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(28.08.12) Il Corrierone si accorge che i lupi sono un problema

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(13.08.12) Per gli allevatori piemontesi i danni e le beffe

A Limone Piemonte i turisti e il comune rinfacciano ad un allevatore di essere vittima dei lupi. Dopo aver perso delle manze gravide (proprio dove transita la corsa "La via dei lupi") a Tiziano Aiassa il comune ha contestato la violazione di un regolamento che impone la presenza di un pastore ogni 30 capi  leggi tutto

 

(07.08.12) José Bové  leader contadino e pastorale europeo

Bové rompe con l'ecologismo urbano-borghese  “Noi ecologisti dobbiamo smetterla di parlare a vanvera: non si può essere contro la desertificazione delle campagne e l’infinita espansione urbana e, al tempo stesso, a favore della creazione nelle campagne di spazi dove gli agricoltori non possono vivere.  Si deve poter sparare al lupo perché la priorità è quella di mantenere i contadini nelle zone di montagna” dichiarazione a Le Monde del 2 agosto 2012. le posizioni dell'ex allevatore ovino Bové non erano nuove ma i bigottoni verdi si sono scandalizzati e l'hanno denunciato leggi tutto

 

(01.07.12) Alpeggi piemontesi  tra siccità e lupi  

La grave siccità con il tempo secco ha ridotto nella prima parte della stagione gli attacchi dei lupi. Ma sono comunque numerosi e hanno interessato alpeggi sinora "risparmiati" leggi tutto

 

(20.06.12)A Barcellonette (Francia) il primo incontro su lupo e predazione

 Importante avvenimento ieri nell'Ubaye (Alpi Provenzali) dove si sono incontrati esponenti del pastoralismo francese ed italiano per impostare una strategia comune di difesa dai danni crescenti della predazione sui sistemi di allevamento alpini. leggi tutto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(30.08.12) Grazie al Corrierone sappiamo che il Roquefort è a rischio lupo e che tra il lupo e i golosi di tutto il mondo si apre una contraddizione. Ma pochi sanno che il Cabrales (erborinato ovicaprino) ha perso la sua identità per colpa dei lupi

 

Con lobos no hay paraíso

 

(Con i lupi non c'è nessun paradiso)

 

 

di Michele Corti

 

L'articolo del Corrierone sul formaggio Roquefort ha avuto una grande eco. Tra i sistemi pastorali pastorali "alla prova del lupo" vi sono anche quelli iberici. Il gruppo "Con lobos no hay paraíso" (Nessun paradiso con i lupi) denuncia come nel Parco Nazionale del Picos de Europa nelle Asturie  il lupo abbia già eliminato da tempo il sistema pastorale locale nel silenzio generale

 

Nelle Asturie, dopo che il lupo aveva causato (insieme ad altri problemi, nessuno lo nega) la falcidia delle aziende pastorali, quando i lupi sono arrivati a predare in prossimità delle spiegge s'è mosso qualcosa. In Italia sta succedendo lo stesso in diverse regioni. Si rischia di porre un freno al lupo quando ormai i buoi (anzi le pecore e le capre ) sono scappati.

La forza del pastoralismo italiano è modestissima ma la protesta dei pastori sta organizzandosi anche da noi. La cosa da un fastidio incredibile alla potente lobby animal-ambientalista che, almeno sinora, riteneva di essere onnipotente. Tanto che, qualche giorno fa, un pastore espostosi in prima persona nella denuncia del problema-lupo ha ricevuto - sulla base di una segnalazionbe anonima per maltrattamenti agli animali - l'ispezione di tre guardie ecozoofile con manette e pistoloni bene in vista alla cintura). Loro sono democratici e pacifisti. O sono forse fascisti?

