(09.01.16)
L'asparago rosa di Mezzago rappresenta un'esperienza trainante nel
movimento dei "cibi di comunità". Lanciato come DeCo da Luigi Veronelli
è assurto a elemento di continuità dalla società contadina
a quella post-industriale è ed è divenuto un riferimento
identitario per una comunità che non vuole essere fagocitata dalla
conurbazione milanese.
L'asparago rosa di Mezzago
L'asparago
rosa. Deve il suo colore alla ridotta esposizione alla luce dei turioni
che, come nel caso dell'asparago bianco sono mantenuti
dopo l'emergenza coperti da teli di plastica scuri
di Michele Corti
Le immagini della photo gallery a fondo pagina sono tratte dal volume
"Cibo e identità locale", Centro Studi valle Imagna, 2015
Un
cibo di comunità come l'Asparago rosa di Mezzago è qualcosa di
indissolubile dalle vicende della comunità locale; se diventa elemento
di identità, motore di dinamiche di azione locale, di ricomposizione e
rigenerazione è perché c'è una corrispondenza dialogica strettissima
tra i due termini, un processo
di definizione e rinforzo reciproci. Il cibo di comunità è vivo
dove la comunità è viva, ma a sua volta diventa un elemento di questa
vitalità. Per parlare dell'Asparago rosa bisogna iniziare quindi a
parlare di Mezzago.
Un
piccolo comune brianzolo con non poche ragioni di orgoglio
Mezzago
è un piccolo comune (una caratteristica che lo accomuna alla fascia
collinare e pedemontana lombarda) della Brianza monzese. La
popolazione è di oltre 4 mila abitanti anche se la superficie è di
soli 4,3 kmq. La densità di popolazione è quindi piuttosto elevata
ma lontana da quelle delle zone più intensamente urbanizzate della
provincia, quelle a Ovest. Per fare un raffronto Nova milanese, altro
comune che fa parte del movimento dei cibi di comunità con il suo
pan gialt (misto mais e segale) ha una densità di oltre 4 mila
abitanti per kmq. Mezzago, inoltre, ha saputo evitare quel consumo
insensato di suolo che ha caratterizzato tanti comuni della Brianza
dove non esiste più una demarcazione tra spazio urbano e le aree
agricole. Interessato
in passato da una limitata presenza di medie industrie (insediamenti
all’estremo Sud del piccolo territorio), il comune ha un tessuto
economico manifatturiero basato sul modello brianzolo delle PMI e ha
visto negli anni accentuarsi la funzione residenziale in forza di una
immigrazione dall’area milanese (“alla ricerca della campagna”).
Una “campagna” che potrebbe rivelarsi un beffardo miraggio se il
travaso di popolazione dalla metropoli lombarda (e dalla prima
cintura), favorito dalla nuova invasiva rete autostradale,
continuasse traducendosi nella fagogitazione nella
conurbazione milanese.
Il
rilancio della coltivazione dell’asparago, voluto con grande
determinazione e consapevolezza dall’amministrazione
comunale sin dal 2000, ha risposto a un obiettivo di valorizzazione
di quella che viene (forse impropriamente) definita "agricoltura
periurbana" in funzione di argine al consumo di suolo, una funzione
sinergica al vincolo rappresentato dalla costituzione del PLIS (Parco
locale di interesse sovracomunale) del Rio Vallone. Altro che "giochi
agricoli" (come li definiscono i non disinteressati fautori di
visioni di agricoltura iperindustrializzata a braccetto con quelli di
Tav, Ogm, autostrade inutili a quattro corsie).
