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Lupo

Michele Corti, 31 luglio 2023



  • Passa per il Trentino la violazione del tabù del dio lupo? O è meglio moderare le aspettative? 

In seguito a una serie di predazioni a carico di giovani bovini, verificatesi presso la malga Boldera (Lessinia trentina), il presidente della provincia di Trento ha emanato, il 24 luglio, un decreto di abbattimento di due lupi, forte del parere positivo dell'Ispra. Un primo ricorso al Tar, per ottenere la sospensiva, è stato respinto. Il fronte animal-ambientalista non si dà ovviamente per vinto e giocherà il tutto per tutto perché il valore simbolico (ma anche pratico) della rottura del tabù è enorme. L'Italia è unico paese al mondo in cui il lupo è specie intoccabile. Ma, in forza di questa intoccabilità, la specie ha conosciuto un'esplosione demografica che l'ha portata dai 100-120 esemplari degli anni Settanta ai 3400 ufficiali del 2020/2021 (oggi 5000 in base al trend). Anche in base a questi dati ufficiali che, se si tiene conto di indagini locali di stimati lupologi, appaiono pesantemente sottostimati, l'Italia è diventata il paese con la massima densità di lupi al mondo. Il buon senso suggerirebbe di rimuovere il tabù ma l'ordinanza di Fugatti rischia, per le circostanze particolarissime che l'hanno determinata, di essere l'eccezione che conferma la regola (un "fatto sperimentale" come dice Ispra nel suo parere), specie se venisse approvato il Piano lupo (vedi l'articolo di settimana scorsa su queste pagine), che, per ora, solo la Regione Piemonte contesta (senza farlo sapere pubblicamente peraltro).



Il decreto del 24 luglio di Fugatti applica la Legge provinciale 11 luglio 2018 n. 9 (Attuazione dell'articolo 16 della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992). La differenza tra la provincia autonoma di Trento e le regioni ordinarie consiste solo nel fatto che Trento, utilizzando le proprie prerogative legislative, si è sottratta all'obbligo di autorizzazione ministeriale. Resta, però, la necessità del parere Ispra. Ed è forse questo lo scoglio maggiore, visto che la provincia autonoma sta modificando la legge del 2018 per sottrarsi anche al parere dell'Ispra stessa. In realtà, potrebbe un Picchetto rispondere... picche alle regioni ordinarie che chiedessero l'attivazione della deroga in presenza di un parere Ispra favorevole? Non lo pensa nessuno. E allora perché regioni con grossi problemi di lupo come la Toscana, il Piemonte, l'Abruzzo, il Veneto, le Marche non si attivano? Per la sinistra è questione ideologica, per il centro-destra di pura vigliaccheria politica (perché qualificarla "opportunismo" farebbe ad esso troppo onore), vigliaccheria indotta dalla paura delle reazioni animaliste e della perdita di voti. Per certi politici di centro-destra (non tutti, per fortuna) vale la considerazione: "i rurali sono una minoranza, i montanari ancora di più, e allora perché rischiare di perdere anche una piccola percentuale di voti tra il vasto pubblico urbano, influenzato dai media nazionali, per tutelare una minoranza che se è pur vero che ci vota al 70-80% nel complesso non sposta quasi nulla in termini elettorali?". Un ragionamento cinico, che i politici di centro-destra, non svolgono davanti ai microfoni, dove sfoggiano sempre parole di circostanza a favore "della montagna, del territorio, del mondo agricolo".  Ma che spiega certe inerzie. Un ragionamento miope perché se si deve cedere su tutte le questioni (vedi UE, vedi guerra) dove i grandi media nazionali, allineati alla sinistra globalista, hanno la possibilità di condizionare l'opinione pubblica urbana, allora non si capisce che differenze rimarrebbero tra destra e sinistra e i consensi alla destra svanirebbero. Ma c'è un'altra considerazione: la politicizzazione estrema di temi ambientali non consente più posizioni trasversali. E la questione lupo e orso non fa eccezione. L'uso strumentale delle narrazioni ambientaliste (insieme al gender e alle "questioni etiche") è oggi è il nocciolo della politica della sinistra, della sua identità (per quanto debole) e lo spazio per chi, a destra, cavalca l'ambientalismo si sta facendo sempre più stretto. Questo vale anche per la questione grandi predatori.

