Ruralpini Commenti/Lupi contro la montagna

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Robi Ronza

Giornalista e scrittore, esperto di affari internazionali e di culture alpine

Robi Ronza è nato a Varese nel 1941. Laureato nel 1965 in Scienze politiche nell’Università Cattolica di Milano, è giornalista professionista e scrittore. È un esperto di affari internazionali, culture locali, problemi istituzionali. Ha collaborato e collabora come notista di affari internazionali a quotidiani italiani e svizzeri. Dal 1978 fino al 1982, come inviato speciale del settimanale Il Sabato ha viaggiato e scritto reportages dalle zone di crisi del Vicino e Medio Oriente, del Sudest asiatico e dell’America Latina. Nel 1983-86 è stato consulente alla comunicazione del presidente della Camera di Commercio di Milano Piero Bassetti. Tra il 1986 il 1999 è all’Editoriale Giorgio Mondadori come caporedattore del mensile Bell’Italia, direttore della comunicazione e del coordinamento editoriale, direttore del mensile Uomini&Storie. Direttore dal 2000 di una società di servizi editoriali, dal 2005 assume vari incarichi presso la Regione Lobardia senza tuttavia abbandonare la professione giornalistica. È direttore di Confronti Autonomia Lombarda: Le Idee, I Fatti, Le Esperienze. È stato uno dei fondatori del Meeting di Rimini, di cui dal 1989 al 2005 è stato portavoce ufficiale.

 

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Documento associazione Alte Terre valli di Cuneo sul lupo

 

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(23.12.12)Alte Terre mette sul tavolo le sue proposte
Dopo un incontro a Cuneo il 19 con gli
assessori regionali ai Parchi, all'Agricoltura e alla Montagna, l'associazione Alte Terre prepara un convegno insieme alla regione Piemonte dove si discuterà in modo organico sull’impatto dei selvatici (non solo lupo, tutti) su agricoltura, allevamento, sicurezza e economia in montagna nel mentre si stanno elaborando proposte di modifica legislativa in materia di caccia e foreste.
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17.07.12)Cresce la rete delle Alte terre. Tappa in Val Maira (Cn)

Giovedì29 luglio a San Damiano Macra si terrà un convegno dal titolo "Le montagne si parlano". L'evento si inserisce in una serie di incontri organizzati tra Lombardia e Piemonte per dare vita al Forum per l'autogoverno delle Terre Alte. Una rete per promuovere forme di rappresentanza e democrazia diretta. A San Damiano Macra sarà presentata anche l'associazione Alte Terre delle valli cuneesi  leggi tutto

 

(09.02.12) Cuneo: parte l'associazione per la difesa dal lupo

Il 7 febbraio,con una riunione presso la sede Provincia di Cuneo, si sono gettate le basi per la costituzione della Associazione per la difesa dal lupo nelle valli cuneesi, gemellata con analoga Associazione già costituita in Francia a Barcellonette nell'Ubaye. leggi tutto

 

(13.02.12) Le montagne si parlano

Un primo incontro a Sondrio sabato 18, un secondo a Edolo per dire che la montagna alpina lombarda si parla senza passare dalla pianura, che l'organizzaizone in provincie è superata. Incontri paralleli in programma in Piemonte e poi entro la primavera un grande convegno sui temi dell'autogoverno della montagna. Con il coraggio di guardare a prospettive radicalmente nuove. Con la voglia di fare smettendo di chiedere leggi tutto

 

(03.02.12) Montagna: crisi e recupero di autogoverno

Pubblichiamo gli interventi del Seminario di Milano del 10 dicembre su: "La Montagna di fronte alla crisi". Uno spunto per un dibattito aperto che vuole arrivare alla definizione di una "Carta per l'autogoverno della montagna" da presentare a Sondrio in un convegno da tenersi entro la primavera di quest'anno. Oltre a commentare ogni intervento online i lettori possono inviare loro contributi ai temi del dibattito aperto.

