Ruralpini     Commenti/Margari nella morsa

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(03.12.12) Nel silenzio delle organizzazioni e delle agenzie ufficiali agricole nelle campagne di Cuneo si sta consumando il dramma di una categoria che come poche altre può vantare una lunga tradizione e pratiche sostenibili

 

 

Margari nella morsa della falsa ecologia

 

 

di Michele Corti

 

La prospettiva di un'acutizzazione delle speculazioni sui pascoli (in vista della nuova Pac) e la drammatica realtà di un mercato dei foraggi e degli affitti dei terreni agricoli intossicato dalla speculazione biogasista rischiano di produrre effetti combinati

 

Trionfa un'agricoltura basata su "titoli Pac" e sulle "tariffe onnicomprensive", qualcosa che si sta velocemente trasformando in un puro vortice finanziario. Dove è premiato non chi produce beni, siano essi prodotti alimentari o beni pubblici altrettanto preziosi (biodiversità, prevenzione calamità naturali, paesaggio e sua fruibilità, fertilità a lungo termine dei suoli agrari) ma chi produce "sulla carta" spesso anche distruggendo beni reali o mettendo in crisi sistemi realmente produttivvi e sostenibili. Tutto ciò avviene, al colmo del paradosso, in nome dell'ecologia, che sta assumendo sempre più spesso il ruolo del grande inganno per giustificare ingiustizie sempre più stridenti e politiche che premiano la pura speculazione colorata di green.

 

 

Per verificare gli effetti perversi di politiche come quelle che sostengono l'utilizzo energetico delle biomasse coltivate può essere utile esaminare il caso della provincia di Cuneo. Una realtà agricola e zootecnica particolarmente interessante perché sistemi di allevamentro a carattere estensivo, basati sull'utilizzo dei pascoli alpini, "convivono" con una realtà di zootecnia intensiva profondamente montana.

 

Chi sono i margari?

 

La "convivenza" è legata al fatto che molti allevatori di montagna (non solo i pastori, anche i proprietari di mandrie bovine) svernano nel piano. In passato questa forma di allevamento transumante aveva connotati più decisamente nomadi. Il periodo trascorso in pianura era variabile. Alcuni margari  risalivano al monte non oltre marzo, gli altri a giugno.  Di regola,ogni inverno si cercava ospitalità in una cascina diversa, ora in una località, ora in un'altra.

I margari si concentravano (e si concentrano) nel saluzzese.  L'accordo con i proprietari delle cascine prevedeva mediante appositi contratti di acquisto foraggi, uso delle stalle e terreni (per il pascolo).  Le cascine che ospitavano i margari erano grandi cascine "tipo Bassa lombarda". Un fatto non cauale perché anche in Lombardia fu proprio con lo sviluppo della transumanza bovina da latte dei "malghesi" che si affermò il modello della grande cascina di pianura. Tra malghesi e malgari vi erano molte analogie anche se i lombardi puntarono più decisamente su razze eminentemente lattifere e solo occasionalmente allevavano qualche pecora. Il motivo per cui i malghesi, a differenza dei margari, si sono quasi del tutto estinti nel XX secolo è almeno in parte da ricondurre alle maggior distanze tra la pianura irrigua - vocata alla zootecnia - e le valli e forse al più precoce "decollo" della moderna industria casearia.

Margari oggi

 

Oggi il "contratto margaro" è stato spesso sostituito da un contratto d'affitto del fondo e il margaro ha assunto un connotato più stabile. Resta il forte legame con la montagna dove i margari mantengono le loro proprietà (case di abitazione, stalle e fienili, prati).

Questa economia pareva essere destinata ad un rilancio. È basata sullo sfruttamento complementare delle risorse della montagna e della pianura, tende a contrastare l'abbandono della montagna, mantiene non solo i pascoli di montagna ma anche i prati permanenti di pianura riducendo l'uso di pesticidi, concimi chimici. Ha sino ad oggi rappresentato un freno alla dilagante monocoltura maidicola che impesta la pianura padana, ha consentito la conservazione di razze autoctone (Piemontese, Barà). Lo spopolamento delle valli (iniziato molto presto in provincia di Cuneo dove ha assunto il carattere di un vero e proprio "svuotamento") ha messo a disposizione dei margari vaste superfici di pascoli consentendo loro di ampliare le mandrie e di "prendere a guardia" per l'alpeggio anche bestiame di altri allevatori. In inverno, però, le risorse foraggere dei fondi che hanno preso in affitto (e qualche volta acquistato) non sono mai sufficienti ad alimentare le mandrie. Così i margari dipendono dai rinnovi dei contratti di pezzi di terra di varia estensione e/o dall'acquisto di foraggio da agricoltori senza bestiame o con produzione foraggera in esubero.