 

 

L'importanza dei contatti e del coordinamento pastoralista europeo

 

La posizione di debolezza politica, culturale, economica del pastoralismo in Italia e altrove può trovare compensazione e riferimento in un movimento europeo di difesa dal lupo. Grazie ai gruppi piemontesi, a contatto con quelli al di là del confine - a loro volta in contatto con i gruppi iberici - si sta creando un coordinamento. Noi pastoralisti non abbiamo le risorse della lobby ambiental-animalista ma, grazie anche al web (maledetto web), cerchiamo di compensare. A differenza di come ci dipingono loro poi non siamo proprio analfabeti. Nel quadro dell'allargamento della discussione sul lupo e la pecora a scala europea ha ritenuto utile tradurre e pubblicarle un interessantisimo documento del gruppo asturiano anti-lupo Con lobos no hai paraíso (Nessun paradiso con il lupo) pubblicato da "Crónicas del Oriente", 18 Agosto 2012. Non solo per aiutare la crescita di un movimento pastoralista europeo attraverso la conoscenza reciproca dei problemi ma anche per indurre alla riflessione chi, in buona fede, difende l’ambiente e, soprattutto, chi ritiene che non si possa difendere l’ambiente senza incidere sui modelli agroalimentari e favorire l'agricoltura tradizionale e i pastori (che non usano pesticidi, non dilapidano acqua e carburanti) ma poi, sul tema lupo, ripiega nel conformismo per paura dello stigma applicato a chi - in particolare su questo tema - devia dalla "correttezza politica".

 

La fonte: http://cronicasdeloriente.com/cronicas-del-oriente/declaracion-del-grupo-con-lobos-no-hay-paraiso/ Il documento mi è stato segnalato da Bruno Besche Commenge un sociolinguista (un altro analfabeta evidentemente) che da anni ha sposato la causa del pastoralismo e della difesa contro gli orsi e i lupi http://www.buvettedesalpages.be

 

Dalla Spagna gli ultimi pastori del Picos de Europa denunciano l'estinzione del loro antichissimo sistema di pastoralismo

Che non sia solo a rischio lupo il Roquefort artigianale di pascolo ma tante altre produzioni veramente legate alle culture pastorali lo i pastori di varie parti d’Italia. Ma i media non si degnano di ascoltarli e anche Slow Food – almeno per ora – non ritiene di dover prendere posizione. In realtà non si può sostenere di difendere il pastoralismo, i formaggi di pascolo e al tempo stesso lisciare il pelo al più ideologico e astratto animalismo e lupismo. L’articolo dl Corrierone ha comunque gettato un sasso nello stagno (è stato ripreso da un numero sterminato di siti e blog).

La situazione delle Asturie

Il collettivo "Con il lupo nessun paradiso", al quale aderiscono centinaia di allevatori, è al centro di aspre polemiche (in atto da anni) sulla gestione del lupo nelle montagne delle Asturie (in particolare nel Picos de Europa). Il documento pubblicato il 17 agosto  contiene una riflessione sulla storia della pastorizia nelle Asturie e sulle ragioni per le quali si dovrebbe attuare un controllo dei lupi molto più incisivo rispetto a quanto attuato finora da parte delle autorità.

I temi affrontati trovano riscontro in situazioni analoghe in Italia e in Francia (e sicuramente di altri paesi con i quali, però, non abbiamo contatti diretti. L’orgogliosa rivendicazione della valenza ambientale, sociale e culturale del pastoralismo asturiano, ormai ridotto al lumicino, vale da sprone per altre realtà all’apparenza ancora più vitali.

I pastori anti-lupo asturiani difendono un sistema tradizionale di produzione lattiera che si è sviluppato adattandosi alle particolarità orografiche e climatiche del versante oceanico della porzione della cordigliera cantabrica. Si basa su una filiera basata sull’uso del pascolo per tutto l’anno. All’alpeggio fa riscontro in inverno l’utilizzo di pascolo a bassa quota in forza della mitigazione termica e alla buona umidità garantite dall’oceano.  La filiera era favorita dal carsismo e quindi dalla presenza di grotte naturali adatte alla stagionatura del formaggio. A questi vantaggi faceva riscontro una orografia fortemente accidentata, la presenza di cavità e fenditure del terreno che impedisce l’uso del pascolo da parte di grossi greggi e l’impiego dei cani anti-lupo. Il clima che favorisce una lunga stagione vegetativa e rende ignoti i problemi di siccità ben noti al pastoralismo mediterraneo ha anch’esso,però, il suo retro della medaglia: tanta nebbia.

