(18.09.13) Il tour di Amamont (ass. amici degli alpeggi e della montagna) ha stretto ulteriormente i rapporti tra valli provenzali di Cuneo (e Torino) e quelle lombarde (italiane ed elvetiche). E sui "grandi predatori" cresce una rete internazionale
Si infittisce la rete della
montagna viva
(quella di uomini, donne, bimbi, bestie domestiche)
di Michele Corti
L'evento principale di Amamont di quest'anno si è svolto nelle bellissime valli Maira e Grana ricche di testimonianza di civiltà alpina, dove è in atto un recupero non nostalgico della cultura ancestrale che salda la valorizzazione culturale con quella agricola. Vi sono nuovi agriturismi e qualche borgata che rinasce (purtroppo sono di più quelle finte - oggetto di recupero con fondi destinati allo "sviluppo rurale" ma che nascondono operazioni commerciali). Le iniziative "buone" sono ancora fragili e non certo generalizzate sul territorio, però ci sono diversi esempi che possono indicare una strada di rinascita. Dove più che i finanziamenti pubblici - che per la maggior parte vanno scandalosamente ad operazioni che con lo sviluppo rurale non hanno nulla a che fare - conta il capitale sociale,la capacità di ricreare circuiti di fiducia e di superare le divisioni.
Emblematici i casi di Lo Puy una borgata che grazie alle capre al momento del bando per la ricostruzione della borgata aveva un'età media (degli umani) di soli 17 anni e di Sancto Lucio di Coumboscuro, un centro culturale di rilievo internazionale (dove però l'attività agricola non è dimenticata e si collaga al progetto di rinasciata di Campofei, una borgata del tutto abbandonata oggetto di investimenti di privati).
L'associazione Amamont, nell'estate che sta per finire, ha spostato il suo evento annuale, sinora svoltosi sempre nelle Alpi centrali (tranne una puntata dolomitica nel Lagorai trentino vai a vedere) all'estremo Ovest della cerchia alpina, nelle bellissima valli Maira e Grana. Si tratta di valli che, come altre della provincia di Cuneo hanno subito uno spopolamento impressionante quando le fabbriche di Torino (e in misura minore di Cuneo) hanno rappresentato la destinazione di un esodo rurale tumultuoso. Nelle alpi orientali, ma anche in quelle centrali, il fenomeno non ha quasi mai assunto questa dimensione. Il risultato è stato il completo abbandono di una lunga serie di centri abitati. Che in alcuni casi oggi sono interessati ad un "controesodo" sia pure dai contorni ancora incerti e non esenti da ambiguità e dal rischio di distruggere sul nascere il movimento di "risalita alle terre alte".
La montagna può rivivere?
Le iniziative di recupero delle borgate alpine sono sostenute da una misura (322) del PSR Regione Piemonte 2007-2013 (Azione B Sviluppo e rinnovamento dei villaggi). Dopo la fase della selezione dei progetti nell'estate 2013 si è assistito ad un'attività febbrile.
Era da lunghi decenni che le borgate oggetto degli interventi non conoscevano un simile fervore di attività. Le opere edili hanno impegnato in modo febbrile le imprese locali di costruzione e gli artigiani che - almeno per un anno - hanno avuto "fin troppo" lavoro. Tutto ciò è in qualche modo confortante. Ma cosa resterà di questa stagione di intense opere di ricostruzione di vecchie pietre e di nuovi mattoni?
Ovviamente dipende tutto dal dal fattore umano anche in questa occasione non è stato adeguatamente considerato. O considerato sulla carta. In teoria dovevano essere privilegiate borgate abitate, con attività agricole in atto, con famiglie, con bambini. Miracolosamente i finanziamenti (60% di contributo pubblico) sono andati a noti industriali cuneensi o, meno platealmente, a gente che si è fatta la seconda casa magari fingendo (ma in modo poco credibile) di spostare l'ufficio dalla pianura.
Come può succedere? Siamo in Piemonte, in Italia. Tra l'altro 6 milioni di interventi non attuati sonoritornati alla Regione (mica si può scherzare con i fondi europei!)
L'occasione di toccare con mano quest'opera di ricostruzione materiale delle borgate abbandonate o semi-abbandonate era, in ogni caso troppo preziosa, pur nelle sue contraddizioni, e vi abbiamo dedicato la maggior parte della tre giorni, ma il tour degli "amici degli alpeggi e della montagna" ha avuto modo di toccare anche il "classico" tema dell'alpeggio e dell'allevamento in montagna. Ci mancherebbe.
