(10.08.13) Legambiente è coinvolta sino al collo nella green economy più speculativa e spregiudicata attraverso un insieme di soggetti imprenditoriali e lobbystici. Così, in palese conflitto di interessi deve dichiarare che è tutto "ambientalmente corretto"
Legambiente: "Avanti biogas"
di Michele Corti
Nel giorno in cui gli sversamenti di una centrale a biogas nelle Marche distruggono l'ecosistema del fiume Chienti (e arrivano all'Adriatico determinando il divieto di balneazione sulla spiaggia di Porto Sant'Elpidio bandiera blu di Legambiente), esce online un articolo del responsabile agricoltura di Legambiente che bacchetta le amministrazioni locali e regionali (in particolare, ironia della sorte, la Regione Marche) perché "da pavidi ed ignoranti" si lasciano condizionare dal movimento antibiomasse. Una triste parabola per degli "ambientalisti"
Beppe Croce, responsabile agricoltura di Legambiente, ha pubblicato su QualEnergia (giugno/luglio) con il titolo "Non nel mio tubo", poi online con il titolo "Biogas, opposizione dei comitati e opportunità per il territorio" (data 8 agosto) un interessante articolo che in piccola parte corregge ma sostanzialmente ribadisce l'opzione biogassista di Legambiene. La versione online contiene qualche cosina di più, un interessante "riconoscimento" all'attivismo del movimento antibiomasse (prima ignorato). Ora
"Lo sviluppo del biogas in Italia ha suscitato, soprattutto nell’ultimo anno, polemiche molto accese. In ogni Regione sono sorti comitati e recentemente si è creato in Umbria anche un coordinamento nazionale contro il biogas, Terre Nostre, molto attivo tramite vari blog, si veda per esempio sgonfiailbiogas.blogspot.com. (...) È un fenomeno che sta condizionando le scelte di molti amministratori regionali e locali che, un po’ per ignoranza un po’ per pavidità, adottano politiche dello struzzo nei confronti delle rinnovabili."
Che le regioni siano condizionate dai Comitati pare un riconoscimento eccessivo. La realtà è che sono tutt'ora condizionate dalla potente lobby. Ma perchè Legambiente deve giocare la carta del "più realista del re", perché deve addirittura tirare le orecchie alle regioni e alle amministrazioni che "si fanno condizionare dai Comitati"?
Croce si dimostra particolarmente indignato per le Linee guida sulle aree inidonee alla realizzazione delle centrali a biogas della Regione Marche. Va detto che Croce è stato sfigato perché quando è apparso online il suo articolo dell' 8 agosto i titoli delle pagine web relative al biogas su google parlavano a raffica del più grave incidente sinora occorso in Italia ad una centrale a biogas con uno sversamento che è arrivato al mare facendo dichiarare il divieto di balneazione sulle spiagge di Civitanova Marche e Porto Sant'Elpidio bandiera blu di Legambiente ma, cosa che è più grave, distruggendo l'ecosistema fluviale del Chienti per un lungo tratto con morie di pesce ed effetti che saranno duraturi. Se la satira politica non fosse di regime ce ne sarebbe di materia....
Nella sola provincia di Macerata sono già tre le centrali a biogas protagoniste di episodi di inquinamento di corpi d'acqua superficiali. Un dato certamente legato alle caratteristiche idrografiche della regione: numerose brevi valli che scendono al mare. Si aggiunga che in estate la portata dei fiumi è molto scarsa e il danno è servito. Chi volesse sostenere che le centrali a biogas non sono un pericolo per l'ambiente dovrebbe anche riflettere sul forte aumento di episodi di inquinamento delle acque superficiali che si è avuto in Germania in seguito alla proliferazione degli impianti a biogas.
Croce sa bene anche che mentre gli inquinamenti dei corpi idrici superficiali difficilmente passano inosservati (per le morie dell'ittiofauna), quelli più subdoli ma certamente più diffusi a carico degli acquiferi sotterranei nessuno li vede sino a quando le concentrazioni di nitrati nelle acque potabili sfondano la soglia di legge. I tanti comitati che si oppongono alle centrali hanno constatato e in molti casi documentato e denunciato innumerevoli casi di spandimento ripetuto di notevoli volumi di digestati in condizioni stagionali, colturali del tutto inidonee a consentire l'utilizzo dei nitrati da parte delle piante e tali invece da favorire la lisciviazione. Troppo scomodo e costoso riportare il tanto decantato "digestato",(che anche per l' "ambientalista" Croce è "meglio del letame tradizionale") a restituire un po' di fertilità ai lontani campi da cui provengono le biomasse. E così si spargono dove è più comodo. Il fatto è che, come Croce sa benissimo gli incentivi italiani per il biogas sono i più alti d'Europa (anche dopo la modulazione) e che la logica di chi investe nel biogas è quella del massimo guadagno possibile, della speculazione. Una volta che si entra in questa logica si punta ad ogni ulteriore taglio dei costi necessari per una gestione che garantisca sicurezza e tutela dell'ambiente.
