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Giorgio Ferigo

"Resistono non in nome di qualche ideologia agraria, ma in nome di un Sentimento. Lo chiamano. senza smancerie: passion - insieme rispetto della tradizione, soddisfacente ideale di vita, impegnativa etica del lavoro,curiosa diffidenzap er le transeunti novità, insubordinazione per i dogmi correnti"

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(04.02.13) Tolmezzo (UD) Alpeggi: incentivare lo scambio di esperienze nell'arco alpino

Ieri e l'altro ieri a Tolmezzo, in Carnia, si è tenuto un incontro molto interessante promosso dall'Asl Alto Friuli sulle produzioni di malga con partecipazione di quasi tutte le regioni dell'arco alpino. Ciò che non viene consentito in una regione è pacificamente ammesso in un'altra. I problemi più critici riusltano quelli legati all'acqua e allo Stafilo ma c'è consapevolezza, anche tra i veterinari, dell'importanza della valorizzazione del sistema del pastoralismo alpino 

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(17.06.10) Cantine (hilter) d'alpeggio. Monumenti minacciati (Songavazzo, BG)Sono sopravvissute ai diktat dei veterinari troppo zelanti, ai danni dei progettisti che farebbero meglio a progettare villette e condomini (architetti, ingegneri, geometri). Sono le cantine di stagionatira degli alpeggi ancora miracolosamente in funzione; veri monumenti al sapere ambientale e tecnologico dei nostri vecchi. Vi mostriamo quella della Malga Valmezzana in alta Val Seriana, un alpeggio 'fortunato' in quanto gestito dal Consorzio Forestale Presolana e caricato da un giovane 'neomalghese' locale pieno di entusiasmo e passione. leggitutto

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(15.02.13) I malghesi lo hanno sempre detto: le cantine di maturazione del formaggio ristrurrate o costruite con nuovi materiali non rispondono alle esigenze di controllo del microclima e di mantenimento di una microflora biodiversa utile

 

Cantina vecchia fa

buon formaggio

Uno studio dell'ERSA del Friuli dimostra come le vecchie cantine di malga (da loro si dice celâr) sono perfette macchine del clima, frutto dell'ingegnieria contadina. Ennio Pittino e Giordano Chiopris, appassionati e competenti tecnici che hanno dedicato molte attenzioni alle malghe friulane e ai loro prodotti hanno visto come il controllo dell'ìumidità e della temperatura sia del tutto insoddisfaciente nei locali realizzati con criteri e materiali moderni

 

di Michele Corti

"Molti cervelli statali e regionali, dopo lunghe cotture, hanno partorito fanfaluche, baggianate e obbrobri igienici senza raziocinio, adatti a favorire l’industria alimentare che è l’unica vera causa dei grandi flagelli contro la salute pubblica degli ultimi cinquant’anni".  Così Giorgio Ferigo iniziava provocatoriamente  il suo intervento tenuto nel settembre 2006 alla Fira de’ Sdaz (Fiera dei Setacci) di Sasso Marconi (Bo) durante un Convegno sull’Utilità delle Certificazioni, . Questo intervento è stato pubblicato poi da L'Ecologist italiano, la rivista di Giannozzo Pucci, vol. 8 (II), pp. 184-197 con il titolo molto emblematico "L'igiene che inquina" e lo si può trovare sul sito di Arianna Editrice (L'igiene che inquina). Il dr. Ferigo, figura straordinaria di medico igienista e di intellettuale "organico" alla propria terra (era poeta, musicista, storico), nel 2007 è stato stroncato in pochi mesi dal cancro, a soli 58 anni.  L'associazione culturale Giorgio Ferigo mantiene viva l'eredità del Ferigo sul versante culturale ma è giusto ricordare che essa - attraverso l'interesse per la cultura della malga e della civiltà contadina - si intrecciava con l'attività del dr. Dorigo medico igienista, responsabile dell’igiene pubblica e degli alimenti della ASL dell’Alto Friuli (si veda: G. Ferigo, (2004) Mucche uomini ed erba in: U. Da Pozzo, Malghe e margari, Udine, Forum).  Ferigo non si stancava di denunciare un certo igienismo che scatena la caccia a rischi che (nella maggior parte dei casi) possono comportare un mal di pancia e chiude gli occhi rispetto a quelli della diffusione di sostanze cancerogene che entrano nel ciclo alimentare. Un igienismo che criminalizza pratiche produttive tradizionali "coevolutesi" insieme a microbi potenzialmente patogeni e a microbi utili dal punto di vista tecnologico. Che uccide saperi e culture materiali.

