(13.01.14) Da anni si parla inutilmente in Lombardia di realizzare una rete escursionistica di interesse regionale. Ma siamo sempre all'anno zero nonostante gli esempi collaudati della Svizzera (e le nuove iniziative in Piemonte ed Emilia).
La Lombardia merita
una rete sentieristica
di Michele Corti
Intollerabile il ritardo, da parte di una regione "avanzata", nella valorizzazione di una infrastruttura così importante come la rete sentieristica. Per di più se si tratta di una regione largamente confinante con la Svizzera, paese che dal 1985 ha varato la rete federale e cantonale dei sentieri per valorizzare il patrimonio della rete dei percorsi escursionistici e montani. Una politica miope continua in Lombardia ad elargire soldi pubblici agli immobiliaristi, foraggiando la filiera impianti sciistici-seconde case, e trascura il turismo montano slow. Trascura la mobilità lenta delle ciclabili e dei percorsi pedonali (che comporta ottimi rapporti costi-benefici), per puntare ancora sulle autostrade
Progetti propedeutici al ... nulla
Tra il 2003 e il 2008 venne sviluppato nelle aree al confine con la Svizzera il progetto Charta Itinerum, un progetto con fondi europei Interreg (transfrontaliero) che vedeva protagonisti regione Lombardia e CAI.
Il Progettista, Monica Brenga, ebbe modo - alla conclusione dello stesso - di definirlo (vai alla fonte) quale:
"propedeutico alla realizzazione del Catasto dei Sentieri, azione che è stata già affrontata come progetto pilota nella Provincia di Sondrio ed è stata impostata con i rappresentanti CAI della Provincia di Varese. La Regione Lombardia, come tutte le Regioni del resto, ha la necessità di predisporre, per i propri enti, uno strumento di pianificazione territoriale ed il «Catasto dei Sentieri», indispensabile per una corretta gestione degli stessi. Lo scopo è ottenere un censimento univoco su di essi ed avere a disposizione immediatamente le informazioni essenziali. Avendo un unico identificativo sul tracciato sarà possibile finalmente pensare ad un' unificazione della segnaletica, realizzare un'univoca informativa sul territorio e far confluire i dati ambientali in questo unico sistema evitando sprechi di risorse".
Nel 2006, in occasione di un convegno di "restituzione" dei risultati, il Dr. Lenna annunciava che:
Un obiettivo del coordinamento con le Direzioni regionali sarà la presentazione di proposte per la definizione di un progetto di legge su: “Programmazione, attuazione e gestione della rete sentieristica lombarda e del catasto informativo” . Il progetto di legge dovrebbe dare finalmente un ordine ai vari livelli di competenza, legati alle attività di programmazione, attuazione e gestione, della sentieristica regionale anche con riguardo alla promozione della rete nei circuiti turistici nazionali e internazionali. (LA RETE SENTIERISTICA REGIONALE DELLA LOMBARDIA: STRATEGIE FUTURE Pietro Lenna, Regione Lombardia, Direzione Generale Qualità dell’Ambiente - 27 Settembre 2006)
C'è stata poi la Ddg 5883/2008 - Approvazione del Piano strategico per lo sviluppo e la valorizzazione della sentieristica di interesse regionale - che stabiliva "il piano di lavoro interdirezionale all’Interno delle direzioni della regione Lombardia al fine di costruire il Catasto dei sentieri regionale e definire criteri e standard per le operazioni di mantenimento, realizzazione promozione della rete sentieristica regionale". Poi... il nulla. Pare che le "Direzioni" e il Cai abbiano al momento altri interessi e priorità.
In realtà qualcosa ci sarebbe da dire anche sulle mappe realizzate da Charta Itinerum. In Lombardia esistono ditte che si occupano di cartografia escursionistica (su supporto cartaceo e più recente attraverso app per dispositivi mobili) da lunghi anni e hanno accumulato materiali e competenze. Non si capisce perché le istituzioni si improvvisino "editori di cartografia escursionistica". I risultati si vedono. Ho aperto la Tav I (è un PDF che si può scaricare da diversi siti) che riguarda la provincia di Varese. Proprio al confine del Verbano, a monte del Valico di Zenna mi è balzato all'occhio un curioso errore. Il Rifugio Alpetto è stato scambiato con quello "Roccoli dei Lorla" che è... in area lariana orientale, in comune di Introzzo alle falde del Legnone. Dicono che non sia il solo errore...
