(24.11.15) Laura Zanetti ripercorre la storia recente delle malghe del Lagorai, la catena montuosa, ricca di laghi e pascoli che divide la Valsugana dalla Val di Fiemme e si prolunga verso il Tesino. Già pubblicato su Telve notizie , dicembre 2015.
L'oasi dei casari
In memoria di: Francesco Franzoi, malghese di Malga Valpiana, Serafino Zanetti, storico affinatore di formaggi di malga del Lagorai, Augusto Buffa di CastellāAlto, proprietario di malga Valpiana, recuperata, per suo volere, negli anni ā90.
di Laura Zanetti
La vicenda del latte nel Lagorai ha prodotto quella che può essere definita la Civiltà della Malga, anzi le Civiltà delle Malghe, poiché il panorama pastorizio, quassù, è stato ed è così vario in ogni sua angolatura, anche entro determinati limiti di spazio, da risultare tuttāaltro che monotono. La ragione è anzitutto storica e va ricercata nella vastità di territori montani di pertinenza catastale del Comune di Télve in particolare, appartenuti ai āda Telvoā fin dal 1160, ora in buona parte allāultimo ramo dinastico dei Buffa di CastellāAlto, in parte di proprietà comunale e privata.
UN POā DI STORIA...
Prima del Grande Conflitto, ben 40 erano le malghe e maggiolère (malghe di bassa quota), attive in questo territorio: una solidissima economia agricolo-pastorale dentro la natura, dove lāuomo e lāanimale hanno lavorato per rafforzare un ecosistema montuoso di eccezionale interesse geologico, zoologico, botanico ed antropologico. Negli anni ā60 si assiste ad una crisi generalizzata dovuta alle politiche agricole che, anziché introdurre concrete e tangibili forme di integrazione di reddito, a riconoscimento anche dellāattività di salvaguardia ambientale e del paesaggio, avevano forzato lāintroduzione di strumenti e logiche operative utilizzate in pianura, dimostratesi poi una trappola per il contadino di montagna, che mai avrebbe potuto competere con i sistemi di economia agricola della pianura: aumentavano i costi, ma non il reddito. Sono gli anni in cui alcune razze di vacca autoctona (la grigio alpina, la bruno-alpina, la rendena), spiccatamente vocate allāallevamento estensivo e al pascolamento in quota per la particolare rusticità e frugalità, verranno via via sostituite con razze di grossa stazza inadatte agli alti pascoli, ad alta produzione lattea, che riceveranno buona parte della loro dieta (mangimi, insilati e quantāaltro) , utilizzando il pascolo non come principale substrato alimentare, ma come area di svago, defecazione e riposo.
L'abbandono delle economie casearie ha toccato anche il Lagorai ad eccezione di quella che può essere definita lāultima Oasi dei casari, situata nei territori catastali di Télve: val Calamento, Ziolera, Cagnon, Pertega, Valpiana, Montalon. Cagnon di sotto, va ricordato, fu miracolosamente salvata negli anni ā70, grazie ad una coraggiosa azione firmataria della cittadinanza di Télve, promossa da Prospero Franzoi, contro un devastante insediamento turistico, previsto dal Piano Provinciale di Fabbrica. Nellā89 fu lāamministrazione di Tèlve e il tenace impegno del sindaco Carlo Spagolla a bloccare il metanodotto della Snamprogetti di Fano, su incarico della ditta Ghirardi di Feltre, il cui tracciato avrebbe interessato la Val Calamento, il Manghen o Zioléra per raggiungere Ora. Il Lagorai , del resto, a partire dagli anniā60 è stato costante oggetto di mire specu-lative: come lāidea di farne un parco naturale legato al turismo, e quindi, alle speculazioni. Idea ripresa nel 2010 dallāarchitetto Enrico Ferrari per creare il più grande parco del Trentino e āvalorizzare con nuovi flussi turistici un giacimento ambientale inutilizzatoā.
