del licologo
maximo. Ma, in seguito, le bugie vincolarono a nuove bugie.
Le stime della presenza del lupo sono sempre state
sottodimensionate perché condizionate dalle stime precedenti, dall'esigenza
di nascondere una rapida ripresa, di mantenere la popolazione
stimata entro i limiti del "rischio di estinzione" (per ottenere finanziamenti).
Per anni e anni la popolazione lupina italiana restò ferma a 600-1000 esemplari. Intanto cresceva.
Se, a un certo punto, si
fossero forniti numeri più vicini alla realtà ne sarebbe derivato un dato di
crescita naturale abnorme smascherando il trucco. Così anche l'ultimo
monitoraggio, quello del 2020/21, con i suoi 3300 lupi, è condizionato dai dati
precedenti. In anni recenti,
riferendosi al "minimo storico", Boitani parla di 100-200
lupi (vedi intervista a La Stampa del 2017 qui),
ma, secondo il consueto copione
delle doppie verità e della "bugia a geometria variabile" in alcune
circostanze (raiscuola qui)
ribadisce ancora (2021) il mitico dato dei "100 lupi". Ai bimbi si
raccontano le favole. Però Boitani le racconta anche ai grandi.
A dimostrazione di come il peccato originale dei "100 lupi" abbia
poi trascinato una sottovalutazione (da ritenersi consapevole e
colpevole) del numero dei lupi in Italia basti
stailire un confronto tra le stime fornite da Apollonio et al. nel
2018 (qui).
Essi stimavano per la Toscana, sulla base
dell'indagine sulla superficie occupata dai branchi nel 2016 e sulle stime della densità
ottenute con indagini di campo intensive (nel 2014 e 2015), un numero di lupi pari a 850-930
che, considerando 1l 15% di lupi in dispersione, portava a un totale
di 1000-1100 esemplari. In una delle versioni
del Piano Lupo nazionale (marzo 2019) scritto da Boitani per
conto dell'Unione zoologica italiana (qui)
si forniva una stima di 1580 lupi per tutta l'Italia,
poco più di quelli stimati per la Toscana nel 2016 e meno della metà di
quelli& (3300) indicati come stima più appendibile a seguito del
monitoraggio Ispra dell'inverno 2020/2021, meno di due anni
dopo. Eppure molti sono pronti a mettere una mano sul fuoco
che il dato di 3300 lupi del 2021 sia ancora pesantemente sottostimato
(basti pensare all'ampia superficie territoriale ignorata e alla scarsa
preparazione del personale proveniente dalle associazioni
animal-ambientaliste impiegato sul campo). Morale: hanno voluto farci
credere che in tutta Italia (rilevato per mezzo di stime) ci fosse lo stesso numero
di lupi rilevato in Toscana con indagini accurate e sistematiche sul campo.
Il Canis lupus italicus: un patrimonio unico di biodiversità o no?
Veniamo a quella che più che una fake news è una palese contraddizione
che svela come, in realtà, all'animal-ambientalismo del lupo non
interessa un fico secco; gli serve come bandiera, come grimaldello,
come ariete, come arma per distruggere quello che resta del mondo
agricolo e rurale, assecondando le mire dell' élite globale. Cagnolaro,
prima citato, non aveva accettato la nomenclatura Canis lupus italicus Altobello, ma
hmanteneva quella tradizionale Canis
lupus L. (dove L. sta per Linneo). Però aveva ragione Altobello.
Solo che lo si è saputo (o, per meglio dire, si è avuta la conferma di
un'asserzione che si basava solo su dati fenotipici), solo nel 2017,
ottantasei anni dopo la morte dello zoologo molisano. La conferma, sulla base di
studi filogenetici e sulle dinamiche storico-ambientali all'origine
dell'isolamento genetico (l'ultima glaciazione), l'ha fornita il gruppo
coordinato da Caniglia (Montana,
L., Caniglia, R., Galaverni, M., Fabbri, E., Ahmed, A., Bolfíková, B.
Č., ... & Randi, E, Combining
phylogenetic and demographic
inferences to assess the origin of the genetic diversity in an isolated
wolf population. PloS one, 12, 5, -2017 -, e0176560.).
Confrontando cinque popolazioni lupine europee, quello italico si
differenzia da tutte le altre.