 

Al convegno di Tolmezzo ho scoperto che le malghe in Friuli sono molto importanti

 

A Tolmezzo il 24 e 25 gennaio (vedi articolo su Ruralpini) si è tenuto un convegno organizzato dall' ASL Alto Friuli sulle produzioni di malga, sui loro rischi igienici ma anche della necessità di contemperare applicazione delle norme ad esigenza di valorizzione e sostenibilità. In questa occasione non ho potuto fare a meno di notare una disponibilità dei veterinari locali (almeno quelli che ho conosciuto) a venire incontro ai problemi dei malghesi. Una disponibilità che è frutto di un forte radicamento nella cultura locale del significato della malga ma che, forse, è legato anche alla testimonianza di Ferigo. In realtà l'importanza della malga in Friuli (e, sopratutto, in Carnia) va molto al di la del numero, molto ridotto, di malghe attive e conferma un interesse che va molto al di là di considerazioni economiche, agricole e turistiche.

Grazie ai contatti attivati in occasione del convegno mi è pervenuta (dal Dr Frezza, resp. Servizio Veterinaria del Dipartimento di Prevenzione dell' ASL n.3 Alto Friuli) la segnalazione di un interessante studio dell'ERSA del Friuli sul tema del microclima dei locali di stagionatura, un tema che mi sta molto a cuore e che avevo affrontato nella mia relazione a Tolmezzo. Lo studio è stato effettuato da  Ennio Pittino e Giordano Chiopris. Gli autori premettono che nella ricostruzione dei fabbricati di malga dopo il disastroso terremoto del 1976 non si dette molta attenzione a certi "dettagli" costruttivi che invece risultano fondametali e che i vecchi rispettavano scrupolosamente.

Fig. da E. Pittino e G. Chiopris (ERSA FVG Agenzia regionale per lo sviluppo rurale)

I tecnici dell'ERSA ricordano nella loro relazione che: "Temperatura e umidità pressoché costanti per effetto di uno scambio termico ed idrometrico, che tali murature permettevano, anche in condizioni di forti escursioni termiche tra il giorno e la notte (non poco frequenti in quota).   Una corretta ventilazione attraverso aperture sapientemente disposte, che venivano utilizzate a seconda delle esigenze". Sono osservazioni che tutti i conoscitori del mondo della malga e dell'alpeggio sottoscriverebbero in pieno. La caratteristiche di queste "macchine contadine del clima" venivano garantite attraverso la scelta dell'esposizione, considerazioni sulla natura del terreno su cui edificare il manufatto, scelta dei materiali.

Nel 2004 Pittino e Chipis hanno scelto due malghe rappresentative di due consizioni "estreme"::  una malga in cui non sono state apportate modifiche significative al “celâr” (grossi muri in pietra ed intonaco interno in malta debolmente bastarda) ed un altro alpeggio recentemente ristrutturato (muri rivestiti con piastrelle fino al soffitto). Hanno sistemato dei termoigrometri con registrazione ogni ora del dato e li hanno mantenuti per 10 giorni nei siti.

Va precisato che il fabbricato ristrutturato manteneva comunque un muratura in pietrame di più che discreto  spessore (50 cm).

I risultati si commentano da soli (figura seguente):

 

 

 

Molto peggio vanno le cose in opere costruite ex novo senza attenzione per esposizione e altri fattori climatici.

"Opere in elevazione costituite da murature in getto di conglomerato cementizio, con spessore ridotto (25 cm) ed una scarsa considerazione nei confronti dell’orientamento e delle esigenze climatiche di questo locale, producono degli effetti sicuramente negativi sul formaggio in stagionatura. Murature di questo tipo, poco igroscopiche, non permettono all’umidità che si forma nel “celâr”, di emigrare verso l’esterno. Inoltre lo spessore ridotto non consente quell’inerzia termica che equilibra le escursioni tra il giorno e la notte e che caratterizzano il clima montano. Unico rimedio per queste situazioni, in verità assai rare, rimane l’installazione di un adeguato condizionatore".

Triste soluzione l'uso del condizionatore anche se per esperienza personale posso dire di averne visti (condizionatori e ventilatori) in più di una malga (di quelle "di casa").

In conclusione vorrei segnalare che parlando con Giordano Chiopis, oltre a constatare la sua passione per le malghe ho preso nota di una pratica interessante da lui messa in atto. "Alla fine di ogni stagione di alpeggio discutiamo la nostra relazione tecnica con i malghesi" i ma e indicare gli altri interessanti lavori dei tecnici ERSA:

 

Bibliografia

G. Ferigo, (2004) Mucche uomini ed erba in: U. Da Pozzo, Malghe e margari, Udine, Forum (link)

G. Chiopris, E. Pittino, Malghe: tradizione, cultura, tecnologia (link)

G. Chiopris, E. Pittino, Malghe: tradizione, cultura, tecnologia (II parte) (link)

G. Chiopris, E. Pittino, Le malghe e i loro gioielli (link)

E. Pittino, Malghe da formaggio del Friluli Venezia Giulia (link)


 

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