Legambiente lo fa per "salvare il pianeta"? Meglio credere a Babbo Natale
Qualcuno, di fronte ai disastri del biogas, crede veramente che i legambientini insistano nel difendere le fiabe delle "energie pulite", "delle emissioni zero"per pura, limpida, profonda, cristallina coscienza etico-ambientale? Che credano alle favole che raccontano sulle "rinnovabili", Kyoto, la CO2 risparmiata (sulla carta con giochi di prestigio "scientifici"). Sappiamo tutti che è più probabile l'ipotesi della reale esistenza di Babbo Natale.
Se non fosse per gli interessi diretti nel settore (con le varie associazioni non
a scopo di lucro, Esco, partnership, partecipazioni societarie) la
posizione di Legambiente da "ultimi giapponesi" del biogas parrebbe
scomoda e strana. Ma essa si spiega perfettamente con il suo essere
diventata una galassia di scatole cinesi
managerial-imprenditoriali-affaristiche al cui interno l'organizzazione
di massa, il brand principale, è diventato in larga misura solo una
chiave di accreditamento presso le amministrazioni pubbliche (in
particolare quelle "amiche") e altri soggetti. La pseudo organizzazione di massa (gestita in franchising) deve essere tenuta in piedi per perpetuare la finzione di
una mission ambientalista, comodo pretesto di tante iniziative e
strumento di convenienti "conflitti di interesse" e di operazione di
concorrenza sleale verso soggetti di puro business (a suo modo più onesti).
La posta economico-finanziaria in gioco nel comparto "imprenditoriale" di Legambiente è tale che la casa-madre può anche subire qualche contraccolpo. Il capitale di credibilità e legittimazione, puntellato dai media di regime, non si esaurirà tanto in fretta. Per ora la "centrale" romana se l'è cavata con qualche espulsione e commissariamento di circoli "dissidenti"
Certo che le vicende dei campi eolico di AzzeroCO2 a Cutrofiano e Manciano, conclusasi con un severo scacco per il Cigno, qualcosa hanno cominciato ad agitare nella pancia di un'organizzazione costituita da una base un po' ingenua ma perfettamente convinta di esplicare attraverso l'adesione a Legambiente un impegno per l'ambiente.
Il 16 aprile 2011 il Circolo espulso (in realtà non c'è stato alcun procedimento perché la "centrale"romana non ha rinnovato le tessere) poteva cantare vittoria dopo la bocciatura del progetto di campo fotovoltaico (a terra) nella Maremma:
"Dopo aver testardamente sostenuto un progetto speculativo, sbagliato e impopolare ed aver espulso due suoi Circoli (Milano nord e Manciano) - spiega Andrea Mancini, ex presidente del circolo Legambiente di Manciano - che gli si opponevano apertamente da tempo, Legambiente incassa una netta sconfitta che dovrebbe mettere seriamente in discussione la qualità e le finalità della sua attuale classe dirigente."
In Umbria, dove Beppe Croce ha notato l'attivismo dei comitati no biomasse no biogas "senza se e senza ma", il circolo di Perugia e Valle del Tevere è stato espulso con bolla papale di Cogliati Dezza. Anna Rita Guarducci, già presidente del Circolo, spiegava i motivi dell'espulsione lamentando che: "Il ruolo dei circoli, come in un franchising, sembra quello di diffondere il verbo del nazionale, sempre e comunque anche se si ha qualche dubbio" ed elencando le ragioni del dissenso con il nazionale: sulle sponsorizzazioni delle multinazionale causa della crisi, della fame e dell'inquinamento, sui temi caldi dei rifiuti "che non devono essere bruciati nei cementifici" e delle biomasse dove erano in evidenza i "conflitti di interesse" degli esperti di Legambiente sorti nello specifico nel caso della Maxistalla con biogas in loc. S.Maria Rossa a Perugia.