Nel caso del lupo i politici non si sono ancora resi conto che il problema non è di quelli qualsiasi. Dove esso si impone quale problema che focalizza l'attenzione del pubblico, dove la gente è condizionata dalla paura di incontrare il lupo fuori casa e non va più nei boschi e a fare passeggiate, dove si sente espropriata del proprio territorio e del proprio modo di vivere, allora i grandi media nazionali non funzionano più come "oppio del popolo" che continua a operare efficacemente su chi vive nei condomini al sesto piano con ascensore e aria condizionata e non va mai a farsi una passeggiata in montagna. Dove la gente ha paura degli orsi e dei lupi essi, la loro mancata gestione, influenzano grandemente. Lo ha capito Fugatti che sa che la grande maggioranza dei trentini (anche "progressisti") è stufa marcia di orsi e di lupi. Non lo sono più solo i "villici", gli allevatori "marginali", ma anche chi abita nelle città e non può esercitare attività ricreative all'aperto senza una certa ansia. Così le elezioni provinciali si giocheranno largamente su questo tema. Non era così prima del precipitare della situazione con la morte di Andrea Papi. Che le cose stiano rapidamente cambiando anche in altre regioni se ne renderanno conto però anche i politici che forse già intuiscono come, in non pochi collegi, il tema dei grandi predatori potrà spostare pacchetti di preferenze in grado di decidere gli eletti. Non così in una grande città dove solo una minoranza di animalisti fanatici assegnerà la preferenza a un politico sulla base della sua posizione sui lupi. Ragionare in termini di atteggiamenti aggregati a livello nazionale e concludere che "gli animalisti sono maggioranza" può essere pericoloso per chi aspira a essere eletto nei consigli regionali. Chi, in montagna, non osa esporsi sarà indicato agli elettori perché possano mandarlo a casa.

Non illudiamoci che la provincia di Trento e i forestali diffonderanno queste immagini. Una compensazione omeopatica per le migliaia di immagini di animali domestici sacrificati al Dio Lupo. Potremo solo immaginarci che sarà andata così

Il decreto di Fugatti che prevede l'abbattimento di due lupi nella Lessinia trentina, ha suscitato entusiasmi tra gli allevatori e i cittadini che, in tutta Italia, non ne possono più dell'assedio dei lupi. Ulteriori entusiasmi ha suscitato la sentenza del Tar (questa volta rapidissimo) che, il 28 luglio, ha respinto l'istanza di sospensiva presentata da tre associazioni animaliste. Le numerose sigle animal-ambientaliste (anche il WWF è sul piede di guerra a fianco della galassia animalista) sono però decise a dare battaglia in tutte le sedi possibili e immaginabili. Ne va della loro influenza e dei loro bilanci. La massa dei loro sostenitori, condizionata da una propaganda demagogica e spregiudicata, che non esita a utilizzare fake news grossolane ("in Europa da 150 anni i lupi non aggrediscono più l'uomo"), resterebbe shoccata dalla rottura del tabù del lupo sacro e inviolabile. Sarà in ogni caso difficile che circolino foto come quelle che, in Svizzera, rendono manifesta ai cittadini l'avvenuta esecuzione delle ordinanze di abbattimento. Non crediamo proprio che Fugatti faccia diffondere immagini come quella qui sotto che documenta la precisione del tiratore. Ci basterebbe comunque sapere che due lupi sono stati prelevati legalmente per la prima volta dopo 50 anni.

