(02.10.12) Si stanno moltiplicando le iniziative dei comitati contro i pesticidi. L'esempio della Val di Non dove un piccolo comitato per la salute ha osato sfidare il colosso Melinda, è stato contagioso e ha portato frutti (puliti)
Creiamo un Coordinamento
NO pesticidi
Nell'area alpino-padano-veneta i tempi sono
maturi per azioni comuni contro i pesticidi
di Michele Corti
Mentre torna in primo piano in Trentino la questione dell'impatto della monoMelindacoltura in Val di Non (vedi oltre la discussione sui nuovi risultati delle indagin dell'azienda sanitaria sull'incidenza uturale), la questione pesticidi e salute è diventata oggetto di iniziative non solo nella marca trevisana (le terre della monoProseccocoltura) ma, più di recente anche in Valpollicella e in un'altra famosa zona vitivinicola: la Franciacorta. Lo sviluppo di un movimento No pesticidi in aree come la Val di Non e la zona del Prosecco DOCG non è certo casuale. Il successo commerciale di Melinda e del Prosecco ha spinto in entrambi i casi allo sviluppo di una manocoltura intensiva sull'onda dell'aumento dei valori fondiari e della spinta di una filiera "vincente" ed espansiva. In Val di Non si arriva a 35 trattamenti all'anno mentre nella marca trevigiana sulle colline del Prosecco si usa ancora la barbarie del mezzo aereo (elicottero).
Perché il movimento è partito dalla Val di Non
Il successo di Melinda ha determinato un forte incremnento dei valori fondiari. Si cerca di coltivare Melinda ovunque e nel modo più intensivo possibile (700 q.li all'ettaro con 35 trattamenti). L'estensione dei vigneti fino in prossimità degli abitati la frequenza dei trattamenti e la non osservanza degli stessi regolamenti vigenti (es. trattamenti anche in giornate ventose a distanza minima dalle case) ha portato a situazioni di forte conflittualità con una parte dei residenti, almeno qualli più sensibili alla salute propria e dei propri figli. L'accertata presenza di residui di pesticidi nelle abitazioni, nei giardini delle stesse, nei campi giochi e nelle urine dei bambini (vai a vedere) ha portato alla organizzazione di raccolte di firme e assemblee sino alla costituzione in Val di Non del Comitato per il diritto alla salute (NOn pesticidi). Non è facile in quella valle dove l'economia locale dipende dalla filiera Melinda (la mela del bollino) pronunciarsi contro il sistema agricolo intensivo che ha trasformato la valle in un meleto (più del 25% del mercato italiano della mela è targato Melinda).
Val di Non. Un contesto difficile ma la tenacia di pochi ha prodotto risultati importanti
Eppure il Comitato, anche se sinora non ha ancora intrapreso azioni clamorose verso l'esterno e rimane ancora un po' ripiegato all'interno del locale, continua la sua azione sfidando le ire dei signori di Melinda sostenuti dalla Provincia (il cui braccio operativo agricolo, la Fondazione Mach, è l'ente preposto a fornire le indicazioni sui trattamenti) e dalla Coldiretti (il cui presidente provinciale, Calliari, è uno dei più grossi Melindacoltori). Il coraggio del Comitato ha però imposto all'attenzione di singoli e di amministrazioni il problema inducendo alcuni comuni dell'alta valle ad adottare regolamenti più restrittivi rispetto a quelli provinciali. Il comune di Malosco ha imposto limiti severi all'uso dei pesticidi (Il "Regolamento comunale per l'utilizzo di prodotti fitosanitari e la disciplina delle coltivazioni agricole", approvato con deliberazione n. 25 di data 17.11.2010). Calliari, residente a Malosco ha presentato un ricorso al TAR che si è rivelato un boomerang perchhé con sentenza depositata il 14 gennai ha sostanzialmente dato ragione al comune. Non solo ha stabilito un precedente che ha stimolato con forti argomentazioni lo sviluppo del movimento NO pesticidi. Il Tar di Trento ha motivato la sentenza richiamando il ruolo fondamentale dei comuni in tema di tutela della salute che non può essere considerata una materia qualsiasi ma un valore costituzionalmente protetto. Ne discende la legittimità dei comuni, anche in base al principio di precauzione e alle acquisizioni scientifiche circa il nesso tra pesticidi e patologia, di disporre norme più restrittive rispetto a quelle in vigore in ambito pià ampio (vai a vedere).