 

 

I margari oggi hanno un concorrente spietato: il biogas

 

Una situazione che oggi li vede in grandissima difficoltà perché da due-tre anni a questa parte, con una crescita che è esponenziale, stanno sorgendo anche a Cuneo le centrali a biogas (una quarantina con quelle in itinere). Quasi sempre chi le gestisce non ha la terra sufficiente ad alimentarle (servono 300 ha a mais per alimentare una centrale da 999kW/h elettrici) e la pressione sul mercato degli affitti della terra e delle materie prime (silomais, triticale, foraggi di ogni tipo) si sta facendo insostenibile. Il silomais è andato a 7€/q.le, l'affitto a 1700€/anno/ha. Per effetto (principalmente) del biogas i prezzi sono più che raddoppiati. Ma la prospettiva è di una corsa ancora più accellerata. Con il quinto piano energia le stratosferiche "tariffe onnicomprensive" (oggi pari a 28 cent/kWh ossia quattro volte il valore di mercato) saranno mantenute elevate solo per gli impianti sino a 600 o 300kW. Ciò significa che il biogas si sposterà dai grossi impianti da 1MW a quelli medi. Semplicemente si costruiranno più centrali, saranno più disseminate sul territorio. La potenza complessiva e la "fame" di materie prime da far marcire nei digestori aumenteranno di molto. I piazzisti stanno girando azienda per azienda per offrire "preventivi gratuiti e senza impegno" agli agricoltori titubanti.

 

 

Qualcuno terrà il bestiame per produrre liquami, altri venderanno il bestiame e lasceranno il compito della coltivazione ai terzisti e si limiteranno a diventare dei percettori di rendite con l'unica preoccupazione di reinvestirle. La liquidità disponibile (dopo essere rientrati in pochi anni dall'investimento) consentirà anche di affittare e acquistare nuovi terreni " a casa".

Nella morsa tra lupi e speculazione

 

La preoccupazione non riguarda solo gli affitti dei terreni in pianura ma anche quelli dei pascoli. La nuova Pac che entrerà in vigore nel 2015 (visti i ritardi) prevede comunque una cosa chiara: più soldi alla montagna meno all'agricoltura intensiva e poco sostenibile di pianura. Disporre di ampie superfici d'alpeggio in proprietà o con regolari contratti d'affitto potrebbe rivelarsi un buon "affare". Ecco che si profila il pericolo di nuove e più spregiudicate speculazioni sui pascoli. Gestite da chi non va in montagna e usa i pascoli (per  o più "di carta") solo per cumulare sovvenzioni, governando il pascolo in modo sommario, non pascolando in modo uniforme, magari  non facendo pascolare alcun animale o lasciando un po' di capi tanto per non incorrere nelle ipotesi di truffa.

Chi gestisce così i pascoli può anche "convivere" con i lupi, può essere persino d'accordo a lasciare che "abbiano diritto anche loro di sfamarsi" come sostengono in modo idiota gli animalisti che non hanno alcuna idea della simbiosi predatoria che coinvolge uomo, domestiuci, selvatici dall'origini della pastorizia.  Chi vede negli animali solo un "fastidio necessario" per potere incassare i premi non si addolora come fanno pastori e margari per i capi predati (ecco finalmente un comportamento razionale!). Speculatori e lupi vanno d'accordo.  A rimetterci (sia per via dei lupi, che per gli speculatori) sono i margari. Per loro il business consiste e consisterà sempre nei loro animali e non possono spostarsi da una speculazione all'altra. Subiscono, però, quelle degli altri.

La prospettiva di biogasisti pronti a sottrarre terreni in affitto e in proprietà ai veri agricoltori (in pianura come in montagna) configurerebbe una versione nostrana del land grabbing. Ma come gestiranno queste terre? In modo sostenibile? I pascoli, come abbiamo già osservato, cìè rischio che vengano gestiti molto male. Quanto alla pianura cosa comporta destinare la terra al biogas?

 

Biogas insostenibile

 

Il biogas di per sé non è affatto sostenibile. Da noi le terre destinate alle bioenergie rischiano di essere supersfruttate. Senza le remore della produzione alimentare concimi chimici e pesticidi verranno usati con meno scrupolo. Quanto all'acqua l'estensione della monocoltura maidicola e l'introduzione del mais di secondo raccolto (che cresce in periodo con scarse precipitazione ed elevate temperature) fanno schizzare in su il consumo di acqua. Non a caso a Cuneo dope decenni di oblio si è tornati a parlare della "Diga di Moiola" un invaso artificiale che sommergerebbe buona parte della media valle e cancellerebbe interi comuni. Ma i danni all'ambiente sono anche globali.

Sottraendo ampie superfici alla produzione di cibo, di foraggi e mangimi provoca per un effetto a catena (ILUC Indirect land use change) la perdita di biodiversità e l'emissione in atmosfera di grandi quantità di CO2. Ogni ha di terra sottratta al cibo implica che la coltivazione di quelle materie prime alimentari deve essere realizzata altrove ampliando le superfici agricole o intensificando i sistemi colturali. Anche se macelliamo le nostre vacche da carne o la latte a meno che accettiamo una dieta vegetariana dobbiamo aumentare le importazioni E da qualch altra parte dovranno allevare più bestiame e nutrirlo. Ancora una volta da qualche parte del mondo dovranno essere coltivati più alimenti per il bestiame. Alla fine da qualche parte terreni a pascolo o savane e foreste dovranno essere arate, concimate chimicamente, irrorate di pesticidi. Un bel colpo per la biodiversità ma anche per il bilancio dei gas serra perché sostituire superfici a copertura vegetale permanente e naturale con seminativi comporta una enorme mineralizzazione di sostanza organica e di emissioni atmosferiche di CO2.

Sarebbe il trionfo dell'ecologia di facciata che esalta le "energie rinnovabili" , che vede di buon occhio la sparizione di pastori e margari colpevoli di non essere molto propensi a convivere con i lupi e a lasciar posto alla wilderness. In realtà una sconfitta dell'ecologia e dell'equità.


 

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