(13.03.12) La modernizzazione ecologica promette una rivoluzione "verde" ma legittima una nuova proliferazione di rischi e l'involuzione della democrazia in una governance tecnocratica
Modernizzazione ecologica
La teoria e il programma politico di ristrutturazione industrialista
da cui nascono Ogm , biomasse, termovalorizzatori
di Michele Corti
Le mosse di un ecobusiness dai contenuti sociali ed ecologici pesantemente negativi sono improntate agli schemi della modernizzazione ecologica. Conoscerla significa prevenirle e combatterle con maggiore efficacia
La "modernizzazione ecologica" nasce come una scuola di pensiero nell'ambito della sociologia dell'ambiente. Le origini
risalgono ai primi anni '80 sulla base dei lavori di Martin Jënicke e,
soprattutto, di Joseph Huber. Nonostante l'internazionalizzazione della scuola
avvenuta negli anni '90 per opera di un gruppo di sociologi olandesi (tra cui
spiccano Arthur Mol e Gert Spaargaren considerati ancor oggi i massimi esponenti
della modernizzazione ecologica) essa ha mantenuto l'impronta tedesca e in
Germania ha avuto il massimo successo, anche al di fuori degli ambiti
accademici. Un successo che l'ha portata a divenire qualcosa di più rispetto ad
una teoria sul rapporto tra modernità ed ecologia.
Scalzando in larga misura il più vago discorso sullo
"sviluppo sostenibile" ha assunto il ruolo di discorso dominante
(politicamente corretto) nell'ambito delle arene pubbliche e private della
politica ambientale offrendo legittimazione ideologica per una serie di
iniziative nel campo dell'ecobusiness. Di più è divenuto anche un programma
prescrittivo di politiche di ristrutturazione "verde" del sistema
industriale.
La riforma ecologica che piace ai detentori del potere
Tanto successo è legato al carattere
"ottimistico" della teoria di partenza che riposa sull'assunto della
capacità e della convenienza da parte del sistema industriale di
promuovere la salvaguardia dell'ambiente. Hajer (1995) definisce molto
sinteticamente la modernizzazione ecologica come "the discourse that recognises the structural character of the
environmental problematique but ... assumes that existing institutions
can internalise the care for the environment. Il discorso che riconosce il carattere strutturale dei
problemi ambientali ma presuppone che le istituzioni attuali (imprese in primis) siano in grado di
farsi carico della cura dell'ambiente".
Non solo si confida che i soggetti economici
privati abbiano l'interesse ad adottare politiche "verdi", ma si
postula anche che tale possibilità sia concretamente attuabile grazie ad una riconfermata fede nella tecnologia.
Di qui la riconferma di un ruolo centrale delle istituzioni scientifiche e
tecnologiche nella "riforma ecologica".
In questo modo, fornite le opportune rassicurazioni circa la non messa in discussione del percorso della modernizzazione e dei
suoi principali artefici (l'industria e la tecnoscienza), la modernizzazione
ecologica ha trovato l'appoggio dei principali centri di potere della società
contemporanea. Che hanno abbracciato con slancio una teoria e un programma che
vanno in direzione opposta alla critica ecosociale degli anni '70 ma anche alle
più recenti teorie sulla "modernizzazione riflessiva" e sulla
"società del rischio" che hanno raccolto un vasto consenso nella
sociologia con echi anche nel pubblico attraverso il lavoro del tedesco Beck
particolarmente critico verso le carenze dei sistemi di conoscenza
specialistici e del ruolo della tecnoscienza quale fattore di disordine sociale
ed ecologico e di rischio.
Le politiche pubbliche ridotte alla leva fiscale e degli incentivi
La modernizzazione ecologica è gradita ai centri del
potere industriale e tecnoscientifico perché prevede anche una policy in cui lo stato
si limita ad applicare la leva fiscale e degli incentivi lasciando
sostanzialmente le decisioni nelle mani di una governance tecnocratica in cui
lo stato abdica al suo ruolo tradizionale per affidare
all'autoreferenzialità dei soggetti economici e scientifici le tradizionali
competenze amministrative, manageriali e regolatrici. Una abdicazione
giustificata alla necessità di lasciare ad un expertise specialistico la messa
in pratica delle scelte. Quanto ad altri attori ci può essere spazio di
cogestione per un ambientalismo istituzionalizzato e professionalizzato mentre
nei confronti del pubblico si preconizza una politica di
"partecipazione" passiva (informazione dall'alto).