Il senso di un "pellegrinaggio alpino"
Quelli di Amamont non sono tour turistici, per quanto a tema "intelligente". Sono occasioni per costruire rapporti tra persone e tra realtà di valli geograficamente distanti. Venire in valle Maira e valle Grana ha significato trovarsi con gli amici dell'Associazione Alte Terre e con quelli del Coumboscuro Centre Provençal con entrambe le quali vi sono consolidati rapporti con parecchi dei soci di Amamont della Lombardia e della Svizzera (gli articoli su Ruralpini nella colonna a fianco ne sono una testimonanza). Basterebbe citare iniziative come l'incontro di San Damiano Macra del luglio 2012 organizzato da Alte Terre e Valtellina nel Futuro o la partecipatissima serata in Val Poschiavo del novembre 2012 quando Giorgio Alifredi, presidente di Alte Terre, è venuto a parlare sul tema dei Grandi Predatori per non parlare dei consolidati rapporti con il Coumboscuro Centre Provençal di diversi "amamontisti".
Questi incontri, anche al di fuori di occasioni formali quali convegni e seminari, rappresentano occasioni importanti per colmare le distanze che impediscono alla realtà delle Terre Alte di divenire un soggetto sociale e politico. Distanze che non solo misurabili solo in termini di chilometri perché sono spesso di altra natura, riguardano divisioni ("muri" a volte)all'interno delle valli stesse che impediscono l'agire comune. Quando non si è "massa", se manca anche la coesione interna non ci sono molte possibiltà di farsi valere. Da questo punto di vista il ruolo di collante, sia pure con riferimento ad alcuni temi, di unìassociazione Amamont che nasce inter-regionale e transfrontaliera , può essere importante.
Punto di partenza San Damiano Macra
Venerdì 6 settembre l'appuntamento era a San Damiano Macra, dove ha sede la Comunità Montana delle valli Maira e Grana (un tempo erano divise). Qui c'è stato l'incontro dei partecipanti con Roberto Colombero, sindaco di Canosio e presidente dell'ente ma anche ben addentro i problemi degli alpeggi e dell'allevamento di montagna in quanto veterinario e di famiglia di margari. In questa seconda veste Roberto lo avremmo ritrovato il giorno successivo all'Alpe La Meja, alpeggio con agriturismo dei famiglia condotta dal padre Chiaffredo, dalla madre e dai fratelli. Ultimo a raggiungerci (a cena inoltrata) Antonio Raschi (direttore del centro di agrometereologia del CNR, assiduo frequentatore di questi incontri alpini dai tempi dlel'incontro Ruralpino in Valsugana dove stava svolgendo ricerche in campo). Antonio veniva in treno da Firenze e a Torino aveva preso un auto a nolo.
La mattina del sabato siamo saliti alla Borgata Lo Puy (Podio) che i quattro assidui lettori di Ruralpini conoscono bene perché è un esempio di come l'allevamento caprino (basato sull'uso delle risorse della montagna e non solo sui mangimi) rappresenti una leva straordinaria di rinascita ruralpina. La famiglia Alfredi (Giorgio e Marta Canuto) ha messo radici al Podio e sono nati 4 dei 5 figli. Sulla scia è arrivata Lara Ganarin che al Podio è diventata mamma due volte occupandosi anche lei di capre, ma anche di ceramica.
In montagna la pluriattività è "naturale" (lo è senpre stata). Marta lavora, oltre che in caseificio, anche come direttore sanitario della locale casa di riposo e fuori lavora anche il marito di Lara ma a Lo Puy l'attività principale è comunque rappresentata dall'allevamento caprino e dall'agriturismo (in questo caso "connesso"realmente e non solo sulla carta come in troppi agriturismi di facciata che sarebbe bene classificare "locande o osterie rurali" (quelli più seri).