Non è senza significato che dall'ex Circolo di Perugia ci sia stato un travaso di competenze, esperienze, autentica passione per la difesa della salute e del territorio. E' ovvio Legambiente tema che ci siano altre emmoragie e sta muovendosi (non sono nati ieri) in diverse direzioni:
1) I circoli che si autonomamente e apertamente schierati contro le biomasse e collegati con altri comitati vengono lasciati in osservazione;
2) nel caso di nuove proteste, se ci sono elementi di impatto evidenti e i progetti sono indifendibili, si tende a valuarli negativamente e a schierarsi contro in modo anche da tenere i comitati e i circoli sotto controllo;
3) dove c'è una forte presa sui comitati si opera per tenere i comitati isolati dai coordinamenti che fanno riferimento a Terre Nostre.
Ma questo non basta bisogna dare un po' di corda ai comitati cercando di ammorbidirne l'ostilità verso Legambiente. Allora Beppe Croce ammette che:
"Sarebbe sbrigativo liquidare il fenomeno dei comitati con la classica sindrome Nimby degli italiani. Gioca anche questo fattore, ma l’opposizione in parecchi casi è stata alimentata da due ragioni più serie. Innanzitutto, diversi progetti e impianti realizzati negli ultimi anni sono purtroppo ‘cattivi’ impianti. Impianti privi di adeguate strutture di stoccaggio delle materie prime, per cui fonti di odori sgradevoli, impianti alimentati con materiali di svariata e dubbia provenienza, impianti che disperdono gran parte dell’energia termica prodotta o ancora digestati sparsi tal quali sui campi senza il rispetto delle buone pratiche agronomiche".
Le ammissioni di Croce proseguono e parrebbero un onesto ripensamento se non che, se si va a vedere cosa si dice e si dirà nei prossimi meeting biogassisti, ci sono tutti i contenuti che Croce gabella come frutto di sensibilità ambientalista. No è solo il business che si adatta che cerca nuovi mercati: "colture alternative", "maggior valorizzazione dei reglui zootecnici", "piccoli impianti". Prima hanno sfondato nel mercato con le centrali da 999 (in teoria) kW adesso cercano di occupare nuovi spazi ben consapevoli che, a parte la rimodulazione tariffaria (arrivata dopo un'ondata da centrali da 1MW), sono pochi i contesti, specie nel centro-sud dove ci sono ampie superfici irrigue adatte alla maiscoltura.
"Inoltre, questi impianti spesso sono stati calati in un contesto territoriale senza il minimo coinvolgimento della comunità locale, molte volte gestiti da imprenditori esterni che si sono limitati a prendere in affitto terreni agricoli. Questo sviluppo distorto è stato in buona parte favorito dal meccanismo di incentivi che era in vigore sino alla fine del 2012. La tariffa piuttosto elevata di 28 c€/kWh concessa a tutti gli impianti al di sotto di 1 MW - indipendentemente dal tipo di materie prime utilizzate e per la sola produzione di energia elettrica – ha scatenato in tutta Italia, qualsiasi fossero le risorse disponibili sul territorio, la presentazione di progetti da 999 kW alimentati 100% a silomais o insilati di altri cereali. Il rendimento in energia per ettaro del mais (20-26 MWhe/ha) consentiva, infatti, con quella tariffa ricavi lordi annui che nessun seminativo per usi alimentari oggi può consentire. Mais in Maremma, mais sulle colline marchigiane, mais nella piana del Sarno. Questa rincorsa al mais ha generato due effetti negativi: l’occupazione delle terre irrigue migliori e la lievitazione eccessiva dei canoni di affitto dei terreni agricoli, come di fatto è avvenuto in Emilia, Lombardia e Veneto."