In anni recenti, però, con una disinvolta operazione,
si è esaltata la fusione (simboleggiata dalla coppia dei mitici
progenitori del ripopolamento delle Alpi orientali italiane, i semidei Slavc e Giulietta che uniscono il lupo italico con quello
dinarico) del lupo appenninico con quelli balcanici e dei carpazi.
Alla lunga quindi, in forza della tanto esaltata grande mobilità dei
lupi (vedi la vicenda del lupo M237 e ha percorso
1927 dalla Svizzera sino in Ungheria e quella del più nostrano Ligabue), il lupus italicus non esisterà più. Ma
forse non esiste più da un po', almeno in larghe aree del territorio nazionale. E l'incrocio al quale si fa riferimento
non è solo con altri ceppi di lupi europei ma anche con cani e lupi extraeuropei.
Lupi ibridi: una fake news... o no?
La spiegazione della presenza di lupi neri e di grande taglia è
riconducibile solo all'incrocio con il cane? Perché non possono essersi
verificate fughe di lupi esotici da qualcuna delle numerose aree faunistiche o da
qualche zoo privato sui quali vegliano i forestali, notoriamente licofili in massimo grado?
Nel 2021 Boitani dichiarava all giornale "Alto Adige" (qui)
che, fosse per lui gli ibridi andrebbero eliminati in modo sbrigativo
perché rappresentano una minaccia mortale per il lupo; invece le
normative vigenti e l'atteggiamento degli ambientalisti lo impediscono. Ma guarda!
Questa uscita di Boitani è strana e un po' sospetta;
probabilmente nasconde la volontà di cercare di non approfondire il tema scabroso della presenza di incroci tra lupo
appenninico e lupi esotici oltre a quelli tra lupi e cani. Guarda
caso, il solito Apollonio, che anche in materia di stime della
popolazione lupina si discosta parecchio - come abbiamo visto - dal licologo maximo sostiene , in
contrasto con Boitani, che la presenza del manto nero non è
necessariamente legata a episodi di ibridazione con il cane (Apollonio, M.,
Mattioli, L. & Scandura, M. Occurrence
of black wolves in the Northern Apennines, Italy. Acta
Theriol 49 - 2004- pp. 281–285 .
https://doi.org/10.1007/BF03192528). Da dove derivano però questi lupi
neri allora
se sono lupi doc? Perché in passato nessuno ha descritto questa
caratteristica? Dobbiamo credere a una mutazione recente (fatto
piuttosto clamoroso) o piuttosto
all'immissione di sottospecie esotiche? Chiediamoci anche perché il Canis lupus italicus Altobello era,
secondo le descrizioni della sottospecie, un animale di taglia
nettamente inferiore al lupo europeo per non parlare di quello
americano che raggiunge i 60 kg. Il "nostro" lupo era
caratterizzato da un peso medio 20-35 kg con punte di 40-45 mentre
oggi, nella casistica dei lupi investiti sulle strade, compaiono
esemplari di 50 kg. Perché? Franco Zunino ha, a più riprese, sollevato la questione dell'identità
genetica dell'attuale lupo "italico" e riferisce che lo stesso Boitani in passato scrisse che liberazioni abusive
di lupi in Italia non si potevano escludere immissioni illegali considerato che in Italia erano molti
i recinti con lupi tenuti in cattività, tanto che si pensò ad una di
queste quando vi fu la prima segnalazione di un intero branco apparso
improvvisamente in Val Borbera negli anni Ottanta del secolo scorso. Casi analoghi
avvenuti in Francia prima dell'arrivo del lupi italici (che il parlamento francese ha concluso non possa
essere considerato né naturale né artificiale) sono stati ricondotti a fughe
da zoo all'aperto con varie sottospecie di lupi. Ma in Francia c'è un po' di più di trasparenza. (qui).
La cosa sconcertante delle dichiarazioni di Boitani sugli ibridi è che,
nel 2018, nemmeno tre
anni prima del proclama di guerra agli stessi, intervistato dallo
stesso giornale di cui sopra(qui)
, dichiarava impavido che gli ibridi sono una fake news, un problema
"inventato dalla politica" e sottolineava in modo colorito la
faccenda Dal
punto di vista scientifico è una assoluta cazzata. Abbiamo un dato del
25% di ibridi circoscritto alla bassa Toscana, quasi solo alla
provincia di Grosseto. Estrapolare questo dato ed estenderlo all’intera
popolazione di lupo è semplicemente ridicolo. Restiamo a nord: sulle
Alpi italiane non è stato trovato fino ad oggi un solo ibrido di lupo.
