(02.04.13) La primavera con le nevicate tardive e abbondanti ha spinto i lupi ad abbassarsi verso i paesi. Qualche giorno fa una pecora è stata divorata in un giardino nel paese di S.Damiano Macra, non un paesino sperduto, il centro principale della Val Maira
Impedire la difesa da lupi e orsi
condanna a morte la montagna
di Michele Corti
La gestione del lupo in Italia, improntata al tecnocratismo spinto, è finalizzata a completare il lavoro egregiamente svolto dalle burocrazie e dal mercato internazionale: eliminare il pastoralismo e la presenza degli insediamenti umani, delle comunità che possono ancora reclamare qualche diritto sulla terra, sull'acqua, sui boschi. Fare delle Alpi e degli Appennini un'area wilderness per lo sfruttamento delle risorse idriche ed energetiche. Alcuni perseguo tutto cià consapevolmente, altri, ingenuamente (pensando di "lottare per l'ambiente"), appoggiano queste politiche cadendo nella trappola del potere
La dittatura (de facto) animal-ambientalista sta procedendo nel suo disegno di ricolonizzazione da parte del lupo delle Alpi e di tutte le regioni montane e rurali d'Europa. Un obiettivo conseguito grazie all'applicazione rigida di convenzioniinternazionali siglate quando il lupo era in condizioni di forte regressione. Ad ogni tentativo di chiedere l'applicazione delle pur limitate misure di controllo previste dalla stessa Convenzione di Berna e dalla Direttiva Habitat gli esperti rispondono che il lupo "è sempre in pericolo", "che l'opinione pubblica non accetterebbe" ecc. ecc.
Dei gravi problemi che la predazione pone alla pastorizia , riconosciuti nella passata legislatura dalla Commissione agricoltura della camera, ai rappresentanti dei verdi e agli esperti del lupo non importa un fico secco. Il guaio è che, in questo regime non scritto di dittatura ambientalista, sul lupo a decidere sono solo loro: i verdi e i lupologi. Fin tanto che il lupo è "specie particolarmente protetta" sarà così. E loro si guardano bene dal togliere quel "particolarmente" come è stato chiesto dalla Svizzera nel 2012. La risposta alla presa di posizione del Parlamento e del Governo svizzeri da parte della commissione di esperti cui il segretariato permanente ha girato la questione è stata invariabilmente "niet".
Mappa della "vocazione" del territorio ad ospitare i branchi di lupi. Se per il Piemonte poco vocato si stima una popolazione possibile di 300 lupi quante migliaia ce ne possono stare nelle Alpi Orientali?
La superprotezione del lupo fa troppo comodo al "giro del lupo"
Chi può credere che gli studiosi del lupo rinuncino spontaneamente a perdere i loro privilegi? Fin tanto che il lupo è "superprotetto" essi hanno la possibilità di fruire di canali di finanziamento privilegiati. Un progetto sul lupo l'Europa lo passa quasi di sicuro. Cosa centri, però, con la democrazia che degli stati affidino a una convenzione internazionale di regolare una materia così delicata per la gestione del territorio e dalle gravi implicazioni sociali, ambientali ed economiche non si sa. Quando poi la delega passa ad una "commissione permanente"di burocrati che a loro volta la passano ad un comitato di "scienziati" in palese conflitto di interessi, la cosa assume risvolti paradossali e scandalosi.
A livello nazionale il meccanismo è lo stesso, con il risultato che, essendo in Italia il potere dei verdi urbani e dei tecnocrati verdi ancora più grande (in considerazione del carattere ferocemente antirurale della cultura italiana dominante e di secoli di colonialismo interno), in qui non si può torcere legalmente nemmeno un pelo ad un solo lupo (anche se ce ne sono forse più che in Spagna, dove lo si caccia legalmente).
Meccanismi opachi che svuotano la democrazia
Per capire come funzionnoi le cose è interessante sapere quello che dicono i lupologi italiani nelle riunioni del gruppo di esperti per la conservazione dei grandi carnivori della "Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa" ovvero quella Convenzione di Berna che continua a superproteggere il lupo. Si tratta del gruppo di esperti che ha messo, come già visto, due dita negli occhi alla Svizzera, grazie al fatto che con un abile gioco di scatole cinesi (Convenzione, Consiglio d'Europa), alla fine, un gruppo di scienziati (notate bene un gruppo monodisciplinare, ovvero tutti con la stessa formazione, cultura, interessi scientifici e parascientifici) conta di più delle massime istituzioni di un paese.
I giochetti del genere funzionano se la rappersentanza politica pseudodemocratica avalla, a posteriori, le decisioni politiche degli scienziati. Il questo caso il documento assume valore attraverso la struttura che lo fa proprio ovvero la Direction de la gouvernance démocratique, de la culture et de la diversité. Lascio in francese perché scandito in questa lingua appare ancora più magniloquente, grottesco e beffardo. La Direction fa proprio e, a risalita, gli organi politici del Consiglio d'Europa e gli stati appartenenti. Ben congegnato, non c'è che dire. È il modo elegante per svuotare la democrazia, la soveranità popolare, il diritto delle comunità nazionali e locali ad avere una (sia pur modesta) voce in capitolo sul proprio futuro.