La scheda del tour A e C = San Damiano Macra, B = Borgata Podio di San Damiano - Azienda agrituristica Lo Chabrocanto, D = Azienda Agrituristica La Meja di Canosio, E = Azienda agricola Sergio Serra Borgata Alta di Marmora, F = Azienda Agrituristica Il Chersogno, Borgata Allemandi di Prazzo, G = Centro Culturale Coumboscuro, Sancto Lucio di Monterosso Grana
Un po' di su e giù
Non ci si rende conto come anche in macchina la montagna sia faticosa. 5700 m di su e giù in due giorni non sono uno scherzo (Dronero 600 m - San Damiano 700 m - Podio 950 m - San Damiano 700 m - La Mejra 2000 m - Marmora 1200 m - Borgata superiore Marmora 1500 m - Ponte Marmora 950 m - Agriturismo Il Chersogno 1500 m - Valgrana 600 m - Sancto Lucio 1000 m - Valgrana 600). |
È bello vedere un'inversione di tendenza
Frequentando il Podio da anni non mi sarei mai aspettato di osservare una simile accellerazione. La presenza degli Alifredi e delle capre aveva innescato un lento processo di rivitalizzazione. C'era stato già un aumento di valore degli immobili e anche qualche insediamento (una famiglia francese con due figli minori ma che ora si è trasferita in Corsica). Il rudere sotto è testimone dell'origine medioevale della borgata (poi largamente ricostruita in tempi recenti). Acquistato dagli Alfredi avrebbe potuto nelle loro intenzioni essere ceduto al comune per la realizzazione di un Centro culturale formativo. Va precisato che i lavori eseguiti dai comuni sono coperti al 100% dal finanziamento, quelli dei privati al 60%. Purtroppo la situazione delle casse comunali non ha consentito l'operazione di acquisizione dell'immobile anche se alcuni interventi meno impegnativi (un piccolo centro polifunzionale sono comunque in fase di ralizzazione su altra proprietà).
Ieri
Oggi
La struttura centrale di maggior pregio come si vede dalla foto sopra è stata conservata (con rifacimento dlele coperture, per i corpi laterali si è dovuto procedere ad una ricostruzione. È comunque previsto (ovviamente) il rivestimento in pietra naturale. Le foto sotto documentano l'avvenuta ricostruzione dei ruderi irrecuperabili.
Ieri
Oggi
Tra interventi pubblici e privati se ne contano ben 19, la gran parte del patrimonio edilizio esistente, segno che i propritari (fatti salvi i casi di anziani, di contenziosi ereditari e di eredi irreperibili) hanno intuito l'occasione. Ovvero scommettono su una valorizzazione. Se così non fosse anche il 40% dell'investimento sarebbe senza senso. E non ci stancheremo di dirlo: grazie alle capre (e a chi le alleva con sensibilità e rispetto verso di loro,verso l'ambiente, la materia prima latte e un "consumatore" che non viene considerato solo uno che paga). In effetti i proprietari di quelli che erano ruderi o comunque fabbricati senza valore si sono trovati un bel regalo. Senza capre e senza bambini .... niente quattrini pubblici. Allora, però, ci si chiede: ma è giusto che contadini e pastori che si sono reinsediati con grandi sacrifici (anche economici) siano trattati come chi si rimette a posto la casa per le vacanze o sperando poi di venderla? L'unica giustificazione è che i recuperi devono avere una dimesnione di insieme.
In questa prospettiva di insieme il comune ha provveduto al rifacimento dell'illuminazione elettrica e della pavimentazione stradale ma anche alla crazione di un'area verde-ricrativa per i bimbi (il "verde" fa po' ridere e in una borgata sin troppo - sottolineato non a caso -immersa nel verde) più un mini Centro culturale, ovvero una sala per iniziative comuni. Un convegno sulle capre non ci starebbe male per un'inaugurazione di questo "spazio". La butto li.
Si realizza un centro culturale-ricreativo
Se l'iniziativa del comune è tutto sommato contenuta (ma preziosa, qualificando la borgata con una bella pavimentazione delle vie e fornendo uno spazio comunitario) gli interventi dei privati sono stati numerosi e, a volte, importanti. Tra tutti spicca quello della foto sotto. Sarà un ostello gestito da amici torinesi degli Alifredi che amplierà motevolmente la capacità ricettiva di Lo Puy.
La maggior parte degli interventi, però, sono di vecchi proprietari che hanno lasciato inalterate le caratteristiche delle abitazioni a volte limitandosi a interventi di consolidamento (catene), di rifacimento coperture e balconate (foto sotto). La borgata non diventerà una bomboniera. Questo è certo.
Quando venivo a lo Puy una delle cose che metteva tristezza era la grande chiesa. Sono le chiese che danno il senso della dimensione demica di queste borgate che oggi siamo abituati a vedere popolate da "quattro eremiti" ma che una volta erano veri e propri villaggi, pieni di vita. Vedere che anche la casa di Dio è oggetto di attenzioni (anche se con fondi della CEI per lo più) oltre a quelle degli uomini è segno tangibile che non si tratta solo di un solo progetto materiale (o peggio immobiliare). Anche se la maggior parte dei titolari dell'intervento non abitano qui ci sono comunque due famiglie con bambini. E un'insegnante in pensione ha intenzione di venire a viverci tutto l'anno.
