(09.09.13) Questa estate i cinghiali sono apparsi sulle spiagge, hanno provveduto alla "vendemmia" anticipata nei colli Euganei, sono diventati un focolaio di TBC in provincia di Macerata. Ma la politica fa finta che il problema non esista
L'emergenza cinghiali è ovunque
(per colpa di una politica irresponsabile
di Michele Corti
Il fenomeno dei danni dai cinghiali ha assunto una dimensione sociale allarmante. Non è più solo l'agricoltura ad essere colpita ma la vivibilità dei centri abitati rurali, il turismo, la sicurezza delle persone a fronte dei rischi di aggressioni e trasmissione di malattie
Vendemmia anticipata sui colli del Moscato giallo
Quest'anno la vendemmia è stata anticipata dai cinghilali sui Colli Euganei (ma non solo). Prima di ferragosto i suidi, complice la siccità dell'inizio di agosto, i branchi di cinghiali no si sono accontentati di devastare gli orti ma si sono impunemente alimentati dei succosi grappoli di Moscato giallo che sarebbero stati destinati all'omonimo prezioso vino DOCG. Il paradosso è che queste bestiacce (alle quali non è possibile torcere una setola nemmeno se ti devastano tutto un raccolto che rappresenta il frutto di un anno di lavoro) nei colli - come altrove - sono considerati fauna non autoctona e indesiderabile anche dal punto di vista naturalistico.
I cinghiali in spiaggia
Quest'estate si ricorderà olre che come quella dei cinghiali vendemmiatori anche come quella dei cinghiali in spiaggia. Le segnalazioni relative al fenomeno si sono sprecate. Dalla Liguria al Lazio, dalle Marche alla Toscana e alla Sardegna. In alcuni casi i turisti erano incuriositi, in altri spaventati (se non altro per le provviste approntate per il pic nic). Segnalazioni anche di cinghiali scorazzanti lungo le piste ciclabili litoranee con i ciclisti non proprio contenti di dividerle con i suidi. I cinghiali oggi in Italia fanno propio una bella vita: si nutrono di tutto quello che desiderano e ora scacciano anche i bagnanti dalle spiegge. Il bagnetto se lo fanno loro ... e dopo un bel pranzetto in orti e vigneti. Viene il sospetto che ci sia qualcosa che non va, che il mondo sia stato messo sottosopra. Che si viva in un carnevale permanente. Solo che nelle società tradizionali la follia trasgressiva dei lupercali e dei carnevali era una valvola di sfogo, una compensazione eccezionale (semel in anno). Quando si vive nel carnevale 365 giorni all'anno diventa una tragedia.
Le follie si pagano: rischio TBC nelle Marche
La follia umana trova un limite nella sapienza della natura. L'uomo moderno si sta molto impegnando nella sfida alla natura mettendo a dura prova i meccanismi di compenzazione, la resilienza degli ecosistemi e della biosfera. In alcuni caso la follia umana ha conseguenze difficilmente sanabili almeno nel tempo delle generazioni umane. I cinghiali proliferano perché l'abbandono delle aree rurali ha creato larghi spazi ecologici e perché la stoltezza umana ha trasformato il cinghiale in una specie molto più prolifica ed aggressiva. Il forte aumento delle popolazioni non riesce ad essere contrastato efficacemente né con l'intensivifazione della caccia nè con i piani di "controllo numerico" all'acqua di rose messi sinora in atto. Così fanno capolino le patologie come fattore di possibile controllo delle popolazioni del suide. La trichinosi è una forma patologica che può colpire anche chi consuma le carni (poco cotte) del cinghiale. Per questo è indispensabile una rigorosa ispezione sanitaria delle carcasse. Quest'estate, però, è apparsa una patologia più temibile: la TBC. Diverse carcasse di cinghiali affetti da tubercolosi sono state rinvenute lungo le rive del fiume Esino in provincia di Macerata. I suini contraggono la TBC dai bovini (verosimilmente entrando in contatto con feci infette tramite grufolamento o nutrendosi di scarti di macellazione). Non possono essere però esclusi altri vettori (altri selvatici, uccelli). Il rischio TBC nel cinghiali riguarda chi ne consuma le carni ma consiste anche nel potenziale danno economico che comporterebbe l'infezione di suini d'allevamento.
Cinghiali in giardino e... in casa
Ad aprile a Casole D’Elsa, poco lontano da Siena, 3 grossi cinghiali hanno portato all'esasperazione Maria Vara latitolare di un agriturismo che ha raccontato di essere uscita di casa la mattina presto e di essere stata inseguita da tre grossi cinghiali dall’ aspetto feroce. Un nuovo episodio, se ce ne fosse bisogno, che evidenzia una situazione ormai insostenibile perché è capitato più volte che gli ospiti dell'agriturismo fossero spaventati dai cinghiali sin sulla porta degli alloggi. La signora ha così presentato un esposto contro la provincia ritenuta responsabile del mancato controllo dei cinghiali. I casi come questo sono numerosi. I cinghiali non si limitano a scorreria negli orti al limite degli abitrati ma entrano nei guardini, scorazzano nei campi giochi dei bimbi, penetrano nelle periferie urbane. La dimensione di un fenomeno che crea allarme sociale, enormi danni economici, rischi sanitari è ormai percepita da molti. Solo la non classe politica resta inerte.