Le solite balle: il lupo è a rischio di estinzione anche nell'Appennino, i pastori sono competamente compensati per ogni danno
Nella riunione di Saanen, Gstaad (Svizzera) il 24 e 26 maggio 2012 del gruppo dei lupologi che decidono monocraticamente dei destini del lupo e dei pastori europei gli italiani hanno sostenuto alcune cose che non quadrano. Per giustificare il mantenimento della popolazione appenninica lupina quale "vulnerabile" nella Lista Rossa Europea della IUCN (International Union for Conservation of Nature), a dispetto di un non occultabile e ammesso: "aumento numerico e di areale" si mantiene la stima della popolazione a soli "500-800 individui in tutto l'Appennino". Un dato irrealistico se solo si pensi che Toscana e Emilia Romagna, ovvero le regioni che hanno operato con più impegno il monitoraggio - pur ammettendo che i dati ottenuti con i metodi dello snow-tracking (conta tracce sulla neve) e del wolf-howling (ululati in attesa di risposta) sono sottostimati - avrebbero censito, da sole, 600 lupi.
Nelle altre regioni (Marche, Umbria, Lazio, Campania, Calabria, Molise, Puglia e - soprattutto - Molise e Abruzzi) è difficile ritenere che non ve ne siano altrettanti. In barba all'apparizionedei lupi in nuovi territori gli esperti paventano che "la popolazione dell'Appennino è ancora oggetto di estinzioni locali, per cause antropiche (avvelenamento illegale, tiro illegale, incidenti stradali)". Mettiamoci d'accordo, però, a questo punto cari signori lupologi perché prendere per il culo il prossimo va bene ma non si può esagerare oltre un certo limite.
Per rintuzzare le ricorrenti voci di "immissioni" di lupi in Francia avete sostenuto che i lupi sono mobilissimi, citando i casi di Ligabue, dei lupi "piemontesi" trovati vicino a Berlino, nel cuore della Francia ecc. ecc. Dopo di che volete far credere che negli Appennini il lupo rischia "localmente" ml'estinzione? Siamo seri, se i vostri beniamini si spostano con facilità da un paese all'altro, da un capo all'altro dell'Europa non dovrebbero essere capaci di spostarsi da una provincia all'altra?. I lupologi italici ai loro colleghi raccontano cose che in Italia non hanno il coraggio di dire (specie se in giro ci sono allevatori e, ancor più pastori con tanto di bastone). I lupologi dicono: "Misure di prevenzione dei danni sono sostenute attraverso politiche di incentivazione, mentre le perdite economiche causate dai lupi sono pienamente compensate". Si sa benissimo che solo poche regioni (e in modo problematico) hanno schemi di prevenzione dei danni e che gli indennizzi sono ovunque parziali e non coprono i molteplici danni indiretti che per i lupologi non esistono, ma per chi lavora si. In Toscana i pastori non denunciano le redazioni perché la Regione vuole che paghino parte dell'assicurazione. E loro non denunciano nulla e non ottengono alcun rimborso.
Le perdite economiche non le pagano nè le regioni nè i lupologi o il WWF. Nessuno di loro paga gli aiuti-pastore assunti da quando c'è il lupo. Nè pagano i costi per la mancata fienagione causata dall'obbligo di permanente custodia dei greggi alla quale il lupo costringe, nè le infinite ore di lavoro in più per creare recinzioni, spostare gli animali, portare il cibo ai cani da protezione ecc. ecc. Sanno bene di raccontare balle perché il Francia con 250 lupi (contro i 1000 "ufficiali" italiani, in realtà molti di più) lo stato spende 7 milioni di € per compensare (lì sul serio) tutte le ore di lavoro in più cui i pastori e il personale alle loro dipendenze è costretto a causa della presenza dei branchi.
In rosso l'area del lupo i continua espansione. La stima dei lupi è del tutto incerta. Da anni in Italia sono "1000" ma i lupologi ammettono che "aumentano in numero e areale". Come la mettiamo? Stime da censimenti ci sono solo per il Piemonte (70-80). la Toscana (250), l'Emilia (350). Sono stime al ribasso, perché come ammettono gli esperti i metodi tendono sistematicamente alla sottostima.
Il lupo è ormai in tutta l'Europa continentale
Il lupo sta dilagando in tutta Europa grazie alla sua prolificità, mobilità, opportunismo e alla situazione inedita nella storia dell'umanità che lo vede protetto e persino venerato. Dietro questa ennesima follia nel rapporto distorto della tarda modernità con la dimensione naturale (da una parte eliminata, degradata, contaminata, dall'altra idolatrata) non ci sono solo gli interessi delle cerchie delle associazioni ambiental-animaliste, dell'accademia, dei Parchi. Dietro ci sono i burattinai cui fa comodo che qualcuno "giochi alla natura". Al sistema industrial-capitalista fa estremamente comodo utilizzare l'ideologia del "ritorno della natura", incarnata da animali dal potente valoresimbolico, evocativo ed emotivo. Serve come "oppio del popolo", serve a distogliere dalla crescente compromissione della resilienza degli ecosistemi, dal crollo della biodiversità, dal land grabbing, dall'aumento dei tumori infantili, dall'uso del cibo per produrre elettricità, dalla crescente scarsità di acqua pura, dall'eutrofizzazione delle acque costiere ed interne, dai rischi degli Ogm, dal crescente potere dei padroni del cibo.