A tavola Giorgio (in piedi con la maglia rossa), che aveva spiegato il progetto di recupero e la storia della contrada durante la "visita guidata" per le viuzze della borgata ha illustrato, giunti in agriturismo, le iniziative dell'associazione Alte Terre dedicando non poca attenzione al problema de lupo (anche se Giorgio che accompagna sempre le capre al pascolo guidato non ha sinora avuto perdite pur con una presenza "assidua" nei dintorni dei canidi selvatici).
L'argomento Grandi Predatori ha appassionato il presidente di Amanont, l'avv. Plinio Pianta di Brusio (Val Poschiavo, Canton Grigioni). L'uccisione dell'orso M13 (che tanto aveva impensierito i poschiavini) è divenuta un caso internazionale. In ogni caso, anche grazie ad Amamont è nata a Poschiavo una forte associazione ATsenzaGP, ovvero Associazione territorio senza grandi predatori con 250 soci (in una valle di meno di 5 mila abitanti). Sotto pare che Pianta si immedesimi nell'orso (che in effetti ha sbranato non pochi capi di bestiame).
A fianco di Pianta Mariano a sinistra Daniela Barelli e Giorgio Bertazzi, allevatori e gestori di un agriturismo a Cavagnago in Val Leventina (Canton Ticino), a destra Mariano Allocco, segretario di Alte Terre che ha partecipato ai seminari e convegni di Milano e di Sondrio in vista della realizzazione di una rete alpina di associazioni, gruppi di produttori rurali. Quella che, step by step, si sta finalmente concretizzando.
Il resto del programma di sabato è stato dedicato all'alpeggio. Risalendo la valle abbiamo imboccato a Ponte Marmora la Valle di Marmora sino a Canosio e poi a Preit.
Di qui una strada di montagna (transitata con regolare permesso) ci ha portato sino al Colle del Preit a 2068 m. Subito oltrepassatoil colle ai piedi della Rocca La Meya (sopra) ci si trova davanti l'agriturismo la Meja dei Colombero. La vista spazia sulla magnifica estensione di pascoli dell'Altopiano della Gardetta. L'azienda agrituristica è nata nel 1991 come completamento dell'attività di allevatori e casari della famiglia Colombero svolta da innumerevoli generazioni.
La sosta non ha potuto essere molto lunga ma abbiamo potuto assaggiare il Nostrale dell'alpe. Il tratto di strada che ci aspettava era ancora lungo. Non potevamo non saltare la sosta da Sergio Serra. Sergio (sotto anche lui in maglia rosso Occitania, purtroppo di spalle) è un giovane allevatore che - caso abbstanza raro in valle - ha volutoproseguire l'attività in loco nella Borgata Superiore di Marmora realizzando una stalla e un nuovo caseifico.
È molto determinato e due anni fa quando in Comunità Montana c'è stato un incontro pubblico sul lupo in cui gli allevatori potevano dire la loro Sergio è stato uno di quelli che avevano parlato più francamente. Parlando con Sergio si intuisce che la sua è una vita dura e si capisce bene perché l'aggiunta del lupo a tante difficoltà non è per quelli come lui per nulla accettabile in nome di un buonismo che fa comodo a chi ha una vita molto più comoda.
L'abitazione (sopra il caseificio) non è ancora ultimata ma la famiglia (che ora vive a valle) vi si trasferirà presto risalendo in quota. Le vacche (piemontesi ma munte) di Sergio non le abbiamo potute vedere perché pascolano più in alto (senza bisogno di andare in alpeggio). Ma la stalle e il caseificio sono già a 1530 m.
Sergio e famiglia hanno dato prova di grande ospitalità allestendo, pur non essendo agriturismo, un buffet con molti prodotti (formaggi ma non solo). "Questi sono maiali miei" ripeteva per invitare ad assaggiare la pancetta. Il Nostrale che abbiamo assaggiato da Sergio era più stagionato di quello di Colombero e di pezzatura più piccola. Due prodotti a diverso grado di maturazione che non rendevano possibile una "classifica". In ogni caso i prodotti di Sergio sono stati apprezzati anche dai nostri assaggiatori Onaf: Beppe Caldera (autore del libro "Formaggi d'alpeggio") e la moglie Gianna (definita da Beppe "severa"). Sotto la pressa tradizionale utilizzata da Sergio.
