Ruralpini     Commenti/Il papa per il rurale

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(15.12.12) Nel discorso del papa per la giornata della pace c'è però anche un importante riferimento alla "vera crisi", quella alimentare e alla necessità di difendere le piccole comunità rurali. E una stoccata alla "tecnocrazia"

 

 

Per la pace: difendere il cibo

 

e le comunità rurali

 

 

di Michele Corti

La stampa del capitalismo finanziario ha sottolineato del suo discorso solo “l'attacco al matrimonio gay". Una reazione scontata da parte di chi si sente sul banco degli imputati e preferisce non dare importanza al duro attacco contro il modello di sviluppo tecnoindustriale

Nel discorso "Beati gli operatori di pace" per la giornata dlela pace del 1 gennaio Benedetto XVI mette sotto accusa il modello di sviluppo della crescita senza limite, del liberismo, dell'egemonia di una finanza senza regole

Allarmano i focolai di tensione e di contrapposizione causati da crescenti diseguaglianze fra ricchi e poveri, dal prevalere di una mentalità egoistica e individualista espressa anche da un capitalismo finanziario sregolato.

Il “liberismo radicale” indica come “nuove frontiere” della libertà il relativismo morale assoluto, l'assenza di legami e responsabilità, lo smantellamento di ogni dimensione sociale, dalla famiglia – cellula di base – sino alla funzione sociale dell'apparato pubblici .

L'attacco alla famiglia va di pari passo a quello ad ogni altra forma di aggregazione (locale, economica) che può porre degli “intralci” allo sfruttamento, alla crescita delle diseguaglianze, alla concentrazione del potere. Non è una tendenza inedita: è dall'epoca dell'affermazione della borghesia e dell'illuminismo che si persegue il fine di lasciare l'individuo nudo e solo con l'inganno di una libertà che è premessa di peggiori schiavitù. Oggi si traducono in un controllo continuo e minuzioso di ogni aspetto della nostra vita attraverso gli apparati tecnologici e informatici. Catene invisibili ma potenti che le persone si autoimpongono senza che se ne accorgono, senza necessità di costrizione (fin che non c'è ribellione). Così come “spontaneamente” le persone interiorizzano la mentalità egoistica e individualistica, la compulsione consumistica. Non è mai stato così facile come oggi ottenere individui eterodiretti: collaborano benissimo con il potere. Basta indurre un po' di sensi di inferiorità, basta indurre il terrore di non sentirsi adeguati e moderni.

Contro la schiavitù dell'individualismo che porta alienazione e dipendenza Benedetto XVI ribadisce che l'uomo deve poter aspirare a una vita felice nel contesto di uno sviluppo della persona in sintonia con quello della comunità e della società. Quanto mai opportuno questo richiamo alla complementarietà della dimensione sociale e comunitaria a fronte della cecità dell'ideologismo “progressista” neo-illuminista che insiste nel esorcizzare qualsiasi recupero della dimensione comunitaria considerando ogni comunità una prigione all'interno e un elemento di contrapposizione e chiusura verso l'esterno. Una cecità che non si avvede che lo smantellamento della comunità ha rappresentato la premessa della liquefazione della società.

E tuttavia, le molteplici opere di pace, di cui è ricco il mondo, testimoniano l’innata vocazione dell’umanità alla pace. In ogni persona il desiderio di pace è aspirazione essenziale e coincide, in certa maniera, con il desiderio di una vita umana piena, felice e ben realizzata. In altri termini, il desiderio di pace corrisponde ad un principio morale fondamentale, ossia, al dovere-diritto di uno sviluppo integrale, sociale, comunitario, e ciò fa parte del disegno di Dio sull’uomo.

La dipendenza agli apparati tecnologici ed economici è stata imposta attirando gli individui nella logica del perseguimento del proprio interesse individuale, sciolto da responsabilità morali e da doveri verso le cerchie vicine e lontane. Questo individualismo è inscritto in una logica (anti)sociale di perseguimento della “crescita” ad ogni prezzo e con ogni mezzo come somma risultato della sommatoria degli sforzi individuali per competere e arricchirsi. Ma i nuovi schiavi sono stati indotti a fare propria l'ideologia del liberismo e della tecnocrazia che li impoverisce economicamente e politicamente.