La
superficie edificata sino ad oggi, però, si è espansa ma ampliando
il nucleo originario. Mezzago è giustamemte orgogliosa delle
proprie scelte urbanistiche che sono risultato frutto di processi
partecipativi e non solo di interventi illuminati degli amministratori
e dei sia pur prestigiosi urbanisti chiamati a collaborare alla
stesura degli strumenti urbanistici. Così come è orgogliosa di diversi
altri primati, primo tra tutti il livello di partecipazione alla vita
locale (con 600 "cittadini attivi" e la metà degli abitanti iscitta ad
almeno una delle 30 associazioni). Molti sono i volontari che
partecipano all'organizzazione della Sagra (dell'Asparago ovviamente)
ma che prestano la loro opera a favore del prossimo assicurando servivi
come il trasporto dei malati che si devono sottoporre a cure mediche
(sotto i volontari con il mezzo).
Fulcro
delle attività di volontariato è la Pro loco che è anche
l'organizzatrice della Sagra. Così a Mezzago si
assiste quasi ad una inversione di ruoli: l'associazionismo è talmente
attivo che non solo non ha bisogno di essere sussidiato dal comune ma è
esso stesso che in qualche caso sostiene economicamente delle
iniziative del comune operando, in tempi di patti di stabilità e
spendin review una funzione di supplenza. Questa realtà spiega anche la
salvaguardia del territorio perché dove non c'è coesione e dove la
comunità non si sente "insediata" in un territorio,
che percepisce quale un proprio spazio, inevitabilmente gli
appetiti individuali (per la "valorizzazione immobiliare") si scatenano
e non c'è amministrazione illuminata che tenga (se ci prova viene
ribaltata alla succesisva tornata elettorale).
Pur
con soli 4 mila abitanti Mezzago ha una grande biblioteca fornitissima
e polifunzionale, "nodo" dell'avanzato sistema bibliotecario
del Vimercatese (se pensiamo a certe biblioteche comunali
costrette in spazi non ideonei ed angusti...) e un'Accademia di musica
classica e si organizzano vari eventi legati alla musica.
Ma
non c'è solo la musica classica. A Mezzago c'è un locale famoso per la
musica rock, il Bloom si svolgono principalmente
concerti dal vivo, ma anche proiezioni cinematografiche, concorsi
musicali, corsi, mostre d’arte e di fotografia. Si è da sempre distinto
per lo spazio riservato alle nuove proposte e alle sperimentazioni.
Punto di riferimento italiano per la musica rock alternativa negli anni
Novanta, ha ospitato nel 1991 un concerto dei Nirvana, gruppo che aveva
iniziato ad esibirsi proprio al Bloom.
Vi
è poi il Maggio mezzaghese (con la Sagra dell’Asparago) con un
ricco programma di eventi. Si tratta in realtà di un festival
artistico e musicale (dedicato a vari generi) Durante tutto il
periodo, però, a Palazzo Archinti lavora a pieno ritmo il ristorante
della Sagra - basato sul lavoro volontario - che sforna a getto
continuo piatti che in larga misura propongono l’asparago rosa. Il
carattere della Sagra dell’Asparago/Maggio mezzaghese non può non
mettere in evidenza il ‘viaggiare su piani paralleli’ della
Sagra/Festival (in cui l’asparago e l’agricoltura sono assenti) e la
Sagra/Celebrazione alimentare. Su questa
almeno apparente separazione di piani (che può apparire il limite più
serio dell’esperienza di Mezzago).
Finora
si potrebbe dire che i primati di Mezzago sono notevoli ma manca quello
"spessore" che la storia e le antiche tradizioni conferiscono
ad una comunità (e che sono un elemento forte della sua
rappresentazione). Immancabilmente anche a Mezzago ci sono delle
"glorie storiche" . E come da manuale si può verificare che le "glorie"
assumono un significato identitario in quanto intrecciate alla storia
recente, alla vita e alle esigenze e all'autorapprsentazione della
comunità di oggi.
A
Mezzago la componente che rimanda alla storia, a elementi di
prestigio e di "nobiltà": Palazzo Archinti, che per i
mezzaghesi è semplicemente "il Palazzo’, spia di un senso di
identificazione e di orgoglio civico, oltre che fulcro di vita
comunitaria. Il Palazzo rappresenta un elemento di "capitale simbolico"
di indubbia importanza anche in forza dell’evoluzione storico-sociale
che simboleggia, un vero centro simbolico e funzionale.