A queste ricorrenti āparcomanìeā i veri conoscitori del Lagorai rispondono che se questo āgiacimentoā non è solo ambientale ma anche culturale lo si deve alla ānon creazioneā del Parco e al mancato decollo turistico speculativo. E che la presenza viva di malghe e alpeggi ha creato i presupposti affinchè il Lagorai divenisse il luogo per un uso anche ricreativo davvero rivoluzionario, semplicemente fruendo dellāincontro di due diversi paesaggi: la montagna alta dei pascoli dove lāeco-turismo, lontano dai miti e dai riti del turismo di massa, esiste da sempre, e un secondo paesaggio da fruire la sera, al ritorno dallāalpeggio o nelle stagioni di mezzo, rappresentato dalle zone dei maggenghi, dalle zone del castagno, dai paesini che fanno corolla attorno al Lagorai. Ognuno con le proprie specificità culturali e tradizioni gastronomiche, in un interessante scambio di socialità rurale ed urbana, senza necessità di riarmi turistici in quota. E gli anniā80, quando la nostra amministrazione avvia unāintelligente strategia di protezione ambientale del territorio montano, stanno ad indicare che non sarà lāindotto turistico con nuove residenze, impianti di risalita e viabilità a valorizzare il Lagorai ma la tutela di prati stabili e pascoli, la riqualificazione di malghe e alpeggi, il loro recupero edilizio: in sintesi il riconsolidamento dellāattività casearia. Parallelamente, e siamo nel 1982, si sviluppa un progetto culturale e di ricerca āVal Calamento: Oasi dei Casariā , animato dal prof. Pietro Berni, Direttore dellāIstituto di Economia e Politica Agraria dellāUniversità di Verona, da Paolo Berni presidente della Cooperativa Alimentazione e Scienza di Verona, dallāarchitetto Giuseppe Liguori e dalla sottoscritta per la parte storico-etnografica. Un progetto, in cui tutta la popolazione viene coinvolta sulla conoscenza della storia identitaria del luogo, e che facendo proprio il messaggio di Ermanno Olmi, analizza il āvalore terra di montagnaā, attraverso tre punti di osservazione: la realtà oggettiva, la memoria complessiva del passato, la prospettiva ideale ove configurare i nuovi rapporti con la terra di montagna.
LA LIBERA ASSOCIAZIONE PASTORI E MALGHESI DEL LAGORAI E IL PRESIDIO SLOW FOOD
Nel 2000, a Télve, nasce la Libera Associazione Malghesi e Pastori del Lagorai, come conseguenza alla Legge UE del ā98 che se applicata alla lettera avrebbe decretato la ļ¬ne di tutti quei cibi legati a piccole realtà artigianali, frutto di conoscenze secolari e cultura locale. La nostra associazione, sotto la guida feconda di Pietro Nervi, docente di Economia Montana presso lāUniversità di Trento aveva da subito rifiutato la āDopā (Denominazione di Origine Protetta) per il proprio prodotto perché la stessa, non solo non tutela i piccoli produttori, ma penalizza fortemente la qualità alimentando la deriva verso la standardizzazione del prodotto. Consci della diversità che esiste tra prodotto tipico legato alla Dop e il nostro prodotto che privilegia in tutta la filiera di produzione la materia prima locale (rappresentata da pascoli straordinariamente ricchi di essenze spontanee, dallāacqua di sorgente del Lagorai particolarmente fredda, dal solo latte di bovine così alimentate e da quei sistemi artigianali di caseificazione e stagionatura di malga, tramandatisi nei secoli) avevamo prodotto un disciplinare di produzione a delimitazione geografica, a difesa del capitale naturale ed umano, nel rispetto della tradizione e del territorio, fissando, ad esempio, un limite pari al 20% dellāintegrazione del fabbisogno alimentare.
