(28.11.12) Di bio nel business sporco del biogas c'è solo l'hazard, il rischio biologico. La proliferazione dei digestori alimentati con substrati di varia provenienza rappresenta una bomba biologica
La co-digestione (biogas)
è un bioazzardo
di Michele Corti
La co-digestione di matrici organiche di ogni tipo, animali e vegetali, di Forsu e - come succede già in alcuni paesi - dei fanghi di depurazione delle acque luride pone gravi rischi di contaminazione, in primo luogo biologica, a carico dei terreni agricoli utilizzati per la produzione di alimenti per gli animali e per l'uomo
In Europa sulla scorta della Danimarca, che sin dal 1989 si è dotata di una normativa sugli scarti di natura organica e il loro uso per compost e digestione anaerobica, la Svezia, l'Austria, la Germania e la Gran Bretagna hanno adottato regole che impongono trattamenti di sanificazione dei substrati che alimentano i digestori nonché determinate caratteristiche agli impianti (dotati di pastorizzatori) e che introducono severi controlli microbiologici - mediante l'utilizzo di bioindicatori - su quanto destinato ad essere utilizzato come concime . L'Italia no. Come regola generale il digestato viene pastorizzato (70ºC per 1 h) ma sono ammesse anche combinazioni alternative di tempo e temperatura, ad esempio 55°C per 5,5 ore di digestione termofila. La normativa danese prevede i seguenti trattamenti considerati equivalenti a quello standard (70ºC per 1 h)
Tabella. Sanificazione equivalente a quella controllata a 70° C in 1 ora, come richiesto nella notifica no 823 del Ministero dell'Energia e Protezione Ambientale danese
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Digestione termofila (55°C) (>7 giorni di ritenzione idraulica) |
Digestione mesofila (38°C) (>14 giorni di ritenzione idraulica) |
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Temperatura |
Tempo minimo di permanenza nel digestore (ore) |
Tempo minimo di permanenza nel pastorizzatore prima o dopo la digestione (ore) |
Tempo minimo di permanenza nel pastorizzatore prima o dopo la digestione (ore) |
52 |
10 |
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53,5 |
8 |
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55,0 |
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5,5 |
7,5 |
60,0 |
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2,5 |
3,5 |
65,0 |
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1,0 |
1,5 |
Il giro di vite della Germania
Se è vero che la Germania è il paradiso del biogas (7.500 impianti) è anche vero che le preoccupazioni igieniche legate a questa proliferazione sono cresciute. Dal maggio 2012 l'Ordinanza sugli scarti organici tedesca (1998) è divenuta più severa. I digestati da digestione mesofila possono essere utilizzati come fertilizzanti solo se è stata applicato un trattamento di igienizzazione (pastorizzazione) pre e post digestione in una unità apposita dell'impianto con riscaldamento a 70°C per 1 ora.
Negli impianti a biogas termofili è sufficiente il trattamento termico nel biodigestore ma è necessario il controllo di organismi indicatori: Salmonella (patogeno umano), Plasmodiophora brassicae (patogeno vegetale), semi di pomodoro (resistenza dei semi delle infestanti). La verifica della sopravvivenza di questi organismi indicatori è necessaria per controllare il tempo di ritenzione minimo. Vi è poi l'uso della sospensione di spore di Bacillus globigii come tracciante biologico. In questo modo durante il processo vi è un diretto controllo del tempo di esposizione degli organismi di prova e può essere regolato il tempo di ritenzione adeguato per ogni singolo impianto. A quando in Italia?
Moltiplicazione dei rischi
L'approccio tedesco è sicuramente più prudente di quello italiano (qui gli esperti - evidentemente non disinteressati - sostengono che il biogas è a emissioni zero e a rischi zero) ma gli studi dicono che non basta nemmeno pastorizzare substrati e digestati, che i patogeni animali e vegetali, i semi delle malerbe possono sopravvivere. E diffondersi.