Croce può cercare di fare fessi coloro che non conoscono le cose ma con Ruralpini casca male. Si dovrebbe rileggere la cronaca delle assemblee calde nel Bolognese di due anni fa (vedi articolo di cronaca dal vivo di Ruralpini). Vale la pena richiamare quello che scrissi all'epoca, dopo aver partecipato come relatore all'incontro, del ruolo di Legambiente in quel contesto:
"L'unico intervento da 'avvocato del diavolo' è stato quello di Claudia Castaldini nella doppia veste di responsabile provinciale ambiente del PD noché membro dell'esecutivo del partito e di responsabile energia regionale di Legambiente. La Castaldini è il prototipo del funzionario di partito del terzo millennio ("è una funzionaria stipendiata" ci tengono a precisare quelli del Comitato). È fredda come il ghiaccio e si vede che è lì solo per bere l'amaro calice e affrontare per dovere d'ufficio una platea schierata su ben altre posizioni. (...) Oltretutto la giovane funzionaria non fa nulla durante il suo intervento per stemperare il muro di ghiaccio e rimbecca stizzita ad ogni minima interruzione senza capire che un'assemblea spontanea non è un congresso scientifico o un politburo e lasciando trasparire la distanza siderale tra lei e il 'plebeo' e 'demagogico' consesso che ha tributato applausi scroscanti al consigliere del movimento 5 stelle (...)
Il succo del discorso della Castaldini è che tutte le rinnovabili, anche quelle meno gradite, sono necessarie almeno come 'ponte' e che bisogna togliersi dalla testa che il solare sui tetti risolva i problemi. (...) Mentre ascolto l'altezzosa dottoressa in fisica del partito penso a vicende come il campo solare di Cutrofiano nel Salento: 26 ha di campo solare proposti come progetto pilota da Legambiente attraverso il braccio operativo AzzeroCO2 e realizzato e gestito da Exalto, una società che ha per presidente Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club e direttore responsabile della rivista QualEnergia. Ma anche componente del Comitato Scientifico di Legambiente. Altro proprietario di Exalto è Mario Gamberale, che è sia in AzzeroCO2 che nel già citato Comitato Scientifico".
Tutte le critiche che da un bel po' di tempo hanno i Comitati hanno espresso da tempo ora - che si punta a nuove strategie - vengono in parte accolte da Legambiente che sosteneva che il biogas fosse cosa buona e giusta e che fosse necessario sorbire l'amaro calice..
Il rilancio: avanti con le colture dedicate (è la linea del Consorzio Italiano Biogas e Biometano)
La posizione di Croce riflette la condizione di Legambiente ormai senza alternative. Intrapresa la via dell'imprenditoria speculativa non è possibla fare marcia indietro. Il igno deve continuare a sostenere fin o all'ultimo sangue che le biomasse e il biogas sono scelte ambientali corrette. Altrimenti, di fronte alla base e ai cittadini, verrebbero immediatamente bollati come degli infami che hanno speculato per anni in nome dell'ambiente con iniziative che lo danneggiano. Sostenere la favola che il biogas risolve il problema della dipendenza dalle energie fossili è un modo per continuare a dar lavoro a Chimica Verde e alle Esco legate a Legambiente che fanno progettazione e consulenza sul biogas
Legambiente per la penna di Beppe Croce quindi rilancia: "Avanti biogas!". E insiste che ci sono grandi possibilità per il biogas nientemeno che "contributo fondamentale all’uscita dell’Italia dal fossile" (!?). Una battuta da comici. Quando sappiamo bene che, anche spostando alle biomasse 3 milioni di ettari delle terre agricole migliori (il 100% dei seminativi di pianura), si arriverebbe a produrre il 20% dell'energia elettrica ai consumi attuali (di epoca di crisi). Ma con una dipendenza dalle importazioni alimentari pressoché totale. Se Legambiente pensa che nei decenni futuri la sicurezza e la sovranità alimentare siano garantite ... Un bel regalo alle multinazionali a stelle e strisce che potranno farci subire ogni ricatto ... o mangi sta minestra ...
Per dimostrare che il biogas è sostenibile Legambiente (o meglio Beppe Croce) deve arrampicarsi sui vetri: "bene il biogas da sottoprodotti ma bene anche quello da colture dedicate". Continua a ignorare che molti sottoprodotti non sono "qualcosa di cui non si fa cosa fare" ma preziosi alimenti per il bestiame (polpe di bietola, pestazzo e molti altri) che potrebbero essere trasformati molto più efficacemente (in termini resa energetica e di assenza di combustioni) in carne e latte, specie in un contesto di aumento dell'importazione di mangimi e con la prospettiva di una forte contrazione del patrimonio zootecnico causata dall'espandersi delle agroenergie. Viene poi la favoletta del biometano che nella Germania delle 7500 centrali a biogas e patria della relativa tecnologia riguarda solo l'1% e di cui si sta ancora discettando circa i parametri di purificazione per la messa in rete (i decreti attuattivi come ricorda Croce non sono arrivati). In ogni caso c'è una palese contraddizione tra la prospettiva del biometano e quella delle "piccole centrali integrate nel sistema agricolo". Bella formula accattivante ma gli impianti di purificazione sono costosi, complessi, richiedono assistenza e manutenzione e si adattano alle centrali grosse. E la tecnologia non è "matura" come dice Legambiente (la stessa cosa con il pyrogas).