Nella studio del regolamento, il compianto Francesco Franzoi, malghese di Malga Valpiana, aveva tenacemente sostenuto la necessità di conservare il cagliaggio senza uso di fermenti industriali per conservare quella ricchezza di complessità organolettiche che fanno del nostro formaggio marchiato ā Originale Malghe del Lagorai- un fiore raro nel caotico panorama delle cosidette āproduzione casearie tradizionaliā. Nessuna zona in Trentino come il Lagorai, conserva lāomogeneità di un sistema di malga che porta con se una storia millenaria e che consente al turista e consumatore attento la possibilità di conoscere tutto il processo produttivo di un cibo e la sua storia. Un cammino lungo, tutto in salita, quello dei malghesi del Lagorai, rivitalizzato da una nuova interessante generazione di giovani casari, digli e nipoti degli abili ācasèriā valsuganotti in quanto da artigiani del latte e non da mungitori frustrati, sanno ancora riscattarsi dal subalterno conservando la propria alteralità lavorativa e garantendo la conservazione della biodiversità delle nostre montagne.
Un percorso che non è sfuggito a Slow Food, lāorganizzazione internazionale che vigila su quel caleidoscopico mondo alimentare, frutto di sapienzesecolari.
Dopo un attento lavoro condotto con i malghesi da Giampaolo Gaiarin (tecnologo alimentare e delegato dellāOrganizzazione Nazionale Assaggiatori Formaggi) il Presidente della Fondazione Slow Food per la biodiversità Piero Sardo, assegna il prestigioso Presidio Slow Food al formaggio a latte crudo dāalpeggio del Trentino a tre malghe del Lagorai aderenti alla nostra associazione, di cui due, Malga Valpiana e Malga Cagnon de Sora, situate nel territorio montano del Comune di Télve.
Il formaggio di Agnese Iobstraibizer e Angelina Buonadio Franzoi, è infatti in sintonia con il motto di Slow Food : Buono Pulito Giusto. Buono perché conserva una tessitura di aromi gradevoli alla degustazione. Pulito in quanto rispettoso dellāambiente in tutti i suoi percorsi. Giusto perché riconosce una remunerazione economica superiore, in quanto prodotto qualitativamente alto. Infatti, spariti gli affinatori di valle che lo stagionavano nei lunghi mesi invernali nelle buie e profonde cantine di Télve e lo commerciavano nelle città di Trento e del Veneto, il formaggio dāalpeggio aveva nel tempo perso il meritevole valore aggiunto.
MALGA VALPIANA E MALGA CAGNON DE SORA: IL REGNO DELLE DONNE
Malga Valpiana si trova a 1850 metri di quota. Privata, di pro-prietà della famiglia Buffa di CastellAlto, è gestita da Angelina Buonadio, moglie del compianto Francesco Franzoi. Malga Valpiana si raggiunge dalla Val Calamento lungo la stada forestale o seguendo il sentiero Sat 398 fino a Malga Cere e poi lungo la forestale con indicazione Malga Valpiana. Tempo di percorrenza 1,30 ore circa. Per i residenti del Comune di Telve provvisti di permesso e la malga è raggiungibile con gli automezzi. Da malga Valpiana si possono raggiungere la Cima del Monte Setole (metri 2208) e la forcella Maddalena (per visibili tracce), con ampio sguardo sulla sottostante valle di Montalon.
Malga Cagnon de Sora si trova a 1840 metri di quota. Proprietaria della malga e del terreno circostante è Agnese Iobstraibizer (foto sopra), il cui marito comprò la malga negli anni ā70. Malga Cagnon de Sora si raggiunge dalla Val Calamento lasciando lāautomezzo negli spazi adiacenti a Valtrighetta e seguendo la carrozzabile che coincide, fino a Malga Cagnon di Sotto con il sentiero Sat 370. Da lì, si prosegue lungo la strada bianca, con un tempo complessivo di percorrenza di circa 1 ora e 40 mi-nuti. Per i residenti del Comune di Telve provvisti di permesso, la malga è raggiungibile con gli automezzi. Da malga Cagnon de Sora si possono raggiungere, attraverso i sentieri Sat, passo Cadin, passo Cagnon de Sora, passo Scalet e la Cima del Kraizspitz (monte Croce, mt 2490).
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