A poca distanza dalla Borgata superiore dove c'è l'azienda di Serra si vede (attraverso gli alberi) il campanile della chiesa parrocchiale. Nonostante i tempi "tirati" all'unanimità abbiamo deciso di visitarla. E ne valeva la pena.
Non solo per gli affreschi di buona fattura che l'arricchiscono all'esterno e all'interno ma per l'aspetto che conserva la chiesa all'interno. Ci ha colpito il pavimento di assi di legno grezzo, l'assenza completa (tranne impiantistica e allarmi) di qualsiasi dettaglio con meno di 60 anni. L'impressione è di un "congelamento" di un viaggio all'indietro nel tempo. La conseguenza dello spopolamento (almeno delle borgate alte più vicine alla chiesa). La chiesa è affiancata dal cimitero e c'è anche un personaggio unico che vive in canomica: Padre Sergio (foto sotto): un benedettino eremita, molto conosciuto in valle, che ha accumulato 59.000 volumi. Padre Sergio, però, non è si è fatto apprezzare per la bibliofilia ma per quello per il prossimo. Molto generosamente ospitava "tossici" fino a quando dopo diversi episodi di pestaggi che lo hanno ridotto male, ha gettato la spugna. Con il sollievo della comunità locale che disapprovava.
Dalla chiesa di Marmora si scorge una borgata irta di gru. È la borgata Reinero una di quelle dove non ci abitava più nessuno e dove l'intervento pare che non abbia per nulla i caratteri della ruralità. Il nostro programma a questo punto ci ha fatti ridiscendere a Ponte Marmora e risalire a Prazzo Superiore alla Borgata Allemandi dove siamo statoi ospiti dell'Agriturismo Chersogno. Prima di parlare del Chersogno, però, vale la pena ricordare che Beppe Caldera e Luca Battaglini (zootecnico dell'Università di Torino) avevano previsto un'altro percorso: un vero e proprio anello che ci avrebbe portati da La Mejra in alta Val Grana (al Santuario di S. Magno) attraverso numerosi colli e ragiungendo i 2500 m. La strada alpestre questa estate è stata però chiusa per frane (passavano solo i bikers). Beppe, un portentoso conoscitore di ogni alpeggio e della rete stradale della montagna piemontese (ha fatto da "capocolonna" sulle strade della Val Maira), era molto dispiaciuto.
All'agriturismo Chersogno si percepisce subito che non è uno dei tanti agriturismi banali ma un posto dove ci tengono a far vivere all'ospite l'esperienza della montagna attraverso tante iniziative coinvolgenti. In ogni caso a noi è stata riservata una calda accoglienza. A parte la buona cucina è stata la musicadal vivo a rendere interessante la serata (anche se la stanchezza un po' pesava).
Chi cantava e suonava? Personaggi interessanti: Luigi Giuliano detto "Giari" che prima di ritirarsi ad aiutare la compagna (Pasqualina Pasero) a gestire l'agriturismo con era il capo di una band di musica occitana: Lou Giari d'Oc. Luigi (una voce molto adatta al suo genere musicale) questo volta si è esibito con Daniele landra (figlio della compagna nonché ex allievo di Battaglini ed apicoltore) e con il cantautore milanese Diego Raiteri (altro personaggio interessante, un "montanaro di vocazione" tanto da divenire cittadino onorario di Cembra in Trentino). Curioso sentire canzoni meneghine (oltre a quelle occitane e piemontesi) in alta Val Maira. Curioso l'accostamento di timbri vocali e contenuti musicali così diversi.
Ultima tappa: Coumboscuro. Raggiunta passando dalla "pianura" (in realtà 600 m). Di questa località, simbolo della difesa delle lingue e delle culture ancestrali alpine, abbiamo già parlato in diverse occasioni (vedi i richiami agli articoli nella colonna a sinistra). A Sancto Lucio, nella sala del Centro culturale, si è svolto un dibattito informale tra i presenti. Sono intervenuti Pianta, Allocco, Germano Mattei (ticinese che con il suo movimento Montagna Viva alle ultime cantonali ha rischiato di entrare nel Gran Consiglio), Anna Arneodo (di Coumboscuro) ed altri più brevemente. Ognuno ha proposto il proprio punto di vista ed esposto le finalità e il senso delle azioni in cui è impegnato alla luce del comune denominatore della montagna viva, della montagna dell'uomo, che non chiede assistenzialismo ma di poter esprimersi secondo le proprie vocazioni ed utilizzando le proprie risorse per l'autosviluppo.
