(28.09.13)Viviamo in un momento storico di profonda crisi. La distribuzione del potere, la struttura giuridico-amministrativa, i sistemi di conoscenza, il propulsore finanziario-tecnologico del sistema accelerano la distruzione ecologica fingendo di adottare soluzioni "ecologiche" che nascondono solo sete di profitto
Al rogo la pollina ... ma
santi subito i digestati (biogas)
Follie e crimini contro la fertilità della terra
di Michele Corti
La corsa alle biomasse speculative non solo non risolve i problemi delle emissioni climalteranti ma aggrava problemi di chiusura dei cicli degli elementi nutritivi, incentiva le combustioni e la trasformazione della materia in forme difficilmente degradabili dai sistemi biologici, quando non tossiche per gli organismi viventi. Le scorie del sistema industrial-tecnologico tendono ad essere sempre più disseminate nell'ambiente e negli organismi compromettendo i sistemi viventi, a partire dalla salute e dalla fertilità umana
Il riscaldamento globale rappresenta un rischio grave, ma non più di altri. Vi è un'accellerazione impressionante dell'estinzione di specie animali e vegetali (ad una velocità 1000 volte quella "normale"), si estendono a macchia d'olio i tratti di mare "morti", vittime dell'eutrofizzazione, aumenta la desertificazione e le altre forme di degrado dei suoli, le sostanze chimiche inquinanti sono ormai presenti in ogni angolo del pianeta e in ogni organismo vivente, le nanoparticelle penetrano nelle cellule e negli organi subcellulari (nucleo compreso) e la genetica si sta arrendendo al dogma riduzionistico che negava l'influenza dell'ambiente sul corredo genetico (ipotesi bollate con il marchio d'infamia del "lamarkismo" da una scienza incapace di applicare a sé stessa lo spirito critico e di indagine). Gli inquinanti, le molecole xenobiotiche modificano l'epigenoma con conseguenze che si trasmettono per generazioni dopo l'esposizione nel grembo materno degli embrioni e dei feti (un fatto che molti che - giustamente a mio parere - difendono la vita dall'aborto normalmente sottovalutano). Questi tossici sono molto più diffusi di quelli in grado di alterare il DNA (i "tradizionali" agenti mutageni).
Il paradigma del catalizzatore
Il sistema mediatico e politico selezionano solo quegli allarmi e quei "rimedi" che sono in grado di rilanciare i cicli industriali e del profitto. Tanti anni fa l'applicazione del catalizzatore alle automobili ha contribuito a ridurre alcune emissioni degli autoveicoli ma era serviva anche a rimettere in moto l'industria automobilistica. Non ha certo risolto il problema degli impatti dei veicoli a combustione interna (tra l'altro ha cerato il problema dello smaltimento delle marmitte). Il dogma della nostra società dice che senza profitto e senza capitalismo non c'è progresso ma si sorvola sul fatto che senza le logiche del profitto come valore primario e del potere delle multinazionali i motori a combustione interna sarebbero già archeologia.
Le misure - a volte molto efficaci - che tendono a ridurre sprechi energetici e fonti di inquinamento, ma che non comportano stimoli al sistema industriale (ma solo al sistema delle piccole imprese o direttamente delle famiglie) sono tutt'oggi adottate con riluttanza e dedicando loro risorse modeste (specie se in confronto a quelle che incentivano la green economy industriale). Mentre non si premiano soluzioni virtuose ma non suscettibili di essere controllate dai sistemi distributivi grossi centri di potere economico, finanziario e politico (ma c'è differenza tra loro?) non si puniscono soluzioni viziose che stanno determinando effetti certi e devastanti sugli ecosistemi. Una di queste soluzioni visiose è rappresentata dall'uso (e abuso) dei concimi chimici in agricoltura.
Una sostanziale riduzione dell'uso dei pesticidi e dei concimi chimici (che - se si rivedono gli schemi dell'agricoltura industrializzata - può avvenire in larga misura senza ridurre le rese agricole) è misura che i governi si guardano bene dall'adottare, condizionati dal potere delle grosse multinazionali. Queste sono più influenti di tanti di essi e sono ben accreditate presso gli organismi sovranazionali che hanno ormai largamente espropriato gli stati nazionali ridotti a fantasmi. Del tutto insufficienti sono invece le misure per tutelare la fertilità dei terreni agricoli.
