(26.12.14) Il movimento contro le biomasse è un movimento spontaneo che ha imparato a prendere le distanze dall'ambientalismo istituzionale e rappresenta uno spazio di partecipazione e democrazia
La protesta no biomasse come
forma di democrazia e
partecipazione
di Michele Corti
L'azione di protesta dei gruppi di azione locale (come i Comitati No biomasse/biogas) è espressione di democrazia non manipolata e di cittadinanza attiva. Non contesta solo una concreta minaccia alla vita locale ma anche il degrado della democrazia a lobbysmo, la manipolazione e l'inganno dei cittadini, il trionfo della speculazione contro il bene comune in nome di una green economy senza scrupoli. Pur non occupando le pagine dei quotidiuani nazionali il movimento no biomasse coinvolge decine di migliaia di persone che hanno partecipato a riunioni pubbliche e manifestazioni di proetesta di ogni tipo.
Istituzioni, movimenti ambientalisti istituzionalizzati (palesemente collusi con i poteri forti), lobby continuano imperterriti ad evocare la โsindrome Nimbyโ, ampiamente screditata sul piano scientifico (ma loro non ve lo diranno) mentre, al contrario, da decenni l'analisi sociologica e sociopsicologica guarda alle azioni di protesta dei gruppi locali come ad una forma di partecipazione.
La partecipazione democratica oltre alle forme di selezione del ceto politico-amministrativo si esplica in altre due forme principali: una โspontaneaโ, l'altra โprovocataโ. Quella spontanea consiste nell'aggregarsi dei cittadini in forme di affiliazione spontanea, permanenti o temporanee che nascono sul terreno della difesa/protesta o da obiettivi di miglioramento dell'ambiente delle comunità. Essere reattivi (alle minacce all'ambiente della comunità) o proattivi discende dalla stessa aspirazione a risiedere in un luogo dove poter sviluppare le proprie aspettative, sulla base degli investimenti (materiali, emotivi, affettivi).
La partecipazione โprovocataโ è una forma di partecipazione inferiore che spesso nasconde intenzioni manipolatorie (ovvero il contrario della partecipazione). Si tratta di forme di consultazione promosse da soggetti istituzionali finalizzate molto spesso a suscitare l'impressione che il cittadino/suddito possa incidere sulle procedure decisionali. Considerato che anche sul terreno della selezione del ceto politico-amministrativo la possibilità di reale incidenza da parte dei cittadini è fortemente limitata dal peso degli interessi costituiti la forma di partecipazione spontanea è spesso l'unica espressione di democrazia realmente accessibile appare evidente che lo spazio della protesta, dell'azione locale dal basso (bottom up) sia in crescita. Non solo perché le altre forme di partecipazione sono svuotate e manipolate ma anche perché, come è noto, la strategia del tardo capitalismo โ in un contesto di costi crescenti di produzione di energia e di materie prime) tende ad uno sfruttamento integrale delle risorse territoriali (suolo, sottosuolo, soprassuolo) senza alcun riguardo per i beni comuni.
Nel Far West del biomassismo
La globalizzazione del capitale tende a far cadere le differenze di approccio tra primo mondo e gli altri da parte di poteri sempre più globali facendo conoscere anche ai territori della Vecchia Europa i metodi spietati dai quali gli europei si ritenevano al riparo. Quest'ultima considerazione riguarda a maggior ragione l'Italia, paese a sovranità ormai più che limitata, tenuta in ostaggio in forza del debito pubblico e dell'imposizione di regole che cautelano gli interessi finanziari europei dalle conseguenze dell'inglobamento di un anello debole (sorgente di potenziale instabilità) nella gabbia dell'Euro. Di qui il ruolo di Hub europeo del gas, i gassificatori, gli stoccaggi, i nuovi metanodotti, la folle corsa alle biomasse (strettamente intrecciata alla politica internazionale dello smistamento del gas e, sul piano interno al sempre promettente business dei rifiuti a sua volta sempre più intrecciato a quello delle energie โrinnovabiliโ). C'è da meravigliarsi che in questo contesto, che assomiglia sempre più a un Far West, le comunità locali โ operando sull'unico terreno, quello locale, dove i cittadini riescono ancora ad esercitare un qualche controllo โ moltiplichino le loro azione di protesta.
Egoista chi?