Nella manca trevigiana ... e oltre
I colli del Prosecco rappresetano un'altra frontiera calda del movimento contro i pesticidi. Qui si pratica ancora la barbarie dell'irrorazione con i mezzi aerei (elicotteri) e - sulla spinta del successo inarrestabile del Prosecco Docg - attraverso l'acquisizione di diritti di impianto si è estesa al massimo la superficie coltivata nelle zone più pregiate. Valori fondiari in impennata e mercato che tira, in barba alla crisi, non sono certo elementi dissuasivi rispetto a pratiche poco virtuose. Da anni il WWF locale (Alta Marca) guidato da Gianluigi Salvador si batte con esposti, petizioni, riunioni pubbliche contro l'uso massivo dei pesticidi sui colli. Quest'anno è nato il Comitato Colli puri "Collalbrigo Respira” in una frazione di Conegliano tra le più "immerse" nei vigneti. Lo scorso anno il disagio degli abitanti dei 'colli del Prosecco' in provincia di Treviso era scoppiato a Vidor un paese della zona pedemontana dope prima il sindaco, Albino Cordiali, poi anche il parroco, mons. Antoni Moretto hanno preso una posizione molto dura. Intanto Un comitato di cittadini della Pedemontana aveva raccolto migliaia di firme in calce ad una una petizione rivolta a sindaci, USL e ARPAV in cui si denuncia come:
"Non si possono aprire le finestre, non si possono stendere abiti lavati ad asciugare, non si può utilizzare il cortile o il giardino, non si può passeggiare liberamente sulle strade pubbliche a causa del forte odore. Sulle strade, capita sovente di essere letteralmente lavati dalle sostanze diffuse dall’elicottero o dagli atomizzatori. Temo che l’esposizione forzata e prolungata nel tempo a tali sostanze possa danneggiare seriamente la mia salute e quella dei miei familiari".
Nella zona del Prosecco sono state anche tenute diverse riunioni anche con la partecipazione di oncologi per discutere del nesso tra pesticidi e insorgenza di patologie neoplasiche. Nell'estate appena trascorsa a Collabrigo a luglio l'applicazione di pesticidi in una giornata ventosa aveva provocato l'irrorazione di alcuni bambini che giocavano ignari causando la richiesta di intervento del 113 da parte del Comitato. Sempre questa estate, ad agosto, il locale WWF ha raccolto 3.500 firma a sostegno di una richiesta di miglioramento del regolamento di polizia rurale approvato dai comuni ma giudicato ancora insufficiente a tutelare la salute. Anche nel comprensorio della Valpollicella, dove non sono mancati accesi incontri pubblici sul tema, è in atto una accesa discussione sul regolamento che dovrebbe stabilire norme più rigide a tutela della salute. Infine si è mossa la Franciacorta in Lombardia dove l'iniziativa del comitato Monte Alto ha creato un largo consenso di associazioni e liste civiche intorno al documento (riportato in fondo a questa pagina) che chiede nuove e più rigide norme. Il giorno 27 c.m. presso il Monastero di S.Pietro di Provaglio di terrà un convegno su L'impatto delle pratiche agro-inbdustriali su ambiente e salute. Viticoltura: come affrontare il problema (vedi programma)
Non solo melicoltura e viticoltura
Le coltivazioni legnose specializzate, con i loro numerosi trattamenti e la localizzazione in aree collinari densamente abitate, sono state sinora il bersaglio del movimento contro i pesticidi. Nato sulla base di un disagio sociale acuto, quello di gente che si vede aggredita tra le proprie mura domestiche, negli spazi dove giocano i bambini, che deve tapparsi in casa in piena estate per non subire irritazioni a occhi e prime vie respiratorie, nausea e altri malesseri. Sono dati che prescindono dagli studi epidemiologici, dai complessi meccanismi biologici attraverso i quali le molecole dei princi attivi contenuti nei prodotti "fitoiatrici" agiscono sul biochimismo degli organismi viventi. La gente si è mossa è ha detto NO di fronte a dati immediati. Poi, con la diffusione di informazioni mediche è arrivata anche l'ansia per le possibili più subdole e più gravi conseguenze per la salute. Queste ultime riguardano anche chi non abita nelle "zone calde". L'uso di pesticidi per ettaro di superficie coltivata è molto minore nel caso di colture come il mais ma esse riguardano buona parte delle superfici agricole della pianura padano.