Una rete escursionistica è a costo negativo per l'economia pubblica e favorisce le piccole attività turistiche, edilizie e commerciali dei territori "deboli"
Oggi, per ammissione di chi seguì il progetto da parte della regione, Charta Itinerum ha rappresentato una propeuticità al ... nulla, uno dei tanti progetti fine a sé stessi (ovvero uno spreco di risorse che vengono troopo spesso redistribuite, in modo socialmente inefficiente, a chi è più vicino agli apparati e pronto ad acchiapparle). Eppure la necessità di definire criteri per conservare, implementare e valorizzare una risorsa così importante per il turismo rurale e montano, per la mobilità sostenibile, per la salute dei cittadini c'è e cresce. Cresce perché le reti di sentieri sono state ereditate da un contesto in cui erano automantenute da chi svolgeva le attività tradizionali della montagna o, comunque, di una pase di politiche pubbliche e di congiuntura economico-sociale in cui gli enti locali potevano disporre di più risorse per interventi. Il punto è capire che la rete sentiristica non è una frivolezza, un lusso da mantentenere se le vacche sono grasse.
Camminare è un toccasana per la salute ed è attività che non comporta costi elevati per le attrezzature e non comporta biglietti di ingresso, accessibile quindi a vasti strati di popolazione. Utilizzare le reti escursionistiche consente poi di far ricadere la spesa per beni e servizi dei suoi fruitori (specie se opportunamente stimolati a fare acquisti sul posto di prodotti locali) in modo capillare sulle aree rurali e montane "periferiche". Dal punto di vista dell'economia pubblica il solo risparmio per la spesa sanitaria eccede i costi del mantenimento della rete.
Mentre la Lombardia ha dormito...
... altre regioni hanno legiferato e programmato. Non sarà tutto oro colato, per carità, ma intanto si è messo in moto qualcosa che potrà essere migliorato. Si sono dotate di "Rete escursionistica regionale" diverse regioni ormai. Il Piemonte, con una legislazione particolarmente impegnativa, che conferma un'attenzione alla montagna che in Lombardia spesso manca, ha istituito il Catasto Regionale del Patrimonio Escursionistico con D.G.R. 37 - 11086 del 23 marzo 2009. Ha poi provveduto, con la Legge Regionale 12/2010 "Recupero e valorizzazione del patrimonio escursionistico del Piemonte", a dotarsi di uno strumento normativo che si avvicina al modello svizzero (di cui ci occuperemo tra poco).
La legge parte dal presupposto che l'infrastruttura sentieristica rappresenta una risorsa strategica, un'opportunità economica importante, un importante supporto per le aree rurali e montane. Per esempio all'art. 6 si conferisce un "interesse pubblico" ai tracciati inseriti nella rete e, all'art. 16, il comma 1 prevede il divieto di alterare o modificare lo stato di fatto dei percorsi e dei siti compresi nella rete stessa, garantendo di fatto ai sentieri una “dignità” fin ora non riconosciuta nel quadro normativo italiano.
In analogia con il modello svizzero la legge piemontese prevede il concetto di "ente gestore" decentrato in vista di quella necessaria "capillarità" di intervento sul territorio (delle azioni di pianificazione, coordinamento e gestione del patrimonio escursionistico) che la natura stessa della rete impone. Un disegno più connaturato alla Svizzera della sussidiarietà che nel Piemonte sabaudo, ma non disperiamo.
Anche la Liguria ha, dal 2009, una legge regionale sulla "rete escursionistica" mentre l'Emilia Romagna l'ha istituita, anch'essa con forza di legge, nel 2013. Vera pioniera era stata (come per molte altre leggi sul turismo) la Regione Toscana che, sin dal 1998, si era dotata di una "Legge sulla rete escursionistica e disciplina dlel'attività escursionistica). A tale pionierismo, però, fa da contratare il fatto che il regolamento attuattivo è stato emanato solo nel 2006 e che la rete escursionistica toscana è... la rete sei sentieri del CAI. Un grosso limite. Perché come vedremo tra breve, discutendo di casi concreti delle nostre montagne, una rete di sentieri CAI e una rete di percorsi pedonali escursionistici non hanno le stesse finalità. Anche Valle d'Aosta, Puglia e Trentino hanno emanato disposizioni in materia.