L’operatore di pace deve anche tener presente che, presso porzioni crescenti dell’opinione pubblica, le ideologie del liberismo radicale e della tecnocrazia insinuano il convincimento che la crescita economica sia da conseguire anche a prezzo dell’erosione della funzione sociale dello Stato e delle reti di solidarietà della società civile, nonché dei diritti e dei doveri sociali. Ora, va considerato che questi diritti e doveri sono fondamentali per la piena realizzazione di altri, a cominciare da quelli civili e politici.

L'affermazione da parte di Benedetto dell'esigenza urgente di abbandonare il modello di sviluppo del consumo insostenibile e della crescita fine a sé stessa appare rivoluzionaria quando auspica “un nuovo sguardo sull'economia” il ritorno al primato del bene comune e della “vita buona”.

Da più parti viene riconosciuto che oggi è necessario un nuovo modello di sviluppo, come anche un nuovo sguardo sull’economia. Sia uno sviluppo integrale, solidale e sostenibile, sia il bene comune esigono una corretta scala di beni-valori, che è possibile strutturare avendo Dio come riferimento ultimo. Non è sufficiente avere a disposizione molti mezzi e molte opportunità di scelta, pur apprezzabili. Tanto i molteplici beni funzionali allo sviluppo, quanto le opportunità di scelta devono essere usati secondo la prospettiva di una vita buona, di una condotta retta che riconosca il primato della dimensione spirituale e l’appello alla realizzazione del bene comune. In caso contrario, essi perdono la loro giusta valenza, finendo per assurgere a nuovi idoli.

Benedetto non fa appello ai potentes ma a soggetti che capaci di chiamarsi fuori essi stessi nei loro rapporti personali ed economici dalla logica della competitività per praticare quella della gratuità e della reciprocità.

Per uscire dall’attuale crisi finanziaria ed economica – che ha per effetto una crescita delle disuguaglianze – sono necessarie persone, gruppi, istituzioni che promuovano la vita favorendo la creatività umana per trarre, perfino dalla crisi, un’occasione di discernimento e di un nuovo modello economico. Quello prevalso negli ultimi decenni postulava la ricerca della massimizzazione del profitto e del consumo, in un’ottica individualistica ed egoistica, intesa a valutare le persone solo per la loro capacità di rispondere alle esigenze della competitività.

Dopo aver affermato l'esigenza di “ strutturazione etica dei mercati monetari, finanziari e commerciali” papa Benedetto ha però sottolineato che la vera crisi non è finanziaria ma alimentare;

La sollecitudine dei molteplici operatori di pace deve inoltre volgersi – con maggior risolutezza rispetto a quanto si è fatto sino ad oggi – a considerare la crisi alimentare, ben più grave di quella finanziaria. Il tema della sicurezza degli approvvigionamenti alimentari è tornato ad essere centrale nell’agenda politica internazionale, a causa di crisi connesse, tra l’altro, alle oscillazioni repentine dei prezzi delle materie prime agricole, a comportamenti irresponsabili da parte di taluni operatori economici e a un insufficiente controllo da parte dei Governi e della Comunità internazionale.

La cosa più bella, a nostro parere, nel discorso del papa è i suo richiamo a fronteggiare la crisi alimentare non con più industrializzazione, Ogm, commercio mondiale ma a partire dal mantenimento della vitalità delle piccole comunità rurali di tutto il mondo

Per fronteggiare tale crisi, gli operatori di pace sono chiamati a operare insieme in spirito di solidarietà, dal livello locale a quello internazionale, con l’obiettivo di mettere gli agricoltori, in particolare nelle piccole realtà rurali, in condizione di poter svolgere la loro attività in modo dignitoso e sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico.