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(11.12.11) Milano. Parte una iniziativa politico-culturale per le Terre alte

Si è svolto ieri presso l'Associazione consiglieri (al Pirelli) un seminario coordinato da Robi Ronza su: "La montagna di fronte alla crisi!". Partito da una proposta di Quaderni Valtellinesi (Dario Benetti) e Ruralpini (Michele Corti) il seminario era stato preparato con un incontro cui hanno partecipato anche Ronza (Confronti), Mariano Allocco (Patto per le Alpi piemontesi) e Giancarlo Maculotti (Incontri TraMontani).  Ora si avvia una fase di serrata discussione e confronto (via internet) per arrivare a un Manifesto/Carta dell'autogoverno delle Terre alte e a un convegno a Sondrio, città al centro delle Alpi. Con lo scopo dichiarato di dare espressione politica (ma non c'entrano i partiti tradizionali) a quel fiume carsico dell'autonomia e libertà alpina che prese origine con la Carta di Chivasso ('44) e proseguì con quelle di Sondrio ('86) e di Coumboscuro ('87) e, più di recente ('06), con il Patto per le Alpi piemontesi. Con l'idea di passare dalle "Carte" all'azione.  leggi tutto

 

(27.09.11) La montagna dentro la crisi: verso la desertificazione o un recupero di autonomia e di identità?

I recenti dibattiti sulla chiusura dei piccoli comuni e sui ‘costi’ del mantenimento della popolazione montana impongono una reazione. Se la montagna fosse libera dall’oppressiva regolamentazione burocratica e dai vincoli che le impediscono di valorizzare le proprie risorse (umane, energetiche, faunistiche ecc. ) potrebbe fare a meno del tutto delle elemosina delle istituzioni ‘superiori’.  Riprendere autonomia, capacità di autogestione, identità è, per la montagna, la strada per evitare di divenire un deserto verde e per uscire rafforzata dalla crisi. Ruralpini lancia la proposta di un convegno su questi temi.  leggi tutto

 

(28.05.11) Ricominciare dalla montagna?

Il titolo del saggio di Gianfranco Miglio (1978) è quanto mai attuale. Mai come oggi la montagna è a un bivio. Può ispirare al resto della società modelli utili a ripensare la gestione dello spazio, delle risorse, comprese quelle umane o può essere cancellata come realtà sociale. E ridotta ad un 'supporto fisico' colonizzato materialmente e simbolicamente dalla civiltà megapolitana. In vista di un 'ripensamento complessivo' della realtà della montagna è utile ripercorrere le tappe della presa di consapevolezza della realtà delle Terre alte. Una di queste è rappresentata indubbiamente dal convegno di Sondrio dell'aprile 1986 (foto) nel cui ambito venne redatta la 'Carta di Sondrio' che ripubblichiamo in vista di nuove iniziative. leggi tutto

 

(24.05.11) Meno stato più comunità nelle Terre alte

Dalle scuole parentali agli alberghi 'informali' delle 'donne di montagna', ai gruppi di consumo arrivano segnali della volontà delle terre alte alpine di voler tornare a gestirsi sulla base delle mai sopite tradizioni di gestione comunitaria. Lo stato, la burocratizzazione e istituzionalizzazione di ogni aspetto della vita economica e sociale, devono fare un passo indietro. E le terre alte diventeranno un modello vitale.

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(13.02.11) La cultura urbanocentrica svuota la montagna  

Riportiamo l'articolo di Tarcisio Cima pubblicato dal "Giornale del popolo" il 21 gennaio 2011 con il titolo 'La montagna svuotata' Il Canton Ticino gode larga autonomia ed ha un territorio al 100% montano. Eppure si 'pensa' come un'area urbana e la tendenza è a dimenticare che le Alpi hanno bisogno di città ma che il  ruolo di queste ultime può rafforzarsi proprio in quanto città alpine leggi tutto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(14.01.13) Con l'entrata nel dibattito politico sulla reintroduzione di orsi e lupi di personalità come  Robi Ronza si consolida la contestazione di una operazione sociale e politica totalitaria nascosta da motivazioni pseudo-ecologiche

