(11.08.12) Nella riunione "informativa sull'orso" dell'altro ieri a Poschiavo le cose sono andate "all'italiana" ovvero il dissenso e la voce di chi ha paura dell'orso sono state censurate. Brutto segno in una terra che alla libertà ci tiene
L'orso distrugge
i valori svizzeri
di Michele Corti
In Svizzera, dove gli stessi conservervazionisti evitano i furori ideologici del verdismo italiano, l'arrivo dell'orso sta segnando una preoccupante deriva. I tecnici liquidano ogni preoccupazione e dissenso dei contadini e dei cittadini. E la democrazia?
Le riunioni "informative sull'orso" a cui siamo abituati in Italia sono occasioni di propaganda dell'ideologia animal-ambientalista e di diffusione di "fatti scientifici" rassicuranti: ovvero i soliti mantra dell'orso vegetariano, che non è pericoloso per l'uomo, che tutto è sotto controllo. Ai super-esperti (spesso improvvisati) deve essere delegata una fiducia in bianco pronta, cieca, assoluta (vi ricorda qualcosa?). A volte sono patetici quando dichiarano giulivi (come ha fatto qualche giorno fa la responsabile del Servizio Faunistico della Provincia di Sondrio) che "tutto è sotto controllo" perché "l'orso ha il gps". Peccato che in montagna il campo spesso non c'è e che il controllo dell'orso si perda spesso e volentieri".
Nonostante che il comportamento di questi cyber-orsi sia per stessa ammissione degli esperti difficile da prevedere e spesso "anomalo" (per forza con tutti quelli che si mette a fare i guardoni, ad attirarli...) bisogno comunque fidarsi di loro, degli Scienziati. Ovviamente si tratta di esercizi di scaramanzia, di fideismo in quella Scienza di illuministica memoria che non è nient'altro che una nuova religione. In definitiva i tecnoburocrati della natura selvaggia (sic) chiedono una delega in bianco nel nome della tecnocrazia che considera i sudditi come bambini cui paternalisticamente propinare ogni fola, cui è lecito (sono "immatuti" ed "emotivi" e non saprebbero scegliere bene) nascondere la verità e raccontare quello che fa comodo raccontare. Purché lo si racconti bene. Come gli Scienziati e i tecnocrati sappiano gestire i rischi ormai abbiamo imparato a capirlo (vacca pazza, incidenti nucleari, amianto, distruttori endocrini).
Anche in Svizzera l'orso mangia... la democrazia
Non credevamo, però, che questo modello che trasforma la telenovela dell'orso in un abile grimaldello per svuotare la democrazia - e per imporre ai montanari pesanti limitazioni della loro libertà - si riproducesse anche in Svizzera, una terra dove il potere dell'oligarchia (ma dove non è così?) è comunque controbilanciato da sentimenti e valori diffusi che fanno riferimento ad una democrazia non solo formale e ad un rispetto della sovranità popolare un po' meno aleatori che nei confinanti paesi di Eurolandia. Sentimenti e valori che si traducono in frequenti espressioni della volontà popolare, attraverso lo strumento referendario. Per dire NO a molte limitazioni della libertà che altrove si impongono di soppiatto.
La Svizzera continua ad essere il paese dove anche i conservazionisti si pongono domande sulla democraticità della decisione di reintrodurre orsi, lupi e linci su tutte le Alpi. Mentre la maggior parte dei suoi colleghi (italiani in prima fila) ritengono che la decisione di far tornare le "belve" sulle discenda da una assiomatica necessità biologica (e che quindi sia materia "non disponibile" per il dibattito democratico), Urs Breintenmoser (co-autore del Piano d’azione per la conservazione della lince in Europa) non la pensa allo stesso modo. Egli (foto sotto con un suo protetto) non sfugge al problema etico e politico.
«Stiamo vivendo ancora in una democrazia?» Ho regolarmente sentito affermazioni
come questa. Questa domanda imbarazzante esprime la profonda preoccupazione delle popolazioni rurali per la perdita del controllo del loro modo di vita. U.
Breintenmoser (1998) Large
predators in the
Perché i biologi e le organizzazioni ambientaliste devono poter decidere come gestire la montagna?
Per quale motivo la reintroduzione dell'orso, del lupo, della lince deve essere accettata
Questi temi li abbiamo affrontati nell'articolo apparso sulla rivista della Regione Lombardia (Confronti. Autonomia lombarda: le idee, i fatti, le esperienze n. 3/2011 , pp. 145-162)( vai a vedere ). Dove abbiamo spiegato i meccanismi attraverso i quali la democrazia è stata aggirata dalle lobby verdi. peccato che in Regione Lombardia non sia cambiato nulla e i funzionari di fede animal-ambientalista continuano a fare loro la politica dell'orso e del lupo insieme ai loro omologhi dele altre regioni e provincie autonome. Pensevamo che in Svizzera l'autoritarismo antidemocratico dei Verdi trovasse più argini. Forse era una speranza mal riposta.