Queste parole sono una conferma del fatto che il papa nell'approccio ai problemi della produzione e della sicurezza alimentare privilegi l'approccio allo sviluppo rurale e non quello tecnologico e tecnocratico. Nel marzo 2009 parlando della situazione di alcuni paesi africani e dei ricatti delle multinazionali aveva dichiarato:

La campagna di semina di organismi geneticamente modificati (Ogm), che pretende di assicurare la sicurezza alimentare, non deve far ignorare i veri problemi degli agricoltori: la mancanza di terra arabile, di acqua ed energia, di accesso al credito, di formazione agricola, di mercati locali, infrastrutture stradali, ecc. Questa tecnica rischia di rovinare i piccoli coltivatori e di sopprimere le loro semine tradizionali rendendoli dipendenti dalle società produttrici di Ogm.

Molti diranno: ma che coerenza c'è tra le parole del papa e la prassi dei cattolici “pragmatici”, inseriti nelle strutture di potere? Poca non è fatica ammetterlo. Nel mondo cattolico prevalgono, ma non è un fatto inedito, i cattolici liberisti o “progressisti”, c'è anche una finanza usuraia cattolica, il vaticano è infiltrato dalla massoneria per non parlare del Cda dello Ior. Troppi cattolici (compresa una parte di C.L.) corrono a baciare la pantofola al massone (Bilderberg, Trilateral, Golman Sachs) Monti investito dalla finanza europea e mondiale del ruolo di gauleiter per l'Italia. E allora? I peggiori nemici il papa li ha in casa e lo sa benissimo, ma anche questo rischia di essere un luogo comune. Il valore delle parole di Benedetto sminuito da tutto ciò? No perché le sue parole si rivolgono direttamente al cuore di credenti e non credenti ed hanno un valore profetico che oltrepassa i comportamentidella Chiesa e dei cattolici.

Certo molti anche nella Chiesa vorrebbero tappargli la bocca. Dopo tre mesi dalle dichiarazioni anti OGM di Benedetto XVI in Vaticano veniva organizzata una settimana di studi pro-Ogm “Le piante transgeniche per la sicurezza alimentare nel contesto dello sviluppo maggio 2009” sponsorizzata dalla Monsanto. Non è un ministero che tra i più accesi sostenitori italiani degli Ogm figurino accademici dell'Università cattolica e di Comunione e Liberazione (vedasi Daniele Bassi, presidente del Consiglio per le biotecnologie della Regione Lombardia).

Nell'attenzione del papa al rurale insisto comunque a vedere un segno di speranza in grado di smuovere, prima o poi, la Chiesa e quei cattolici inclini al buonismo di facciata ma pronti a giustificare e sostenere le più spietate operazioni del capitalismo finanziario (oltre agli Ogm ci sarebbe da parlare delle bioenergie, del land grabbing che riguarda non solo l'Africa ma anche le campagne italiane).

Il papa ha fatto esplicitamente riferimento anche all'esigenza di un netto recupero di importanza sociale delle attività rurali. Il 14 novembre 2010 Benedetto XVI aveva sottolineato l'importanza del “ritorno alla terra” dei giovani “anche laureati”. Un “neoruralismo” che è un segno dei tempi e un segno di speranza in contrasto con l'egoismo senza freni della corsa al biogas. Ha detto il papa nel 2010:

Occorre puntare, allora, in modo veramente concertato, su un nuovo equilibro tra agricoltura, industria e servizi, perché lo sviluppo sia sostenibile, a nessuno manchino il pane e il lavoro, e l’aria, l’acqua e le altre risorse primarie siano preservate come beni universali E’ fondamentale per questo coltivare e diffondere una chiara consapevolezza etica, all’altezza delle sfide più complesse del tempo presente; educarsi tutti ad un consumo più saggio e responsabile; promuovere la responsabilità personale insieme con la dimensione sociale delle attività rurali, fondate su valori perenni, quali l’accoglienza, la solidarietà, la condivisione della fatica nel lavoro. Non pochi giovani hanno già scelto questa strada; anche diversi laureati tornano a dedicarsi all’impresa agricola, sentendo di rispondere così non solo ad un bisogno personale e familiare, ma anche ad un segno dei tempi, ad una sensibilità concreta per il bene comune.

Grazie Benedetto


 

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