(21.08.12) Da anni gli allevatori in Spagna e Francia denunciano l'aumento di predationi da parte dei Grifoni (arrivati anche nelle Alpi italiane). Solidarieté Pastorale in un comunicato denuncia come i pastori non siano creduti
Basta con i dogmi
(naturalisti)
di Michele Corti
testimonianze, filmati e anche studi dicono che il
grifone può predare ma la nomenklatura verde non
vuole ammettere l'evidenza
Il Gipeto (Gypaetus barbatus) e il Grifone (Gyps fulvus), avvoltoi europei della famiglia degli Accipitridi sono stati oggetto negli ultimi decenni di una vera e propria corsa al ripopolamento, uno sport in cui si sono cimentati gruppi ambientalisti e aree protette di vari paesi europei (sia con immissioni legali che illegali di animali d'allevamento). Sulle Alpi orientali e centro-orientali (oltre che in Sicilia e in Abruzzo) è stato reintrodotto il Grifone, specie che non si è mai estinta in Sardegna. Un po' su tutte le Alpi è stato reintrodotto il Gipeto che, comunque, continua ad essere raro. Il Grifone, invece, sta aumentando. È sempre stato presente in vaste aree della Spagna (specie sui Pirenei), mentre in Francia è stato rentrodotto artificialmente nel Massicio centrale. Da qui, in ragione di una certa attitudine a migrazioni di breve raggio, la specie si è spostata recentemente sulle Alpi Marittime anche in Italia.
Mentre il Gipeto, presente sempre in pochi esemplari, non viene considerato un problama dai pastori (che pure sostengono che predi gli agnelli), ben diversa è la situazione nel caso del Grifone che forma colonie numerose. Sui Pirenei gli attacchi alle greggi sono stati numerosi negli ultimi anni, sia sul versante francese che spagnolo. Le autorità, in alcuni casi, hanno derogato al Reg. CE 1006 del 16 settembre 2009 sul controllo e la eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili ("vacca pazza") che impedisce i carnai, siti dove gli allevatori portavano volentieri le carcasse al fine di evitare che gli stormi di Grifoni attacchino. Ciò è avvenuto prevalentemente in Spagna sulla base delle pressioni dei pastori esasperati. Ma anche con i carnai a disposizione per i loro banchetti iGipeti continuano ad attaccare gli animali vivi (a dimostrazione che, quando un predatore è presente in modo massiccio ogni rimedio che non implichi anche il controllo, si rivela vano).
I soliti mantra: "Non hanno alcuna strategia di caccia, sono necrofagi..."
Numerosi attacchi sono stati documentati (anche con filmati) non solo nei Pirenei ma anche nelle regioni montuose centrali della Francia dove il Gipeto è stato reintrodotto artificialmente. Nel 2010, anche di fronte a queste evidenze, Érice Sourp del Parco dei Pirenei continuava a sostenere il mantra che "Les vautours sont d'abord des charognards qui n'ont aucune stratégie de chasse" (i Gipeti sono essenzialmente dei necrofagi privi di qualunque strategia di caccia) ma ammetteva che: "Leur cohabitation avec les troupeaux a toujours existé, mais il est vrai qu'ils attendent moins qu'avant pour intervenir sur les animaux en difficulté, qu'ils soient blessés ou prêts à mettre bas" (A tutt'oggi vi è una coabitazione con le greggi ma è vero che non attendono più come un tempo ad intervenire sull'animale in difficoltà, ferito o durante il parto"). Alcuni pastori delle Alpi marittime piemontesi hanno constato attacchi di Grifoni a pecore fin cattive condizioni ma vive.
Le posizioni dei "naturalisti" sono piuttosto lontane dalla metodologia scientifica che si basa sul principio del dubbio, sempre. Nella scienza non ci sono (o almeno non ci dovrebbero essere) dogmi ma solo conclusioni provvisorie, ipotesi di lavoro utili per interpretare la realtà, i fenomeni complessi e pervenire a nuove conclusioni un po' meno incerte. Dal momento, però, che lo scienziato tende a rivestire il ruolo sociale che un tempo era proprio dei sacerdoti (e non è abbastanza umile da applicare a sé stesso il metodo scientifico grazie al trucchetto della separazione artificiosa tra "scienze naturali" e "sociali"), non si accorge che continua a cadere nell'errore di trasformare ipotesi in dogmi nella sua posizione sacerdotale. Secondo l'interpretazione corrente l'evoluzione degli avvoltoi tende unidirezionalmente ad una progressiva specializzazione necrofaga come dimostrerebbe l'evoluzione del becco e degli artigli. Anche l'osservazione circa l' "assenza di strategie di caccia" esprime, sul piano dell'etologia, la visione unidirezionale e sostanzialmente statica dedotta dalle osservazioni anatomiche. Se solo i naturalisti avessero la compiacenza di uscire dal recinto mono-disciplinare (che conforta gli scienziati con le sue apparenti certezze) e studiassero un po' di storia ed ecologia storica si accorgerebbero che strategie di caccia, dieta e habitat preferiti da animali come orso e lupo cambiano continuamente nel corso della storia, ovvero da quando è apparso il superpredatore (noi, brutti, cattivi e "nocivi" umani). Le caratteristiche delle specie rimangono sempre le stesse (magari cambia un po' la taglia se la vita è grama) ma i comportamenti si modificano radicalmente. L'artificiosa distinzione tra sfera naturale e culturale induce a perpetuare l'errore di sottovalutazione della plasticità culturale degli animali superiori che riguarda non solo i primati e nemmeno solo i mammiferi (sui comportamenti sociali e l'apprendimento culturale degli uccelli credo sia sufficente evocare Lorenz) . I comportamenti appresi dai conspecifici hanno un ruolo probabilmente ancora non adeguatamente compreso nel determinare l'adattabilità alle nuove condizioni ambientali. Così i nostri super-esperti si dichiarano sorpresi e un po' spiazzati a fronte a clamorose modifiche di comportamento in un contesto di trasformazioni di habitat che oggi è forse veloce come mai. Vale per gli orsi (che passeggiano in città e che si fanno fotografare a lungo a pochi metri di distanza) ... e per i gipeti