Tra una rete e un insieme di sentieri c'è una bella differenza
Innanzitutto va osservato che, a parte le regioni in cui c'è una precisa definizione normativa, il "sentiero" è un oggetto vago. Cos'è un "sentiero"? Partiamo dal Codice della strada perché non va dimenticato che la concezioni attuale della "strada" (che ci porta ad associarla al transito di veicoli a motore) è frutto della civiltà dell'automobile. "Strada" era un tracciato (comunale o vicinale, carrabile o pedonale che fosse che consentiva il pubblico passaggio metendo in comunicazione settori di un territorio. Il Codice della strada non ha mai abbandonato l'idea che i percorsi pedonabili siano "strade". All' art. 2 si da infatti la definizione di:
Itinerario ciclopedonale: strada locale, urbana, extraurbana o vicinale, destinata prevalentemente alla percorrenza pedonale e ciclabile e caratterizzata da una sicurezza intrinseca a tutela dell'utenza debole della strada.
È una definizione recente ma, anche in precedenza, il Codice contemplava (e continua a contemplare) (all' art. 3) la definizione di "sentiero": "Sentiero (o Mulattiera o Tratturo): strada a fondo naturale formatasi per effetto del passaggio di pedoni o di animali".
Il "sentiero" è distinguibile dalle "tracce" perché, comedefinito dalla giurisprudenza, " rappresenta un percorso privo di incertezze e ambiguità, visibile e permanente(CASS. 29 agosto 1998 n. 8633; CASS. 21 maggio 1987 n. 4623).
La caratteristica del sentiero può essere data dalla continuità fisica o da una segnaletica che supplisce integrando (ma non sostituendo in toto) la stessa, risolvendo le ambiguità che si presentano al percorritore. In questo secondo senso emerge il carattere non materiale (semiotico) del "percorso", che integra un tracciato al suolo con segni convenzionali o meno. Il sentiero è al tempo stesso elemento materiale e segno leggibile da uomini ed animali (che coglieranno i dettagli, prevalentemente visivi per gli umani, olfattivi per gli animali, correlabili alla spontanea "percorrenza"). Nel sentiero "segnalato" tutto ciò è integrato con elementi appositamente collocati, che sono al tempo stesso materiali e immateriali (segni convenzionali, elementicomunicativi su supporti materiali), che sono utilizzati ab immemorabili (es. gli "umètt") o frutto di una rigorosa codifica come quella federale svizzera o quella del CAI.
Il CAI per sua finalità istitutiva e per la legge 24.12.1985 n. 776 art. 2 (Nuove disposizioni sul Club alpino italiano. (GU n.305 del 30-12-1985 ) provvede “al tracciamento, alla realizzazione e alla manutenzione dei sentieri, opere alpine e attrezzature alpinistiche”. Si tratta di una norma superata nei fatti (vedi legge piemontese ma anche prassi di molti enti). Il Cai conserva comunque un ruolo promozionale e tecnico importante. Per le ragioni esposte e che verremo esponendo non può però essere unico o comunque predominante. L'ambito della sentieristica montana va oggi considerato non solo parte della sentieristica escursionistica ma più in generale della "viabilità lenrta".
In ogni caso è interessante conoscere la definizione che fornisce il CAI dei sentieri pur tenendo conto delle nuove prospettive.
"Sentiero escursionistico. Sentiero privo di difficoltà tecniche che corrisponde in gran parte a mulattiere realizzate per scopi agro-silvo-pastorali, militari o a sentieri di accesso a rifugi o di collegamento fra valli. E’ il tipo di sentiero maggiormente presente sul territorio e più frequentato e rappresenta il 75% degli itinerari dell’intera rete sentieristica organizzata. (Nella scala delle difficoltà escursionistiche CAI è classificato “E” itinerario escursionistico privo di difficoltà tecniche)".