Colture dedicate espensive e sostenibili? Ma mi faccia il piacere...
Quanto alle biomasse sui terreni marginali di collina e di montagna e alle biomasse integrate in rotazioni agronomiche "virtuose" con il trifoglio e la medica che sostituiscono il mais pensiamo che non ci creda neppure Croce. La logica delle agroenergie è una logica di grandi superfici, ipermeccanizzazione, fertilizzazione, irrigazione. E' la logica delle doppie e triple colture sullo stesso campo nello stesso anno non certo delle rotazioni pluriennali. Per coltivare biomasse dedicate al biogas a bassa resa come quelle ipotizzate (resa 1/5 del silomais!) in rotazione con colture alimentari servono superfici enormi (e relativi costi energetici e monetari per i trasporti).
Un non sense perché le biomasse sono una forma di energia "poco densa" e l'efficienza e la convenienza diminuiscono esponenzialmente quanto meno la loro coltivazione è intensiva (non si dovrebbe insegnare a Legambiente che è nata sui problemi energetici e con l'apporto degli scienziati, fisici per lo più). La poesia del "recupero delle terre abbandonate", delle "foraggere che restituiscono sostanza organica al terreno", del biogas che trascina grazie all'integrazione economica la produzione alimentare su terre da tempo abbandonate la lasciamo a Beppe Croce che sa bene che è pura presa per i fondelli.
Il biogas opera la mineralizzazione della sostanza organica ed è bruciato per produrre un pugno di mosche di energia. Altro che voli pindarici sul biogas ecologico che potrebbero essere risparmiati se ci fosse un po' di buon gusto e di onestà intellettuale. Quando alle superfici in pendenza si pongono problemi di raccolta e di trasporti notevoli e tutte queste belle idee starebbero in piedi solo con una "ultra incentivazione" che premiasse il biogas "di montagna" (ma il gusto non ci guadagna), quello "estensivo", in "rotazione".
Ma allora uno si chiede: se l'obiettivo è coltivare le aree marginali, ripristinare le rotazioni non otterremmo un effetto migliore con meno spesa incentivando la ricerca di soluzioni per produrre energia in modo più efficiente, senza usare enormi spazi, senza combustioni (anche il biometano fornisce energia in forma utile di calore, di trazione, solo se bruciato). Con la stessa spesa potremmo (come fa la Svizzera) riconoscere ai coltivatori i servizi ambientali, la tutela della biodiversità e del paesaggio e procurarci energia in modi più intelligenti. Così, però, la spesa pubblica andrebbe ai contadini o ai soggetti che si producono l'energia che gli serve e non alle organizzazioni di Esco, Chimica verde, chi fa studi, convegni, consulenze, relazioni, annuari, fuffa.
Tristi parabole: dal movimento ecologista al business spregiudicato della green economy
Dulcis in fundo. Il nostro Croce, dall'alto della tradizione di "rigore scientifico" di Legambiente contesta i blog del movimento e, in primis, sgonfiabiogas:
"Questi blog ospitano documenti di medici, docenti e ricercatori universitari, la cui competenza sui processi di digestione anaerobica e sui suoi risvolti sanitari è piuttosto discutibile – testimoniata dall’assenza in genere di pubblicazioni scientifiche dei suoi promotori sul tema -, ma che per il fatto di presentarsi in veste accademica attribuiscono autorevolezza alle tesi di opposizione radicale".
"Cattivi maestri" insomma. Anche Giorgio Nebbia, esponente del PCI e di Legambiente ma ai tempi piuttosto radicale venne tacciato dalla vestale dell "ordine democratico" Giorgio Bocca con quel complimento. Siamo in buona compagnia. Croce, che pure ha dato interviste su "30 anni di Legambiente", dovrebbe conoscere come nacque Legambiente e che ruolo ebbe il dibattito sul rapporto tra scienza e modello di sviluppo. Ripassi un pò.