 

 

Non è solo colpa del lupo, ma ha fatto precipitare le cose

 

Era un equilibrio sapiente messo appunto nei secoli, nei millenni. Lo hanno rotto tre fattori: il lupo, la cui espansione è stata favorita senza tenere conto dell’impatto sul particolare sistema pastorale, le norme europee che hanno penalizzato con pesantissimi adempimenti e adeguamenti strutturali e tecnologici le produzioni casearie pastorali, le incentivazioni dei sistemi di allevamento estensivi da carne e , in particolare, i premi per la linea vacca-vitello. Nel ripercorrere la storia dell’attacco politico al pastoralismo asturiano il gruppo “Con il lupo nessun paradiso” ricorda come il Parco del Picos de Europa, ormai centenario, non abbia mai voluto interloquire con i pastori e riconoscere la valenza ambientale, storica, sociale e culturale del sistema pastorale, ricorda il colpo di grazia assestato dal fascismo (franchismo) in Spagna che, come in altri paesi, è il naturale alleato delle visioni tecnocratiche e autoritarie di tanta cultura e prassi forestali (non bisogna dimenticare che il forestarius nasce come sgherro delle grandi possessioni altomedioevali). Nel Nord della Spagna (chi ci è stato non può non averlo notato) il forestalismo tecnocratico ha imposto un paesaggio monotono di conifere esotiche sulle montagne dei rilievi in prossimità della costa dell’Atlantico che hanno distrutto l’ecosistema imponendo una monocoltura che impoverisce al massimo la biodiversità e favorisce gli incendi boschivi. L’invasività dei popolamenti artificiali di pini esotici ha privato il pastoralismo asturiano dei pascoli invernali che rappresentavano il punto di forza. Poi, con la fine degli anni ’80, è arrivato il lupo. In un contesto di aziende ad indirizzo lattiero di piccole dimensioni (è la struttura ecologica che impone questo indirizzo) L’impossibilità di gestire un pascolo custodito e di impiegare i cani da difesa (incespugliamento, nebbia, morfologia del terreno accidentatissima) rende la convivenza con il lupo impossibile. E capre e pecore solo sparite tanto che i lupi hanno proseguito altrove la loro marcia trionfale di espansione (in vista del congiungimento di tutte le aree europee da loro occupate: dagli Urali alla Galizia).

 

 

Lupi o Cabrales (della tradizione pastorale autentica)

 

Come tanti altri formaggi legati ad una matrice pastorale anche il Cabrales artigianale prodotto dai pastori asturiani si è forse estinto. Il Cabrales è un formaggio a pasta erborinata che deriva il suo nome non tanto da un generico riferimento alla cabra (capra) quanto ad un comune (Cabrales). Il Cabrales, come ricorda il documento degli “indignati” delle Asturie era tradizionalmente prodotto anche a Peñamellara alta. L’ho acquistato una volta ad Eataly a Torino dopo averlo trovato in qualche carrello di ristorante (un’altra specie in via di estinzione).