Francesca Marucco lavora da vent’anni in Piemonte con la genetica
collaborando con i migliori laboratori statunitensi e il problema
ibridi è inesistente. E stiamo parlando di una regione, il Piemonte,
dove ci sono 27 branchi per un minimo di 151 esemplari.
C'era un vecchio carosello con Virna
Lisi che reclamizzava un dentifricio. Il claim suonava: "con quella
bocca può dire ciò che vuole". Potrebbe essere adattato a Boitani: "con
quella faccia di bronzo può dire ciò che vuole".
Ancora una volta la licologia propina delle fake news. Sia che si
proclami che "quasi tutti i lupi sono ibridi" sia che, all'opposto, garantisca che "i lupi italiani sono
purissimi come la Levissima", qualcuno non la conta giusta. Sulle Alpi,
sono apparsi i lupi biondi a ovest, a est, nel Tarvisiano (Friuli), è apparso un soggetto melanico
(mantello completamente nero) che dava origine a un intero branco
(quasi del tutto sterminato in Slovenia dove - come in tutti i paesi
civili - gli ibridi sono sparati e non lasciati diffondere e
moltiplicarsi come in Italia). Per l'Appennino uno studio del gruppo di
Ciucci, che alla Sapienza di Roma ha preso il posto di Boitani,
confermava precedenti indagini che indicavano come molto estesa la
commistione genetica con il cane domestico della popolazione lupina
appenninica (Santostasi, N.L., Gimenez, O., Caniglia, R., Fabbri, E.,
Molinari, L., Reggioni, W. and Ciucci, P. - 2021-, Estimating Admixture at the Population
Scale: Taking Imperfect Detectability and Uncertainty in Hybrid
Classification Seriously. Jour. Wild. Mgmt.
https://doi.org/10.1002/
jwmg.22038). E' bene ricordare che il Parco nazionale dell'Appennino
tosco-emiliano oltre a LIFE MIRCOLUPO ha avuto finanziati in precedenza
altri tre LIFE (NAT/IT/007214; NAT/IT/000502, NAT/IT/003115) per azioni
di conservazione del lupo per un totale di 3,8 milioni di €. A cosa
sono serviti? A finanziare la macchina del parco e della licologia. I risultati di Santostasi et al. confermavano quanto
osservato in precedenza a Grosseto da Salvatori et al., compreso
Boitani, che poi - evidentemente - se li è dimenticati o li ha minimizzati (Salvatori, V., Godinho, R.,
Braschi, C. et al. High levels of recent wolf × dog
introgressive hybridization in agricultural landscapes of central
Italy. Eur J Wildl Res 65, 73 2019.
https://doi.org/10.1007/s10344-019-1313-3. Questo studio, indica una
percentuale di individui con commistione genetica vicina al 50% (non 25%). Studi
ancora precedenti indicavano gradi di ibridazione tra l'80% e il 15-20%.
Ricordiamo che l'ibridazione non può in alcun modo giustificare il
comportamento sempre più spavaldo del lupo perché, a parte che esso si
osserva in tutta Europa dove l'ibridazione, almeno per ora, non
esiste, nessuno è mai riuscito a dimostrare che gli ibridi, allevati da
mamma lupa e cresciuti nel branco si comportino in modo diverso dai
lupi puri.