 

Le Terre Alte vogliono l'autogoverno e

reagiscono alla reintroduzione imposta

dall'alto degli orsi e dei lupi

 

di Robi Ronza

  •  

    Pubblichiamo l'importante contributo di Robi Ronza apparso domenica 13 gennaio su www.ilsussidiario.net Con questo articolo il dibattito politico sull'imposizione - da parte delle culture urbane pseudo-ecologiche - della reintroduzione di orsi e lupi conosce un salto di qualità. Esso entra a far parte a pieno titolo del tema della rinascita delle Terre Alte, della montagna dell'uomo, della rivitalizzazione delle comunità popolari alpine minacciate dal neoliberismo che si avvale anche della legittimazione alla pulizia etnica fornita da un ambiental-animalismo anti-umanista e antidemocratico

    J’ACCUSE / C’è un “patto” tra ambientalisti e lupi contro la montagna, Il Sussidiario, 13 gennaio 2013

    Forse ancora un volta è vero che non tutto il male viene per nuocere. Da un paio d’anni a questa parte si sta verificando un fenomeno  che  potrebbe  far riscoprire la montagna non più come semplice parco giochi e luogo dei sogni delle abitanti delle aree metropolitane bensì come una delle risorse primarie del Paese. Si tratta del preoccupante diffondersi degli orsi e dei lupi al di fuori dei parchi nazionali e dalle altre riserve in cui finora vivevano.

    Dalla crisi economica in atto viene la necessità di una più attenta valorizzazione di tutte le risorse disponibili: una necessità che s’intreccia con l’urgenza di un uso più equilibrato e perciò anche più efficace e fertile di tutto il territorio. In tale orizzonte si pone tra l’altro in Italia l’urgenza di  una riscoperta della montagna come luogo di residenza permanente. In un Paese come il nostro, montano e collinare per il 72 per cento della sua superficie, la concentrazione nelle pianure e sui litorali della massima parte della popolazione e delle attività economiche è ormai chiaramente insostenibile: la nostra orografia, la nostra economia nel senso più ampio del termine e  la nostra dimensione demografica non ce lo consentono. Nel caso ad esempio della Lombardia il 40,5 del territorio è montano, ma in montagna abita e lavora meno del 10 per cento degli abitanti della regione. Mentre però l’economia e le tecniche dell’epoca post-industriale consentirebbero oggi di porvi rimedio, questo enorme squilibrio nell’uso del territorio rischia paradossalmente di incancrenirsi a causa della tendenza — alimentata da un certo paleo-ambientalismo di matrice maltusiana — a favorire se non addirittura a stimolare il rinselvatichimento delle terre alte. In modo sia diretto che indiretto, ossia tramite l’applicazione indiscriminata di modelli legislativi e amministrativi che in montagna hanno un effetto perverso, si spinge all’abbandono dei pascoli e dell’agricoltura di montagna, alla penalizzazione in genere dell’economia delle terre alte fino alla loro restituzione alla selva, agli orsi e ai lupi, e non per modo di dire. A lungo termine la conseguenza di questa politica sarà l’abbandono di fatto delle convalli e delle maggiori quote (salvo isole di turismo sciistico di sempre più onerosa gestione) con tutti i contraccolpi negativi che tanto sul piano socio-economico quanto su quello ambientale la desertificazione di territori antropizzati ab antiquo porta con sé. Di pari passo i principali fondovalle si trasformeranno, come d’altronde spesso sta già accadendo (si vedano ad esempio la bassa Val di Susa e la bassa Valtellina), in congestionate e fragili periferie remote delle aree metropolitane.

