Ruralpini        Commenti/Le mani sui pascoli?

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(07.03.10) Dosso del Liro (Co): alpeggio conteso

Un comune povero che vuole 'fare cassa', intermediari e grossi allevatori di pianura che speculano sui 'pascoli di carta', una famiglia che resta senza l'alpe che caricava da decenni e un giovane pastore di pecore che ai primi di agosto deve far fagotto. Storia triste ma vera. Sì la montagna è triste ... ma guarda caso perché qualcuno dalla pianura vuole sfruttarla (e politici e burocrati chiudono gli occhi sulle speculazioni). leggi tutto

 

 

 

 

 

 

 

 

(08.06.12) È tempo di salita agli alpeggi. Preferiremmo parlarne in temini festosi ma la realtà è un altra: dal Piemonte al Trentino i pastori sono in ansia per il rischio di predazione da orsi e lupi. Ma c'è anche di peggio...

 

 

Speculazioni sui pascoli

 

Non inizia bene la stagione d'alpeggio

 

di Michele Corti

 

 

Marzia Verona, blogger ma anche pastora e alpeggiatrice, denuncia un crescendo del fenomeno dell'accaparramento di pascoli. In Piemonte ne sono protagoniste non solo grandi aziende zootecniche della pianura o lombarde ma anche cooperative e società di altre regioni (http://pascolovagante.wordpress.com/2012/06/08/lupi-a-due-gambe/).

 

 

Ci sono società che affittano pascoli in più regioni e in varie parti d'Italia

 

Il problema non è certo solo piemontese. In Trentino questa primavera gli allevatori di Castelfondo erano in rivolta contro il Comune, colpevole di aver affidato in gestione per 5 anni alla Pascoli Alti srl di Piove di Sacco (Padova) le malghe Castrin e Prardont, sul crinale di confine tra Trento e Bolzano. Poi il comune pare averci ripensato. La detta società è comunque titolare di contratto d'affitto della Malga Romanterra in comune di Condino nella valle del Chiese verso la provincia di Brescia e la troviamo poi da tutt'altra parte d'Italia nel comune di Santa Anatolia di Narco (Perugia), e nel comune di Pescocostanzo (Aquila).

Con ciò non si vuol sostenere che le ditte che si spostano da una regione all'altra nascondano necessariamente delle volontà speculative. Va però anche considerato che il fenomeno non può essere considerato positivamente qualora vi sia una pressante richiesta di pascoli da parte degli allevatori e pastori locali. Consapevole di queste problematiche e del grande rischio di speculazioni "dei veneti" la scorsa primavera il consiglio provinciale di Trento approvava una mozione che impegnava la Giunta a:

"riservare gli alpeggi del Trentino prioritariamente a quelle aziende agricole che traggono beneficio economico dall'uso effettivo del pascolo per il bestiame presente effettivamente sulla scheda di stalla alla data del 30 marzo dell'anno di riferimento, evitando intenti speculativi volti alla mera riscossione dei premi comunitari".

Si chiedeva anche alla giunta provinciale di sollecitare le amministrazioni ad avvalersi delle procedure che consentono l'affidamento in trattativa diretta per contratti fino a 42.600 euro e, per i contratti sopra soglia, a definire procedure di affidamento non basate esclusivamente sull'importo del canone ma su criteri di offerta economicamente più vantaggiosa a tutela degli aspetti ambientali e socio-economici del territorio.

L'anello debole: i comuni con problemi di cassa

In realtà non è facile porre dei "paletti". Il principale ostacolo è la condizione delle finanze dei comuni di montagna. Quando arrivano dei soggetti disposti a offrire decine di migliaia di euro per un alpeggio i comuni si trincerano dietro le disposizioni sulle aste pubbliche che impongono loro di assegnare i pascoli al migliore offerente. In realtà attraverso i capitolati di affitto alcuni paletti potrebbero essere collocati e le stesse aste possono essere in qualche modo "regimate". Le regioni da questo punto di vista hanno emanato delle linee guida ma non sono vincolanti. I soldi fanno comodo ai comuni e anche quest' anno le speculazioni sono presenti, forse in aumento.

Marzia Verona riferisce di un comune che è stato in grado di rigettare la vantaggiosa offerta di una società di Rimini (sì avete letto bene, la località del turismo balneare) che era interessata ad affittare tutti gli alpeggi del comune. L'assessore all'agricoltura, un margaro, si è opposto. Ma altrove?

"Traffici" di pascoli

Altrove , ovviamente, le cose non vanno così e pare che ci sia un buon numero di cooperative che "trafficano". Il "traffico" si traduce in forme di subaffitto (vietate dalla legge) o di strani accordi. Gli speculatori sono interessati ai premi Pac, a non perdere i premi unici, a stare dentro nella condizionalità. L'alpeggio serve loro come ettaraggio sulla carta per portare a case a volte centinaia di migliaia di euro che senza la "furbata" degli ettari d'alpeggio non si potrebbero incassare. Dicevamo di strani accordi, accordi che spesso si traducono in un semplice "ti faccio mangiare l'erba e non mi dai niente". Per i pastori potrebbe sembrare vantaggioso: erba gratis. In realtà al di là dei premi unici Pac le regioni riconoscono anche ulteriori premi per il buon uso del pascolo. Sono premi anche consistenti che contentono di incassare decine di migliaia di euro. Il pastore che accetta di pascolare fa un grosso servizio agli speculatori perché in caso di controllo l'erba è mangiata e tutto è regolare.

Illeciti diffusi e noti

In Lombardia metà circa dei pastori transumanti alpeggia oggi senza regolari contratti d'affitto. Fino allo scorso anno si accontentavano di non pagare e mangiare la montagna a gratis. Ma lo scorso anno la regione ha introdotto, oltre al premio di pascolo "di base" (ex-indennità compensativa) un premio per il miglioramento del pascolo attraverso un carico adeguato. Così i pastori hanno iniziato a chiedere la "sparizione" del premio visto che i titolari ufficiali del pascolo senza le loro pecore lo perderebbero. Tutto è ovviamente sotto banco e illegale. Ma la burocrazia si limita sempre più a verificare le "carte" e gli speculatori le "carte" le hanno pronte. Ci sarebbe anche da dire qualcosa sulle organizzazioni professionali che compilano le domande per pascoli che non saranno mai palesemente caricati con il bestiame di chi le domande le presenta (come sanno bene anche i funzionari di Coldiretti & affini).

In tutta questa faccenda di brutto c'è anche che molti pascoli non vengono proprio mangiati. E anche qui c'è da dire: "E i controlli?". Però più che le carenze dei controlli delle provincie (oggi i funzionari non amano muovere le chiappe), a parte la discutibile deontologia di Coldiretti & affini è ancora una volta il comportamento dei comuni che è alla base dei guai. Cosa dire di quei comuni che non fanno nulla per riattare baite fatiscenti, per migliorare viabilità e approvvigionamento idrico e che affittano i pascoli sapendo benissimo che in quelle condizioni un vero malghese, un vero pastore non potrebbe andarci. Incassano e si voltano dall'altra parte. Triste perché oggi c'è anche una domanda genuina di pascoli, una domanda non drogata da parte di vere aziende che vogliono tornare a sistemi più estensivi con meno costi e più valore aggiunto.

 

 

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