Torre e Palazzo Archinti. All’interno si svolge la Sagradell’asparago .
Antica proprietà degli Umiliati rilevata dalla famiglia Archinti nelXVIII sec.
Per
quanto per secoli adibito a "corte rurale", esso risale al XII secolo,
quando fu eretto dai ricchi monaci Umiliati ed è
dotato di una torre alta ventotto metri con tanto di orologio "civico"
(fatto insolito in una terra dove gli orologi sono monopolio dlele
chiese). Il nome del Palazzo deriva dall’acquisto, nel 1779, da parte
di una famiglia Archinti, nome evocativo di nobiltà per via del facile
scambio con i ben più blasonati Archinto (una delle famiglie
patrizie più in vista di Milano tra XVI e XVIII secolo). Il palazzo
venne quindi acquisito dalla locale cooperativa (rossa) e, per molti
anni,
vi si organizzarono le feste dell’Unità. In seguito è divenuto sede
della Sagra dell’Asparago organizzata dalla Pro Loco e dell'Accademia
di musica classica. Testimone di rivolgimenti sociali in un’arco
di vari secoli e "protagonista attivo" della vita sociale, culturale e
politica locale, il "Palazzo" ha accentuato il suo ruolo centrale
quando, con il muro di Berlino è caduta anche della rivalità tra
"polo rosso" el "polo bianco"
(da una parte il Municipio, il Palazzo, il Pci, dall’altra la
Parrocchia e la Dc).
Campi intorno alla sede della coop. Le asparagiaie ormai invecchiate hanno
dovuto essere quasi tutte sostituite da campi di frumento
L'asparago rosa: un antidoto contro le minaccie che incombono sulla comunità
Può
un umile ortaggio diventare arma per rintuzzare gravi minacce a carico
di una comunità locale? Sì se diventa un elemento
che lega insieme componenti diverse della realtà locale, se innesca un
processo di rivalorizzazione dell'agricoltura e delle terra non più
solo ettari su cui calcolare la Pac ma risorsa in grado di produrre
nuovo valore attraverso la differenziazione produttiva, la produzione
di utilità multiple ambientali e socialei
ricreando connessioni tra chi la terra la possiede e la coltiva e
la collettività locale che è portata a riconoscerla come
sua, a difenderla,
a sostenerla attraverso il consumo dei prodotti (coproduzione) o
anche forme di partecipazione alla coltivazione (agricoltura civica).
La
comunità mezzaghese teme, specie con le nuove autostrade (Pedemontana e
Tem), di perdere il suo connotato territoriale specifico,
mantenuto grazie a una politica di limitato consumo di suolo agricolo.
Essa l’ha sinora preservata dal destino dei comuni brianzoli a Ovest:
quello di essere fagocitati in un’indistinta area metropolitana. Ma,
paradossalmente, questa politica si è ora ritorta contro Mezzago.
L’aver preservato da una cementificazione disordinata il territorio ha
penalizzato il comune in sede di definizione del tracciato delle nuove
autostrade. “Passano qui perché è ancora verde, devono fare meno
espropri”.
Mezzaghesi doc reduci dal ristorante della Sagra. Ma vi sono anche molti "turisti"
L’afflusso
di nuovi abitanti (extracomunitari ma, ancor più, milanesi o abitanti
dell’hinterland in fuga dagli alti valori immobiliari
o dalla scarsa qualità di vita delle periferie) può determinare
un’ulteriore minaccia alla condizione che caratterizzava Mezzago sotto
il pro lo sociale. Il rischio è la ‘diluizione’ dell’elevato tasso di
partecipazione, dei processi di cittadinanza attiva, della coesione
sociale (specie dopo il riassorbimento delle linee di frattura
ideologiche del passato). Il timore è quello, manifestato apertamente,
di subire il destino dei ‘dormitori suburbani’ .