Una non classe politica che si muove solo quando ci sono prospettive di arricchimento o le minaccia
Affermare che la non classe politica (nazionale, regionale, locale) è irresponsabile è troppo poco. La casta oggi si muove solo su sollecitazione delle lobby, per interessi di arricchimento personale e di gruppo e se sottoposta a minacce (giudiziarie e di altro tipo). Per il resto è inerte anche di fronte a fenomeni sociali devastanti. La fuga dei pochi giovani è favorita dalla politica. Forse perché un paese di vecchi, con gli elementi più intraprendenti emigrati. è più facile da opprimere. La casta è molto sollecita a produrre nuove leggi quando sono in ballo lucrose speculazioni (vedi la green economy). Laddove con c'è la prospettiva di riempe le tasche proprie e degli amici è inerte e lascia che la burocrazia - per suo moto spontaneo - soffochi ancora di più la società. Il caso della legge quadro nazionale 157 del '92 sulla "protezione della fauna" è esemplare. La legge è nata vecchia per compiacere la crescente penetrazione dell'ambientalismo ideologico. Ma rifletteva una situazione da anni '70, quando i cacciatori erano legioni, diverse specie selvatiche erano scomparse ed altre stavano estinguendosi mentre l'avanzata dei boschi e degli incolti era solo agli inizi. Dopo qualche decennio il mondo è molto cambiato. Le foreste amazzoniche o indonesiane sono giù iun larga misura scomparse mentre da noi il bosco (le boscaglie) si sono riprese quello che l'uomo aveva impiegato secoli a dissodare. Negli anni '70 il paesaggio rurale recava ancora i segni della massima espansione della colonizzazione agropastorale coincisa con il boom demografico della seconda metà del XIX secolo. Oggi cervidi, cinghiali, orsi e lupi stanno espandendosi in modo tumultuoso assediando quello che rimane della presenza umana nelle aree più periferiche.
Siamo nelle mani di troppi imbecilli o ladroni e di (non molti) onesti che lasciano fare
Solo gli imbecilli possono sostenere che l'ulteriore spopolamento delle "aree interne" rappresenti un progresso ed un vantaggio per la società nel suo insieme. La congestione della popolazione urbana è frutto di un modello di economia e di società che non esiste più. Molti vantaggi dell'urbanizzazione sono svaporati ma gli impatti del traffico, della produzione di rifiuti, del consumo di energia dell'urbanizzazione restano. Si parla tanto di necessità di riavvicinare produzione e consumo (sia di energia che di cibo e materie prime). Ma la forma metropoli rende impossibile questo riavvicinamento. L'agricoltura "verticale", i grattacieli verdi, sono una trovata da archistar. Nelle aree rurali, di alta collina, di montagna c'è un immenso patrimonio edilizio che può essere valorizzato per la residenza permanente, per il turismo. Ma non basta restaurare le pietre se il bosco e i cinghiali (e i lupi) assediano le case e quel che rimane di un residuo intorno coltivato. Per uno stile sostenibile dell'abitare serve un intorno vitale di orti, di giardini, frutteti, campi, pascoli, boschi coltivati. Non c'è sostenibilità se i borghi recuperati dipendono dalla rete Terna per l'energia e dagli ipermercati per il cibo. Il modello di produzione e consumo attuale continua a creare insostenibiltà sociale (disoccupazione, solitudine, emnarginazione) e ambientale mentre molti giovani, famiglie potrebbero trovare occasioni di vita e lavoro in quello spazio rurale che si vuole riconsegnare ad una wilderness mai esistita.
Che fare?
Oggi serve un movimento di opinione "antiambientalista" (contro l'ideologia ambientalista beninteso, in quanto puntello del sistema di potere e dannosa anche ai fini della salvaguardia della salute degli ecosistemi). Oggi servirebbero leggi per la "Protezione dell'uomo" perché è l'uomo la specie da proteggere sulle colline e montagne italiane. Gli equilibri ambientali complessivi si difendono meglio ripopolando lo spazio rurale e controllando specie animali che sono tornate ad essere nocive (non sono nocive in sé, beninteso, ma in un determinato contesto storico, sociale, territoriale). L'attuale non classe politica pensa solo a riempirsi le tasche e alle prossime elezioni e non ha alcuna responsabilità per il territorio e per le generazioni future. Non fa notizia se le aziende agricole falliscono e se i villaggi si spopolano. Ma il mancato controllo dei cinghiali, di fronte all'ampia documentazione dei danni provocati e alla loro denuncia pubblica, diventa comportamento colposo e colpevole, lesivo di diritti fondamentali e facendo leva su questo aspetto legale politici e istituzioni vanno incalzati con diffide e denuncie (come la titolare dell'agriturismo senese, ma anche in forma di class action)Nel mentre vanno costititi dei comitati per l'eradicazione dei cinghiali, e va promossso un movimento di opinione che diffonda la consapevolezza della nuova importanza della dimensione rurale e della necessità di superare l'ambientalismo antisociale