Il
Parco della Majella ha bloccato la cattura del lupo di Vasto che era
stato bloccato all'interno di un vivaio. Al Parco, capofila italiano
dell'ennesimo progetto Life pro Lupo ("Wild Wolf", come se ci fosse un
lupo domestico) interessa la tutela del lupo e la sua (buona) reputazione
reputazione e, da mesi, non è stato capace di catturare l'animale
nonostante esso continui a muoversi in modo piuttosto abitudinario. Il Parco ha
puntato tutto (spalleggiato dall'Ispra di Genovesi) sull'uso dei
lacci "atraumatici" escludendo l'abattimento. Questa mattina l'inverosimile, tragicomica vicenda
che si è svolta a Marina di Vasto quasi al confine
con la Marina di San Salvo.leggi tutto
La vicenda di Vasto e San Salvo mette
in evidenza il fallimento dell'approccio al problema del lupo da parte
dell'Ispra e degli altri attori coinvolti (Parco della Maiella in
primis). Si è lasciato passare un anno senza raccogliere referti utili
all'identificazione dell'animale (ma potrebbero essere più di uno) e,
fatti ancora più gravi, si insiste a non collocare cartelli che
segnalino il pericolo e nel tentare di catturare l'animale con "lacci
atraumatici" invece di intervenire - come avverrebbe in tutto il resto
del mondo - ad abbatterlo senza ulteriori indugi scongiurando altre
aggressioni.leggi
tutto
(05/08/2023)
A Vasto, una
località turistica balneare dell'Abruzzo, le aggressioni da parte dei
lupi proseguono da un anno a questa parte. Si sono registrati 10
episodi con 11 feriti. Dopo tutto questo la task force (ma quale
force?) sta mettendo delle fototrappole. Così, successivamente,
saranno messi dei lacci per acciuffare la bestia. A giugno avevano
posato una gabbia per cani (perché sperano sempre - contro ogni
evidenza - che sia un cane, una nella quale un lupo non sarebbe mai
entrato. Nonostante siano arrivati, in ritardo, a capire i percorsi
abitudinari del lupo (cui già a giugno facevamo riferimento su
Ruralpini). Nonostante che, ora, anche la Task force conosca la zona a
rischio, il comune si guarda bene di posare cartelli avvisando del
pericolo. Cari turisti stranieri, quando telefonate agli albergatori
per sapere se ci sono i lupi vi mentono dicendo che tutto è tranquillo.
Non è vero, non solo a Vasto, in quasi tutta Italia. Forse dovreste
sapere che non c'è paese al mondo con una densità di lupi superiore
all'Italia. Dovreste sapere che la presenza dei lupi non viene
segnalata mentre si dovrebbe avvisare i turisti di non avventurarsi da
soli e senza bastone lungo i sentieri, non si fa nulla per allertare il
turista "per non creare allarmismo". In realtà non si fa "allarmismo"
per non "rovinare la reputazione" del lupo, riabilitato dopo secoli di
diffamazioni (nascondendo in modo pesantemente disonesto i dati sulle
aggressioni mortali del passato). In Italia c'è così poco rispetto per
la sicurezza delle persone che, persino a Vasto - con 10 aggressioni in
meno di un anno - non si informano i turisti e non si mettono avvisi e
cartelli. E allora meglio andare in paesi più civili sperando che
l'economia turistica italiana ne soffra (è doloroso dirlo), sperando
che in seguito alla scossa ci sia un cambiamento di linea. Sperando di
agire in tempo prima che muoia qualcuno, magari un turista straniero;
prima che la notizia di un'Italia infestata da lupi fuori controllo
determini una debacle senza possibilità di
recupero. leggi tutto
(27/07/2023) In seguito
a una serie di predazioni a carico di giovani bovini, verificatesi
presso la malga
Boldera (Lessinia trentina), il presidente della provincia
di Trento ha emanato, il 24 luglio, un decreto di abbattimento di due
lupi, forte
del parere positivo dell'Ispra. Un primo ricorso al Tar, per ottenere
la sospensiva, è stato respinto. Il fronte animal-ambientalista non si
dà ovviamente per vinto e giocherà il tutto per tutto perché il valore
simbolico
(ma anche pratico) della rottura del tabù è enorme. L'Italia è unico
paese al mondo in cui il lupo è specie intoccabile. Ma, in forza di
questa intoccabilità, la specie ha conosciuto un'esplosione demografica
che l'ha portata dai 100-120 esemplari degli anni Settanta ai 3400
ufficiali del 2020/2021 (oggi 5000 in base al trend). Anche in base a
questi dati ufficiali che, se si tiene conto di indagini locali di
stimati lupologi, appaiono pesantemente sottostimati, l'Italia è
diventata il paese con la massima densità di lupi al mondo. Il buon
senso suggerirebbe di rimuovere il tabù ma l'ordinanza di Fugatti
rischia, per le circostanze particolarissime che l'hanno determinata,
di essere l'eccezione che conferma la regola (un "fatto sperimentale"
come dice Ispra nel suo parere), specie se venisse approvato il Piano
lupo, che, per ora,
solo la Regione Piemonte contesta (senza farlo sapere pubblicamente
peraltro). leggi
tutto
(23/07/2023) No
non siamo su "Scherzi a parte", siamo nel pianeta Italix dove c'è la
massima densità di lupi tra i pianeti della galassia e dove
pare che le famose deroghe (al divieto di abbattere i lupi) siano
ancora una specie di miraggio. Anche nel nuovo Piano lupo si potrà
accedere ad esse "in via eccezionale"
mentre ad esse ricorrono regolarmente tutti gli altri
paesi europei che hanno problemi di "gioiosa convivenza" con il
famelico canide. In
Italia siamo in condizioni emergenziali: i lupi entrano nelle stalle,
nei cortili, nei giardini, azzannano le persone sulle spiaggie e nelle
campagne, non sanno più dove trovare un "posto al sole" e, pressati dai
loro simili, devono spingersi verso le coste, le città. Una
situazione può verificarsi solo
in Italia, perché anche il paese più sgangherato sarebbe
intervenuto prima con un piano di contenimento. E invece da noi Iipo
continua a essere la vacca sacra perché così ha deciso qualcuno.