L’asparago,
si inserisce in questi processi e sconvolgimenti territoriali che
rappresentano una minaccia anche per gli asparagi perché
la parte nord del paese [dove passerà l’autostrada Pedemontana] è
quella più vocata per la coltivazione degli asparagi, perché drena
molto di più. Diventa uno strumento cruciale per conservare e
assegnare valore (economico, simbolico, affettivo) al "verde agricolo"
e per preservarlo da un destino inesorabile legato a una precaria
condizione di un’agricoltura basata sulla maiscoltura che regge “no a
quando c’è la Pac”. Gli amministratori sono consapevoli
che non basta porre vincoli come quello del Plis (Parco intercomunale
di interesse sovracomunale) del Rio Vallone. Sono consapevoli che
l’asparago rosa consente alla Sagra di mantenere un legame con la
memoria, con l’utilizzo del territorio, evitando quindi che scada al
livello di tanti format che della "Sagra popolare" conservano solo
(abusivamente) l’etichetta.
Un cibo di comunità "ritrovato"
L'asparago
rosa ha superato la minaccia della Pedemontana pur avendo perso terreni
preziosi. Gli ettari coltivati erano 8 nel 2012 e si profilava
un problema di ricambio(l'asparagiaia non può restare in produzione per
più di 9-10 anni) ma due anni dopo erano saliti a 14. Sono entrati
in produzione nuovi terreni e sono entrati nella filiera nuovi
coltivatori. Vi è stato un tempo, però, in cui la coltivazione
dell'Asparago a Mezzago ha rischiato di scomparire per sempre. La
Sagra, che risaliva al 1960 ma negli anni Novanta si dovette
ricorrere all'importazione di asparagi bianchi dal Veneto. C'era la
sensazione che la
Sagra non avesse lo stesso significato. Anno dopo anno il rito della
Sagra si era andato definendo grazie alla partecipazione di persone che
conoscevano bene - coltivandoli o avendo assorbito in famiglia la
cultura dell'asparago - le caratteristiche dell'asparago locale,
la stagionalità. Senza il legame tra il campo e la tavola il rito era
svuotato. "Bisogna fare qualcosa". Dopo infruttuosi tentativi di
rilancio della produzione locale di asparagi ci si stava rassegnando
melanconicamente
ad una Sagra dell’asparago di Mezzago … senza asparago di Mezzago. Ma
nel 1999 parte, su iniziativa del sindaco Pozzati il progetto di
rilancio dell'asparagicoltura e lel 2002 arrivano alle
cucine della Sagra di Mezzago i primi asparagi coltivati in loco (dal
2004 De.Co: prodotto a denominazione comunale grazie all'intervento
diretto di Luigi Veronelli che era estimatore del risotto con gli
asparagi rosa).
Il ristorante della Sagra (Palazzo Archinto)
Un secolo di storia e una discontinuità
A
Mezzago la coltura dell’asparago risale a solo un secolo fa. Non molto
ma sufficiente a sedimentare una storia (se vi sono le condizioni).
L’asparago nel comune della Brianza si è inserito solo dopo la
prima guerra mondiale nel panorama agricolo complice il
grande sommovimento sociale del dopoguerra con l’espansione della
proprietà contadina e comunque la rivoluzione dei patti agrari e la
ricerca di nuove fonti di reddito a fronte della declinante
gelsibachicoltura. Fatti che lasciano il segno nella memoria collettiva
perché imprimono nella memoria collettiva coincidenze significative,
associazioni. Ma perché
l’asparago entrò nella coltura promiscua solo a Mezzago? Una
domanda che non trova ancora una risposta. Di fatto l’asparago divenne
elemento di distinzione dell’economia contadina locale e motivo
di orgoglio in quanto molto apprezzato sui mercati cittadini di
Monza e Milano. Gli asparagi erano (e sono) indiscutibilmente "di
Mezzago" perché in nessun altro paese brianzolo venivano coltivati. Di
ciò le comunità vicine erano (somo) ben consapevoli.