-veneta e una quantità di pesticidi nel compleso superiore. Sinora la reazione a questo problema "diffuso" non c'è ancora stata. Avrebbe potuto svilupparsi negli anni '80-'90 quando moltissimi pozzi utilizzati per alimentare gli acquedotti comunali dovettero essere chiusi a causa dell'atrazina, il diserbante riconosciuto come distruttore endocrino messo fuori legge nel 1992 ma ancora oggi presente quale contaminante delle acque. Ma i tempi non erano maturi, c'era meno consapevolezza dei rischi sanitari da inquinamento, le comunità rurali non erano ancora pronte per diventare protagoniste di movimenti sociali come quelli che oggi stanno nascenso contro il biogas, le biomasse, i pesticidi. Oggi, però, qualcosa comuncia a muoversi. Ed è per un effetto a catena. Nel Trevigiano dove l'opinione pubblica è stata sensibilizzata al problena dei pesticidi sui colli ci si "accorge" che anche la monocoltura maidicola della pianura comporta un grande uso di pesticidi. Una "scoperta" legata all'introduzione - a fianco dei trattamenti erbicidi - del nuovo e appariscente (le trattrici che portano le barre irroranti devono usare i "trampoli") uso degli insetticidi. Divenuto "necessario! (ma basterebbe praticare le rotazioni) per compattere un terribile "pest": la Diabrotica del mais importata dall'America. Pare che si sia dimenticati dell'atrazina che - a parte i casi di uso illegale - è stata sostituita da altri prodotti attivi (in parte simili).
Il no ai pesticidi deve prevedere gradualità ma deve essere generalizzato
La vicenda atrazina ha insegnato che "morto un pesticida se ne fa un altro". Le multinazionali hanno peraltro tutto l'interesse, una volta scaduti i brevetti, a far uscire di scena i vecchi principi attivi per sostituirli con "nuovi". Questi ultimi sono spesso molto simili e la loro pericolosità non tarda ad essere evidenziata. Di norma, però, troppo tardi, quando gli ecosistemi acquatici e terrestri e l'uomo hanno già fatto le cavie. È il criterio stesso di gestione del rischio pesticidi che porta a un effetto fuorviante. Innanzitutto si deve dimostrare che quel determinato pesticida provoca secondo un ben determinato meccanismo danni dimostrabili con dati alla mano suffragati da test statistici. Per accumulare dati (sia di laboratorio che di studi di tossicologia ambientale che di epidemiologia medica) ci vuole tempo. La necessità di individuare il colpevole e di condannarlo in appello si scontra con la natura dei meccanismi biologici che fa si che esista un "effetto cocktail" legato all'effetto congiunto di più pesticidi e che i meccanismi di azione siano spesso molteplici. In uno studio di Lucia Miligi dell' Unità Operativa di Epidemiologia ambientale e occupazionale, ISPO Istituto per lo studio e la Prevenzione Oncologica, Firenze (vai a vedere) si mette poi in evidenza un altro aspetto fondamentale che limita la capacità di individuare i "colpevoli" in tempi rapidi (tale da evitare che mietano vittime):
"Uno dei punti cruciali degli studi epidemiologici su tumori e pesticidi rimane la definizione dell’esposizione, data la difficoltà a studiare situazioni in cui l’esposizione è molto complessa e conseguentemente a individuare associazioni con specifiche sostanze.
Per queste ragioni ogni approccio che eviti di considerare il problema pesticidi come un fatto unico è destinato ad essere poco efficace. Si devono mettere al bando tutti i pesticidi. Ovviamente con gradualità e partendo dalle situazioni più sensibili. Ma la prospettiva deve essere la generalizzazione del metodo "biologico" quale standard minimo.
In Trentino i pesticidi sono innocui?
Presentando qualche giorno fa a Cles in Val di Non un nuovo studio dell'Azienda sanitaria provinvciale l'assessore trentino alla sanità Ugo Rossi riferiva che.
"Lo studio condotto dall'Azienda sanitaria mostra che in valle di Non non esiste una correlazione statisticamente significativa fra la presenza di meleti sul territorio, ed il relativo uso di fitofarmaci per la loro coltivazione, e le patologie che solitamente ad essi vengono associate, come i tumori. Sul piano sanitario le condizioni della popolazione sono pressoché identiche a quelle del resto del Trentino".