Boitani ha incantato ancora una volta politici proni a farsi incantare,
pronti a evitare qualsiasi "rogna" con gli animalisti. E gli allevatori
e i cittadini? Sono sudditi che si lasciano bastonare e non protestano.
Sin che va avanti così meglio tenersi buoni gli amici del lupo che sono
più intraprendenti e che sono appoggiati nelle alte sfere. Ormai non
sarebbe neppure più sufficiente un "piano di contenimento" ma, data
l'emergenza, servirebbe, (almeno in alcune aree antropizzate dove la
situazione sta diventando esplosiva), il piano di depopolamento. E
invece niente. Così chi tenta di difendere allevatori e sicurezza
pubblica, sta cercando di mobilitare tutti gli attori rurali perché
sottoscrivano un appello agli assessori all'agricoltura. In Lombardia
tutte le assocazioni venatorie hanno aderito e si
attende che facciano altrettanto quelle agricole e allevatoriali.leggi tutto
I rappresentanti dei "Comitati per la tutela delle persone e degli
animali dai lupi" hanno portato giovedì scorso all’attenzione della
Commissione speciale sui grandi predatori del Consiglio regionale la
crescente gravità del problema. Il giorno dopo, a converma, si aveva
notizia di nuove predazioni nel Parco dello Stelvio presso
l'agriturismo Ables di Santa Caterina di Valfurva (che si aggiungono a
quelle, per un totale di una decina di pecore predate, avvenute nella
vicina località Cà Marcia meno di un mese fa e passate del tutto sotto
silenzio). Ieri, invece, è stato consegnato un verbale con la sanzione
per “pascolo vagante” all’allevatore che - guarda caso - ha promosso la
raccolta firme in alta Valtellina. Mentre si risponde picche alle
richieste degli allevatori che chiedono di essere aiutati a proteggere
le loro greggi, mentre si tengono nascoste le predazioni, si da il via
alla repressione come chiesto a gran voce dagli animal-ambientalisti
che per risolvere il conflitto , invece che controllare il lupo,
preferiscono far sparire gli allevatori. E' ora, a questo punto, che le
istituzioni dicano se gli allevatori devono chiudere o se sono disposte
ad ascoltare loro e i cittadini preoccupati per la presenza sempre più
invadente dei lupi. La Regione ha iniziato a farlo, così alcune
Comunità Montane e comuni. Ma le amministrazioni del Parco dello
Stelvio sinora hanno taciuto. E vorremmo invece sapere cosa pensano. leggi
tutto
(27/6/2023)
- Il convegno di Vasto, organizzato presso il Centro
Gulliver la sera del 23 c.m., non ha
deluso le eattese di quanti desideravano fosse fatta chiarezza sulla
situazione locale ("la bestia di Vasto") ma anche sul quadro nazionale.
Esperti, comitati di cittadini, agricoltori, persone vittime di
aggressioni hanno contribuito - ciascuno dal proprio punto di vista - a
descrivere un quadro preoccupante. Il lupo, in crescita numerica, è
sempre più presente nelle aree antropizzate, è protagonista di
interazioni con le persone potenzialmente sempre più pericolose.
I casi dei lupi di Otranto e di Vasto rappresentano una punta
dell'iceberg ma non sono avulsi dal contesto generale. Per quanto
difformi dal comportamento usuale del lupo, questi casi hanno visto
protagonisti lupi del tutto normali (nonostante i tentativi di
intorbidare le acque) e si inseriscono in un contesto di aggressioni
sempre più frequenti. Esse, per ora, - nella maggior parte dei casi -
sono legate alla predazione dei cani condotti dagli aggrediti.