I rischi del suolo agricolo: erosione, compattamento, concentrazione di metalli pesanti, desertificazione
Tra i rischi che i media di regime si guardano bene dallo strombazzare ve ne sono alcuni che riguardano la capacità dei suoli agricoli di mantenere la fertilità e la capacità produttiva. Mentre le spinte speculative stanno sottraendo estensioni crescenti di superfici agricole alla produzione alimentare, il calo delle rese agricole in molte parti del mondo (Europa compresa) appare sempre più una drammatica realtà. Il "miglioramento" genetico delle specie coltivate, il ricorso ai concimi chimici e ai "fitofarmaci" non è più in grado di contrastare il calo delle rese colturali anche perché sta cominciando a farsi sentire l'effetto dei cambiamenti climatici che, a metà del secolo, sarà sensibile anche in Italia . Specie dove l'acqua di irrigazione scarseggia.
Nell'Europa meridionale (Padania compresa) gli effetti del riscaldamento climatico interagiranno con quelli del degrado del suolo. Scarsità di sostanza organica, erosione, compattamento, concentrazioni di metalli pesanti sono tutte piaghe interrelate che nella pianura padano-veneta sono tutte presenti in misura superiore alla media europea. Colpa dei metodi di lavorazione (intensi e profondi), dell'estensione della monocoltura, della presenza in alcune aree di un carico di bestiame stratosferico e della quasi completa assenza di bestiame in altre. Un suolo povero di sostanza organica trattiene meno acqua e va incontro più facilmente all'aridità, trattiene meno bene gli elementi nutritivi disciolti (che invece di essere assorbiti dalle radici contribuiscono alla contaminazioned elle acque), non è in grado di "nutrire" batteri e microfauna del terreno, fa venir meno gli effetti di stimolo di crescita delle radici e sulla salute delle piante. Un suolo povero di sostanza organica perde la capacità di aggregare il terreno in glomeruli (costituiti da componente minerale, organica e "cementi" organici e inorganici). Così è esposto all'azione erosiva del vento e dell'acqua e all'azione compattante di mezzi agricoli sempre più pesanti. Tanto di guadagnato per l'industria che vende più concimi chimici e fitofarmaci. Ma prima o poi ci sarà un redde ratione. Un crollo.
Il paradosso della compresenza della zootecnia intensiva e dell'impoverimento di sostanza organica del suolo
La carta dei suoli del Veneto (Cnr) mette in evidenza come gran parte dei terreni di pianura siano poveri di sostanza organica. Nonostante che in alcune aree (Verona ma anche Vicenza) la zootecnia sia ben sviluppata e che nelle aziende in forza della produzione di reflui zootecnici e di acquisto di concimi chimici vi sia un sostanziale surplus di azoto e degli altri principi nutritivi. Lo scarso valore dei liquami quali apportatori di humus, la soppressione dei prati permanenti, l'affermazione della maiscoltura in monosuccessione, l'ampio uso di concimi chimici hanno sortito il miracolo all'incontrario di un terreno agrario supernutrito che, però, perde progressivamente fertilità.
La situazione della Lombardia è solo leggermente migliore di quella del Veneto per la ragione che la zootecnia è più diffusa e ipertrofica. Anche qui, però, nonostante la montagna di deiezioni zootecniche (a Brescia le aziende avrebbero bisogno del doppio di superficie per rientrare nei paramentri della Direttiva nitrati) non sono pochi i suoli con una scorta di sostanza organica modesta se non insufficiente. Se nel terreno non si accumula uno stock di carbonio organico (importante anche per gli effetti serra), ma anzi si tende a ridurlo significa una cosa sola: gli elementi nutritici, a partire dal'azoto, apportati al terreno vanno altrove, si traducono in carichi inquinanti nell'ambiente (nitrati nelle acque, protossido di azoto e ammoniaca nell'aria). I politici lo sanno ma fingono di ignorarlo.
Ci mancavano solo le biomasse
Esperti, tecnoburocrati, organizzazioni "agricole" (sic) e politici hanno anche la faccia tosta di sostenere (in questo supportati da tecnici compiacenti) che la politica delle biomasse (bruciare sorgo o altre piante da fibra, bruciare paglia, bruciare pollina, produrre e bruciare biogas a partire da mais, triticale, orzo, segale, reflui zootecnici, scarti sottratti al compostaggio) è "sostenibile" anche dal punto di vista ambientale e agronomico.