Tutti tranquilli allora? In molti non lo sono. Sia sulla base delle considerazioni sopra esposte circa la difficoltà a dimostrare a livello epidemiologico correlazioni tra uso dei pesticidi e incidenza tumorale in determinate aree che su quelle acquisizioni scientifiche (non a caso prese in seria considerazione dal TAR di Trento) che dimostrano che i pesticidi contribuiscono a provocare il cancro. Una tabella tratta da uno studio recente può essere a tal fine eloquente.
Tabella. Relazione tra esposizione a pesticidi e cancro sulla base di una recente rassegna
Tipo di cancro |
N. Studi reperiti |
Studi considerati |
Risultati in sintesi |
Polmone |
4 |
4 |
2 su 4 correlazione positiva |
Mammella |
12 |
6 |
5/6 positiva 1 negativa |
Pancreas |
3 |
3 |
Tutti positiva |
Linfoma non Hodgkin |
32 |
27 |
23 su 27 positiva |
Leucemia |
23 |
16 |
14 su 16 positiva |
Cervello |
11 |
11 |
Tutti positiva |
Prostata |
10 |
8 |
Tutti positiva |
Stomaco |
1 |
1 |
positiva |
Ovario |
1 |
1 |
Non trovata correlazione |
Rene |
7 |
6 |
Tutti positiva |
Fonte: K.L. Bassil, C. Vakil M. Sanborn D.C. Cole J.S. Kaur K.J. Ker (2007) Cancer health effects of pesticides Systematic review Canadian Family Physician October 2007 vol. 53 no. 10 1704-1711
Altri argomenti li porta l'amico Roberto Cappelletti con una lettera (che rpiportiamo integralmente) pubblicata su L'Adige (pagg 1-2) del 2 ottobre 2012 in cui mette in evidenza che, all'occhio del medico - specie se esperto di queste tematiche - i risultati dell'indagine dell'azienda sanitaria non sono affatto tranquillizzanti. Dalle denunce, però, bisogna passare ai fatti. È importante che il dibattito si allarghi e che le situazioni che hanno dato il via al movimento creino una rete. Un prossimo incontro in Trentino di tutte le realtà che si stanno mettendo in movimento pare quanto mai opportuno.
Solo in Trentino non fanno male i pesticidi
di ROBERTO CAPPELLETTI (Medico per l’Ambiente ISDE)
Credo che lo studio sui pesticidi in val di Non sia stato male interpretato e che il risultato non sia così tranquillizzante come si è voluto far credere. Dalle dichiarazioni delle autorità sanitarie, il Trentino appare come l’unica regione in Europa e nel mondo dove si afferma che non ci sono preoccupazioni per l’uso dei pesticidi in agricoltura.
E questo mentre l’Europa ha imboccato con decisione la strada di una riduzione dell’uso dei pesticidi: con la direttiva n. 128 del 2009, la Comunità Europea istruisce gli stati membri ad adottare politiche volte a «realizzare un uso sostenibile dei pesticidi riducendone i rischi e gli impatti sulla salute umana e sull’ambiente». Non solo! Esistono ingenti fondi che la Comunità Europea destina per convertire le aree agricole al biologico. L’Unione Europea con le Misure Europee Agroambientali e di Benessere Animale ha stanziato, per il periodo 2007-2013, circa 50.000 milioni di € . La preoccupazione è che vengano aperti dagli Enti territoriali bandi per fittizie «riduzioni dei Pesticidi» (denominata impropriamente «Agricoltura Integrata»), erogando pagamenti illegittimi a chi in realtà non attua nessuna riduzione effettiva della quantità di pesticidi impiegata. In provincia di Trento si afferma di applicare la «lotta integrata», ma, a quanto ci risulta, vi è addirittura un trend di crescita nella quantità di pesticidi impiegati.
In ogni caso non vi è dubbio che i pesticidi (o fitofarmaci come eufemisticamente si vuole chiamarli) siano nocivi per la salute umana e dell’ambiente: prestigiose Associazioni mediche come la American Medical Association raccomandano la riduzione dell’esposizione ai pesticidi e la ricerca di alternative più salutari. Esiste una letteratura medica molto esaustiva che indica come molti, fra i circa mille principi attivi di pesticidi, siano classificati come cancerogeni della classe 2 a e b della IARC (possibili o probabili cancerogeni), si comportino come interferenti endocrini producendo soprattutto danni al sistema riproduttivo maschile (oligospermia), alterino perfino lo sviluppo cerebrale, provochino il diabete, predisposizioni allergiche, malformazioni fetali etc.