Dogmi per il volgo profano e "bugie a fin di bene"
Forse se rinunciassero al dogma dell'avvoltoio necrofago, che fa da pendant a quello (non meno ridicolo dell'orso vegetariano e al massimo formichiere) eviterebbero anche di trovarsi in posizioni imbarazzanti. Perché, prima o poi, nonostante i principi di "non interferenza reciproca" nei recinti monodisciplinari, prima o poi il resto della comunità scientifica che vuole autotutelarsi chiede il conto a chi indulge troppo nell'autoreferenzialità (e la punizione è pesante: spostamento dei confini delle discipline, legittimazione di nuove discipline e delegittimazione di quelle fossilizzatesi). In ogni caso c'è anche un altra questione in ballo e che riguarda il ruolo sociale della scienza. Discorso scientifico e discorso divulgativo non possono non essere coerenti tra loro. Si può "volgarizzare" una teoria, una ipotesi, una interpretazione ma non si può, ad uso del pubblico profano dei sacri misteri della scienza, raccontare che una cosa è bianca se è nera. Invece oggi accade spesso così. La divulgazione diventa manipolazione, diventa strategia politica.
I naturalisti, ritenengono che la causa della diffusione delle specie a rischio e della reintroduzione dei quelle estinte sia una Santa crociata dettata da "necessità biuologica". In realtà per chi osserva da fuori, con occhio "scientifico", basta la considerazione che tutto questo impegno è focalizzato a poche specie carismatiche (in grado di muovere emozioni anche interessi economici) per capire che la Santa crociata è basata su motivazioni ideologiche. Autoconvinti o meno della sacralità della causa i nostri si sentono moralmente legittimati a mentire a fin di bene: ammanniscono le favole del lupo e dell'orso che non sono pericolosi per l'uomo, dell'orso raccoglitore di bacche, degli avvoltoi "necrofagi obbligati". Lo fanno per non creare "allarme sociale", per evitare "strumentalizzazioni" (i profani, si sa sono come bambini...), per tenere calme le acque e consentire che i loro beniamini e protegè prolifichino (cosa che per loro significa fondi nelle casse dei loro progetti, consulenze, cattedre universitarie, incarichi nei Parchi ecc.).
Cittadini di serie B .....
Le tattiche di "informazione" del pubblico e di gestione della comunicazione in materia di specie reitrodotte prevedono che al pastore che rende una testimonianza che contraddice le loro rassicuranti teorie non si debba credere. In questo modo tutta la faccenda si carica di trasparenti e sinistri significati sociali e culturali. Egalité proclama la modernità politica. Ma se la testimonianza di un allevatore non è creduta in quanto rappresentante del suo gruppo socialedove va a finire l'uguaglianza, la pari dignità dell'individuo tanto proclamate? Eppure è proprio così: ci sono cittadini di serie A e di serie B (ma la modernità non ha giustificato lacrime e sangue in nome dell'abolizione dei privilegi di nascita e di ruolo sociale dell' ancient régime?).
Quando i verdi ... danno la colpa al lupo
L'Association Solidarité Pastorale
Gli stupidi pastori
Per i pastori i fronti si moltiplicano. Gli avvoltoi parevano quasi un alleato del pastore perché quantomeno lo sollevano dal compito di interrare le carcasse delle vittime di orsi, lupi e linci. Ma anche gli avvoltoi cambiano e, forse in forza dell'assoluta protezione di cui godono anch'essi, si "allargano", diventano più coraggiosi. Dalla carogna si passa all'animale ferito o malato, da quest'ultimo a quello sano. Va anche detto che la pressione predatoria di una specie è una variabile che dipende dal numero di predatori, dalla densità e accessibilità delle prede domestiche, dalla presenza di alternative selvatiche. Se tutt'oggi i pastori africani e asiatici eliminano i Grifoni vuol forse significare che sono masochisti, che mettono in pericolo un utile "spazzino"? No. Che in certi casi l'avvoltoio esercita una pressione predatoria più o meno rilevante. I naturalisti negano, ritengono che essendo i pastori stupidi e ignoranti lo fanno per un "pregiudizio". Si vede che sono rimasti all'antropologia positivista lombrosiana. Al razzismo ("scientifico", per carità), di quei colleghi scienziati - al tempo rispettati e onorati non dimentichiamolo -che proclamavano l'inferiorità di razze e gruppi umani in un'era che pare lontanissma ma è ieri (è trascorso un secolo o poco più). Ne prendono di cantonate gli scienziati!