Virginio Bettini, laureato in geografia umana, ruppe nel 1973 con la componente borghese della redazione di "Ecologia" (c'erano i personaggi di spicco di di WWF, Italia Nostra, Pro Natura) e nel 1978 con alcuni studenti di fisica, ingegneria e agraria diede vita alla "Nuova Ecologia". La linea della "Nuova Ecologia" era dichiaratamente di sinistra e i giovani che la redigevano coordinati dall'idealista Bettini erano convinti della non oggettività della scienza, dell'impossibilità che la tecnologia potesse risolvere i problemi ambientali provocati dal modello di sviluppo capitalistico. Che orrore. Tra loro c'erano Andrea Poggio (attuale vice-direttore di legambiente) e Mario Zembrini, a.d. di Ambiente Italia (intrecciata a Legambiente tramite Kyoto club e AzzeroCO2).
Allora, pur essendo solo studenti o ricercatori e docenti universitari non specialisti i redattori della "Nuova Ecologia" non si autocensuravano per soggezione accademica, per una concezione oscurantista del sistema di conoscenza scientifico e del suo monopolio che il '68 aveva messo in discussione per sempre. "Nuova Ecologia" divenne la rivista ufficiale di Legambiente e lo è tutt'oggi, solo che invece di essere una fucina di idee ed espressione di critica sociale è diventata (specie a guardare le copertine) una rivista di viaggi e turismo-
Più preoccupante è sapere che sulle questioni ambientali, sulla salute, inquinamento, l'energia ha diritto di parola solo chi produce pubblicazioni sull'argomento: "Se non studiate le fermentazioni anaerobiche e non pubblicate su riviste scientifiche sul tema dovete tacere". Un bell'esempio di come, detenendo l'egemonia culturale, si può spudoratamente proclamarsi progressisti, democratici, di sinistra senza che (quasi) nessuno te lo rinfacci mentre si afferma una concezione del sapere e della (non) partecipazione del tutto autoritaria e tecnocratica (leggasi manipolazione).
Tecnocrati verdi
Non è difficile replicare a Croce che la "Nuova Ecologia" parlava di cose molto più complicate di una centrale biogas senza che chi scrivesse avesse un curriculum di pubblicazioni scientifiche sulle centrali nucleari. Parlava anche di inquinamento, nocività e salute. Lo specialismo accademico per cui sei valutato da chi ha i tuoi stessi interessi e prospettive ha dei grossi limiti. Innanzitutto affrontando la realtà pezzo per pezzo e dimenticandosi delle relazioni sociali ed ecologiche si finisce inevitabilmente per trovare efficienti, sostenibili delle soluzioni che - se non si dimenticassero alcune relazioni indirette ma fondamentali - sarebbero giudicate delle assurdità. In secondo luogo i finanziamenti della ricerca scientifica non sono graziosamente offerti per un mitico interesse pubblico ma nell'interesse di chi detiene il cordone della borsa e occupa le istituzioni in sintonia con le potenti lobby. Chi finanzia una ricerca sperimentale sulle conseguenze sulla salute del biogas senza la quale i medici ISDE e di Medicina Democratica dovrebbero tacere? Non è difficile dimostrare che quando le ricerche sono finanziate da chi ha un interesse nel biogas (assessorati all'agricoltura, enti energetici) i risultati sono sempre più rassicuranti delle poche ricerche indipendenti. Ma medici, agronomi e biologi che hanno osato fare i "cattivi maestri" pur non avendo pubblicato nello specifico si sono documentati su pubblicazioni scientifiche. Che cosa servono allora le pubblicazioni? Se sono rese pubbliche significa che possono essere citate a prova di asserzioni.
Viene il sospetto che Legambiente che si è fatta una credibilità inserendosi nel movimento antinuclearista oggi, rispetto al movimento antibiomasse (per molti versi più popolare, radicato e spontaneo di quello antinucleare) si schieri dall'altra parte della barricata. Ma forse è solo un'impressione.
Epilogo
Beppe Croce, nonostante l'aspetto grigio del funzionario del partito (sopra) ha fatto ultimamente carriera. E deve ringraziare le... biomasse. E' responsabile agricoltura di Legambiente. In precedenza era solo responsabile agricoltura no food; la sua "promozione" è a dimostrazione che Legambiente intravede il business nel no food, nelle bioenergie e nei biocarburanti e lascia il food alle "romanticherie" di Carlin Petrini. Croce in contemporanea è stato anche promosso da segretario a Direttore di Chimica Verde.