Quello che non è chiaro è solo l’entità dell’impatto sulla salute collettiva. Il risultato dello studio epidemiologico «ecologico» in val di Non è ben lungi dall’essere conclusivo. Questo studio è stato chiesto proprio dalle associazioni, poiché in val di Non, diversamente dal sentire comune, i dati provinciali del registro tumori non mostravano differenze con la media provinciale. Si è pertanto chiesto di differenziare i comuni ad alto uso di pesticidi con quelli a basso uso.
Bisogna considerare però che, anche questo tipo di studio, seppur più raffinato della semplice media comprensoriale, è alquanto grossolano perché nella zona ad alta densità di meleti vi sono molte persone che non sono propriamente esposte e nella zona a bassa densità di meleti viceversa vi sono persone esposte. Per spiegare meglio l’importanza di questo fatto che tecnicamente prende il nome di «diluizione del rischio», voglio citare l’esempio della diossina. Inizialmente gli studi epidemiologici fra i lavoratori esposti, specie fra chi usava certi erbicidi che sono contaminati da diossina (Agent Orange), davano risultati contradditori per cui non era possibile classificare la diossina un cancerogeno per l’uomo (mentre lo era sicuramente per gli animali). La situazione si è chiarita solo quando è divenuta disponibile una determinazione analitica del livello di diossina nel sangue; si è potuto così dimostrare come persone che si credevano esposte in realtà non lo erano
affatto e «diluivano il rischio» negli studi caso controllo. Solo con le analisi del sangue è stato possibile correlare con precisione gli esposti con le malattie specie il cancro. La diossina è stata quindi catalogata come cancerogeno appartenente alla prima classe dalla IARC (International Agency for Research on Cancer).
Questo esempio ci fa capire quanto sia importante determinare con certezza gli esposti. Idealmente uno studio sui pesticidi dovrebbe comprendere l’analisi dei pesticidi nel sangue, o una individuazione più puntuale degli esposti. Però, al di là di tutto, il risultato dello studio della Val di Non, contiene molti elementi di preoccupazione contrariamente a quanto affermato e divulgato a mezzo stampa.
Primo: si evidenzia un incremento (ancorché non statisticamente significativo)di tutti i tumori nelle donne nella zona ad alta densità di coltivazione delle mele (le donne essendo più stanziali sono un indice di inquinamento ambientale). Poi nella zona ad alta densità di meleti vi è un incremento dei tumori del sangue e sistema linfatico, dei tumori della tiroide, della vescica, del polmone e del fegato per le donne. Infine molti tumori (specie della mammella e prostata) compaiono in età più precoce nella zona ad alta densità. Questo avrà pur un significato. Non aver trovato un eccesso di aborti nella zona ad alta densità di coltivazione della mela non è poi così inatteso. Gli aborti sono stati descritti nelle donne che lavorano in serre dove l’assorbimento di pesticidi è massivo e questo non è il caso della val di Non. Invece un livello sotto soglia di pesticidi può aver favorito il vistoso incremento di malattie respiratorie e allergiche attraverso un noto meccanismo di regolazione epigenetica che interviene durante lo sviluppo ad opera di numerosi agenti chimici compresi i pesticidi.
In conclusione questo studio epidemiologico ecologico della val di Non, non tranquillizza affatto sull’uso di pesticidi. Sono necessari ulteriori studi, ad esempio sul livello ematico di pesticidi nei malati tumorali della val di Non, studi prospettici dove si evidenziano gli esposti in base a determinazioni analitiche, lo studio sulle infertilità maschili, sul diabete, lo studio sulla traslocazione 14:18 dei linfociti etc..
Nel frattempo, si suggerisce come misura urgente, immediatamente attuabile, in applicazione al principio di precauzione (e al senso civile), di porre in atto tutte le cautele sullo spargimento di queste sostanze e in particolare di applicare limiti di distanza adeguati (almeno 50 m.) dalle abitazioni e luoghi pubblici. E se il Trentino vuole continuare stare in Europa, non può esimersi dall’applicare politiche serie di lungo respiro volte alla riduzione dell’uso dei pesticidi.
DOCUMENTO UNITARIO DI ASSOCIAZIONI, COMITATI E LISTE CIVICHE SULL’USO DI PESTICIDI NELLA ZONA DI PRODUZIONE DEL FRANCIACORTA
Noi sottoscritte associazioni, comitati di cittadini e liste civiche della Franciacorta intendiamo prendere la parola tramite questo documento riguardo all’importante questione dei pesticidi e dei prodotti chimici usati in viticultura e, più in generale, nell’agricoltura franciacortina.