La calibrazione è eseguita a mano: ogni volontario ha un suo “calibratore”
personale (con il nome) realizzato in modo artigianale
La
storia dell'asparago rosa è abbastanza "densa" (il tempo lineare non è
la sola dimensione che conta) perché
sia diventato, in quanto prodotto agricolo, un elemento
culturale radicato nella memoria collettiva
rappresentando un marcatore di senso di appartenenza locale. Nelle
famiglie originarie di Mezzago è difficile che padri o nonni non lo
coltivassero: “all'epoca d'oro erano 400 famiglie che coltivavano
l’asparago”. Ciò ha segnato in profondità l’esperienza della
comunità nel suo complesso e l’asparago rosa è tradizione storica
a pieno titolo Mezzago
indicando che non sono necessari secoli per costituire una
tradizione "autentica" (inducendo a diffidare di chi vuole nel
liquidare come "inventate" delle tradizioni solo perché non possono
vantare una lunga storia).
Per
far rinascere l’asparagicoltura si è dovuto però passare dalla
coltivazione a bordo campo (di grano) all’ombra dei
gelsi che connotavano in modo caratteritico il paesaggio
brianzolo a quella a pieno campo. Oggi le asparagiaie sono
organizzate tre file ravvicinate distanziate dalle
altre da uno spazio sufficiente al passaggio della baulatrice meccanica
(per la realizzazione dei cumuli). L’abbandono delle tecniche
tradizionali è stato determinato non solo da esigenze di
meccanizzazione ma anche, in modo "strutturale" dalla
trasformazione del paesaggio agrario profondamente
cambiato (con la scomparsa dei gelsi e l’aumento delle dimensioni dei
campi). A Mezzago a questo punto il sapere implicito contadino non
poteva più assistere la coltivazione (di qui i fallimenti precedenti al
progetto del 2000). È stato necessario rifarsi a saperi esperti
(Istituto sperimentale di orticoltura) e scendere anche ad un altro
compromesso introducendo l’asparago di Bassano.
L’operazione
di recupero e adattamento al nuovo contesto sociale e agronomico è
però avvenuta attraverso una ‘negoziazione’
che ha visto come protagonisti attivi un gruppo di neo-coltivatori che
erano passati attraverso l’esperienza operaia ma con background
famigliare agricolo. Essi erano fortemente motivati dal desiderio di
non disperdere una tradizione agroalimentare che si era rafforzata nel
corso di più generazioni e aveva fortemente influenzato la vita del
paese, rappresentando una fonte non trascurabile di reddito e
conferendo al paese un elemento che lo distingueva da quelli del
circondario. In questo caso una
componente soggettiva (l’azione consapevole di costruzione e difesa di
una tradizione) compensa efficacemente una storicità "oggettiva" che
non può vantare ascendenze secolari.
Vittorio Pozzati
Soggettività locale e stimolo istituzionale
L'esperienza
di Mezzago insegna che l'azione di stimolo da parte dell'ente locale ha
successo quando ci sono condizioni sociali e culturali
adeguate. Se fosse stato rivolto agli agricoltori professionali il
"Progetto asparago rosa" non sarebbe mai decollato. Neppure se l'ente
pubblico avesse investito molto di più. Ha giocato lo spirito
diffuso di volontariato, il nesso tra la Sagra, l'asparago e lo stesso
volontariato (che si autofinanzia cucinando asparagi), la memoria
storica, il legame "affettivo" con l'asparago e tutto quello che
evocava, dagli anni Venti agli anni Sessanta (con la prima ondata di
turismo gastronomico
di milanesi e monzesi). Ricordi di un paese apprezzato, vissuto da
residenti e gente di "fuorivia".