La valutazione di questa politica sciagurata, che premia la distruzione della sostanza organica, disincentiva il compostaggio, disincentiva la restituzione al terreno dei residui colturali (stocchi ecc.) deve tenere anche conto di alcuni elementi. Tranne che nelle regioni dove la zootecnia è relativamente diffusa nella maggior parte delle regioni italiane il sistema delle aziende agricole non ha un surplus di elementi nutritivi ma un deficit. In queste condizioni sottrarre restituzioni colturali al terreno per bruciarle o biodigerirle (con la trasformazione di buona parte di cellulosa ecc. in metano) è ancora più grave.
La grande quantità di pollina disponibile in regioni come il Veneto e l'Emilia Romagna potrebbe rappresentare un ottima fonte di sostanza organica per il terreno. La pollina è un ottimo fertilizzante organico, riconosciuto tale da sempre. È ricca di sostanza organica, di azoto, di fosforo, possiede molta meno umidità che altri derivati degli allevamenti ed è palabile (un grande pregio, che viene riconosciuto dalle norme che regolano l'utilizzo agronomico degli effluenti zootecnici). La pollina può essere facilmente compostata con residui vegetali per ottenere ottimi compost. Anche da sola, matura e essiccata viene utilizzata per produrre concimi pellettati e granulari.
La pollina può essere facilmente compostata con residui vegetali per ottenere ottimi compost. Anche da sola, matura e essiccata viene utilizzata per produrre concimi pellettati e granulari. La pollina prodotta in Italia viene esportata in altri continenti. Ma in Italia ... è troppo cara e gli utilizzi sono limitati, di nicchia. Una nicchia che comprende peraltro molte aziende bio e che è in espansione (come tutto il mercato dei concimi organici, sia per la domanda bio che di aziende convenzionali che si rendono conto che non si risolve ma si aggrava il problema della fertilità e della carenza di sostanza organica aumentando l'uso di concimi chimici).
La via del compostaggio e dei trattamenti industriali per produrre concimi facilmente trasportabili non si scontra contro ostacoli tecnici (recentemente sono stati anche realizzati dei progetti di ricerca applicata sul tema della produzione di concimi innovativi dalla pollina) ma solo politici. Sì, politici, perché non ha senso parlare di economia quando si regalano miliardi di euro ai biomassisti e ai biogassisti. Con quella montagna di soldi potrebbero essere incentivate molte politiche virtuose.
La morsa dei concimi chimici e delle biomasse
L'uso della pollina è preso da una morsa: da una parte i concimi chimici continuano ad essere troppo convenienti. Le richieste di introdurre una tax a tutela dell'ambiente, della fertilità a lungo termine dei suoli agricoli, del risparmio energetico trovano orecchi da mercante nei governi condizionati dalle lobby agroindustriali e chimiche. Per produrre l'urea, il fertilizzante chimico più utilizzato in Italia (5 milioni di quintali) serve ammoniaca. Per sintetizzare l'ammoniaca servono materie l'azoto (atmosferico) e l'idrogeno e molta energia elettrica.
Senza una tassa l'urea, con il 46% di azoto, continuerà ad essere largamente utilizzata e la pollina che, anche dopo il trattamento industriale, ha "solo" il 4% di azoto. Il differenziale incide troppo sui costi di trasporto se non c'è un intervento correttivo. E che dei correttivi siano necessari ce lo dice il fatto che a "razionale follia" del sistema economico-finanziario sta distruggendo interi ecosistemi e compromettendo le condizioni di vita (almeno per l'uomo e molte altre specie). Senza un correttivo più che giustificato la pollina è condannata ad essere solo in piccola parte valorizzata adeguatamente per ricostituire le scorte di sostanza organica di terreni depauperati. Molta continuerà ad essere "smaltita" in modo incongruo dalle aziende avicole sui terreni più facilmente disponibili, altra viene avviata alle biogas, agli inceneritori e ai "gassificatori" .
E così un prezioso concime organico è stato classificato "rifiuto", salvo essere recentemente "riabilitato" come "biomassa" per essere bruciato (prima solo in impianti oltre i 6MW, ora liberamente). Per la gioia degli speculatori delle biomasse, dei combustionisti che per riempirsi le tasche aumentano le emissioni di NOx, SO2, polveri sottili, Composti Organici Volatili (tra cui una nutrita lista di molecole tossiche e cancerogene) in una Pianura Padana che è già una camera a gas e che pone lo Stato centrale e le Regioni in procedura di infrazione per il mancato rispetto della Direttiva sulla qualità dell'aria.
Quanto alle ceneri, ricche di potassa e altri elementi nutritivi, finiscono in discarica in quanto quelle sono ancora "rifiuto speciale". Tanti elementi nutritivi sequestrati. Una follia nella follia.