I limiti della modernizzazione ecologica sono poi evidenti nella sua capacità di affrontare solo i problemi di alcuni settori a forte contenuto tecnologico (chimica. biotecnologie, elettronica, bionica, nanotecnologie) dove è possibile l'applicazione di tecnologie presentate come "leggere" e "pulite" (ma gli Ogm e l'insostenibilità di tante iniziative nel campo delle "energie rinnovabili" sono lì a smentirlo). Si lasciano invece sostanzialmente irrisolti i problemi di settori maturi (ec. siderurgia) dove le possibilità di "smaterializzazione" sono palesemente minori.
Il lato meno attraente della medaglia
È stato lo stesso fondatore della modernizzione
ecologica a enfatizzare gli aspetti accattivanti del programma che la teoria
prefigurava usando una metafora poetica poi ampiamente sfruttata alla nausea in
una comunicazione fatta di fiorellini, bambine che corrono felici, farfalle che
svolazzano...: "The dirty and ugly
industrial caterpillar transforms into anecological butterfly. Il
caterpillar industriale brutto e sporco si trasforma in una farfalla
ecologica)(Huber, 1985).
Gli aspetti accattivanti (almeno in apparenza) della
modernizzazione ecologica sono però controbilanciati dall'altro lato della
medaglia. Se, da una parte, la riforma "verde" della società
industriale avanzata comporta l'internalizzazione della cura dell'ambiente nel
meccanismo economico, l'ecologizzazione dell'economia, dall'altra essa comporta
anche l'economizzazione dell'ecologia. Dove i meccanismi di mercato (sia pure
modulati da leve fiscali e incentivi) non sono efficaci la tutela dell'ambiente
rischia di non essere presa in considerazione.
Sappiamo tutti che la marmitta catalitica e i divieti
di circolazione per le auto inquinanti (come le le altre fossero a emissioni
zero!) sono stati viatici per l'industria automobilistica. Possono aver
contribuito a ridurre l'inquinamento (ma non le nanopolveri) ma solo perché
c'era un interesse industriale. Moltissime iniziative che comporterebbero
tangibili risparmi energetici e riduzione di emissioni non vengono assunte
semplicemente perché non comportano uno "stimolo" per il mercato. I
limiti di una tutela ecologica affidata al mercato e al profitto appaiono
evidenti se si pensa alla biodiversità. Qui l'interesse economico va in senso
opposto: verso la distruzione della biodiversità a favore del vivente
brevettato e geneticamente modificato. Un altro aspetto controverso della
modernizzazione ecologica è legato al fatto che essa rivendica la capacità di
risolvere i problemi ambientali non già attraverso la de-industrializzazione
quanto attraverso la super-industrializzazione (Spaargaren and Mol, 1992).
Super-industrializzazione significa applicazione estensiva
di tecnologi "pulite" ma anche estensione della logica industriale al
fine di garantire l'efficacia delle tecnologie di controllo e prevenzione,
quantificazione dei problemi ambientali
Il successo in Germania e in Italia
La modernizzazione ecologica ha riscosso un grande successo in Germania
dove è nata. Qui ha conquistato almeno parte dei Grünen. La grande forza della modernizzazione
ecologica in Germania forse spiega perché in quel paese ci siano 7.000 impianti
a biogas senza che quasi nessuno protesti. Non meraviglia che ci siano studiosi che hanno criticato la modernizzazione ecologica utilizzata "per
legittimare la continuazione della dominazione strumentale e la distruzione
Uscita dalla crisi, soluzione alla bassa occupazione, risposta al cambiamento climatico
e il mito di un New Deal verde rappresentano anche il terreno di convergenza
tra i verdi e la socialdemocrazia, una convergenza che riempie di entusiasmo gli ecodem nostrani
(ovvero gli "ecologisti" del PD). Silvia Zamboni, direttrice di
Ecodem su Qualenergia.it del 2.11.2011 (http://qualenerqia.it/newsletter) si occupa diffusamente del tema e
riferisce il puro pensiero "ecomodernizzatore" di Ralf Fúcks,
co-presidente della fondazione Heinrich Boll ("legata ai Grünen").
"Il passaggio da fare è dal concetto dei limiti
alla crescita, evidenziati dal Rapporto del 1972 dei Club di Roma, a quello
della crescita dei limiti, grazie alle nanotecnolcgie, all'energia solare, al
riciclo, alla bionica e all'economia blu di Gunter Pauli che "copiano"
dalla natura le soluzioni ai problemi da tradurre poi in innovazione. Crescita
zero in Europa non è la risposta a quella tumultuosa in corso nel resto del
mondo. Piuttosto, l'Europa dovrebbe investire il suo orgoglio nel porsi alla
testa della modemizzazione ecologica" .
