(30.07.13) Eloquenti i risultati di uno studio condotto dal Servizio Geologico degli Usa sulla presenza dei pesticidi nei tessuti delle rane dei Parchi nazionali della Sierra Nevada. Se non si cambia agricoltura i veleni arrivano anche nei santuari della natura
I pesticidi viaggiano!
È insostenibile il modello schizofrenico di un sistema industriale inquinante (che ha fagocitato un'agricoltura intensiva concentrata in poche aree super sfruttate) che si vorrebbe "compensato" dai Santuari della Natura, dal Panda o dall'orso Yoghi
di Michele Corti
Qualche giorno fa sono stati resi noti i risultati di una ricerca condotta tra 2009 e 2010 da ricercatori del USGS (United States Geological Survey) sui Parchi della Sierra Nevada che ha messo in luce come i pesticidi arrivino sin lì e si ritrovino nei tessuti corporei delle rane.
La California riassume le contraddizioni dell'ecologia contemporanea
La Central Valley della California è l’area dove siutilizzano più pesticidi degli U.S.A. e una delle area ad agricoltura più intensiva al mondo. Il territorio è suddiviso in appezzamaenti regolari, quadrati di dimensioni uniformi.
A qualche decina di km a Est si erge la catena della Sierra Nevada con alcuni del Parchi naturali più famosi al mondo tra cui quello di Yosemite e delle Sequoie giganti, vere icone della conservazione degli habitat naturali. Ma i Parchi, frutto di una concezione ottocentesca e idalistica della difesa della natura, mettono al riparo gliecosistemi viventi dagli impatti del sistema industriale? O lo fa la salvaguardia di singole specie che suscitano reazioni emotive e riempiono le casse dell'ambeintalismo istituzionalizzato (che per lungo tempo - prima della green economy - è stato foraggiato, guarda caso, dai petrolieri).Il caso della California è emblematico: a qualche decina di chilometri daicelebrati Santuari della Natura vi sono coltivazioni specializzate trattate con grandi quantità di pesticidi. Può funzionare questa schizofrenia tipica della modernità industriale. Già molti studi (vedi rischio di estinzione delle farfalle in Europa) hanno messo in rilevo come non è solo la desertificazione biologica delle monocolture agroindustriali che distrugge la biodiversità ma anche l’abbandono dell’agricoltura tradizionale a piccola scala, con l’alternanza di microhabitat.
Ambientalismo di comodo
Eppure un certo ambientalismo (organico agli interessi economici dominanti) continua ad auspicare la “rinaturalizzazione” di ambienti segnati dalla pratica dell’agricoltura contadina e del pastoralismo da migliaia di anni , a considerare con favore l’avanzata dei boschi a spese dei pascoli, dei prati dei campi. Sapendo bene che queste forme di coltivazione comportano il minimo di impatti (utilizzo di concimi chimici, pesticidi, carburanti) e garantiscono il massimo della biodiversità. Sapendo bene che questa avanzata del bosco e perdita di superfici agricole in Europa va di pari passo con la deforestazione indotta di cui è responsabile l’Europa. L’Europa è leader mondiale nella deforestazione, secondo un rapporto indipendente reso noto all’inizio del mese dalla Commissione Europea: il contributo europeo è stato stimato nella perdita di almeno 9 milioni di ettari di foreste tra il 1990 e il 2008, una superficie grande come l’Irlanda. Tra le foreste più colpite quelle africane, del Sud Est Asiatico e l’Amazzonia.
L'accademia interpreta la sostenibilità secondo i desideri delle corporations
Ma c’è di più. In ambito scientifico ed accademico si continua a sostenere che l’iperindustrializzazione dell’agricoltura è “sostenibile” perché consente di “liberare” dalla produzione di cibo molte superfici destinandole alla “rinaturalizzazione”. Qualche anno fa la Fondazione Rockfeller (per molti anni sponsor di Greenpeace) stimava che grazie ai “progressi” della nuova rivoluzione verde (OGM in sostanza) fosse possibile rinaturalizzare il 10% delle terre agricole.