Quando ci vengono a raccontare che i liquami erano "meno sicuri" trascuramo un semplice fatto: i liquami potevano contenere una carica patogena ma essa ritornava sui campi dell'azienda o di aziende limitrofe (le botti non possono viaggiare a distanze superiori a pochi km sia per ragioni economiche che per prescrizioni normative). I digestati prima di tutto se ottenuti da processi di co-digestione possono presentare cariche anche superiori ai liquami come indicano le stesse ricerche de CRPA di Reggio Emilia (Veccia e Piccinini, 2011). Ma l'aspetto ancora più importante è che nei digestori finiscono scarti provenienti da macelli spesso siti in altre regioni che a loro volta ricevono animali da molte aziende. Finiscono anche scarti di industrie alimentari varie ottenuti da prodotti animali e vegetali che spesso, prima di arrivare alle centrali, subiscono processi di degradazione spinta. I digestati, in forza del ridotto contenuto di umidità, sono suscettibili di più agevole stoccaggio, manipolazione e trasporto e possono essere destinati ad aziende in un raggio molto più ampio di quello dei reflui zootecnici tal quali. Morale: aumentano le probabilità che in entrata ci siano substrati contaminati e, in uscita, quelle di contaminare una grande varietà di terreni agricoli. È proprio vero che la società della tarda modernità è la società del rischio. Rischio come presupposto di profitto, rischio negato, rischio gestito da esperti di parte coiinteressati al business con le agenzie governative a rimorchio.
Funghi, batteri, virus non sono inattivati completamente né dal trattamento di digestione anaerobia né dalla pastorizzazione
I virus sono in gran parte inattivati ma ve ne sono non pochi resistenti al calore. Tra questi gli adenovirus e il virus dell'epatite A (Gerba et al. 2001). Monteith et al. (1986) hanno verificato che gli enterovirus e i parvovirus bovini sono resistenti ai trattamenti anaerobi mesofili e che il trattamento termofilo aerobio è di gran lunga più sicuro di quello anaerobio per inattivare questi virus. Derbyshire et al. (1986) hanno evidenziato come il trattamento di digestione anaerobia distrugga solo maggior parte dei parvovirus suini.
Animali a rischio
Quanto ai batteri patogeni va innanzitutto osservato che nel corso delle manipolazioni post-digestione vi è un potenziale rischio di ricontaminazione e ricrescita batterica. Per questo i digestati, anche quando risultato di un processo di digestione di substrati pastorizzati non possono, a dir poco, essere considerati esenti da rischi. In Svezia dove al problema della biosicurezza dell'uso dei digestati sono state dedicati molti studi. Leena Sahlström (2003) concludeva il suo studio sulla letteratura allora disponibile in tema di sopravvivenza dei batteri patogeni alla digestione anaerobica sostenendo che: "È difficile stabilire i rischi per la biosicurezza associati all'uso dei digestati come fertilizzanti, ma questo rischio non può essere trascurato". Gli studi successivi hanno confermato l'esistenza di un rischio concreto. Rispetto ai batteri patogeni va innanzitutto osservato che nel corso delle manipolazioni post-digestione vi è un potenziale rischio di ricontaminazione e ricrescita batterica. I digestati, anche quando risultato di un processo di digestione di substrati pastorizzati non possono essere considerati esenti da Salmonella spp. o altri agenti patogeni (Bagge et al, 2005). Un problema ancora più serio e generale riguarda i batteri sporigeni (Clostridi, Bacilli) che, se presenti nei materiali organici in entrata sopravvivono anche alla pastorizzazione (Mitscherlich e Marth, 1984; Olsen e Larsen, 1987, Chauret et al 1999, Aitken et al 2005, Bagge et al. 2005).