Quanto alla distinzione tra forme โproattiveโ (virtuose) e โreattiveโ (egoistiche) va da sé che si tratta di una distinzione surrettizia strumentale ad una quasi scontata strategia di stigmatizzazione da parte della coalizione degli interessi impegnati nelle aggressioni ed espropri dei territori. Come abbiamo visto chi protesta difende uno spazio personale e collettivo, uno spazio che spesso è già stato โ a prezzo di notevoli sacrifici โ difeso da precedenti minacce. E' francamente paradossale che l'azione locale per tutelare le comunità, i luoghi, i territori (realtà ampiamente sovrapponibili) venga qualificata come โegoisticaโ mentre viene definita di โpubblica utilitàโ quella di interessi speculativi che distruggono interi sistemi locali snaturandoli e degradandoli per perseguire i loro fini di super profitti e di malaffare (non c'è bisogno di dimostrare gli intrecci tra grandi opere, discariche e criminalità organizzata). Di pubblica utilità sono i tracciati della TAV (preferenzialemnte in galleria per far lievitare i costi), le centrali a biomasse per produrre energia elettrica a prezzo di un insopportabile incremento del costo dell'energia e di un parallelo aumento di emissioni inquinanti. La ragione โscientificaโ per cui le istituzioni e i media qualificano โnimbyโ (ma a volte anche โterroristiโ pur in assenza di qualunque azione violenta) i gruppi di azione locale e โimprenditori illuminati e eco responsabiliโ i pescecane della speculazione sulle grande opere e le energie pseudo rinnovabili va ricercata nella crescita di giro di affari, di concentrazione di potere e di influenza delle lobby rispetto alle quali la politica diventa una specie di ombra (nemmeno più il caro vecchio โcomitato d'affariโ). La regione va ricercata nella proprietà dei media e nelle fonti della raccolta pubblicitaria.
Le motivazioni della protesta
Dagli anni '80 la sociologia (ma anche la sociopsicologia) è arrivata alla conclusione che un movimento di protesta fa sempre leva su elementi identitari. La dimensione identitaria della mobilitazione riguarda il mettere a fuoco chi siamo noi (uniti dal condividere non solo uno spazio residenziale ma anche delle idee, dei progetti, un comune sentire nato sulla base di abitare, nel senso pieno del termine, un luogo) ma anche da chi sono gli altri (i politici a braccetto degli speculatori, un sistema finanziario rapace, una burocrazia tutt'altro che neutrale). Non a caso la politica e l'ideologia dominanti esprimono una vera e propria allergia per ogni rifermento all'identità (a destra strumentalizzata, a sinistra demonizzata come anticamera di un nuovo nazionalsocialismo).
Richiamando l'importanza dell'identità della comunità locale non si vuole certo negare che l'identità sociale delle persone è oggi sempre più un'identità multipla. Resta il fatto che in Italia, a differenza di altri paesi, rimane una sostanziale stabilità residenziale, il senso di comunità è rimasto forte mentre la crisi delle forme istituzionali di partecipazione politica ha rilanciato le comunità territoriali quale ambito di partecipazione e cittadinanza attiva tanto più quanto le persone sentono che nella complessità e nello spaesamento dell'organizzazione sociale della tarda modernità esse hanno ben scarsa possibilità di incidere così da trasferire le loro energie di controllo dei processi di trasformazione da ambiti più generali ad aspetti della vita quotidiana e della dimensione locale.
L'identità locale come ogni identità collettiva diventa un presupposto ed un fattore per il passaggio all'azione di protesta quando essa si politicizza quando le situazione di ingiustizia, di aggressione subita viene consapevolmente considerata come una condizione che riguarda la comunità locale. Non sempre questo meccanismo scatta perché per vari motivi la minaccia viene a volte percepita come tale solo con riferimento ad un gruppo limitato, non rispetto a tutta la comunità. All'interno delle nostre comunità permangono vecchi particolarismi che ostacolano la formazione di un'identità comune. Le aggressioni al territorio tengono conto con grande cura di questi elementi. Una discarica, una centrale a biomasse sarà di preferenza realizzata nei pressi di una frazione, possibilmente di piccole dimensione, possibilmente con scarso peso demografico ed elettorale, spesso appartenente ad un comune diverso rispetto a quello sul quale si progetta la realizzazione dell'intervento. Tanto più l'appello alla partecipazione all'azione di protesta fa leva su elementi di una più ampia identità locale (identità rurale, identità di un territorio che abbraccia più comuni), quanto più fa leva su elementi morali, su richiami etici e si inserisce in uno schema (framing) ideologico (nel senso buono del termine), tanto più i limiti dell'appello ai soli interessi direttamente colpiti (per quanto sacrosanti) non giocano più da unici elementi di mobilitazione.