Brutti segnali dalla Val Poschiavo
Purtroppo in Val Poschiavo tecnici e politici paiono seguire il "modello italiano". Arturo Plozza è al tempo un tecnico faunista e il sindaco di Brusio (comune confinante con l'Italia e con Tirano). Sulla questione lascia parlare il Plozza-funzionario: «Per arrivare ad abbatterlo - e spero proprio non sia il caso di questo splendido esemplare - bisogna prima dichiararlo pericoloso per l'uomo ed M13 per ora non lo è. In ogni caso la decisione finale spetta al Consiglio Federale di Berna, visto che grazie proprio alla convenzione di Berna, l'animale è protetto qui, come in tutte le alpi. Ma, ripeto, per ora questo giovane esemplare si sta comportando come dovrebbe: sta perlustrando il territorio e ha bisogno di tenersi in forma in vista dell'inverno. Nulla di cui preoccuparsi». Nulla di cui preoccuparsi. Non vorrete mica pensare di abbattere uno "splendido esemplare"?. Lasciate che si tenga in forma, lasciate che sbrani un po' di pecorelle per nutrirsi bene e fare ginnastica. Sono parole che ai contadini che hanno perso 18 pecore e un asino suonano come una provocazione, inconcepibili poi quando vengono da un personaggio che è anche il rappresentante di una comunità. Il sindaco di Poschiavo, Alessandro della Vedova è stato più lapidario: "per ora con l'orso dobbiamo conviverci".
Con queste poco rassicuranti promesse si è arrivati all'infuocata "serata informativa" di giovedì sera (foto sopra un momento delle contestazioni) all'albergo Croce bianca di Poschiavo dove erano stati invitati non solo i contadini (ed i proprietari di bestiame in genere) ma anche tutti coloro preoccupati della presenza dell'orso in Valle. A "tranquillizzare" la popolazione c'erano Carlo Mengotti, consulente agrario all'Ist di Plantahof, Daniel Mettler di Agridea, coordinazione nazionale per la protezione dai grossi predatori, Arturo Plozza e collaboratori dell'Ufficio caccia e pesca. Plozza è lo stesso sindaco di Brusio che, invece di farsi interprete della preoccupazione dei suoi concittadini, fa da pompiere, assicura che non c'è nessun pericolo e magnifica la bellezza dell'orso. L'incontro di giovedì è stato contrassegnato da una folta presenza di pubblico. Peccato che a coloro che volevano manifestare il loro dissenso dalla politica ufficiale di tolleranza dell'orso ed esternare le loro paure non non è stato consentito di prendere la parola. Pur di non far parlare i dissidenti Plozza e gli altri organizzatori sollecitavano dei contadini che non avevano chiesto nemmeno la parola a parlare dicendo che "prima devono parlare loro". Così l'intervento di Plinio Pianta (che oltre ad essere una personalità nota e apprezzata in valle è anche proprietario di un alpeggio e presidente dell'associazione Amamont, Amici degli alpeggi e della montagna) è stato più volte bloccato. I presenti hanno rumoreggiato e contestato più volte quando si volevano impedire gli interventi anti-orso sulla base della motivazione: "Questa non è una riunione politica". Al che dalla sala si replicava: "E la vostra posizione pro orso non è politica?".
In aperta contestazione dal metodo non democratico adottato dagli organizzatori, diverse persone si sono allontanate disgustate dalla riunione. Questo aspetto è stato bene evidenziato dal servizio della televisione della Svizzera italiana (RSI1) del 10. 08. 2012 (guarda il video).
Siamo ancora in una democrazia?
Siamo ancora in una democrazia? Se lo chiedono i poschiavivni che non hanno potuto esprimere il loro pensiero e ce lo chiediamo anche noi. I fatti di Poschiavo sono una spia preoccupante: indicano che l'orso rappresenta un escamotage con il quale gli interessi urbani stanno attentando alla libertà delle genti di montagna, creando una sorta di "sospensione della democrazia", preparando il terreno all'affidamento ai tecnocrati della gestione delle terre alte sottratte a chi da millenni le accurate e coltivate. Come è possibile, si chiedono i poschiavini, che la decisione di un Parco nazionale italiano, ovvero di alcuni esperti dell'orso bramosi della sua introduzione, debba essere subita passivamente dalla Svizzera. Come è possibile che la convenzione di Berna (ironia della sorte) possa decidere che nelle valli svizzere la gente debba modificare il proprio modo di vivere e convivere a forza con un grosso predatore perché così hanno voluto i circoli internazionali dei Verdi da salotto? La Svizzera è pur sempre la patria di Guglielmo Tell e non sarà così facile "farla digerire" ai montanari elvetici. Tanto più che anche in Trentino i valligiani si stanno attivando in comitati anti orso e che nella stessa vicina Valtellina le voci in dissenso dal coro non mancano.