I modernizzatori ecologici ritengono superato il
riferimento ai "limiti della crescita" al "piccolo e
bello". Tutte anticaglie da anni '70 del secolo scorso, secondo loro. È
indubbio che la vocazione prometeica, il mai sopito anelito al paradiso in
terra della sinistra traggono nuova linfa dal verbo della modernizzazione
ecologica fino ad arrivare all'enfasi di un altro ecodem e al suo inno alla
palingenesi offerta dalla green economy (al convegno del PD del 13.01.2012
"La via Italiana alla Green economy")
"L'economia verde è uno dei pilastri di un progetto di
ricostruzione - o forse meglio sarebbe dire di costruzione di un'Italia nuova -
insieme a pochi altri grandi obiettivi: rafforzare la coesione sociale, la
legalità, l'unità nazionale; aumentare l'occupazione; ridurre le disuguaglianze
sociali e riformare il welfare; ridurre il il divario tra ricchezza
privata e miseria pubblica
A parte i toni sopra le righe e la vecchia demagogia (ma come si fa a parlare di
"miseria pubblica" a fronte di una pressione fiscale record mondiale)
ciò che conta è il consolidamento di un terreno comune con ambienti
confindustriali e bocconiani. E se gli ecodem teorizzano Legambiente opera sul
terreno della prassi (e del business).
L'ambientalisno istituzionale non pungola se non è pungolato
Nel 2010 Legambiente sosteneva attraverso le parole del presidente(Vittorio Cogliati, Corrierone del
16.09.2010) che "Il paesaggio non è sacro e intoccabile. Molte zone migliorano con le pale [eoliche]". Parole che fecero scalpore perché contemporanee alla polemica sul
parco solare di Cutrofiano promosso da AzzeroCO2 una società di servizi
partecipata dalla stessa Legambiente, dal Club Kyoto Italia e dal centro
ricerche Ambiente Italia. Allora Legambiente sosteneva che l'impianto solare a
terra era ecologico perché ... in mezzo si coltivava con metodo bio. Uno stile
perfetto da modernizzazione ecologica (versione prosaica). Come quando Legambiente asseriva (sino a pochi mesi fa) che il
biogas era una panacea, anche se prodotto con biomasse ottenute da colture
dedicate (ovvero in sostituzione di quelle alimentari)
"... il recupero
energetico da biomasse è uno degli assi portanti della riduzione del prelievo
di fonti fossili e può contribuire in forma determinante alla riduzione dei gas
serra. In questo scenario lo sfruttamento del biogas a fini energetici acquista
una notevole importanza sia quando prodotto a partire dalla frazione organica
dei rifiuti, sia quando prodotto attraverso colture energetiche dedicate."
(Dossier Energia dai rifiuti senza CO2: la gestione sostenibile degli scarti
organici - 2010)
Oggi Legambiente non osa più sostenere queste ecoballe, ovvero che il biogas si ottiene con "emissioni zero" di CO2 (lo sanno anchei bambini che il bilancio di energia fossile e emissioni, quando va bene, va in pari. Tutti (o quasi) giudicano poi poco etico gettare cibo più o meno potenziale a marcire in un digestore per ricavare un po' di elettricità.E Legambiente si è adeguata.
Buttel (2000), un importante sociologo rurale americano che si è occupato dellemodernizzazione ecologica senza far parte della scuola principale, ha osservato
che sono i gruppi ecologisti "radicali", i gruppi locali impegnati nelle lotte
contro la tossicità e la contaminazione chimica a rafforzare il movimento ecologista nelsuo complesso (compreso il mainstream istituzionalizzato), a fornire nuovi schemi, ad arricchirlo di nuove problematiche e, in definitiva, a stimolare la stessa modernizzazione ecologica. Così, per esempio,
Legambiente incalzata dai Comitati spontanei e dai suoi stessi Circoli ha
abbandonato il biogas quale soluzione obsoleta difficilmente difendibile.
"il CIB è parte di un piano coordinato
dalla Dena, l'agenzia energetica
tedesca, che ha per oggetto proprio la condivisione degli sviluppi normativi,
regolatori e tecnologici per favorire lo sviluppo del biometano a livello
europeo. Parallelamente il Consorzio Italiano Biogas ha promosso un gruppo di
lavoro nazionale, con Confagricoltura,
Aiel, Cia, Assometano, Ngv Italia, Legambiente, le industrie del biogas e dell'upgrading e i ricercatori, con
l'obiettivo di velocizzare l'attuazione delle norme, contenute in un apposito
Dl 28/2011, per lo sviluppo del biometano".
Roba da manuale di modernizzazione ecologica:
transnazionalità (le industrie sono tedesche ed è l'agenzia energetica tedesca
a menare le danze, la governance collega soggetti privati e pubblici che
"condividono gli sviluppi normativi, regolatori e tecnologici". Al
governo si chiede solo di recepire e promulgare. L'ambientalismo istituzionale
a fare la ciliegina sulla torta.