Il presidente della Caam Giovanni Vitali impegnato
nella dimostrazione della pulizia dei turioni
A
Mezzago i soci della cooperativa Caam hanno versato a suo tempo 1
milione di lire e alcuni di essi svolgono, sempre a titolo
volontario, le operazioni di trasporto, pulitura, calibrazione e
confezionamento degli asparagi (la raccolta è svolta da una famiglia di
quattro rumeni). “Non lo farei se fossero patate o fragole”, ci tiene a
precisare uno di questi soci-lavoratori volontari nell’intervista
somministratagli: indicando le motivazione (i valori della tradizione,
di un elemento riconosciuto come costitutivo dell’identità e del
collante locale) di questa che, anche a Mezzago, può essere definita
una forma di
economia sociale, sia pure in un quadro di partenariato
con l’amministrazione comunale. Questa, infatti, non solo ha
accompagnato la nascita della Cooperativa Caam (Cooperativa agricola
asparagicoltori di Mezzago). ma ha svolto anche un ruolo
"imprenditoriale" tanto da finanziare con settanta milioni di lire
l’acquisto delle ‘zampe’ (le radici di propagazione) per avviare la
rinascita della coltivazione dell’asparago rosa. Il sindaco era
Vittorio Pozzati (così come oggi è Vittorio Pozzati ad aver spinto la
coop di Mezzago - per lungo tempo dedita all'edilizia - tornare
ad essere come alle origini coop agricola). Va detto, anche per sfatare
alcuni luoghi comuni sulla figura del "sindaco imprenditore" brianzolo
che l'amministrazione mezzaghese (sempre in continuità con le
precedenti) si è accortamente limitata alla "direzione
strategica" in un delicato gioco di accompagnamento attento a non
sostituirsi alla iniziativa dal basso.
Ferve il lavoro dei volontari nelle cucine del ristorante
della ProLoco (dentro Palazzo Archinti)
L'operazione asparago ha avuto successo sia sotto il profilo sociale che agricolo. Oggi il 30% della produzione dell’asparago
rosa è destinato alla Sagra - un evento che si inserisce in un Maggio
mezzaghese ricchissimo di appuntamenti - che assume un ruolo
chiave nel contesto delle dinamiche locali
garantendo l’autofinanziamento delle attività culturali, sociali,
assistenziali. Ma non va trascurato il ruolo di veicolo di
socializzazione e integrazione.
I
‘volontari dell’asparago’ sono impegnati a tempo pieno solo per i due
mesi della raccolta e della Sagra del ‘Maggio mezzaghese’ mentre,
durante
il resto dell’anno, sono attivi in altri ambiti dell’associazionismo. La
Caam rappresenta in ogni caso qualcosa di diverso di un'impresa
economica (ruolo in cui la legislazione sulle coop vuole imprigionarle)
assumento la veste di una realtà ‘ibride’ (come per esempio la
Società valli del Bitto aGerola alta) che, sotto le specie di forme
giuridiche diverse, operano come collettori di risorse e competenze di
vario tipo per la
realizzazione di progetti di comunità.
La
realtà dell’asparago di Mezzago è una realtà molto inserita nel
contesto della comunità al quale apporta
un significativo contributo. Resta il problema del ricambio
generazionale dei volontari. I giovani che affluiscono al ‘Palazzo’
(Palazzo Archinti sede, tra l’altro, della Pro Loco) per svolgere il
lavoro di volontari in cucina e nel servizio in tavola non paiono
invece attratti dalla prospettiva di raccogliere il testimone dagli
"anziani" della coop.
Anche su questo fronte, però, la svolta della Coop ex agricola e
di consumo, poi
edilizia oggi di nuovo agricola (segno dei tempi!) appare premessa alla
soluzione anche del problema specifico della coop dell'asparago che,
con l'agricoltura riportata a nuova centralità, dovrebbe avere molte
più chance di attrarre forze fresche (impegnate negli altri 10 mesi su
altri fronti agroalimentari).
