(06.10.13)
Le
perforazioni,
lo
sconvolgimento
delle valli,
gli espropri
causati dalla
TAV (non solo
in val di
Susa) hanno
suscitato una
resistenza
popolare molto
forte che si
cerca di
piegare
facendo salire
la tensione e
attribuendo al
movimento dei
collegamenti
con i
terrorismo
La TAV è violenza contro le valli
di Michele Corti
I
proiettili
recapitati ai
sindacalisti
favorevoli al
"Terzo valico"
tra Tortona e
Genova e la
bomba al
giornalista
della
"busiarda" a
Torino sono
stati
smaccatamente
giocati per
insinuare un
collegamento
tra movimento
e terrorismo.
Un'operazione
che vede
protagonista
lo stesso
Napolitano e
cerca di
ribaltare la
realtà delle
cose grazie al
ruolo dei
media. In
realtà è il
regime che per
realizzare
opere che
servono solo a
finanziare i
partiti,
alcune
imprese, le
banche, le
mafie non
esita a
militarizzare
una valle per
imporre
aggressione
alla montagna
e al
territorio,
espropri e un
acuto disagio
sociale
I
media dei
gruppi
finanziari e
bancari che
partecipano
alla torta (o
comunque alle
torte di regime)
e il "servizio
pubblico"
radiotelevisivo
hanno
veicolato
un'immagine
del movimento
No TAV fatta
di lanciatori
di pietre o di
bombe carta.
Nascondendo
una realtà
fatta di
manifestazioni
pacifiche, di
una
mobilitazione
di popolo, di
over 50, di
ragazzi (i non
molti che ci
sono in
montagna). L'esasperazione
di chi si vede
espropriato
dei propri campi,
quelli che per
lui
rappresentano
la vita, di
chi deve fare
la vendemmia
controllato
dall'esercito
(vedi foto
sotto) può
portare
comprensibilmente
anche
l'anziano a
tirare le
pietre. Ma i
gesti di
rabbia, le
azioni di
forza popolari
non hanno
nulla a che
vedere con gli
attentati e,
ben che meno,
con atti vili
come il pacco
bomba
recapitato
alla redazione
de la
Stampa.
Il movimento
agisce alla
luce del sole.
Recentemente
si sono messe
di mezzo anche
le BR per dare
una mano. Con
appelli
farneticanti
ma prontamente
respinti al
mittente. E il
PD, partito
che in
Piemonte e il
Liguria è il
principale
sponsor della
TAV rispolvera
con Fassino (esponente
di un
centralismo
affaristico
che calpesta
autonomie e
identità dei
territori
"soggetti" in
stile sabaudo)
le memorie
degli anni di
piombo.
Opere dannose ed inutili
Con
tutti gli
sforzi dei
partiti e dei
pennivendoli
dimostrare che
la TAV serve
al Pienmonte e
all'Italia è
sempre più
dura e la
prospettiva di
aver
dilapidato
ingenti
risorse per
progetti,
cantieri,
repressione si
allunga su
Fassino &
C. Per il
governo
Francese la
Lione-Torino
non è più una
priorità. Se
ne parlerà
dopo il 2040.
Il rapporto
che ha
definito le
priorità vere
(dei prossimi
vent'anni) parla di saturazione della tratta nel 2035. Marco Piano, del
Politecnico di
Milano
considerato
uno dei
massimi
esperti di
trasporti
sostiene che
la saturazione
non arriverà
mai. E
parliamo della
linea
esistente, non
di una linea
potenziata e
modernizzata.
Mentre le
prospettive
della
"ricrescita"
sfumano, la
circolazione
di
tonnellaggio
tende a
diminuire (in
forza di una
almeno
parziale
smaterializzazione
dell'economia)
e il modello
di trasporto
si orienta su
criteri
reticolari che
non
privilegiano
più i grandi
assi, agli
sprovveduti si
racconta che
con queste
opere
devastatrici
si risparmia
CO2 e si
sposta il
traffico dalla
gomma al
ferro. Peccato
che la stessa
politica dei
governi che
vogliono la
TAV non sia
affatto
orientata a
bastonare la
gomma. Botte
piena e moglie
ubriaca: si
fanno contenti
i cementieri e
le imprese di
ingegneria
civile ma non
si osa toccare
l'industria
automobilistica
e petrolifera.
Le banche si
fanno contente
sempre.
È così per
tutto: si
fanno contente
le lobby verdi
ma intanto si
incentivano
aggressioni al
verde. Finché
i sudditi si
lasciano
spremere la
maggior parte
del prodotto
della società
a favore dei
satrapi andrà
avanti così.
Il
Terzo valico.
Una TAV più
piccola ma ancor
più inutile
Ma della
Lione-Torino
si parla
molto. Pochi
parlano del
Terzo Valico,
ovvero della
tratta
Genova-Tortona
quasi tutta in
galleria che
farebbe
risparmiare
15' da Milano
a Genova e
consentirebbe
a milioni di
container di
viaggiare a
gran velocità.
Questa linea
TAV è sempre
stata
considerata
inutile da
tutti (a
cominciare dai
vertici delle
ferrovie).