Pollina al rogo, digestato sugli altari
L'aspetto paradossale, ma che rivela tutta la cattiva fede dei tanti esperti mobilitati per sostenere che scelte che si giustificano solo con la speculazione e gli interessi delle potenti lobby, è l'applicazione del principio "due pesi, due misure" a pollina e digestati da biogas. Mentre ci si affanna a ringraziare i biomassisti, che nella loro immensa generosità e lungimiranza mandano (letteralmente) al rogo la pollina distruggedone la sostanza organica, per poter spingere il biogas gli esperti devono sostenere che i digestati (residuo del processo di digestione anaerobica delle biomasse, ovvero "cacca dei digestori") sono la settima meraviglia del mondo: un meraviglioso ammendante, un apportatore di sostanza organica (quando fa comodo presentarlo così), un meraviglioso concime "praticamente chimico" (quando fa comodo presentarli cosà). Alla luce della sua composizione la pollina è molto meglio dei digestati da biogas ma per favorire la politica delle biomasse la prima dev'essere vituperata, i secondi esaltati, santificati. Potenza di Mammona che illumina la scienza.
Intanto i digestati divengono sempre più un problema ambientale. La moltiplicazione di centrali (1000 ormai in Italia), costruite spesso in fretta e furia per poter agganciare gli incentivi, sono già state protagoniste di una serie senza fine di incidenti, con piccoli e grandi sversamenti di digestati (ricchissimi di ammoniaca ma anche di batteri potenzialmente patogeni, se non stabilizzati) e con enormi vasche di migliaia e migliaia di mc di liquame che che per cedimenti e rotture lasciano fluire tutto il loro puzzolente e inquinante contenuto.
Ma dal punto di vista agronomico e ambientale conta ancora di più la prassi, comunissima, di scaricare i digestati sui terreni vicini alla centrale (i pochi spesso in reale disponibilità dei biogassisti) che vengono saturati di liquame ristagnante in superficie, con quali conseguenze sulla struttura, sulla vita microbica, sulla lisciviazione dei nitrati nelle acque sotterranee. Quasi sempre (tranne che nei casi più gravi di sversamenti nelle acque pubbliche) i delinquenti se la cavano con sanzioni amministrative.
Che queste prassi siano comuni lo dimostra non tanto l'esperienza quotidiana di chi ha la sfortuna di risiedere presso le centrali, ma i progetti finanziati dall'Unione europea per trasformare in concimi granulari i digestati. Un compito molto più difficile che con la pollina perché si parte da una materiale più povero, ma un compito politicamente sostenuto perché consentirebbe di levare il "collo di bottiglia" che impedisce al biogas di diffondersi ulteriormente.
Così i digestati non inquinerebbero più (come si dice nelle motivazioni ufficiali di questi progetti ammettendo che i digestati inquinano, che i biogassisti li scaricano in un breve raggio dalle centrali con frequenza e in quantità insostenibili per il terreno).
Togliere il "collo di bottiglia" all'utilizzo della pollina, invece, non è politicamente conveniente perché toglie al demone della combustione e del superprofitto una biomassa potenzialmente lucrosa. Brutti segnali: le api muoiono (non per ragioni misteriose come dicono Monsanto e Syngenta ma per i pesticidi), le uova e la carne avicola valgono meno degli escrementi dei volatili.
La politica asseconda potenti e potentelli che aumentano il loro potere e i loro profitti. E più aumentano potere e profitti più imporranno scelte socialmente e ambientalmente disastrose. Il problema è ribellarsi in tempo prima che sia troppo tardi.
Normale scena di spargimento di digestati a pochi giorni di distanza sullo stesso campo e senza interramento. "Siete in Lombardia" (per parafrasare l'originalissima (come no?) campagna di promozione turistica, che si vanda di essere all'avanguardia in Italia dell'agricoltura più industriale (invece di vergognarsene). Eccole le "buone pratiche agronomiche" caldeggiate dalla Regione Lombardia, alfiere del biogassismo. Cosa rispondono all'Arpa, all'Ersaf, alla DG agricoltura. alla DG sistemi verdi, alla DG ambiente e energia? Hanno organizzato raffiche di convegni per convincere quanto è bello il biogas, hanno finanziato milionate su milionate per far dimostrare quanto è bello e sano il digestato e come fa bene il biogas all'agricoltura. Qualcuno intende costringere tutti questi apparati a rendere conto del loro operato e di come hanno speso i soldi dei contribuenti?