Oggi non lo dice più perché lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo, delle fonti fossili è un business sempre lucroso ma sempre meno trainante mentre lo sfruttamento delle grandi imprese multinazionali si sta dirigendo verso la superficie terrestre, verso le agroenergie ma l’idea che “isole naturalisticie” e “corridoi ecologici” possano essere guadagnati a prezzo di una ulteriore intensificazione dello struttamento delle terre coltivate è tutt’altro che in declino. Essa, in ogni caso serve al main stream dell’agronomia e alla zootecnia accademiche per giustificare la spinta all’iperindustrializzazione sotto la spinta degli interessi delle big companies.
Abbandonare il finto riformismo della modernizzazione ecologica e del "protezionismo"
L’idea che le“mitigazioni”, i Parchi, i “corridoi ecologici” possano operare un miglioramento sostanziale della salute degli ecosistemi compromessi dall’agricoltura industriale non è un’idea “riformista”, è un’idea dannosa perché elude o rimanda all’infinito le questioni sostanziali dell’insostenibilità dei sistemi agricoli soggiogati all’industria e alla grande distribuzione. Alla base di questa insostenibilità vi è l’impoverimento della biodiversità agricola e zootecnica, un “miglioramento genetico” che – anche prescindendo dagli OGM – ha puntato e punta ancora all’aumento delle rese unitarie, la specializzazione spinta sotto forma di monocolture e di separazione tra coltivazione e allevamenti (con il corollario della produzione di immani quantità di reflui zootecnici da una parte e della carenza di concimi organici e di un uso smodato di concimi chimici dall’altra), l’uso massivo di pesticidi (anche in contesti di “lotta integrata”).
I pesticidi permangono nel terreno, inquinano le acque superficiali e sotterranee (ogni anno le acque italiane sono sempre più contaminate come rivelano le relazioni annuali dell’ISPRA). Ma la loro diffusione non avviene solo attraverso i corpi idrici; c’è anche una diffusione aerea che non riguarda la “deriva” che colpisce abitazioni, campi vicini, strade, ma che un trasporto di lunga distanza con i venti in quota e le piogge. Questo trasporto può riguardare ecosistemi naturali a 100 km di distanza come i Parchi Californiani della Sierra Nevada “investiti” dai pesticidi irrorati nella Central Valley californiana.
Di seguito lo studio di ecotossicologia reso pubblico in questi giorni (sopra un ricercatore mentre eseguee dei campionamenti) dovrebbe far riflettere sugli approcci “riformistici” alla tutela dell’ambiente.
Nota Bene: il pyraclostrobin è tutt'ora utilizzato in Italia su olivo, vite ecc. anche se con limitazioni nel numero di trattamenti e nella fase fenologica. La Simazina è fuorilegge dal 2004.
Accumulo di pesticidi nelle rane
della Sierra Nevada
Fonte: http://www.usgs.gov/newsroom/article.asp?ID=3650
traduzione di Michele Corti
(26 luglio 2013) SACRAMENTO, California – Uno studio condotto sulle rane che popolano remoti habitat di montagna della Sierra Nevada (tra cui il Parco Nazionale di Yosemite e Giant Sequoia National Monument), ha rilevato nei tessuti degli anfibi la presenza di pesticidi che verosimilmente provengono dalla Central Valley della California.
“I nostri risultati mostrano che i pesticidi attualmente in uso, in particolarei fungicidi, si accumulano nell’organismo delle Rane coro del Pacifico della Sierra Nevada”, dice Kelly Smalling, un idrologo che opera come ricercatore con l’US Geological Survey e autore principale dello studio. “Questa è la prima volta che abbiamo rilevato numerosi di queste molecole, tra cui alcune di fungicidi, nella Sierra Nevada. I dati ricavati da questo studio portano sostegno ad una precedente ricerca sul potenziale di trasporto mediante il vento o la piogga dei pesticidi dalla Valle Centrale alle Sierras. “
“Avere esperti come idrologi, chimici e biologi che lavorano insieme al nostro personale è parte del compito unico che il USGS può assumersi per affrontare i problemi ambientali complessi”, ha dichiarato il direttore del USGS per la Regione del Pacifico, Mark Sogge.