L'elemento dell'identità da questo punto di vista diventa fattore di stimolo dell'azione collettiva di protesta se associato all'indignazione, intesa come emozione di gruppo. Se la comunità locale indignata per l'ingiustizia che le si vuole far subire si percepisce forte, reattiva, l'indignazione rappresenta una potente molla per la protesta che induce anche a lanciare la sfida nei confronti delle istituzioni (qualora queste sono schierate dall'altra parte della barricata). L'indignazione accompagnata dalla percezione dell'efficacia e competenza del gruppo (oggi anche nelle piccole comunita ex-rurali in relazione alla diaspora dalle aree metropolitane non mancano persone con esperienza nelle associazioni, con elevate competenza professionali e organizzative) spinge a forme organizzate di protesta (petizioni, manifestazioni, azioni legali). Se invece il gruppo è convinto della propria debolezza, se non si sente unito, deraglia verso l'atteggiamento di rassegnazione.
L'aspetto della capacità e competenza (empowerment) del gruppo di azione locale dipende da fattori che riguardano la densità delle relazioni che legano i membri della comunità locale. La decisione di partecipare alla protesta (in realtà anche la fase di assunzione di informazioni e di valutazione) è assunta all'interno di reti di relazioni, non in modo isolato. Sono le reti di partecipazione al volontariato, il capitale sociale rappresentano una risorsa strategica del gruppo/comunità perché crea le condizioni dell'efficacia dell'azione.
Il capitale sociale, la presenza di reti (aspetto strutturale) incoraggia i comportamenti cooperativi favorendo la mobilitazione e la partecipazione (meccanismi oliati). Non s deve pensare solo all'associazionismo culturale, al volontariato. Spesso una pro loco attiva, un gruppo informale che organizza la Sagra del paese rappresentano formidabili reti locali. 4L'aspetto relazione implica reti di conoscenza personale e amicali e di fiducia che mette a disposizione supporti di informazioni, materiali, emotivi. Fattori chiave, lo ripetiamo, per agire rapidamente ed efficacemente dal momento che chi intende perpetrare l'aggressione alla comunità (specie se gode come in molti casi dell'aperta collusione degli amministratori locali) conta sul โfattore sorpresaโ sul blitz procedurale, sapendo benissimo che la popolazione, quando ha il tempo di reagire, passa al contrattacco. L'aspetto cognitivo del capitale sociale riveste un ruolo fondamentale nelle azioni di protesta. All'interno delle reti di relazioni sentimenti comuni di indignazione, di senso di efficacia dell'azione collettiva, l'emozione di gruppo vengono tutte convogliate in un insieme di motivazioni che spingono all'azione.
Comunità e gruppi scarsamente coinvolti all'interno di reti di relazioni a volte, però, reagiscono meglio (โinventandosiโ nuove reti) rispetto a quelle comunità in cui le reti dell'associazionismo rappresentano ramificazioni di organizzazioni nazionali. In questo caso queste reti svolgono un ruolo di controllo sociale, repressione e pompieraggio โ più o meno scoperto - dell'azione di protesta (vedasi Legambiente).
L'importanza di una visione strategica
La partecipazione alla protesta è un complesso processo di mobilitazione. Partecipare ad una protesta implica che chi partecipa sia in accordo sul perché ma anche sul come e questo implica che le motivazioni, il senso di ingiustizia percepito, le emozioni siano in qualche modo unificate sul piano sociale da interpretazioni e significati comuni (il framing ideologico). Questoframing è un risultato di un'azione cooperativa che vede lo scambio โ sia pure in una dimensione orizzontali โ tra diversi gruppi di azione locale i quali siano in grado di elaborare un'interpretazione politica di significato generale sulle strategie e gli obiettivi di una determinata categoria di aggressioni territoriali e del loro contrasto e in generale, della politica di brutale e diretta โamministrazioneโ del territorio (con la mediazione politico-istituzionale ridotta a pura finzione formale) da parte del turbobiocapitalismo.
Chi potenzialmente simpatizza per una causa deve essere informato sugli eventi e le iniziative, deve essere motivato a partecipare e messo nelle condizioni di partecipare. L'efficacia con la quale la parte delle comunità locale diventa simpatizzante della causa viene attivata in azioni concrete dipende dalla capillarità ed efficacia della comunicazione (che determina la quota di โmotivatiโ sui generici simpatizzanti) e messo nelle condizione di partecipare attraverso l'allestimento di azioni articolate in grado di facilitare le varie categorie della popolazione.