Gli sporigeni possono costituire un problema igienico quando i digestati sono distribuiti su terreni seminativi e pascoli e possono causare diverse gravi malattie (come la gangrena gassosa, che a volte è mortale specie nei giovani bovini ed ovini che pascolano su determinate aree infette) e altre (Hang'ombe et al, 2000; Sternberg et al, 1999;. Wierup e Sandstedt, 1983). Tra gli sporigeni ve ne sono alcuni che non trovano condizioni molto favorevoli nel digestore (Clostridium chauvoei, che causa la già citata gangrena gassosa; altri, invece vi trovano condizioni ideali (Clostridium septicum e Clostridium sordelii)(Schnürer e Jarvis, 2009). È interessante mettere in evidenza che in Svezia, dove il rischio di gangrena gassosa è relativamente elevato, è stata vietata la fertilizzazione dei pascoli con i digestati anche se sottoposti a pastorizzazione. Ecco un primo esempio di precauzione.
Rischi (seri) ancora da accertare ma perché allora in certi casi si usano precauzioni?
L'infezione da C.septicum provoca edema e C. sordelli provoca infezioni delle ferite negli animali. Anche se durante la digestione anaerobica vi è una riduzione nel numero dei clostridi la probabilità di trovare organismi del genere Clostridium nel digestato è molto alta. Ciò perché molti sopravvivono comunque al processo e in parte perché l'intervallo tra un carico nel serbatoio di digestione e un altro non è sufficiente a consentire la loro eliminazione completa. Va tenuto presente che molte specie del genere Clostridium fanno parte della normale flora del digestore.
I batteri del genere Clostridium sono comuni nei reflui zootecnici e sono anche presenti in numero relativamente elevato nei terreni (Gyles e Thoen 1993, del Mar Gamboa et al 2005, Songer e Post 2005). Così è per le spore di Clostridium botulinum (che causa botulismo) e di Clostridium tetani (che provoca il tetano). Non è però ancora chiaro se una concimazione con il digestato possa provocare un aumento del rischio di malattie causate da questi microrganismi. Come è noto, però, il prof Böhnel ha messo in relazione l'aumento di casi di botulismo con la diffusione delle centrali a biogas in Germania (.
Alcuni tipi di clostridi, che possono essere presenti in rifiuti organici e nel processo di digestione anaerobica non sono, come già detto, organismi patogeni, ma sono nonostante ciò coinvolti nel dibattito sui rischi dell'utilizzo del digestato. Un esempio è quello del Clostridium tyrobutyricum, un microrganismo che pone problemi alla trasformazione casearia (Klinj et al 1995). Alte cariche di questo organismo nel terreno possono causare la contaminazione delle mammelle delle vacche o la contaminazione dei foraggi. L'organismo sopravvive nel tratto gastrointestinale della bovina e, attraverso le deiezioni, può contaminare le mammelle. Se questo organismo arriva a contaminare il latte e il formaggio causa problemi gravi, in parte perché sprigiona gas (produzione di grossi buchi nel formaggio) e in parte perché produce acido butirrico (conferendo un cattivo gusto). Secondo alcune indicazioni i foraggi (in particolar modo gli gli insilati) prodotti su terreni ripeturtamente fertilizzati con liquami contengono cariche più elevati di questo batterio (Rammer e Lingvall 1997, Johansson 2008). Esso, tuttavia è naturalmente presente nel terreno e non vi è finora alcuna indicazione certa che l'uso di digestato comporti un aumento di problemi di caseificazione. Anche in questo caso però, proprio a casa nostra, nell'area di produzione del Parmigiano Reggiano, le pressioni del Consorzio hanno fatto sì che non solo non si possano utilizzare digestati ma che lì non si siano nemmeno potute impiantare le centrali a biogas. Un secondo caso di applicazione del principio di precauzione che, come si vede, vale solo per alcuni e per alcune aree.
