(08.02.12) La campagna in difesa delle provincie è battaglia di retroguardia. Ma può trasformarsi in una battaglia per l'autonomia dei territori e della montagna
di Michele Corti
Le provincie di montagna come Belluno, Sondrio, Verbania temono di vedere annullati i già ridotti margini di autonomia come conseguenza della cancellazione delle provincie. Ma la montagna (a maggior ragione quella dei territori con il capoluogo in pianura) può riconquistare un grado di autonomia perduto da secoli nella ridefinizione dell'architettura istituzionale
Le provincie rappresentano una eredità dall'assetto statale pre-esistente alla istituzione delle regioni, corrispondente ad una architettura istituzionale consolidatasi nel corso del XIX secolo. Dopo quarant'anni di vita delle regioni queste ultime hanno confermato, sia pure tra mille lentezze e contraddizioni, l'importanza del loro ruolo. Quest'ultimo si conferma un punto di riferimento chiave dell'organizzazione istituzionale e della rappresentanza territoriale specie di fronte allo svuotamento progressivo del livello statale sempre più in contraddizione con il super-stato europeo. La crisi finanziaria dello stato spinge a soluzioni che l'inerzia delle politica avrebber forse ritardato ancora per decenni. Comuni, provincie. comunità montane sono messe in discussione. Spesso, però, in modo improprio ovvero gettando il bambino con l'acqua sporca, confondendo i costi di macchine politico-amministrative pletoriche con l'esigenza di una "democrazia territoriale" che esige che le comunità piccole e grandi possano esprimere la loro individualità e rappresentare i loro interessi senza subire il sopruso della "dittatura della maggioranza" o delle burotecnocrazie espressione dei poteri forti.
Le provincie di montagna: Sondrio, Belluno, Verbania, di fronte alla prospettiva della cancellazione manifestano un disagio particolare che deriva dal senso di perdita di quella minima autonomia garantita dall'istituzione provincia. Si tratta, per la verità, di un'autonomia estremamente limitata in ragione delle ridotte competenze delle provincie. L'esistenza delle provincie non garantisce la presenza di un rappresentante del territorio nelle assemblee legislative regionali. Nonostante questo sarebbe ingiusto non registrare un certo dinamismo da parte delle provincie alpine che hanno teso negli ultimi anni a coordinarsi tra loro sviluppando un'azione rivendicativa nei confronti delle rispettive regioni. Un'azione cui non sono estranei i movimenti micro-secessionistici che premono per il passaggio di singoli comuni o gruppi di comuni alle privilegiate provincie limitrofe di Trento e di Bolzano.
Sindacalisti della montagna
Un certo ruolo di "sindacalisti della montagna" gli organi istituzionali delle provincie alpine lo hanno giocato anche al di fuori del confronto con le regioni. Un esempio è costituito dall'impegno della provincia di Sondrio nel rinegoziaziare la materia dello sfruttamento idrico, la forma più appariscente del colonialismo delle città e della pianuranei confronti della montagna. Questo ruolo "sindacale", però, non esige certo il mantenimento di una pesante macchina come quella delle provincie. Come prima cosa bisognerebbe ripensare il nesso tra macchina amministrativa e forme di rappresentanza territoriale (dotate di pesanti strutture permanenti). Quello che conta è l'efficacia sia della macchina amministrativa. siadella. rappresentanza politica.
In un contesto in,rapida evoluzione un'organizzazione basata su livelli territoriali gerarchici rigidi e chiusi al loro interno diventa improponibile.Tanto più che al di fuori delle istituzioni pubbliche in sensostrettosono sorti diversi livelli e istituti di governance che spesso non coincidono in alcun, modocongli ambiti territoriali delle istituzioni "classiche". La fine delle provincie può consentire di sperimentare soluzioni nuove anche sulla base dell'appartenenza di un territorio a più ambiti istituzionali "di pari grado". Un esempio ovvio e pregnante è quello delle Euroregioni che possono comprendere parti di unità territoriali più ampie su entrambi i lati della frontiera. Come le Euroregioni possono convivere con regioni (cantoni, lender),così nell'ambitodelle istituzioni intermedie tra regione e comuni e possono essere pensate soluzioni a ."geometria variabile".
La necessità di una geometria variabile
Quello che conta è rendersi conto che lostato ottocentesco centralizzato con í suoi dipartimenti e provincie non esiste più. Allora c'erano le ferrovie e i telegrafi, oggi c'è internet. La creazione di spazi di aggregazione e rappresentanza territoriale più liberi "e "flessibili" presenta grandi vantaggi. Si adatta alla diversa realtà delle regioni e dei comuni. La Lombardia(10 milioni di abitanti) è una regione della taglia di uno stato di medio calibro ma ha 1.554 comuni. Una media di sei mila abitanti per comune con tanti comuni sotto i mille abitanti. Una realtà agli antipodi da regioni piccole con comuni grossi. Le provincie possono essere tranquillamente abolite in Molise, Umbria, Basilicata e forse anche in altre regioni. Non è pensabile che in Lombardia non esista un livello intermedio tra regione e comune. L'autonoma determinazione da parte di ciascuna regione della delimitazione territoriale e dell'ordinamento degli enti locali è uno dei terreni che illustra la necessità di una riforma federalista (vera). Ogni soluzione uguale per tutti e decisa a Roma non sarà mai efficace né equa.
Anche all'interno di una regione come la Lombardia, però, non può essere né efficace né equa qualsiasi soluzione che preveda le stesse soluzioni di architettura istituzionale in montagna e in pianura. La difesa un po' corporativa dell'esistente da parte delle provincie impedisce di ricercare una soluzione che consenta ai territori di montagna - anche quelli con capoluogo di provincia collocato in pianura - di contare di più, di tornare a godere quell'autogoverno che non è mai stato messo in discussione sino a Napoleone (in Piemonte prima per colpa dei Savoia). Alcune valli hanno inseguito il sogno della provincia. Ora divenuto impossibile.
Soluzioni che consentano alle terre alte di contare di più
Oggi, forse, queste valli insieme a quelle che hanno il magro privilegio della provincia (ordinaria) dovrebbero unire le forze e chiedere nel contesto della ristrutturazione di tutta l'architettura regionale soluzioni di più sostanziale autonomia (ovvero differenziazione della legislazione regionale nei territori montani) e di garanzia di rappresentanza politica (ovvero rappresentanza garantita in assemblea legislativa su una base che tenga in considerazione non solo il peso demografico ma anche l'estensione territoriale).
Penso alla Val Sesia e all'Ossola da una parte, alla Valchiavenna, Valtellina, Camunia tanto per fare degli esempi importanti. È l'ipotesi della super-provincia alpina (o sotto regione o cantone) dotata di larga autonomia all'interno delle attuali regioni. Al suo interno, attraverso le unioni dei comuni (con un nuovo status deciso autonomamente), potranno riaggregarsi le antiche unità storiche, più o meno ampie e più o meno coincidenti con le valli in funzione della volontà locale e, soprattutto facilmente rinegoziabili e "leggere" dal punto di vista degli apparati permanenti. Da questo tipo di geometria istituzionale forse anche la pianura potrebbe trarre esempio.