Intanto, però, è bene non vendere la pelle dell'orso. Per gli animal-ambientalisti il lupo-totem è una gallina dalle uova d'oro (porta tessere, donazioni, "adozioni"). E' anche la bandiera ideologica di un ambientalismo di facciata che coinvolge interessi che vanno ben al di là di quelli degli ambientalisti. La "rivincita della Natura", della quale il lupo è diventato il simbolo è un alibi molto profittevole. I Parchi, usando la bandiera dei grandi carnivori, hanno coperto (e coprono) scempi ambientali perpetrati in nome del turismo hard, quello dei grandi impianti per la produzione di neve artificiale, quello delle montagne spianate, quello dei grandi rifugi (alberghi in quota cammuffati). Il lupo è un ottima arma di distrazione di massa che allontata lo sguardo degli ingenui seguaci animal-ambientalisti dal mercato delle vacche che intercorre, all'interno dei parchi, tra i vertici, gli amministratori locali, le associazioni ambientaliste. Un mercato delle vacche il cui prezzo è pagato dagli allevatori che "si ostinano" a mantenere la biodiversità dei pascoli. Per questo arrivare a tirare ai due lupi della Lessinia non sarà facile. Ma anche se si riuscisse, se si rompesse il tabù, non c'è affatto da illudersi che da qui in avanti si aprirebbe uno scenario "alla Francese"
.

L'ex assessore trentino all'agricoltura Dalla Piccola, della precedente giunta di sinistra, quando magnificava  le "recinzioni modello" alla Malga Boldera

Va chiarito che la situazione di Malga Boldera, localizzata nella Lessinia trentina alla Sega di Ala (comune di Ala), è molto particolare. Essa ha rappresentato, insieme a
Malga Viezzena (Predazzo), Malga Campobrun (Ala), Malga Brez (Brez) la "vetrina della convivenza", ovvero la dimostrazione vivente che, con adeguate recinzioni, i lupi non sono più un problema. E' quello che da decenni predica il lupismo (di stato e non): le predazioni sono sempre colpa degli allevatori pigri e ignoranti che non si dotano di recinti e di cani, che non proteggono i loro animali. Lo ripetono come pappagalli migliaia di invasati sui social. Sui cani, distribuiti dai lupisti agli allevatori, proprio in Trentino, vi erano state prove clamorose di insuccesso (vedi il nostro articolo del 2019) ma, a parte i casi più eclatanti di flop, sono numerosi, da nord a sud, i casi di allevatori che hanno subito conseguenze penali per le aggressioni a turisti da parte dei loro cani guardiani  e sono quindi evidenti i limiti del loro utilizzo. Quanto alle recinzioni temporanee i loro limiti sono stati messi in evidenza da tempo (vedi il nostro articolo in proposito): quelle non troppo alte sono facilmente saltate dal lupo, quelle alte sono pesantissime da trasportare e difficili da installare e mantenere in efficienza. Senza contare che i lupi, spaventando gli animali all'interno, possono spingerli a fuoriuscire dai recinti; senza contare le difficoltà di un corretto posizionamento con pendenze elevate e discontinue, con terreno a rocciosità superficiale. Per non parlare poi degli animali (domestici e selvatici) che muoiono impigliati nelle reti. A queste critiche si sottraevano, almeno in parte, le recinzioni di tipo fisso come quelle di Malga Boldera.  Qui  vengono posati ad ogni stagione 5 fili (aumentati a 6/7 nei punti più sensibili). I recinti sono sostenuti da robusti pali di legno posizionati mediamente a circa 10 m uno dall’altro, destinati a rimanere fissi e che costituiscono la struttura portante, lungo i quali vengono tesi i fili che sono distanziati e sostenuti anche da tradizionali paletti in plastica.

Gli impegnativi lavori di allestimento delle recinzioni fisse. Facile immaginare i costi per superfici di pascolo di centinaia di ettari


Nonostante la recinzione, fiore all'occhiello dei forestali e della provincia, la forestale trentina ha dovuto accertare dopo maggio di quest'anno una serie di predazioni ad opera di lupi: 2 asini il 3 giugno, 2 vitelle il 7 giugno, 4 vitelle il 12 giugno, 2 vitelle il 16 giugno, 5 vitelle il 28 giugno, 3 vitelle il 22 luglio (quest'ultima predazione quando era già in arrivo l'ordinanza di abbattimento). Una debacle, una sconfessione clamorosa della validità delle recinzioni.


Dopo il 22 luglio i lupi si sono tenuti alla larga da Malga Boldera (pattugliata dai forestali) ma hanno colpito nella confinante Lessinia veronese (foto sotto).