Essa
venne, in
tempi
ormai,
lontani decisa
dalla
partitocrazia
di allora
(c'era
Craxi)
per
accontentare i
soggetti
(imprese,
banche) che
erano rimaste
a bocca
asciutta dalla
altre tratte
TAV. Ci sono
già sei linee
ferroviarie
che valicano
l'Appennino
verso Genova e
sono
utilizzate al
30%. Le linee
attuali
possono
smaltire un
forte aumento
di container,
ancora di più
se venissero
ammodernate.
Va poi
considerato
che non si
vede per quale
ragione non
sfruttare
altri sistemi
porti-valichi
(Savona, La
Spezia). In particolare bsarebbe possibile collegare
i porti liguri al Brennero tramite la pontremolese, il raddoppio della è quasi
terminato e non richiede di 27 km di galleria come per il terzo
valico.
Evidentemente scavare le
montagne e
utilizzare
grandi colate
di cemento è
utile... per
il capitalismo
parassitario e
mafioso.
Intanto i
costi sono
lievitati alle
stelle
rispetto a
progetti e
preventivi
forzatamente
ottimistici.
Siamo a 6,2
miliardi di
euro.
Anche nelle
valli liguri
(e in parte
piemontesi)
afflitte dalla
TAV Terzo
Valico, dove è
in atto la
resistenza
agli espropri,
gli impatti
ambientali
saranno
immensi.
Milioni di
metri cubi di
roccia da
movimentare e
da destinare a
siti in
parecchi
comuni.
Materiale dove
le analisi
hanno detto
che c'è
amianto in
quantità oltre
i limiti di
sicurezza.
A parte - si
fa per dire -
l'amianto e le
sorgenti
prosciugate i
cantieri delle
numerose
gallerie di
servizio
creeranno per
vent'anni
sconvolgimenti
a non finire
con un disagio
sociale
inevitabile e
non
compensato. E
se l'opera
sciagurata
dovesse mai
essere
realizzata nei
tratti fuori
galleria, dato
che le
valli sono già
intasate di
strutture
viarie,
industriali,
commerciali,
sarebbe
costratta a
snodarsi entro
corridoi ad
elevata
sensibilità
ambientale in
un territorio
stravolto e
segmentato.
L'immagine del movimento
Se le ragioni del movimento di popolo come quello NO TAV della Val di Susa sono sacrosante, e non può esserne messa in discussione la natura di massa e pacifica, va però rilevato che non si è fatto abbastanza per evitare che l'immagine che si è diffusa all'esterno sia quella di un movimento "muscolare". Ai media di regime una mano la danno alcuni dei supporter del movimento che, forse senza sapere nemmeno dov'è la val di Susa o cosa sia la TAV brandiscono bandiere e scandiscono slogan "valsususini". Tra i "NO TAV" ex situ vi sono quelli che riconoscono, giustamente, nel conflitto sulla TAV in val di Susa (ma anche in val Scrivia e, in prospettiva, in alta val d'Adige) un modello di aggressione ai territori, di economia dell'inutile e del dannoso. Un modello che implica esproprio di capacità di decisione e programmazione del territorio da parte degli enti locali, applicazione di massicce dosi di manipolazione dell'informazione ed opacità dei procedimenti amministrativi. Un modello che si ritrova in tanti aspetti della politica di business sul trattamento e smaltimento rifiuti e di produzione di energia "rinnovabili" (eolico, biomasse). Molti NO TAV, però, sono affascinati dalla retorica (e dall'estetica) della "lotta" più che dal contenuto sociale del conflitto. Ma come insegna la storia dei movimenti da mezzo secolo in qua quando altre considerazioni (in primis ideologiche) prendono il sopravvento sui contenuti del conflitto i movimenti sono facilmente manipolati o riassorbiti dal sistema (specie quando gli stumenti idologici sono ferrivecchi che le classi dominanti hanno straimparato ad utilizzare a proprio vantaggio).
Un
ruolo del No
Tav nel più
complessivo
movimento
Trasporti, energia, rifiuti, aria, terra, cibo ed acqua puliti sono temi strettamente interconnessi. È in gioco un nuovo approccio del capitalismo speculativo al territorio, un approccio aggressivo e totalizzante mirante ad un controllo pervasivo per lo sfruttamento di tutte le risorse (suolo, sottosuolo, acque, risorse biologiche) eliminando ogni capacità di auto organizzazione di gestione partecipata delle risorse. A questo disegno deve opporsi un lucido programma di ecologia sociale capace di riconoscere le novità del conflitto, non arroccato su vecchi schemi ideologici e non subalterno alle influenze dell'ambientalismo e della sinistra borghese (come invece rischiano di essere le componenti solo "esteticamente" e "nostalgicamente" radicali.
Il movimento NO TAV (quello della Val di Susa e contro il Terzo Valico) per la sua durata e ampiezza può svolgere un ruolo di coagulo. Sempre che si faccia chiarezza su certe ambiguità del "notavismo" fuori dalle valli. Un "notavismo" che se rettamente ispirato avrebbe ovunque temi concreti su cui applicarsi (autostrade inutili, stoccaggi gas, biomasse, inceneritori, discariche, rifiuti nei cementifici, pesticidi).