    Diversamente infatti da quanto pretende quel vecchio ambientalismo anti-umanista di matrice maltusiana di cui si diceva –  in Italia troppo spesso oggetto di un ascolto reverenziale che non merita — le ragioni dell’uomo e quelle dell’ambiente non sono per natura schierate le une contro le altre. Essendo nell’ambiente l’unica presenza consapevole, l’uomo è perciò chiamato ad esserne responsabile. E’ vero che non sempre è stato ed è all’altezza di tale sua esclusiva responsabilità. Il rimedio a queste sue inadempienze non è tuttavia una sua ulteriore abdicazione, peraltro nei fatti impossibile; insomma una ritirata verso un ruolo passivo che non gli appartiene. Al contrario non può che consistere in un suo sempre maggior impegno a essere presente nella natura con tutte le positive risorse morali, culturali, scientifiche e tecniche di cui dispone in ogni momento dato.

    Fatto molto significativo, almeno sulle Alpi contro la tendenza di cui si diceva  da qualche anno a questa parte si sta mobilitando una nuova generazione di gente di montagna che non chiede più assistenzialismo bensì muove dal presupposto che le terre alte siano “una risorsa da riscoprire scommettendo sulla capacità di autogoverno di chi vi abita e vi lavora”.

    Un frutto molto interessante di questa mobilitazione è il documento programmatico dal titolo “Cinque punti per la riscoperta delle terre alte come risorsa per se stesse e per tutto il Paese” che venne siglato il 16 giugno scorso a Sondrio al termine di un seminario di lavoro promosso dalla rivista Quaderni Valtellinesi, dal “blog” Ruralpini e dall’associazione Incontri Tramontani. Ecco i cinque punti nella loro versione integrale:

     

    Manifesto delle Terre Alte di Sondrio del 16 giugno 2012

    1. In Italia il 72 per cento del territorio è montagna o collina. Le terre alte  sono dunque la regola, non l’eccezione. Pertanto riscoprirle come risorsa è conditio sine qua non per la ripresa generale dell’economia e della società del nostro Paese;

    2. Per rinascere le terre alte hanno bisogno non di assistenza bensì di ricuperare il diritto alla gestione autonoma delle proprie risorse;

    3. Le prime risorse sono l’identità culturale come patrimonio che ogni generazione deve riconquistare e aggiornare; sono la lingua, la memoria storica; sono l’eredità di esperienze e di valori ricevuti che ogni generazione deve conoscere per poter verificare e accogliere. Pertanto le terre alte hanno più che mai bisogno di autonomia scolastica e di libertà di insegnamento e di educazione;

    4. Le terre alte hanno grandi risorse: dall’acqua e quindi alla produzione di energia pulita, al legno, al verde fertile, al paesaggio, alla possibilità di produrre alimenti di alto valore, alla qualità della vita come risorsa innanzitutto per chi vi risiede ma poi anche come servizio ai turisti. Per valorizzarle devono ricuperare la responsabilità e quindi il controllo di tali risorse, che è stato loro progressivamente sottratto;

    5. Per tutto questo le terre alte non hanno bisogno di una legislazione speciale, ovvero di eccezione rispetto a una legislazione “normale” che sarebbe quella ispirata alle “normali” esigenze della pianura e delle aree metropolitane. Hanno piuttosto diritto a una legislazione specifica in ogni campo: da quello delle istituzioni a quello dell’economia e dei servizi. Questo implica in primo luogo una verifica minuta della normativa volta a rilevare tutte quelle prescrizioni tanto legislative quanto amministrative che si risolvono in svantaggi ingiustificati.

    Non c’è spazio qui per commentare in dettaglio ognuno dei cinque punti, ma l’originalità del loro contenuto è evidente.

