(20.12.12) Un pediatra vegetariano di Verona ha osato a Porta a Porta mettere in relazione leucemie infantili ed elevato consumo di pesticidi per la coltivazione della mela Melinda. Subito è intervenuto in diretta il presidente della provincia
Il re è quasi nudo
Il paradosso trentino filtra sui media nazionali
di Michele Corti
In perfetto stile berlusconiano il centrista Dellai, presidente della provincia autonoma di Trento, è intervenuto in diretta a Porta a Porta. Nessuno però si è scandalizzato, questa volta. Ma è vero che le mele trentine sono così "pulite" come Dellai indignato vuol far credere agli italiani?
Le tecniche di produzione integrata sono finalizzate alla drastica riduzione dei trattamenti chimici e alla sostituzione di questi con ritmi biologici naturali, allo scopo di fornire una produzione il più possibile genuina che, allo stesso tempo, salvaguardi e rispetti l'ambiente, che è il vero patrimonio da preservare nell'interesse tanto dei produttori quanto dei consumatori.
http://www.melinda.it/it/SC/2079/Consorzio.html
Illusione e realtà. Gli italiani non devono sapere che il Trentino è la provincia che usa più pesticidi in Italia, che Melinda è la mela dei 36 trattamenti, della monocoltura spinta e delle rese stratosferiche. Devono vivere nel magico mondo dell'illusione degli spot di Melinda. Così, se un pediatra va in un salotto mediatico e parla di associazione tra pesticidi e leucemie infantili si scatena un putiferio. Con Vespa che fa l'incredulo: "Ma come nel Trentino così ben amministrato" e il presidentissimo Dellai che interviene immediatamente in diretta nella trasmissione - in stile Berlusconi - e sostiene che le mele trentine sono sanissime, che in Val di Non si scoppia di salute e sbotta:
"Non so quali siano gli obiettivi di chi dice questo e perché lo faccia. Siamo molto orgogliosi delle nostre mele e del nostro ambiente: questa è una denuncia totalmente falsa. Siccome però non è la prima volta che la sentiamo, proprio negli ultimi anni abbiamo intensificato gli strumenti di monitoraggio e controllo dei prodotti e le nostre mele risultano avere indicatori che sono infinitamente sotto ogni ragionevole limite. E non mi riferisco al limiti di legge".
"Abbiamo svolto controlli sul nostro ambiente, sia rurale sia abitato, due ricerche negli ultimi tre anni, e non è risultato assolutamente nulla, anche incrociando tutti i dati storici con i fenomeni legati alle malattie delle persone che vivono e abitano nel nostro territorio. Tutto questo è totalmente falso".
Dellai non ha mancato di aggiungere che "è in aumento la produzione biologica". Nei giorni successivi sui quotidiani trentini paginate intere di rappresentanti della cooperazione, della Fondazione Mach (il braccio agricolo della provincia, che fornisce le indicazionisui trattamenti con i pesticidi da eseguire) che ripetono il mantra: "Da noi i controlli sono accuratissimi, usiamo sempre meno pesticidi". Vediamo come stanno le cose con dati non smentibili.
Pesticidi nel piatto
Da anni le analisi eseguite da Legambiente (su campioni sempre più numerosi di prodotti ortofrutticoli) dicono che le mele sono tra i prodotti in cui è più facile rinvenire residui. Non solo in Trentino. La tendenza è quella alla diminuzione della percentuale di prodotti ortofrutticoli con residui oltre i limiti di legge ma all'aumento di quella di prodotti con presenza di residui di un numero crescente di molecole, sia pure ciascuna "nella norma".