Oggi, leggendo e traducendo il documento del gruppo asturiano oltre a provare una forte empatia per questi pastori così massacrati mi è tornato in mente quell’acquisto. Cosa direbbero i frequentatori di Eataly? Il lupo è veramente uno specchio inquietante, un discrimine lacerante. Ma forse è un bene. Costringe a guardare dentro nei nostri pregiudizi, nelle certezze consolatorie, a rimetterci in discussione. Lo dico non solo per “gli altri” (i lupofili, dentro i quali sono il primo a riconoscere che c’è una gamma di tipologie umane molto variegata da approcciare in modo diverso)  ma anche per me, perché la necessità di prendere di petto i problemi e di prendere posizioni militanti senza se e senza ma non deve far cadere nel manicheismo o nel rischio di ergersi a giudice inappellabile . Certo che il difficile equilibrio raggiunto dentro Slow Food tra edonismo e ricerca di distinzione sociale da una parte e impegno etico dall’altra (la dimensione del cibo giusto, gli orti per l’Africa) , tra quelli che i francesi chiamano i bobo-chic (crasi linguistica di Bourgeois Bohémien) da una parte e i contadini e i pastori dei presidi dall’altra, messo alla prova del lupo rischia di rompersi. E se su queste questioni Slow Food svicola ignorando che i “formaggi di pascolo” tanto decantati non si conciliano o si conciliano con difficoltà e a ben determinate condizioni con la presenza del lupo poi la credibilità di tante iniziative rischia di essere compromessa.  

Perché non cominciare a discutere di questi “gridi di dolore” che arrivano dalla Francia, dalla Spagna ma anche da casa nostra?

 


Dichiarazione del gruppo “Con il lupo nessun paradiso”

Un certo numero di cose che dovreste sapere su lupi e pastori e che nessuno vi ha mai raccontato.

1) Anche se nelle Asturie i sistemi pastorali che caratterizzano comuni o parrocchie sono numerosi si possono ricondurre a due diversi sistemi:.

  • Quello del versante sud, l'altopiano castigliano e del León, che rappresentauna dei lembi estremi dell’area storica  della transumanza  degli ovini merino, sorvegliata da cani da guardia, i "mastini." Alla fine dell’inverno arrivavano dall’ Extremadura per utilizzare gli  alpeggi;
  • Quello del versante nord, verso l'oceano, una zona di allevamento stanziale("Estante" ), praticato da allevatori locali di ovini, caprini, in misura minore,  di bovini che nei secoli, si sono specializzati nell’utilizzazione del pascolo per la produzione di formaggio. Gli allevatori  spostano tra il fondovalle e le montagne: in estate sui pascoli estivi (tra 1000 e 2000 m di altitudine) e, in inverno, pascoli invernali ("inviernos") tra 600 e 100 m . Il sistema di allevamento del Sud è basato su un spostamento di latitudine, quello del Nord in altitudine.

2) Le  due aree (Nord e Sud) sono separate da tre massicci di Picos e, segnatamente, da un allineamento di creste e di gole che rappresenta un confine naturale tale da rende difficile lo spostamento del lupo dall’altopiano castigliano alle zone costiere della Cantabria. Questo è il motivo per cui i pascoli estivi più interni e l'intero territorio asturiano rappresentano un'area di difficile accesso per i lupi del plateau castigliano. Questo contesto è stata stabilito  dalla natura e dalla geografia: da una parte l’effetto barriera, dall’altra, la possibilità di disporre di pascoli durante tutto spostandosi di altitudine.

Per migliaia di anni, queste circostanze particolari hanno consentitol’esistenza in una specifica società pastorale. Oggi i comuni di Peñamellera Alta y Baja, Cabrales, Onis, Cangas de Onis Amieva rappresentano comunità di pastori stanziali dediti all'allevamento delle pecore e capre secondo metodi particolari, dotate di istituzioni locali di autogoverno, che utilizzano sistemi particolari di pascolamento e di utilizzazione dei beni comunali nonché di gestione del territorio, di produzione alimentare, il tutto legato alla produzione casearia.

 

3)  Il sistema di pascolo stanziale del Picos de Europa, , probabilmente uno dei più originali d'Europa rappresenta  una cultura molto antica e originale a rischio di estinzione. La conservazione del paesaggio e del sistema agro-ecologico del lato oceanico dei Picos dipendono da esso.