Impedire ostinatamente ogni forma di controllo e di autodifesa da parte delle popolazioni rurali va letto come la volontà di attuare la pulizia etnica di montanari, pastori, contadini.
Senza di loro una vera resistenza alla dittatura dei padroni del cibo è impossibile, senza di loro la trasmissione della cultura contadina e rurale ai neocontadini e neorurali che fuggono alla disoccupazione, all'aria e al ciboinquinati, è impossibile. Nelle stanze dei bottoni delle multinazionali e del potere finanziario sanno bene che in Europa, come in Africa, le comunità rurali devono essere sradicate per poter attuare in pieno in pieno il controllo materiale e mentale delle persone e delle comunità, un controllo che nelle aree urbane è molto più agevole. Se non altro perché le metropoli in pochi giorni sono in preda alla carestia appena saltino le strutture logistiche e distributive, le catene del freddo ecc.
I lupi colpiscono in paese a San Damiano Macra (Cn)
Che la presenza del lupo sia sempre più preoccupante e incombente lo dimostrano le notizie di questa primavera provenienti dalle valli piemontesi. Notizie che altrove forse non balzano agli onori della cronaca
o per rassegnazione o per una maggior "presa" della lobby del lupo sui media. A Cuneo il lupo è da anni entrato nel dibattito pubblico. È oggetto di dibattiti accesi e frequenti e si è creata una associazione Alte Terre (http://www.alteterre.org/) che ha collocato il problema del lupo e del diritto di autodifesa dal lupo ai primi posti della propria agenda politica.
Nel mese di marzo a Ormea in provincia di Cuneo cinque grossi lupi erano sati visti a 7 metri da una casa. Nella notte di giovedì 28 marzo 2013 verso le tre di nottealcuni lupi aggrediscono una pecora sbranandola interamente a San Damiano Macra in val Maira. Come di vede dalla foto San Damiano è un centro di 450 abitanti, non è una sperduta borgata di 4 anime , sito sul fondovalle lungo la strada principale a soli 740 m e non in alta montagna. In valle questo non è certo stato l'unico episodio del genere, ma il fatto che sia avvenuto in uno dei paesi più grossi e popolati (tutto è relativo) ha creato un forte allarme.
Il sopralluogo del veterinario A.S.L. di competenza non ha lasciato ombra di dubbio: si tratta di lupi. La notte successiva venerdì 29 marzo, i lupi sono ritornati (i lupologi dicono che non lo fanno) portandosi via i resti della carcassa. Forse perché si sentono molto sicuri del fatto loro.
Il geometra del paese Sandro Oggero, il proprietario dell'ovino predato, alleva per passione alcune pecore di razza Suffolk dietro casa ed episodi come questo tendono a far ridurre ancora di più i piccoli allevamenti: in alpeggio gli animali non sono sicuri e bisogna pagare qualcuno per custodirli (che con quello che rendono gli agnelli...), poi a casa il predatore arriva ... a domicilio. Non è affatto azzardato sostenere che attraverso la diffusione di lupi (ma ci sono anche gli orsi, le linci e gli sciacalli) si vuole distruggere il piccolo allevamento montano, le rimanenti basi di una vita rurale che vuole trovare delle ragioni per restare in montagna (fare legna, curare l'orto e il giardino, tenere qualche animale). Se non si può più praticare queste attività e si deve vivere blindati allora tanto vale andare in città. Dove la massa è meglio controllata.
L'irrisione con la quale il "partito del lupo" risponde alle preoccupazioni dei montanari apre un conflitto sociale potenzialmente aspro e da esiti imprevedibili
Come si può vedere dall'immagine satellitare il giardino dove è avvenuto il fatto di qualche gorno fa è a pochi metri dalle abitazioni. Da tempo gli esponenti di Alte Terre (a partire dal presidente Giorgio Alifredi, allevatore di capre in una borgata alta di San Damiano Macra) vanno sostenendo, sulla base di numerose testimonianze dirette raccolte, che i lupi mostrano sempre meno timore per l'uomo. La gente è seriamente preoccupata e non ha più il coraggio di mandare al pascolo i ragazzi con le bestie. Si può immaginare l'irritazione provocata dalle prese di posizione degli animal-ambientalisti (Parco Alpi Marittime, Pro-Natura, Cipra, WWF) che, dai loro uffici, irridono a queste preoccupazioni e continuano a sostenere che "da secoli il lupo non preda l'uomo in Europa" (balla più, balla meno...).