Altrimenti la strategia dell'avvelenamento sostenibile basato sulla fissazione di limiti arbitrari. Dal momento che una molecola può amplificare gli effetti di un'altra e inibire meccanismi di detossificazione è evidente che c'è qualcosa da rivedere. La natura di distruttori endocrini, di agenti cancerogeni e mutageni di alcuni pesticidi fa si che l'azione biologica pericolosa per la salute possa essere scatenata a dosi bassissime. Per i cancerogeni (o sospetti tali) l'unico limite sicuro è ZERO. Ma è chiaro che le multinazionali della chimica e gli interessi intossicati dell'agricoltura industriale preferiscono la politica dei "limiti di legge". Dell' "avvelenamento sostenibile", per l'appunto.
Se si scorrono le relazioni annuali di Legambiente ("Pesticidi nel piatto") si osserva invariabilmente che le mele con più residui sono quelle di Bolzano e di Trento, dove si pratica la melicoltura più intensiva, più spinta. Il rapporto 2011 riferisce che in media in Italia il 46% delle mele analizzate presenta residui di più pesticidi. Il record è di Bolzano con l'88%, mentre in Trentino ci si attesta "solo" al 67%. In altre regioni alpine dove si coltivano mele le percentuali sono nettamente più basse e scendono al 38% in Piemonte e al 20% in Lombardia, Veneto e Valle d'Aosta. Peccato che le mele di queste regioni, di regola prodotte con meno trattamenti rispetto al Trentino siano schiacciate dalla concorrenza impari di Melinda. Il consumatore inconsapevole e acritico, condizionato dagli spot non chiede una mela, chiede un bollino. E quello entrato nell'immaginario collettivo è Melinda.
"Si consumano sempre meno pesticidi e aumenta la lotta integrata e biologica". O no?
Le affermazioni dell'establishment trentino sono facilmente smentite dai dati Istat sul consumo di "prodotti fitosanitari" che indicano in ben 1400 tonellate annue il consumo trentino di soli funghicidi utilizzati per mele, vigneti e per le fragole di S.Orsola che riproduce con i piccoli frutti il "modello Melinda". La serie storica disponibile indica un aumento dei funghicidi (anche negli ultimi anni) e una riduzione degli insetticidi nel 2008. In quell'anno è aumentato l'uso delle trappole per la cattura di insetti con la "confusione sessuale" (feromoni) nella lotta integrata determinando una riduzione dell'uso insetticidi. Poi basta. Non c'è stato alcun progresso della lotta "pulita" come decantato dai politici e dai tecnici loro dipendenti
Tabella 1 - Consumo di pesticidi (tonellate/anno) e utilizzo di trappole per la confusione sessuale in Trentino (Dati Istat)
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2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Funghicidi (t) |
1301 |
1263 |
1224 |
1181 |
1323 |
1410 |
1260 |
1336 |
1361 |
Insetticidi/acaricidi (t) |
798 |
885 |
747 |
826 |
857 |
553 |
579 |
497 |
566 |
Trappole confusione sessuale (n) |
951 |
16820 |
5035 |
20515 |
18596 |
31740 |
31501 |
30833 |
30229 |
L'immagine del Trentino felix, ecologico, solidale, buonista, virtuoso (costruita con i soldoni del marketing finanziato dai privilegi dell'autonomia speciale) è però smentita anche da altri dati. Dopo Bolzano è sempre Trento a detenere anno dopo anno il record di consumo di kg di pesticida per ettaro di SAU (superficie agricola utilizzata). Se la viticoltura e la melicultura fossero diventate più virtuose come si spiegherebbero questi numeri? Di fatto mentre in Italia il consumo di pesticidi cala in Trentino cresce.
Tabella 2 - Confronto tra il consumo di pesticidi per ettaro di SAU (superficie agricola utilizzata) in Italia e in provincia di Trento
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2003 |
2011 |
Trento |
24,5 |
31,4 |
Italia |
12,0 |
10,8 |
Ma i dati sbandierati dal presidentissimo e dai suoi sono poi così tranquillizzanti?
