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Industrie zootecnico-chimico-energetiche

 


La Regione Lombardia invece che incentivare la soluzione dei problemi di sostenibilità della zootecnia industriale la spinge a investire nelle pseudo-soluzioni tecnologiche ... e a trasformare sempre di più le aziende zootecniche in impianti industriali

Per evitare di riportare la produzione zootecnica in equilibrio ecologico e "bypassare" la Direttiva Nitrati gli allevamenti lombardi "maxi" si trasformano in fabbriche di  concimi chimici investendo (con il sostegno della regione che paga gli interessi e i costi di garanzia) in costosi impianti che - oltretutto - richiedono molta energia

Lo schema qui riportato è tratto dal manuale dell'ERSAF (Ente regionale per i servizi agricoli e forestali) della Lombardia su: "NITRATI come gestirli"

 

 (www.ersaf.lombardia.it/Upload/NITRATI/02_07_tecniche.html)

 

Il problema della gestione dei nitrati è divenuto scottante in relazione alla procedura di infrazione aperta contro l'Italia per la mancata applicazione della relativa DIRETTIVA. Negli ultimi anni il governo centrale e quelli delle regioni hanno dovuto adottare una serie di provvedimenti per evitare lo spauracchio di una messa in mora che avrebbe comportato il mancato trasferimento degli ingenti fondi comunitari a sostegno dell'agricoltura. Tanto per cominciare nel 2006 sono state adottate dal governo centrale delle norme di applicazione che portavano a 83 kg di azoto la quantità "legale" prodotta da una vacca da latte. In Lombardia e altrove ai fini della quantità di liquami spandibile sui terreni si calcolava una produzione di azoto di 50 kg assolutamente ridicola in quanto fa a dati di 30 anni fa quando le vacche erano ben lungi dal produrre (e conseguentemente mangiare, defecare e orinare) quanto oggi. Ma faceva comodo.

 

Anche gli 83 kg sono peraltro un "trucchetto" derivante dal fatto che si è calcolata una "media nazionale" di un parco vacche che va dalla Frisona/Holstein cremonese da 12 t di latte all'anno alla Valdostana che non arriva a 3, per non parlare della Modicana, della Reggiana, della Rendena, vacche che non solo producono la metà (spesso meno) della Holstein ma sono anche molto più piccole.

Restava comunque il nodo delle "aree vulnerabili" e di alcune deroghe. Il nodo è stato sciolto accettando che il 57% della pianura lombarda venisse marchiato quale "vulnerabile all'inquinamento da nitrati", introducendo, sempre in Lombardia, lo stop di 90 giorni (in inverno) allo spargimento dei liquami ecc. A luglio 2008 la procedura di infrazione è strata interrotta.  Adesso, però, la zootecnia industrializzata lombarda deve confrontarsi con questa "vulnerabilità" che impone di ridurre la quantità di azoto utilizzata per le concimazioni a soli 170 kg/ha. Una calamità per allevamenti che hanno carichi di bestiame stratosferici legati alla fortissima produttività del mais (soprattutto quello prodotto come insilato integrale di piante allo stadio di maturazione cerosa delle cariossidi). Rispetto alle foraggere tradizionali l'insilato di mais consente di produrre 2,5 volte tante unità foraggere per ettaro di superficie coltivata. Ha però un difetto: è gravemente carente di proteine. Ma ci pensa il sistema agroindustriale globalizzato. Le stesse multinazionali che producono semi e diserbanti per il mais sono fortemente implicate nella coltivazione della soia, il prodotto con la maggiore concentrazione di proteine. Per loro è la coppia perfetta: mais in Padania, soia OGM in Brasile dove c'era la foresta pluviale. Così in Italia si importa una valanga di soia (OGM per la gran parte).

 

L'immissione di questo input di azoto dall'esterno del sistema agrario comporta, però, un evidente problema di sovraccarico di azoto. Dal momento che l'efficienza azotata delle produzioni zootecniche è pari al 20-30% ciò significa che il saldo tra quello che entra nel sistema (azienda e comprensorio agricolo omogeneo) è molto di più di quello che esce. E dove finisce questo surplus? Nel terreno dove si può accumulare determinando l'eutrofizzazione dello stesse, nelle acque e nell'aria (come ammoniaca e biossido di azoto gas responsabili il primo dell'acidificazione del terreno di ambienti vulnerabili e di acque, dell'effetto serra il secondo). Sinora si è puntato il dito sui nitrati che compromettono la potabilità e potenzialmente pericolosi per la salute umana ma gli altri impatti da surplus azotato non sono da meno.