L'aspetto preoccupante è che le aggressioni avvengono sempre più in
aree urbane e suburbane e comportano il ferimento dei malcapitati. La
serata non è stata ovviamente gradita alla lobby lupista che ha ben
pensato di inviare alcune provocatrici. leggi
tutto
Cosa sta succedendo a Vasto, dove le aggressioni a persone di diversa
età e sesso si susseguono dalla scorsa estate? Perché il presidente
del Parco della Maiella, smentendo gli stessi esperti del parco, tenta
di accreditare l'ipotesi del "cane vagante"? Bisogna sapere che
proprio il Parco della Maiella è il soggetto dove è attuato in
Italia il progetto Life Wild Wolf, un progetto strategico per
impedire di passare a una gestione del lupo e alla tutela della
sicurezza pubblica minacciata dal predatore. La situazione di Vasto,
smentisce i presupposti del progetto e si configura come una grossa
grana
per la "centrale" dell'IEA di Boitani che coordina il progetto
(l'ennesimo)
ed è al centro di una fitta rete di iniziative e organismi, anima della
lobby del lupo in Italia e in Europa. Ma le aggressioni del lupo e le
intrusioni nelle pertinenze delle abitazioni stanno crescendo in modo
esponenziale anche nel resto d'Italia. I dati fanno rizzare i capelli.
leggi
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(16/3/2023)
- Sull'emergenza lupo le istituzioni, non stanno facendo nulla. Non
vogliono muoversi. La lobby del lupo è una piovra che si è infiltrata
in tutti gli apparati dello stato e dei media e riesce a paralizzare
qualsiasi iniziativa. Prefetti e regioni sono uniti nell'inerzia, nel
rimpallarsi le responsabilità, nel far credere che il lupo sia
intoccabile. Ovviamente non è così ma gli organi dello stato non si
preoccupano di mentire spudoratamente. Di fronte a questa vergognosa
situazione solo l'iniziativa dei cittadini (politica, legale) può
smuovere le acque putride. Il Comitato "Emergenza lupo-Arezzo",
costituitosi alla fine di gennaio, ha conseguito un grande successo
nella raccolta delle firme per la petizione rivolta all'on. Francesco
Lollobrigida, Ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e
delle foreste ed all'on. Gilberto Pichetto Fratin, Ministro
dell'Ambiente e della sicurezza energetica, che hanno le competenze
relative alla gestione della popolazione della specie Canis lupus nel
territorio nazionale. In un solo mese raccolte 3.700 firme, una cifra
importante. Il successo dell'iniziativa aretina deve spingere i gruppi
e le associazioni che operano in altre provincie e in altre regioni a
intraprendere iniziative analoghe.leggi
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(05/03/2023)
Chi come ruralpini denuncia da 14 anni la gravità del pericolo lupo ha
la magra consolazione di poter dire: "l'avevo detto". Oggi si è
finalmente formato un movimento sociale che contesta la politica del
mantenimento della protezione del lupo anche a fronte di una presenza
ubiquitaria, spavalda, aggressiva. Un mantenimento chiaramente
politico-ideologico, sostenuto dal potente partito del lupo. Le
cronache del febbraio 2023 sono ricche di notizie che solo pochi anni
fa sarebbero stte ritenute impossibili. Ormai l'apparizione del lupo fa
notizia se interessa solo città e centri maggiori, se entra nei cortili
e nei giardini, se preda animali d'affezione o non usuali vittime. Le
stragi di pecore non fanno più notizia. Ci si preoccupa, invece, dei
lupi salvati, di cui si tenta il recupero nonostante fratture multiple,
rogna, gravi ferite. Un animalismo di stato che spreca risorse per
animali che dovrebbero essere "selvatici", esposti alla "legge della
natura" e invece sono catturati, ospedalizzati, operti riabilitati,
rilasciati. Salvo poi "non farcela" (due casi solo nel febbraio 2023).
Per i lupi morti in circostanze men che chiare, ma anche per quelli
stirati sulle strade si praticano autopsie e si eseguono indagini. Non
sono solo i fanatici animalisti affetti da sindrome lupomane ma le
istituzioni. Intanto nessuno si muove per stabilire regole per
allontanare i lupi dai centri abitati e dalle città. Per i lupisti sono
benvenuti e un fatto da salutare con giubilo. Ma dovrebbero dirlo a chi
si è visto sparire cani, gatti, galline, oche..leggi
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