In una lettera pubblicata su L'Adige del 2 ottobre 2012 che è riportata integralmente anche su Ruralpini (vai all'articolo) il Dr. Cappelletti di ISDE Medici per l'ambiente (in servizio all'ospedale di Borgo Valsugana) ha messo in rilievo che l'ultimo studio sulla Val di Non, pur avendo preso in considerazione - a differenza di studi precedenti - le zone più esposte, non può considerarsi conclusivo perché non basato sull'esame della popolazione effettivamente esposta, individuata preliminarmente attraverso l'analisi della concentrazione di pesticidi nel sangue. Il Dr. Cappelletti aggiungeva:
"Però, al di là di tutto, il risultato dello studio della Val di Non, contiene molti elementi di preoccupazione contrariamente a quanto affermato e divulgato a mezzo stampa. Primo: si evidenzia un incremento (ancorché non statisticamente significativo) di tutti i tumori nelle donne nella zona ad alta densità di coltivazione delle mele (le donne essendo più stanziali sono un indice di inquinamento ambientale). Poi nella zona ad alta densità di meleti vi è un incremento dei tumori del sangue e sistema linfatico, dei tumori della tiroide, della vescica, del polmone e del fegato per le donne. Infine molti tumori (specie della mammella e prostata) compaiono in età più precoce nella zona ad alta densità. Questo avrà pur un significato. Non aver trovato un eccesso di aborti nella zona ad alta densità di coltivazione della mela non è poi così inatteso. Gli aborti sono stati descritti nelle donne che lavorano in serre dove lโassorbimento di pesticidi è massivo e questo non è il caso della val di Non. Invece un livello sotto soglia di pesticidi può aver favorito il vistoso incremento di malattie respiratorie e allergiche attraverso un noto meccanismo di regolazione epigenetica che interviene durante lo sviluppo ad opera di numerosi agenti chimici compresi i pesticidi".
Possibile che la lezione dell'Ilva non insegni nulla? Possibile che si debbano accumulare tanti casi di patologie e tanti morti per arrivare alla fatidica "soglia di significatività statistica"? Questi metodi non sono adeguati a un mondo in cui i rischi della nocività ambientale si moltiplicano e assumono nuove forme. Così si arriva troppo tardi a delle conclusioni "scientifiche". Ma è poi una scienza adeguata ai bisogni dell'uomo quella che ha dichiarato la centrale di Fukushima sicura, che non si è accorta della nocività dell'Ilva e dell'amianto?
Si continuano ad usare insetticidi molto pericolosi per la salute
Le analisi fatte eseguire dal Comitato per la salute della Val di Non (NON pesticidi) hanno messo in evidenza come nelle urine di bambini che abitano in situazioni di esposizione agli "spruzzi" si riscontrino livelli elevati di Clorpirinfos, un insetticida fosforganico altamente tossico (sia dal punto di vista della tossicità acuta che degli effetti dell'esposizione prolungata a basse concentrazioni). Chi vuole documentarsi su questo pesticida dal punto di vista medico può scaricare una recente esaustiva pubblicazione: R.Turci, E. Sturchio, J. Businaro, L. Casorri, M. Imbriani, C. Minoia (2011) Interferenti endocrini. Schede monografiche 6. Clorpirifos e clorpirifos-metile Ital Med Lav Erg 2011; 33:2, 149-184 (http://gimle.fsm.it/33/2/05.pdf )
Da essa si apprende come il Clorpirinfos può causare gravi problemi neurologici ma anche svariate patologie oncologiche: cancro al polmone, alla prostata, al colon, leucemia, tumori linfo-emopoietici, lingoma non Hodgin. Il Clorpirinfos è classificato "distruttore endocrino",interferisce a vari livelli con l'attività ormonale con pregiudizio della fertilità. Per non dimenticare il funghicida Captano, riconosciuto potenziale cancerogeno dall' Epa (Environment potection agency) americana che viene utilizzato, dulcis in fundo, in prossimità della maturazione dei frutti (vedasi i comunicati della Fondazione Mach ai frutticoltori per irrorare con il Captano: n° 39 del 24 luglio - n° 40 del 10 agosto - n° 41 del 20 agosto - n° 43 del 3 settembre 2012). Un ultimo tocco dopo decine di trattamenti. Non c'è da meravigliarsi poi se il Captano sia uno dei pesticidi che si rinvengono più frequentemente nei residui sulla frutta in vendita (in buona compagnia con il Clorpirinfos e altri).