 

In questa situazione la Regione Lombardia (quella decisamente più interessata al problema) ha deciso di sostenere le "soluzioni tecnologiche e impiantistiche). Quella dello schema riportato è solo una di esse. Consente l'abbattimento del 50% dell'azoto (nessuno fa miracoli!) e la produzione di CONCIMI CHIMICI. Ci si trova comunque con una bella quantità di materiale liquido (da impiegare necessariamente in azienda) e palabile (trasportabile). La quantità di energia richiesta è notevole sia come energia meccanica (per la fase preliminare di separazione liquido-solido, peraltro comune ad altre soluzioni tecnologiche) che come calore necessario alla evaporazione dell'ammonoiaca condensata e intrappolata dall'acido solforico nelle appositi torri.

 

Come si vede la "lungimiranza" delle soluzioni ingegneristiche si spinge anche a prevedere impianti per l'abbattimento del fosforo (che per il momento non è ancora oggetto di normative stringenti come l'azoto).

A parte le considerazioni energetiche e sulla produzione di gas serra di tutto questo "giro" che comincia con l'azoto molecolare atmosferico fissato dalle radici della soia coltivata in Brasile (o Usa) e torna nei cieli padani dopo aver consumato un bel po' di energia per i trasposti e gli impianti di "abbattimento dell'azoto" ci chiediamo e dopo aver pensato al fosforo vi rendere conto che c'è il problema dei metalli pesanti che dai mangimi si accumulano nel terreno, e quelli già citati dell'ammoniaca e del biossido d'azoto, dei fiumi di pesticidi che in are spesso di elevata vulnerabilità del suolo e di elevata vulnerabilità idrogeologica degli acquiferi si traducono in un massivo inquinamento delle acque (vedi nostro commento).

 

Peccato che, da una parte, lo stesso ERSAF e l'ARPA (agenzia regionale per la protezione dell'ambiente), l'Università si affannino a studiare il problema degli inquinamenti indotti dalla zootecnia industriale e a mettere in guardia dai rischi che ne derivano mentre, dall'altra, la DG Agricoltura supportata dall'ERSAF e dall'Università caldeggino soluzioni antiecologiche in puro stile produttivistico e ingegnieristico.

 

 

Ingenti risorse del Piano di Sviluppo Rurale (sic) sottratte al sostegno all'agricoltura di montagna e alle produzioni rurali, alla agricoltura biologica, per puntellare un sistema industrial-zootecnico

 insostenibile e foraggiare il business high-tech a monte delle fabbriche zootecniche

REGIONE LOMBARDIA

 DISPOSIZIONI ATTUATIVE E APERTURA DEI TERMINI DI PRESENTAZIONE DELLE ISTANZE DI ADESIONE AL PROGRAMMA D'AZIONE REGIONALE DI INVESTIMENTO PER PRODUZIONI AGROENERGETICHE E PER IL CONTENIMENTO DEL CARICO DI AZOTO NEL RISPETTO DELLA D.G.R. 21 NOVEMBRE 2007, N. 5868.

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L’importo minimo delle opere ammissibili a contributo è fissato in € 150.000,00 (centocinquantamila). Le spese ammissibili non devono superare i seguenti limiti: - Per le piccole (sic) imprese agricole il massimale ammissibile è pari a 800.000,00 € per singola impresa e a 1.000.000,00 di Euro nel caso in cui l’investimento riguardi anche la trasformazione dei prodotti/sottoprodotti aziendali, ivi compresi gli impianti per la valorizzazione e/o il contenimento dell’azoto; - Per le aziende agricole associate, cooperative e consortili, nel caso in cui l’investimento riguardi anche la trasformazione del prodotti/sottoprodotti aziendali, ivi compresi gli impianti per la valorizzazione e/o il contenimento dell’azoto, si applicherà il massimale per le aziende singole moltiplicate per il numero di aziende agricole associate, rapportato alla quantità di biomassa conferita e nel limite di € 12.500.000,00;

Le forme di aiuto: copertura interessi sino a 5 punti del tasso praticato per il finanziamento e sino al 30% della spesa ammissibile. Aiuto al cosro della garanzia sino al 60% del costo stesso.