Vitale per garantire la conservazione, questa cultura sta però morendo insilenzio per diversi motivi: la mancanza di informazione dei cittadini, l’irresponsabilità Parco Nazionale non ha mai considerato l'importanza della pastorizia quale angolare dell'ecosistema,  il disprezzo degli enti pubblici, in particolare di quelli relativi che si occupano della conservazione della natura,  ma anche i cambiamenti e le innovazioni introdotte dall'economia industriale e il trionfo di una distorta propaganda conservazionista che si basa sull'idea che il lupo deve prendere il posto di ovini e caprini. In primo luogo è stata la tecnocrazia forestale franchista che ha sradicato capre e pecore dai pascoli estivi della costa per piantare pini. È seguita poi una politica di conservazione sbagliata, completamente staccata dalla logica e dall’ecologia culturale e della storia di questa terra, ha incoraggiato la ricolonizzazione del lupo prenderne possesso dei  "Cabrales" (nome di un formaggio locale) mettendo fine alla pastorizia stanziale.

 

4) Dagli anni '80 del secolo scorso il lupo, dopo decenni di intensa persecuzione, si è espanso a partire dai suoi ultimi rifugi nel nordest della Spagna(Zamora, León, Palencia, Burgos, Orense, Lugo, Asturie occidental. L’idealizzazione del lupo da parte dell’opinione pubblica urbana, le politiche di protrezione ambientale e una drastica riduzione della popolazione rurale hanno fatto si come il lupo potesse iniziare una proliferazione che ha cominciato a manifestarsi con incursioni e danni a partire dal 1986 sul versante oceanico dei Picos de Europa.

 

5) A partire dagli anni ’90 i lupi hanno invaso il resto del versante asturiano dei Picos. Dopo un lungo dibattito e una sterile polemica tra pastori e dell'amministrazione su levrieri o cani da caccia - e i lupi da una parte e i cani dall’altra – è stato consentito ai lupi di continuare il loro incessante lavoro e di organizzarsi in branchi stabili sul lato oceanico dei Picos . Con il consenso dell'Amministrazione del Parco Nazionale - che mai nei suoi quasi cento anni di storia ha avuto alcun rispetto per i pastori – si è finito per consentire tacitamente ai lupi di distruggere in pochi anni un complesso sistema pastorale ben adattato e regolato per la messa a punto del quale sono stati necessari migliaia di anni. In occasione del centenario è stato pubblicato un poster commemorativo autolodativo per dare il benvenuto ai lupi. Da 20 anni in qua i lupi si alimentano quasi esclusivamente di domestico. È stato calcolato che hanno ucciso quasi 3.000 pecore in questi anni. A fronte di questo, un gran numero di pastori ha gettato la spugna a causa della impossibilità di mantenere pecore e capre sui pascoli di montagna. E così sono state vendute e sono scomparsi i greggi perfettamente adattati alla montagna, ai cicli annuali di spostamento  tra i pascoli estivi e le aree di svernamento, e chi per secoli aveva prodotto formaggio e paesaggio.

Nessuna organizzazione ambientalista, nessuna Amministrazione nazionale oregionale, né ha lanciato un allarme sulla tragedia ecologica, umana, ecologica e culturale che ci è toccata con la morte della pastorizia e l'espansione del lupo sul versante oceanico dei Picos.

 

6) Dal 2000, dopo aver sterminato le pecore e le capre dei Picos, i lupi si sonorivolti ai massicci in prossimità della costa di Cuera e Sueve. Solo allora, quando già massacravano dei greggi a brevissima distanza dalle spiagge di Llanes e Ribadedeva, hanno preso a suonare tutti gli allarmi e l'Amministrazione ha tentato di metterci una pezza. Troppo tardi. In quel momento i lupi, grazie a chi li ha aiutati sad espandersi  e a riprodursi a loro agio, aveva causato l’estinzione di un millenario allevamento da latte ovino e caprino. L’incespugliamento avanza senza freno e l'ecosistema, che fino ad allora era stato gestito dalla cultura pastorale va definitivamente alla deriva. Come una barca senza capitano né equipaggio.