Elementi a sufficienza per giustificare il principio di precauzione, come ha fatto il TAR di Trento (vedi articolo su Ruralpini) che ha respinto il risorso di melindacoltore (uno a caso, il presidente provinciale della Coldiretti Calliari) contro il regolamento a tutela della salute emanato dal comune di Malosco (in alta valle).
Un vicolo cieco
Contrariamente alle ciance di regime la melicoltura trentina non ha alcuna intenzione di passare al bio. Lo sostengono gli stessi dirigenti di Melinda. Nell'articolo de L'Adige del 18 dicembre (http://www.ladige.it/articoli/2012/12/18/mele-trentine-sinonimo-salute)il Direttore generale di Melinda ha anzi reiterato i suoi attacchi al biologico.
"Ma di là dalle discussioni contingenti, nel futuro della frutticoltura trentina ci sarà, per esempio, una progressiva conversione al metodo biologico?" si chiedeva l'articolista. "A questa domanda, Luca Granata , direttore generale di Melinda, ieri seduto fra il pubblico, ha risposto difendendo il modello attuale, «che si colloca all'avanguardia mondiale anche per impronta ecologica e tutela della salute dei consumatori: l'agricoltura biologica, per esempio, presenta il problema dei residui di rame e zolfoma non è tenuta a controlli finali sui frutti»".
Del resto prima delle ultime polemiche Michele Odorizzi presidente di Melinda in un comunicato del 29 marzo informava che "la produzione biologica riguarda attualmente lo 0,5% del totale e arriverà al 1,5% nel 2018". Una crescita vertiginosa. Vero Dellai?
Dal momento che la domanda di bio aumenta Melinda ha tutto l'interesse a screditare un metodo che non può applicare. Non lo può fare perché, perché ha impostato il sistema (forme di allevamento, portainnesti ecc., piani di concimazione) su una elevatissima resa per ettatro (700 q.li). Con queste rese la conversione è difficile. Va poi aggiunto che la monocoltura in Val di Non è totalizzante, invasiva, i meleti "chimici" si arrampicano sui versanti, circondano le case. Come è possibile per un produttore che volesse (magari preso da scrupoli di coscienza) passare al bio? Non può. È semlicemente assediato da altri che spruzzano. Diversa la situazione di altri comprensori melicoli meno "assatanati". Nel saluzzese le mele sono alternate e pesche e actinidia. In Valtellina i meleti sono concentrati in alcuni comuni ma le produzioni per ettaro sono meno della metà Non a caso i tecnici trentini stanno "suggerendo" ai valtellinesi a cambiare meleti, a fare come loro a "spingere". Lo dicono non certo disinteressati. Sanno che i valtellinesi (e gli altri comprensori melicoli) possono convertirsi al bio più facilmente e fare concorrenza a Melinda incrinandone la posizione egemone (basata sul bollino e dosi massive di pubblicità).
Conclusioni
Consumatori: mangiate le mele di casa vostra, non fatevi sedurre da Melinda e dalla sua pubblicità. Solo con una reazione dei consumatori i melindocrati saranno indotti a cambiare rotta. Melicoltori: rompete le scatole ai colleghi e ai vertici delle coop. Se vi convertite non fate solo qualcosa di cui vi ringrazieranno i vostri vicini di casa, gli apicoltori, i consumatori. Fate anche i vostri interessi. Se il consumatore capisce che è meglio Bio di Melinda avrete infatti anche le soddisfazioni del mercato. Con buona pace del Dr. Granata, di Dellai, di Calliari, di Schelfi, della Fondazione Mach e compagnia brutta.