Siamo consapevoli del fatto che il Consorzio per la Tutela del Franciacorta, l’ASL, l’ARPA e le Amministrazioni Comunali, stiano lavorando da mesi a un “regolamento” che stabilisca precisi criteri per l’uso di questi prodotti e riduca la loro azione dannosa sull’ambiente e sulla salute dei cittadini.
Siamo però sorpresi dalla superficialità che ha portato a ignorare l’importante contributo che i firmatari di questo documento avrebbero potuto fornire e delusi dai contenuti finora trapelati i quali, a nostro parere, non incidono se non marginalmente sui rischi legati all’uso dei pesticidi nella “moderna” agricoltura.
Per questo intendiamo rendere pubbliche alcune nostre proposte sul tema e chiedere alle Amministrazioni comunali e al Consorzio di inserirle nel futuro regolamento come per altro già avviene in altri territori viticoli “concorrenti” in Italia e in Europa:
1. divieto di utilizzo dei pesticidi molto tossici (simbolo di pericolo: teschio su due tibie, categoria T+), tossici (simbolo di pericolo: teschio su due tibie, categoria T) e nocivi (simbolo di pericolo: croce di sant’Andrea, categoria 3 Xn cancerogeni e mutageni) su tutto il territorio dei 20 Comuni franciacortini, intendendo il divieto valido per tutte le colture e non solo per i vigneti;
2. abolizione di ogni tipo di diserbante, in particolare di quelli usati per eliminare l’erba sotto pianta. Contestualmente passare all’inerbimento totale, anche al fine di evitare il dilavamento e l’erosione dei terreni, concausa di molti smottamenti e alcuni allagamenti.
3. regolamentazione rigida degli orari di irrorazione per i vigneti posti a meno di 50 metri dalle aree sensibili (scuole, asili, oratori, case di cura o ambulatori…) e di confine, evitando i trattamenti nelle ore di apertura e di presenza dell’utenza o, nel caso di presenza per 24 h, concordando con la direzione degli istituti stessi il momento migliore per l’irrorazione;
4. manutenzione e ripristino delle ripe attraverso la piantumazione di specie arboree autoctone al fine di riattivare la biodiversità e limitare la deriva dei pesticidi;
Pur consapevoli della complessità del tema riteniamo queste proposte coerenti con il PRINCIPIO DI PRECAUZIONE sancito dal Trattato Europeo all’articolo 174 comma 2, ratificato dal D.Lgs.152/06 e confermato da diverse sentenze dei TAR in Italia, in base al quale si fa obbligo alle Amministrazioni di intervenire “in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l’ambiente”.
Questo principio è stato applicato riguardo all’uso dei fitofarmaci dal comune di Malosco (TN) e legittimato dal Tar di quella regione con sentenza datata 14 gennaio 2012.
PROMOTORI DEL DOCUMENTO:
Legambiente Franciacorta, Legambiente Basso Sebino, RAB-Rete antinocività Bresciana, Legambiente Circolo Ilaria Alpi – Erbusco, Comitato per la tutela ambientale di Villa Pedergnano – Erbusco, Associazione Monte Alto – Corte Franca, Lista civica Terra! – Corte Franca , Comitato Salute e Ambiente di Passirano, Lista Civica Comunità Solidale – Passirano , Comitato No centrale a biomasse – Rodengo Saiano, Comitato Cittadini di Fantecolo – Provaglio, Associazione La Schiribilla – Iseo, Idea civica – Adro, Lista civica CambiAmo Cologne – Cologne, Lista civica Coccaglio Viva – Coccaglio, Gruppo Presenza Locale – Cazzago San Martino, La Tua Civica – Cazzago San Martino, Centro Sociale 28 maggio – Rovato, Consigliere Comunale Gruppo Misto – Capriolo, InterGas Franciacorta (Gas Iseo, Gas Ome, Gas Provaglio, Gas Caracol, di-wan.org ADERISCE ALL’APPELLO ISDE, Associazione Medici per l’Ambiente di Brescia
Corte Franca 5 settembre 2012
L’indirizzo e-mail per contattare i promotori del presente appello è il seguente: fitofarmaci.franciacorta@gmail.com