Vedendo le cose da una specifica angolazione spesso è difficile capire come si possa trovare una soluzione a problemi che paiono troppo grandi per forze troppo piccole. Ma incrociando risorse, soluzioni, prospettive forse le cose possono assumere un contorno meno disarmante.
A Coumboscuro ci hanno raggiunto Robi Ronza (foto sotto con a sinistra Lele Viola e a destra Angelo Berton, di Bovile in Val Germanasca, TO della locale associaizone "Amici della montagna"). In compenso i valtellinesi Fausto Gusmeroli e Gianpiero Mazzoni non avevano potuto trattenersi ed erano tornati in valle dopo le visite di sabato.
Lele Viola (www.leleviola.it) sta svolgendo un dottorato di ricerca (con Battaglini) proprio sul tema delle Borgate. Ronza, che è un po' l'ispiratore della trama dei contatti che siain passato che negli ultimi anni si sono tessuti tra diverse realtà culturali dell'arco alpino, ha proposto di creare uno strumento per rendere visibile la rete anche verso l'esterno passando dall'idea adi un Forum delle Terre Alte ad una prima concretizzazione in una risorsa internet che dia voce alle singole componenti ma che presenti anche in modo unitario quel programma delineato nel giugno 2012 attraverso i "Cinque punti di Sondrio". Detto e fatto. E dopo pochi giorni è nato il blog Forum Alte Terre curato da Ronza e da chi scrive, ma espressione delle realtà che già hanno fatto un cammino insieme e di tutte le altre che, a partire dai "Cinque punti", desiderano partecipare al suo proseguimento.
A Coumboscuro ci ha raggiunto anche Lynda Brook con il marito. Lynda è una ricercatrice naturalista di origine inglese che vive in Francia e si sta occupando dei problemi derivanti dall'espansione inarrestabile del lupo (in forza di un anacronstico regime ideologico di superprotezione). Il lupo di cui Lynda sottolinea la pericolosità anche per l'uomo (su questo tema ha scritto un libro di prossima pubblicazione) è venuta a Coumboscuro sapendo che c'erano, oltre a quelli di Alte Terre, anche gli amici svizzeri di ATsenzaGP per prendere contatti ai fini di una rete internazionale di pastori e abitanti di montagna a difesa dai Grandi Predatori. Imposti dall'ambientalismo urbano alle popolazioni rurali e di montagna.
Dopo il pranzo, con gli inderogabili gnocchi al Castelmagno e molto altro (il vino, e tra poco scopriremo perché, era nientemeno che di Elio Altare), c'è stata un'interessante presentazione sempre sul tema borgate. Il tempo non propizio e la stanchezza accumulata impedivano di andare sul posto. Così l'esperienza (initinere) della Borgata Campofei (sotto) ci è stata raccontata da uno dei protagonisti, un dirigente medico e radiologo di Cuneo (Corrado Nyffenegger) che insieme ad Elio Altare e ad altri "Barolo boys" (anni '80) si sono lanciati nell'avventura del recupero di un (dis)abitato che, per di più si affaccia su un precipizio. Eppure, sia pure dalle foto (che hanno illustrato come era Campofei e cosa si sta facendo) il fascino di questo agglomerato di case alpine si percepisce tutto. Ho detto "avventura" perché in questo caso non c'è il finanziamento al 60% (come nella vicina borgata di Valliera, dove sono protagonisti grossi nomi dell'economia provinciale e non solo: industriali anche se, a volte, sotto sembianze agricole. A Campofei il grosso è stato sborsato dalle tasche dei soci. I quali (li ho sentiti anche in altre occasioni) cercano in tutti i modi di allontanare il sospetto di speculazioni. In ogni qui, oltre che un restauro di qualità affidato a fior di architetti del Politecnico di Torino, c'è dell'altro, che fa ben sperare. La parte agricola e forestale è gestita dalla ditta forestale di Mauro Arneodo (Coumboscuro) e sono stati già realizzati dei tagli di piante per il recupero di terrazzamenti.
Si vuole fare formaggio Castelmagno sul serio e nel modo tradizionale, si vogliono coltivare i campi, seminare patate, produrre erbe officinali. Nessuno, però si nasconde che realizzare tutto ciò in un sito con forti pendenze, difficile accessibilità, mancanza di qualsiasi allacciamento non è una passeggiata. Ne riparleremo. Perché Campofei ha tutta l'aria di essere un laboratorio.