Sentiero alpinistico Sentiero che si sviluppa in zone impervie con passaggi che richiedono all’escursionista una buona conoscenza della montagna, tecnica di base e un equipaggiamento adeguato. Corrisponde generalmente a un itinerario di traversata nella montagna medio alta e può presentare dei tratti attrezzati - sentiero attrezzato - con infissi (funi corrimano e brevi scale) che però non snaturano la continuità del percorso. (Nella scala di difficoltà CAI è classificato EE – itinerario per escursionisti esperti).
Sentiero turistico Itinerario di ambito locale su carrarecce, mulattiere o evidenti sentieri. Si sviluppa nelle immediate vicinanze di paesi, località turistiche, vie di comunicazione e riveste particolare interesse per passeggiate facili di tipo culturale o turisticoricreativo. (Nella scala di difficoltà CAI è classificato T - itinerario escursionistico-turistico).
Il "sentiero alpino" della regione Lombardia può essere assimilato a un "sentiero escursionistico" CAI. Una definizione che crea solo confusione perché "sentiero alpino" dovrebbe essere classificazione riservata a percorsi impegnativi di difficoltà superiore a quella "escursionistica".
"Sentiero alpino" percorsi pedonali che consentono un agevole movimento in zone di montagna e conducono a rifugi alpinistici, escursionistici, bivacchi e località di interesse alpinistico, naturalistico e ambientale (Art. 38 L.G. N. 2 DEL 03-02-2009 Modifiche e integrazioni alla legge regionale 16 luglio 2007, n. 15 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo) – Disposizioni sulle strutture alpinistiche"
Più puntuali le recenti definizioni legislative di altre regioni. La legge ligure (Art.2) definisce i "percorsi escursionistici"
“costituiti da scalinate storiche, mulattiere e sentieri, ancorché vicinali o interpoderali, nonchéstrade ed altre infrastrutture forestali a carattere permanente, ubicati prevalentemente al di fuori dei centri urbani, riservati alla percorrenza senza mezzi motorizzati e dotati di adeguata segnaletica favorire la fruizione delle aree rurali e lo sviluppo turistico eco-compatibile [...]"
Qui emerge il percorso nella sua dimensione ecoturistica, di elemento di congiunzione di elementi del territorio ma anche di "navigazione"nello spazio rurale e non solo come mezzo di raggiungimento di una meta. Ne deriva che il "percorso" assume valore in sé anche al di là di particolari "percorsi tematici". Non è un cambiamento di "cultura sentieristica" da poco.
Il "percorso" poi , nella nuova definizione, prescinde dalla caratteristicca materiale del tracciato che può essere di diversa natura (accomunata, però dall'esclusione del transito del mezzo meccanico).
Questa idea di percorso è quella che corrisponde anche all'esigenza di costruzione - a partire dai percorsi (o "itinerari") di reti escursionistiche includendo neccessariamente nei percorsi stessi tratti di raccordo che spesso sono rappresentati da viabilità "minore" o secondaria e non da "sentieri" intesi sulla base del "fondo naturale" e del loro "calibro" ("strade strette"). Un punto importante perché una rete di percorsi (di itinerari) non si struttura sulla base di sentieri a breve percorrenza che conducono a una determinata meta escursionistica (rifugio, alpe, lago, passo, cima ecc.).
Puntuale, in sintonia con l'ambizioso impianto della legge piemontese, la definizione in essa contenuta (art. 3) dei sentieri e altri tracciati (che in parte ricalca quella del Cai, in parte se ne discosta):
sentiero: via stretta, a fondo naturale, tracciata fra prati, boschi e rocce, ubicata in pianura, collina o montagna, non classificata nella viabilità ordinaria ed anche non rilevata cartograficamente, generatasi dal passaggio di uomini o animali, ovvero creata ad arte dall'uomo per la viabilità;
viabilità minore: rete di mulattiere, strade militari dismesse, carrarecce, piste, strade di norma classificate come comunali e iscritte negli appositi elenchi del comune, ovvero facenti parte del demanio comunale e identificate nel catasto terreni, ovvero vicinali o interpoderali;
sentiero attrezzato: sentiero che presenta brevi tratti attrezzati con infissi, quali funi, corrimano o brevi scale, utili alla sicurezza della progressione, che non snaturano la continuità del percorso;
Sia il CAI che la Regione Piemonte definiscono anche gli itinerari. Essi vanno intesi quali "percorsi plurigiornalieri" costituiti da svariati segmenti (sentieri) e si distinguono da percorsi brevi e "tematici" attrezzati con particolare materiale didattico.