Come hanno fatto, ci si chiede, i lupi a penetrare una recinzione che sembrava inviolabile? Hanno semplicemente imparato che se si salta dentro tra un filo e l'altro, anche se il corpo è a contatto dei fili, non si subisce la scossa. Per lo stesso principio per il quale gli uccelli che si posano sui cavi dell'alta tensione non restano fulminati nonostante l'elevato voltaggio. La corrente (il flusso di elettroni) per scorrere deve farlo sotto l'influenza di un diffenziale di potenziale. Se l'animale tocca un filo con le zampe appoggiate a terra il corpo fa da conduttore verso il terreno a basso potenziale. Se l'uccello appoggia una zampa su un cavo e l'altra su un palo di sostegno dei cavi o su un altro cavo a potenziale più basso viene fulminato. E' un concetto analogo a quello del flusso dell'acqua. Può l'acqua scorrere da un bacino ad un altro se sono alla stessa quota? Vale anche per la conduzione del calore


Il lupo, oltre che intelligente, è anche atletico. Dove non supera la recinzione elettrificata oltrepassandola, salta attraverso i fili. Si potrebbe obiettare che, se vi fossero stati i cani da protezione l'incursione potrebbe essere rintuzzata. Ma va considerato che queste recinzioni rappresentavano un "fiore all'occhiello", un vanto. Erano state progettate e realizzate dai forestali stessi. Se le avesse realizzate un allevatore, la provincia non avrebbe emesso l'ordinanza di abbattimento e l'Ispra non avrebbe concesso parere positivo. Hanno voluto coprire un loro flop. L'ordinanza, nella sua eccezionalità, mette una pezza al fallimento dell'ideologia della difesa passiva. Meglio concedere un  abbattimento omeopatico, "sperimentale" che ammettere che le reti e i cani non sono sufficienti a contenere la pressione predatoria senza piani di abbattimenti selettivi, senza ridurre, a colpi di fucilate, la spavalderia dei lupi, la loro ormai acquisita certezza di farla franca.


Pur con tutte queste considerazioni, che spingono a moderare gli entusiasmi (anche nel caso in cui i due lupi saranno abbattuti) va rilevato che, per la prima volta, l'Ispra e il Tar hanno dovuto fare riferimento al dispositivo della deroga ammettendo che: a fronte di danni economici rilevanti, a fronte della predisposizione di idonee misure di prevenzione, a fronte del fallimento di misure alternative, a fronte di un prelievo che non compromette la popolazione... non resta che utilizzare la carabina. Ma andiamo a fondo della questione. In Trentino si ammette che vi siano 100-150 lupi. Un prelievo che "non comprometta la popolazione" entro quale quota deve rimanere? In Francia si toglie il 20% della popolazione all'anno e, nonostante questo, i lupi aumentano. Nelle vecchie versioni del Piano lupo si parlava di un tetto del 5% (che con tutti i paletti che venivano stabiliti non si sarebbe mai potuto raggiungere). La nuova versione del Piano, firmata dal ministro Picchetto (uno che piange per l'ecoansia di un'attrice ma che, delle ansie degli allevatori e dei tanti cittadini che hanno il lupo in casa pare non interessarsi molto), riesce a fare di peggio, parla di "casi eccezionali".

Ancora due considerazioni: nel caso forestale trentino ha realizzato più sopralluoghi finalizzati alla sorveglianza e al respingimento di ulteriori possibili attacchi. Azioni che ben difficilmente possono essere dispiegate in alpeggi ordinari. Forse che in tutti gli alpeggi minacciati dal lupo la forestale trentina può correre a pattugliare e a respingere (come corremmo sapere se non si è parlato di proiettili di gomma?). Seconda considerazione: l'Ispra, una volta abbattuti i due lupi, intende valutare le informazioni circa gli effetti del prelievo sulla popolazione di lupi e sulle dinamiche predatorie (un fatto che richiedrà del tempo). Come dire: prima di concedere un altro parere positivo campa cavallo. Detto questo, ridimensionata una "svolta" che non c'è, resta comunque il fatto che la rottura del tabù sarebbe un fatto importante. Sempre che si verifichi. 

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