Se qualcuno crede che il lupo si prenderà cura della natura in Picos de Europa,si sbaglia. I lupi non hanno un legame con il territorio, lo utilizzano in funzione del loro interesse di grandi predatori,  secondo la loro logica, sviluppata eistintivamente intelligente.  Conquistano ogni volta un ulteriore porzione di  territorio che trasformano in zona di rifugio e riproduzione. Se gli animalisti e gli altri difensori della natura altri credono che a un certo punto il lupo arresterà la sua espansione si sbagliano ancora una volta. Non si arresterà mai perché questa spinta è la chiave della sua forza straordinaria: conquistare nuove terre e adattarvisi, predando tutto ciò che è possibile per alimentarsi.

 

7) Per evitare di commettere errori nella gestione del lupo sul versante oceanico dei Picos, è necessario sapere come funziona un tempo l’ecosistema pastorale fondato sulla reciella (1).

Prima di incoraggiare l'insediamento del lupo su questo lato, i responsabilidella conservazione della natura avrebbero trarrebbe beneficio dalla comprensione del sistema pastorale locale nonché dal rispetto e dalla valorizzazione della valenza ecologica del patrimonio culturale creato dalle comunità di pastori.

Eppure, nonostante si occupi da quasi un secolo di questo paesaggio culturale,il Parco Nazionale non ha mai intrapreso il minimo studio per conoscere cosa era stato fatto dai pastori in più di 6.000 anni di gestione ininterrotta di queste montagne, compresi i lupi e la fauna selvatica. Non ha mai chiesto loro come e perché operano in un certo modo. Il sistema locale pastorale si è ormai quasi estinto almeno senza che abbiamo neppure tentato di conoscerlo. Lo spiegheremo succintamente.

Come abbiamo detto, la reciella segue un ciclo annuale tra la valle e le cime in cerca di pascolo. Alla fine dell'autunno e in inverno  gli animali sono confinati in aree di svernamento, le invernales, con pascoli tra i 100 ei 700 metri sul livello del mare. A metà primavera , dopo i parti, capre e pecore con i loro piccoli sono fatte salire agli alpeggi, tra i 900 e i 1.600 metri, dove sono munte per produrre il formaggio, e godendo i benefici dei pascoli d’altura. In questa fase stagionale gli animali seguono un ritmo giornaliero ben preciso: si munge alle prime ore del mattino, gli agnelli e le caprette se extreman (2) e restano in prossimità delle baite mentre le madri vanno al pascolo compiendo un lungo percorso (3) che si conclude con il ritorno alla baita alla sera per la seconda mungitura.

Poi, da metà agosto, quando le pecore vanno in asciutta e cessano di produrreil latte, non sono più radunate la notte nei pressi dei ricoveri, ma salgono e pascolano libere a relencu al (4) sui pascoli più alti, tra i 1.400 ei 2.000 metri . Madri e piccoli aumentano di peso, ingrassano, e continuare a profittare dei pascoli senza la presenza quotidiana del pastore che divide il suo tempo tra il lavoro a valle e le cure del formaggio che stagiona in grotte naturali sui pascoli di montagna. Naturalmente tutte queste forme e fasi del sistema pastorale regolate al millimetro sono possibili se non sono incalzate dal lupo. La complessa orografia dei Picos, i pericoli del terreno molto accidentato caratterizzato da mille fenditure formate dalla roccia calcarea, la dispersione delle limitate aree di pascolo, la suddivisione dei greggi in piccoli gruppi tenuti insieme da legami familiari, le nebbie frequenti e dense, tutto questo rende impossibile per il monitoraggio continuo del pastore accanto al bestiame. Mai nella storia dei Picos si sono utilizzati al pascoli i cani da protezione. Non c'è traccia di trappole o etnografici chorcos per i lupi [trappole particolari in cui il lupo deve essere spinto da dei battitori]. Non siamo sull'altopiano castigliano dove le pecore pascolano nella fascia strettamente sorvegliata da cani da guardia. Qui, a causa della frammentazione e delle fenditure del terreno, a causa della dispersione delle zone di vegetazione, questa forma di pastoralismo è impossibile ed è insostenibile pascolare in mezzo ai lupi. I lupi sono compatibili, ma con dei limiti, sul versante castigliano, non lo sono in alcun modo dalla parte delle Asturie.