La Regione Piemonte distingue:
itinerario: percorso segnalato e realizzato in ambiente naturale, anche antropizzato, per l'utilizzo turistico e culturale di un determinato territorio;
itinerario di lunga percorrenza: itinerario caratterizzato dal percorso della durata di più giorni, segnalato e dotato della necessaria ricettività lungo il cammino;
il CAI, che si occupa anche di lunghe vie interregionali e internazionali, definisce tre tipi di itinerari:
Itinerari di lunga percorrenza (Sentiero Italia, sentieri europei, dorsali appennini che, ecc...) della durata di molti giorni di cammino e della lunghezza di centinaia di chilometri, in generale agevoli e segnalati, dotati della necessaria ricettività lungo il percorso;
Itinerari di media percorrenza (trekking, alte vie), della durata di più giorni di cammino (di solito 3-7) e della lunghezza da 40 a 100 km, adatti ad escursionisti in genere esperti. Vanno ben segnalati ed attrezzati e supportati da ricettività;
Itinerari di breve percorrenza (sentieri escursionistici, brevi itinerari ad anello), della durata massima di 1-3 giorni di cammino, sono i più diffusi.
Le reti
Le reti di itinerari escursionistici possono partire da un insieme di segmenti di sentieri o di percorsi preesistenti e svilupparsi attraverso la progettazione di percorsi di collegamento che integrano le reti di sentieri di percorrenzaa breve raggio (finalizzati a raggiungere in genere una meta precisa) in itinerari ("assi") di lunga e media percorrenza.
Due esempi possono essere interessanti. La rete escursionistica della Regione Emilia Romagna è stata istituzionalizzata nel 2013 ma la realizzazione convreta risale ovviamente a diversi anni prima. La rete è visualizzabile online (VAI AL SITO). Densa in montagna e in alcune aree di alta collina presenta evidenti vuoti. Spiccano alcuni percorsi di lungo raggio come quello che parte da Nonantola (nel cuore della regione e sede della storica Abbazia) e raggiunge gli Appennini.
Di facile lettura (senza ingorgo informativo) la mappa non ha una base cartografica idonea (se non il satellite e la poco attraente CTR - Carta Tecnica Regionale). Apprezzabile il facile download dei file gpx (formato per i navigatori) delle tracce dei percorsi. Un modo di allinearsi con la "cartografia popolare" dei tanti appassionati di escursionismo (e sopratutto MTB) che oggi armeggiano sempre più con GPS e strumenti cartografici, un modo di rendere esplicito che la "traccia" se ottenuta con fondi pubblici è patrimonio pubblico come il sentiero nella sua materialità. Una scelta confermata dalla possibilità di visualizzare le tracce in Google Earth (formato kmz) per rappresentare i percorsi con uno strumento accessibile a tutti e molto usato dai bikers.
Il confronto con il Canton Ticino (sotto la rete escursionistica) mette in evidenza che nel Cantone svizzero italiano (o per meglio dire lombardo-elvetico) la rete è fortemente interconnessa. Merito di un lavoro favorito dalla legge federale del 1985 e da quella cantonale del 1994 che andremo a breve ad esaminare rapidamente.
La visualizzione è possibile dal sito http://www.ticinosentieri.ch . Qui la base cartografica è la carta federale 1:25.000 (un modello indiscusso). Da notare in giallo i "sentieri escursionistici" che percorrono quel poco di pianura (il Piano di Magadino) e i fondovalle. La rete è omogeneamente fitta e fortemente interconenssa, frutto evidente di una progettazione accorta che ha provveduto ad effettuare i necessari raccordi a riempire i vuoti
. I cartelli di "divieto di accesso" indicano (in tempo reale) la chiusura dei sentieri in sintonia con il concetto che la rete sentieristica non èun "campo di avventura" ma un'infrastruttura garantita dallo stato, che deve poter essere percorsa in tutte le stagioni in condizioni di sicurezza.
Questa cultura della rete escursionistico-sentieristica come infrastruttura "seria" in Italia (e in Lombardia) è ancora pochissino sviluppata.