    Da un paio d’anni a questa parte è poi sopravvenuto – come dicevamo — un caso estremo che potrebbe finalmente portare alla ribalta nazionale la questione della presenza stabile dell’uomo in montagna. Si tratta appunto del preoccupante diffondersi degli orsi e dei lupi al di fuori dei parchi nazionali e dalle altre riserve in cui finora vivevano. Classificati negli ultimi decenni del secolo scorso come “specie a rischio di estinzione” e resi perciò intoccabili a norma di apposite convenzioni internazionali (quella relativa al lupo venne firmata a Berna nel settembre 1979), questi grandi carnivori non corrono più alcun rischio di estinguersi, ma al contrario rischiano di far estinguere la pastorizia e l’alpeggio, e inoltre la vita stessa degli abitati di maggior quota. Ci sono villaggi nelle alte valli cuneesi ove a donne con bambini è già capitato di trovarsi un lupo alla porta di casa. Pochi mesi fa un orso scese a fare una passeggiata in pieno giorno nel centro del borgo di Tirano, in alta Valtellina. La risposta dei difensori dell’impunità del lupo e dell’orso alle proteste dei pastori e degli alpigiani è l’offerta di risarcimenti per i capi perduti e di cani pastori particolarmente addestrati alla difesa del bestiame dai carnivori. La risposta dei pastori  è lo scarico dei resti delle pecore sbranate davanti all’ingresso di uffici pubblici nonché l’invito ai “verdi” ad andare anche loro a passare qualche notte  in baita cullati dall’ululato dei lupi o a uscire al buio per fare in difesa dei greggi operazioni di… dissuasione non-violenta (la caccia al lupo infatti non è  consentita nemmeno per legittima difesa).

    Come nella realtà il lupo non è Lupo Alberto così nella realtà l’orso non è l’orso Yoghi. “Da 10 orsi siamo passati a 45. Sono troppi in un territorio troppo piccolo e densamente abitato. La gente ha paura e la situazione sta diventando insostenibile”: alla fine dello scorso maggio il presidente della Provincia Autonoma di Trento, Lorenzo Dellai, scriveva in questi termini al Ministro dell’Ambiente Corrado Clini e al Commissario europeo Janez Potoćnik chiedendo che si trovasse una soluzione definitiva al problema degli orsi nel Trentino. A 16 anni dall’attivazione del progetto “Life ursus” per la reintroduzione dell’orso bruno sulle Alpi centro-orientali, la situazione sta infatti andando fuori controllo. Dellai, riferiva l’agenzia Ansa, ha chiesto ufficialmente di “concordare nuove e più efficaci soluzioni” alla presenza dell’orso nella sua Provincia.“La densità raggiunta nelle aree maggiormente frequentate”, ha osservato il presidente del Trentino, “è di circa 3 esemplari ogni 100 kmq e provoca problemi sempre più importanti alle attività antropiche”. E proseguiva citando casi di “contatti diretti tra orso e uomo” che “accrescono il già elevato livello di allarme sociale”. Secondo un’indagine demoscopica pubblicata l’anno scorso, dal 2003 al 2011 il “grado di accettazione”degli orsi da parte di gente come quella del Trentino – che li vede non in tv nei cartoni animati ma dal vero sotto casa — è sceso dal 76% al 30%. D’altro canto analoghe reazioni a proposito del ritorno dei grandi carnivori si registrano nelle Alpi francesi, mentre la Svizzera ha già annunciato di voler chiedere modifiche alla convenzione di Berna riguardo al lupo e in Val Poschiavo, nei Grigioni di lingua italiana, è sorto un Comitato anti-orso . L’assurdo è che, trattandosi di questioni oggetto di accordi internazionali, le decisioni in materia sono di competenza esclusiva di Roma, di Bruxelles o di Berna mentre i rappresentanti  eletti delle popolazioni direttamente interessate non hanno de jure alcuna voce in capitolo. Ci si deve augurare che la questione del ritorno dell’orso e del lupo aiuti il grande pubblico, per definizione cittadino, a riscoprire finalmente le alte quote come una risorsa primaria da non sprecare. E lo aiuti anche a non lasciarsi condizionare al riguardo dall’aura quasi totemica di cui élites secolarizzate urbane ammantano il lupo e l’orso per giustificarne l’intangibilità. A conferma ancora una volta del fatto che, come argutamente osservava Chesterton, chi non crede in Dio non è che non crede a niente. Crede a tutto.


     

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