Antonio Colombo alle prese, da sindaco, con gli asparagi
Sostenibilità economica
L'asparago
rosa non ha rappresentato solo un successo dal punto di vista sociale e
dell'immagine. Una volta che la coop con i suoi volontari
ha aperto il terreno ( (messa a disposizione di modelli tecnici e
organizzativi e apertura di canali commerciali), la creazione di un
vero e proprio nuovo mercato) all'entrata nella filiera degli
imprenditori agricoli. A Mezzago, l’asparago rosa fattura 300 mila
euro. Il prezzo degli asparagi rosa di Mezzago è nettamente più
elevato rispetto al mercato (4 euro il mazzo della prima qualità).
Il processo economico innescato ha determinato l’entrata nella
filiera di aziende
agricole professionali e quindi il coinvolgimento della Gdo (Coop ma
anche Esselunga che mette in commercio l'asparago rosa per limitati
periodi anche in alcuni negozi di Milano). Un nuovo canale è
rappresentato anche di gruppi di acquisto solidale (Gasparago).
Quanto alla ristorazione, a parte il lungimirante Matteo Scibilia
(Osteria della Buona condotta) si deve registrare - caso non certo
isolato - una forte delusione nel recepire le opportunità di una
materia prima pregiata in un
territorio che offre ben poco d'altro.
L'esempio
di Mezzago mette però in evidenza l’importanza della
presenza di soggetti propulsori (in questo caso il Comune
e la cooperativa). Questi soggetti hanno perseguito consapevolmente gli
obiettivi della fase di start-up, consci dell’assunzione di costi che,
almeno per una fase di avvio, non avrebbero mai potuto essere assorbiti
da singoli operatori economici.
Confezione asparagi extra
Prospettive
Gli
esponenti (presenti e passati) dell'amministrazione mezzaghese
personalmente impegnati in vari ruoli nel "progetto asparago"
sono consapevoli che esso rappresenta solo una soluzione parziale
a un sistema agricolo fragile (“piantano sempre mais e grano e basta”).
Sulla scorta della positiva esperienza dei Gas (esiste anche un
‘GASparago’) essi stanno pensando a nuove dimensioni di
un’agricoltura basata anche se attività agrididattiche, agrisociali, in
grado di coinvolgere altre associazioni, giovani, singoli cittadini.
La coop Mezzago, sotto l'impulso di Antonio Pozzati sta proprio
pensando a questo. Si
tratterebbe di tornare alle origini (la coop era nata come agricola nel
lontano 1920). In un futuro forse non molto lontano si potrebbe
assistere (magari sotto forma di vigneto civico) ad una ripresa
della coltivazione della vite, storicamente radicata nel Vimercatese
(anche se ormai assente dalla memoria storica). Non mancano poi
gli stimoli costituiti dalle esperienze positive sul mais e gli
altri cereali (di varietà tradizionale) anche in ambito lombardo. Da
questo punto di vista
si apre lo scenario di reti sovralocali (come quella dei mais
antichi) in grado di supportare con l'esperienza collettiva e adeguato
expertise i "nuovi arrivati". Nova Milanese con il progetto del pan
gialt ha già potuto avvalersi del supporto di Gandino (vero fulcro di
azione di rete) e del CRA-MAC di Bergamo. A Mezzago sono già in
contatto con questa rete (che si sovrappone peraltro a quella del "cibo
identità", ovvero delle sei località trattate nel volume
"Cibo e identità locale". Sul fronte dell'asparago è invece Mezzago che
grazie anche ai contatti con località estere di produzione
dell'asparago può fungere da "perno" a vantaggio di realtà come
Cilavegna e Cantello (per restare in Lombardia).
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Anche
una forma di ricerca partecipata (a differenza di quella mordi e fuggi)
può aiutare attraverso l'autoriflessività dei soggetti locali la
crescita dei cibi di comunità.