Una legislazione esemplare
Prima di passare (simbolicamente dalla dogana Chiasso-Ponte Chiasso) dalla fortunata Lombardia elvetica alla molto meno fortunata Lombardia italiana, umiliata dalla burocrazia e dall'oppressione fiscale, qualche parola sulla legislazione elvetica sulla rete sentieristica. La materia è regolata dalla Legge sui percorsi pedonali ed i sentieri escursionistici (LCPS) che la confederazione ha emanato nel 1985.
La legge federale obbliga i Cantoni a provvedere alla pianificazione, alla sistemazione, alla manutenzione e alla segnaletica dei sentieri e, ai fini dell’attuazione di questi compiti, a designare e gestire propri servizi tecnici preposti ai percorsi pedonali e ai sentieri.
ICantoni hanno piena facoltà di decidere come delegare le attività cantonali obbligatorie in materia di sentieri escursionistici ai Comuni oppure alle organizzazioni specializzate del settore. Di conseguenza, anche il finanziamento è regolamentato in modo non unitario. Nei Cantoni di Friburgo, Ginevra e Giura, le spese connesse ai sentieri sono perlo più sostenute dal Cantone stesso, mentre nei Cantoni di Argovia, Glarona, Lucerna, Obvaldo, Sciaffusa, Vaud e Vallese, i finanziamenti sono assicurati principalmente dai Comuni. Nei restanti 16 Cantoni si applica un modello di finanziamento misto che preve-de la partecipazione ai costi di Cantone e Comuni.
Il disegno è flessile e ogni cantone si regola come vuole affidando ad organi diversi la pianificazione, la gestione, la promozione. È l'immagine complessiva, l'uniformità degli standard di fruizione, il livello di tutela della rete che conta, l'affidabilità.
Tutto al contrario di quanto avviene in Lombardia e in Italia, dove gli output sono babelici e inefficienti come risultato di regole e procedimenti ferragginosi, di sprechi, doppioni, rifacimenti, concorrenzialità demenziali.
In Ticino la rete dei sentieri escursionistici è pianificata e costruita dal Cantone; sistemata, mantenuta e segnalata dagli Enti turistici locali. Comuni e Cantone coordinano le loro reti di percorsi pedonali e di sentieri escursionistici in funzione di tutte le altre attività d’incidenza territoriale e le armonizzano con i programmi ed i piani della Confederazione e dei Cantoni nonché delle Regioni limitrofe. Il Dipartimento delle Opere Pubbliche Il Dipartimento definisce, per i percorsi pedonali e per i sentieri escursionistici, gli indirizzi generali e le direttive particolari d’esecuzione, sorveglia e coordina le attività ed i programmi dei Comuni e degli Enti turistici locali, fornisce consulenza e cura la formazione degli addetti. Il piano cantonale della rete dei sentieri escursionistici è allestito dal Dipartimento, in collaborazione con gli Enti turistici locali e le organizzazioni specializzate designate dal Consiglio di Stato (Governo). Di fatto queste ultime sono riunite nell'associazione Ticino sentieri che raggruppa i Comuni, gli Enti turistici locali, Ticino turismo, le due organizzazioni alpinistico-escursionistiche, i Patriziati (corrispondenti agli "antichi originari", "vicinie", "università" che sono tuttora proprietari dei beni collettivi), il Dipartimento del Territorio del Cantone.
Regole certe
Per ogni sentiero escursionistico da costruire, il Dipartimento dell Opere Pubbliche elabora il progetto, il preventivo dei costi e un piano di finanziamento. I Comuni, gli Enti turistici locali, i Patriziati ed altri Enti pubblici o privati interessati partecipano al finanziamento dell’opera nella misura massima del 30% dei costi totali. Agli Enti turistici locali (che devono provvedere alla manutenzione) il Cantone provvede con fondi proporzionali all'estensione della rete escursionistica. La sussidiarietà è completata dal fatto che gli Enti turistici locali possono a loro volta demandare a Gruppi di gestione sentieri (costituiti da enti pubblici e o privati ma di diritto pubblico) le azioni di manutenzione. Ai comunispetta la segnaletica che deve seguire le regole uniformi federali. I cartelli non conformi sono rimossi.