 

8)  Abbiamo riferito come il formaggio pastori di ovini e caprini da latte (della reciella casearia) si siano trasformati in allevatori di vacche nutrici dipendenti dai contributi europei.

L'unica  alternativa rimasta all'economia pastorale dopo il trionfo del lupo e l'impossibilità di far pascolare la reciella.  La responsabilità non è solo del lupo perché se si voleva continuare ad utilizzare i pascoli e a fare il formaggio si era costretti a vivere in condizioni non diverse da quelle del Medio Evo mentre l’allevamento bovino è premiato dalla PAC. Le montagne si sono riempite di vacche nutrici sussidiate. Eppure sappiamo che più di un terzo della superficie dei pascoli sui pendii dei Picos sul versante delle Asturie può essere utilizzato solo da capre e pecore e non è bene che la montagna sia presa d’assalto ogni estate una mandria di mucche in un mare di cespugli. Ma i pastori produttori di formaggio non hanno avuto altra scelta che diventare vaccari.

 

9) L’ ecologia pascolo è essenziale per la conservazione del paesaggio e dellabiodiversità del Parco Nazionale Picos de Europa. L’ habitat più importante sul lato asturiano è costituito quello dai pascoli subalpini  mentre sul versante del León e nelle zone dai boschi di latifoglie. Tutto ciò va considerato con criterio, stabilendo delle priorità. I responsabili politici e amministrativi del parco, invece,  non sanno nulla, o meglio non hanno mai voluto sapere nulla, dell'importanza ecologica delle culture pastorali delle comunità locali. I pastori e le loro greggi di bestiame minuto (reciella) sono necessari per preservare la biodiversità delle praterie alpine e subalpine che forma, insieme a rilievi calcarei, l'essenza del Picos de Europa quali siti meritevoli di protezione.

 

10)  Con il lupo, nessun paradiso," è un modo di affermare che, in paesaggi culturali come il Picos de Europa. Non stiamo chiedendo l'estinzione del lupo, ma non vogliamo che sia lui che controlla e gestisce il territorio. Noi non vogliamo l’abrogazione del Parco Picos de Europa, ma vogliamo denunciare una politica di protezione della natura che per quasi un secolo ha tramato contro i pastori. In primo luogo e sin dall’inizio perseguendo il tentativo  di ridurre i loro diritti, di svuotare le istituzioni attraverso le quali la comunità locale decide dell’uso della proprietà comunale. Poi, negli anni '70 del secolo scorso e nel tardo periodo franchista  piantando pini nelle aree di svernamento del bestiame minuto e predisponendo normative per impedire l’alpeggio. E ora, sin dagli anni '90, favorendo l'espansione incontrollata del lupo sul versante oceanico del parco in modo che esso allevi i suoi cuccioli in mezzo a capre e pecore in modo da farla finita con l'antico lavoro dei nostri antenati.

 

Picos de Europa, 17 Ago, 2012

 

Note:

1 Bestiame minuto(ovino ecaprino)

2 Separazione dalle madri.

3 I pastori non accompagnano il bestiame sul percorso perché devono a lavorare il latte, ma il gregge segue da solo un percorso ad anello di alcuni chilometri che si ripete con una precisione straordinariae non sorprende neppure che  le grandi dinastie di pastori: Valley, Siero, Aspron , Remis nel corso di secoli fissarono i percorsi della pastorizia e li associarono strettamente al loro spazio di vita da una generazione all’altra.

4 Senza la presenza quotidiana del pastore e non raggruppate nel gregge

 


 

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