I funghi: rischi per la salute e per le colture agricole
Anche i funghi anche formare spore e possono sopravvivere alla fase di pastorizzazione (Schnürer e Schnürer 2006). Pochi sono i funghi pericolosi per l'uomo e quindi non rappresentano un grande rischio per la nostra salute. Tuttavia gli aerosol di spore fungine possono causare problemi come irritazione delle vie respiratorie e allergie se la quantità di spore fungine è alta intorno a un impianto di produzione di biogas o in connessione con la gestione dei rifiuti o del digestato (Bunger et al 2000).
I funghi fitopatogeni provenienti da colture infette, utilizzate come substrato, possono essere presenti nei digestori. Studi su diversi agenti patogeni delle piante comuni dimostrano che di solito i funghi possono essere uccisi molto rapidamente nel processo di produzione di biogas e che la frazione che sopravvive alla digestione anaerobica (nel caso di carico troppo frequente del digestore) può essere neutralizzata con uno stoccaggio di qualche giorno successivamente alla digestione (Zetterström 2008, Haraldsson 2008). Tuttavia, è difficile valutare appieno i rischi della diffusione di patogeni vegetali poiché diversi funghifitopatogeni sono difficili da coltivare in laboratorio.
Recentemente alcuni ricercatori tedeschi (Steinmöller et al. 2012) hanno verificato che un fungo patogeno della patata (Synchytrium endobioticum) l'agente eziologico della rogna nera (una malattia diffusa in Europa ma in via di regressione grazie a misure severe) è in grado di resistere con i suoi sporangi invernali a trattamenti termici drastici e quindi a sopravvivere alla digestione anaerobica termofila e alla pastorizzazione. Dal momento che gli scarti della produzione di patate sono una delle fonti molto abbondanbti e comuni di substrati per la produzione di biogas il rischio che grandi quantità di digestati destinati ai terreni agricoli possano determinare un ritorno di fiamma di questa fitopatologia è concreto.
Conclusioni
Scarti animali e vegetali di vario tipo e provenienza, Forsu, fanghi di depurazione variamente mescolati rappresentano un cocktail molto pericoloso ma la Ue frena su una normativa comune. Gli stessi esperti ritengono che si debba perseguire un certo livello di sicurezza ma ... senza esagerare. Colleman (2000) riconosce che: "il rischio di diffusione di agenti patogeni da una fattoria all'altra o da fanghi di depurazione di acque luride edei rifiuti solidi urbani ecc.ai terreni agricoli esiste e va prevenuto" (tanto da ritenere auspicabile quella normativa Ue che si aspetta ancora oggi) ma: "Tale regolamento o direttiva non dovrebbe essere così restrittive da frenare l'adozione del trattamento di digestione anaerobica per l'uso/riuso dei rifiuti organici, consentendo il ritorno alla terra dei nutrienti imorganici e la produzione di energia rinnovabile". Di fronte alle esigenze di sicurezza si mette davanti Kyoto, l'effetto serra, la sostituzione dei combustibili fossili con energia "pulita". Peccato che non sia così, come anche la comunità scientifica si sta accorgendo (sempre troppo tardi, sempre in ritardo, sempre quando chi doveva ottenere i suoi super-profitti li ha ottenuti). Si mettono sul piatto della bilancia vantaggi ambientali inesistenti (in realtà ci sono impatti negativi ben reali) e, dall'altra, si chiudono gli occhi sulla biosicurezza.
Se questa è la situazione in generale in Italia le cose vanno ancora peggio. Da un lato si continuano ad offrire incentivi superlusso, pari a tre volte quelli riconosciuti in Germania, dall'altro non si applicano le norme minime sui trattamenti di substrati e digestati applicati altrove in Europa. Così l'industria germanica ci rifila tecnologie che le nuove norme (più severe) rendono colà meno redditizie.
Nessuno dice queste cose? Noi le diciamo. E troveremo il modo di farle sapere ai politici giusto perché non dicano: "Ma tutti gli esperti ci hanno detto che il biogas è una meraviglia".
Bibliografia
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