I proprietari dei fondi, debitamete informati, non possono opporsi alla posa della segnaletica. Il carattere di opera pubblica della rete sentieristica è rimarcato (in base alla legge federale) dall'obbligo dei soggetti che eseguono degli interventi (debitamente autorizzati in base alla verifica di un interesse pervalente) che alterano la rete a realizzare a proprie spese un nuovo tracciato atto a ripristinarel'agevole percorribilità. Pare un altro pianeta rispetto alla Lombardia dove si ciacola di sussidiarietà ma si affoga nello statalismo e nella burocrazia.
A Bergamo una rete che, per lo standard italiano e lombardo, è avanzata ma...
La rete dei sentieri del Cai di Bergamo è quanto di meglio ci sia in Lombardia. Un sistema web gis e la possibilità di scaricare le tracce in formato gpx (peccato, però, che non si distinguono quelle "buone", ottenute con le regole di rilevo gps sul terreno dello stesso Cai, da quelle "meno buone,") ottenute da foto aerea o, peggio, dal tracciato della Carta Tecnica Regionale).
A parte questo la rete presenta tutti gli inevitabili difetti di quella che nasce - per lo più nell'ambito delle singole valli - come sommatoriA di sentieri "nati" per singole escursioni (tranne qualche via di media o lunga percorrenza come il Sentiero delle Orobie).
Il risultato, che pare incredibile, è che, tra la parte alta e la parte bassa della montagna bergamasca, non c'è neppure un sentiero, dicasi uno, di collegamento. La linea blu (mappa sotto) non interseca nessun sentiero. Del resto si vede bene come i fondovalle siano vuoti. Non è una "colpa" del Cai beninteso (che non è interessato a un'infrastruttura di viabilità lenta e di lunga percorrenza al di fuori di contesti alpini). È colpa tutta e senza attenuanti della Regione. Per fortuna vi sono molti altri sentieri segnalati, oltre a quelli CAI, che potrebbero entrare senza difficoltà un una rete. Ci vuole la volontà di procedere e di chiarire chi deve fare cosa.
Veniamo ad un caso esemplificativo
Al di là di considerazioni teoriche vorrei "zoomare" sulla Val Taleggio e la Valle Brembana. Nell'immagine sotto si vede bene come non ci sia nessun collegamento tra Valle Imagna e Val Brembilla e Val Taleggio e tra la bassa e l'alta Val Brembana. Una situazione che non incoraggia le percorrenze lunghe, la circolazione tra le valli. Se il turista italiano e lombardo è un pigro per fortuna ci sono germanici, olandesi e nordici che hanno voglia di camminare. Ma bisogna dare loro gli itinerari (a piedi e per MTB). Ben segnalati e continui.
Altrimenti vanno da chi li offre loro e fanno bene a non tornare in Lombardia. Inutile poi lamentarsi. Chiaramente la rete bergamasca CAI come altrove nasce da logiche vallive e non privilegia i collegamenti intervallivi, magari meno interessanti dal punto di vista delle mete, dei panorami, ma indispensabili nella logica della rete escursionistica che si sta imponendo ovunque.
Le reti sentieristiche sono una preziosa eredità della civiltà ruralpina
Quando si ha un'eredità troppo grande si finisce per lasciarla andare in rovina. Un luogo comune che in Italia ha molto corso di questi tempi. Ma che riflette una sacrosanta verità. Anche sulle Alpi, anche a proposito della sentieristica. Enorme è il lascito della civiltà ruralpina. Prezioso alla luce delle idee ecoturistiche attuali e della "faccia buona" della globalizzazione che ci può portare turisti sensibili e selezionati da ogni dove. Però pare che siano in pochi a capirlo. perché conviene investire politicamente i sempre meno soldi pubblici in altro, in qualcosa che sia gradito ai gruppi organizzati della prepotenza sociale.