I ricercatori hanno campionato sette siti nel Parco nazionale vulcanico Lassen, presso il Lago Tahoe, nel Parco Nazionale di Yosemite, nella Foresta Nazionale di Stanislaus e nel monumento nazionale della SequoiaGigante. Hanno raccolto e analizzato campioni di acqua, sedimenti e di rane alla ricerca di 90 tipi diversi di pesticidi. La rana coro del Pacifico (Pseudacris regilla) è stata scelta perché facilmente rinvenibile nei corpi idrici in tutta la Sierra Nevada, consentendo ai ricercatori di confrontare i risultati dei diversi siti.
Due fungicidi, comunemente utilizzati in agricoltura, il Pyraclostrobin e il Tebuconazolo, e un erbicida, la Simazina, sono le molecole più frequentemente rinvenuti e questa è la prima volta che essi vengono segnalati in tessuti di rana nell’ambiente naturale. Il DDE è un prodotto della degradazione del pesticida DDT ed è un altra molecola frequentemente presente nelle rane. Questo non è sorprendente dal momento che il DDE è una delle molecole più frequentemente monitorate a livello globale, anche decenni dopo che il DDT è stato vietato negli Stati Uniti.
“Una notevole scoperta è che nei siti in cui sono stati rilevati i pesticidi nei tessuti delle rane, nessuna di questie molecole è stata rinvenuta nei campioni di acqua e solo in pochi casi in quelli del sedimento”, aggiunge Smalling. “Questo suggerisce che le rane potrebbero rappresentare un indicatore più affidabile di accumulazione ambientale per questo tipo di pesticidi rispetto all’acqua o al suolo.”
I pesticidi continuano ad essere un fattore responsabile nel declino delle specie di anfibi sia negli Stati Uniti che nel resto del mondo, ma resta ancora molto da capire sulle modalità con le quali i pesticidi impattino sugli anfibi, e se l’esposizione di pesticidi potrebbe influenzare altri fattori di declino degli anfibi, come un fungo citridiomicete mortale.
“Documentare la presenza di contaminanti ambientali negli anfibi presenti nelle aree federali protette è un importante primo passo per scoprire se le rane stanno subendo conseguenze sanitarie da tale esposizione,” dice Patrick Kleeman, uno studioso degl anfibi ed ecologo del USGS che ha raccolto i campioni di rana. “Purtroppo, questi animali sono spesso esposti a un cocktail di molteplici contaminanti, rendendo difficile analizzare gli effetti dei singoli inquinanti.”
La ricerca è stata condotta dal USGS California Water Science Center e dal USGS Western Ecological Research Center Research Center ed è stato pubblicato oggi sulla rivista “Environmental Toxicology and Chemistry.” Una versione PDF di questa relazione insieme a ulteriori informazioni su questo e simile ricerca è disponibile online.
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Molecola |
Categoria |
Lassen Volcanic NP – Reading Peak |
Lake Tahoe Page Meadow |
Stanislaus NF – Spicer Sno-Park |
Stanislaus NF Ebbetts Pass |
Yosemite NP – Summit Meadow* |
Yosemite NP – Tioga Pass* |
Giant Sequoia NM – Rabbit Meadow |
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Tebucanoazolo |
Fungicida |
Rilevato |
Rilevato |
Rilevato |
Rilevato |
Non rilevato |
Rilevato |
Rilevato |
Simazina |
Erbicida |
Non rilevato |
Rilevato |
Non rilevato |
Rilevato |
Non rilevato |
Non rilevato |
Rilevato |
Pyraclostrobin |
Fungicida |
Rilevato |
Rilevato |
Rilevato |
Rilevato |
Non rilevato |
Non rilevato |
Rilevato |
DDE |
Insetticida degradate |
Rilevato |
Rilevato |
Rilevato |
Rilevato |
Rilevato |
Non rilevato |
Rilevato |
Dati raccolti in corrispondenza di campionamenti nel 2009 e 2010. L'asterisco contraddistingue i campionamenti effettuati solo nel 2010 |