Come altri tanti lombardi (che non si rassegnano ai mala tempora currunt) resto fedele al "fare da sé", inculcato dai "vecchi" (e a loro da una lunga sequela di generazioni). Così volendo progettare (e realizzare) un collegamento tra Valle Imagna e Val Taleggio per l'itinerario tematico "I formaggi Principi delle Orobie" ho eseguito una ricognizione e un rilievo gps (giovedì scorso) sul campo. Itinerario: Fuipiano "tetto della Valle Imagna" (in realtà il parcheggio sopra il paese)-Piazzoli, un maggengo in Val Taleggio raggiunto da una strada forestale (di cui di dispone delle tracce e che non c'è bisogno quindi di rilevare). Per capire il "teatro" riporto subito la mappa Google Earth realizzata a posteriori (parte di una Mappa che copre tutte le Orobie Occidentali).
Alla partenza (P = parcheggio in basso) ci sono le regolamentari tabelle segnavia in alluminio (norme CAI). Idem alle principali intersezioni di tracciati. Seguo il percorso dello sterrato (giallo) sino a quando il sentiero CAI 579 dovrebbe staccarsi e salire abbastanza rapidamente al Passo Grassello (sulla mappa il tracciato blu che si dirige a E dalla traccia gialla).
La copertura nevosa (anche se non abbondante) rende più difficile seguire un percorso ed è un buon "banco di prova" dell'efficacia della segnaletica. Ad indicare il "mio" sentiero, ovvero il punto in cui abbandonare la "viabilità agrosilvopastorale" (la gippabile che conduce alla Costa del Pallio), trovo una tabella "fuori ordinanza" ( può fare ancora il suo dovere...) ma un po' troppo arretrata rispetto alla biforcazione.
Dopo di che di segnaletica di continuità orizzontale non c'è ombra. Se c'è era a livello terreno, coperta dal leggero manto nevoso (quindi comunque insufficiente). Tanto è vero che, anche se il tracciato è quasi sempre intuibile, incappo in un errore di rotta seguendo delle orme che vanno a un capanno di caccia. Poco male. Una volta arrivato al Passo Grassello la rete CAI ufficiale (ma dov'era quella di continuità?) non mi può più aiutare. Dal passo scende uno sterrato (foto sotto). Se lo si segue si perde il sentiero per i Piazzoli, dove invece voglio arrivare.
A indicare la deviazione una segnaletica "fuori ordinanza" e poco efficace. Procedendo dal passo (da destra rispetto alla foto) la freccina sotto mica si vede. Passato oltre realizzo e torno indietro quasi subito. Vedo la freccia (ora visibile) e imbocco il sentiero.
Un altro segnavia poco elegante (ma che sarebbe stato utile prima) mi consente di stare sul sentiero (che non si vede ma si può vagamente intuire a tratti).
In queste condizioni sono una benedizione i segnavia di continuità. Tracciati sulla corteccia dei faggi (che si lascia dipingere senza problemi) i segni di vernice bianchi e rossi sulle cortecce sono stati sempre visibili l'uno dall'altro (mentre sul sentiero ufficiale non c'erano). Complimenti a chi li ha tracciati.
Ai Piazzoli (sopra una delle costruzioni rurali) lo sguardo si allarga sulla Val Taleggio in veste invernale. La montagna invernale è deserta, silenziosissima. Solo tracce di ungulati e radi canti di uccelli. I Piazzoli sono un ampio maggengo che in passato era caricato con parecchio bestiame da diverse famiglie bergamine. Ora le costruzioni si presentano in buono stato di manutenzione e senza stravolgimenti troppo pesanti (tranne qualche copertura "canadese").
Un sito ameno che su un itinerario ci può stare bene. Che "raccorda" ma in modo interessante e piacevole. Con l'intrico della viabilità che si estendeva a tela di ragno sulle nostre montagne individuare e recuperare sentieri "di raccordo" non è impossibile (per indidivuarli ci sono anche le Tavolette IGM 1:25.000 "vigenti" (sic) a fare da "archeologia cartografica" che ora si visulaizzano anche online su http://www.pcn.minambiente.it/GN/).
Poi si tratta di segnalarli e di prendersi in carico la manutenzione. In passato ogni comunità curava la sua tratta di itinerari a lunga percorrenza. E le cose funzionavano.
Un concetto simile si può applicare oggi. Se le "istituzioni" latitano le comunità e le imprese locali possono farsi carico almeno in parte, in modo sussidiario, di alcuni compiti relativi a reti che portano circolazione e spesa sul territorio.