(25.09.14)Con l'uscita del volume sui bergamì "la civiltà dei bergamini", edito dal centro Studi Valle Imagna, la ricostruzione di questo pezzo, tanto importante quanto trascurato di storia sociale lombarda, entra in una nuova fase. L'obiettivo ora è redigere un Atlante dei bergamini (località e parentele)
Le valli dei bergamì
La Valzurio (I parte)
di Michele Corti
Resoconto della visita in Valzurio del 10 settembre 2014. Il programma prevedeva un giro abbastanza esaustivo. Le cose viste, però, sono state così interessanti che a Valzurio, Spinelli e Möschel non si è fatto in tempo ad andare. Sarà per una prossima puntata
La Valzurio è la prima valle di sinistra orografica dell'alta val Seriana che si incontra risalendo il solco del Serio. La destra orografica della Valzurio costituisce il comune di Oltressenda alta. Sino al XVII secolo queste terre facevano parte del comune di Clusone. Da esso si staccarono insieme a Rovetta. L'Oltressenda è così chiamata in quanto costituiva qualla porzione di territorio di Clusone oltre la Senda ('sentiero') il modesto colle tra Clusone e Piario. Dell'Oltressenda facevano parte Piario, Ogna, Villa, Nasolino e Valzurio. Dopo pochi anni dal distacco da Clusone Oltressenda alta (Nasolino e Valzurio) e bassa (Piario, Villa, Ogna) si divisero nel 1647.
Oltressenda alta, con le due frazioni/parrocchie costituite a loro volta dal diverse contrade abitate tutto l'anno godette di autonomia sino al 1929. La riconquistò dopo lungo e faticoso iter burocratico nel 1958. Oggi è prossima una nuova fusione.
Una popolazione che 'tiene'
La popolazione di Oltressenda alta non ha mai superato i 500 abitanti. Il calo iniziato nel dopoguerra si è arrestato nel 1981 quando ha toccato 176 abitanti. Dopo un lieve aumento nei decenni successivi è ridiscesa oggi a 164. Mentre, però, il capoluogo, più prossimo ai grossi centri del fondovalle e servito dai bus di linea, ha 'tenuto' la frazione Valzurio si è ridotta a 30 abitanti. Qui, il rinato comune, nel 1960, era riuscito ad edificare una nuova scuola elementare (oggi adibita a bar-trattoria con beneficio di residenti e turisti). Una famiglia resiste ancora anche più in dentro alla contrada Spinelli. In passato erano abitate tutto l'anno anche diverse altre contrade.
La 'tenuta' di Nasolino è legata, come si è detto alla vicinanza con il fondovalle dove si concentrano molte industrie tessili. Per decenni, prima della crisi, è stato possibile per la popolazione di dividersi tra l'attività in fabbrica e l'agricoltura; ai tempi le donne si recavano a piedi nelle filande. Oggi la crisi - che è anche dell'edilizia - induce a un timido ritorno alle attività agricole e forestali. Ad agosto ha aperto la Bottega degli antichi sapori. In uno spazio messo a disposizione dal comune 4-5 giovani agricoltori hanno la possibilità di stagionare e vendere i loro prodotti. Principalmente formaggi e salumi, ma con progressivo allargamento ad altri prodotti. Dopo la chiusura, dieci anni fa dell'ultimo negozio, questo punto vendita segna un a ripresa di vitalità e serve anche a ricordare al turista che la valle, presentata spesso come una specie di "oasi naturalistica" è in realtà caratterizzata da un'intensa antropizzazione pregressa. Le buone risorse pascolive e forestali, unite alla facile accessibilità dal fondovalle e dalla pianura hanno determinato nei secoli un'intenso sfruttamento delle risorse naturali, dei boschi, utilizzati dai boscaioli, dai carbonai, dai produttori di calce, dai pastori, dai malghesi transumanti, dai contadini-allevatori.
Nella valle ci sono 5 alpeggi: Remesler, Rigada, Verzuda, Pagherola, Bruseda. Nell' Inchiesta sui pascoli alpini della provincia di Bergamo di oltre un secolo fa (1) si faceva presente che il carico effettivo (565 'paghe' ovvero unità di bestiame grosso) era di non poco eccedente quello consentito dalla produttività dei pascoli (510 paghe). L'inchiesta precisava che i caricatori erano per la maggior parte malghesi, che scendevano d'inverno nella bassa Lombardia e che talora sono domiciliati in questi stessi comuni di Valseriana, dove posseggono terreni e case.
Mons. Stefano Baronchelli, nato a Nasolino nel 1906, rimasto legato alla sua terra nonostante i prestigiosi incarichi ecclesiastici, nel suo volume sulla Valzurio descrive l'attività dei malghesi (bergamì) con precisione dimostrando di conoscerla molto da vicino:
La cura dei greggi e delle mandrie era la più generale e quotidiana occupazione. Non aveva sosta, impegnava tutte le stagioni dell'anno ed era soggetta a regolari spostamenti, che richiedevano non lievi sacrifici perché era come impiantare sempre nelle varie località una nuova e improvvisata casa e azienda. Tutte le famiglie chi più chi meno, aveva capi di bestiame minuto è grosso. Inizialmente più abbondanti e erano i pastori, in seguito quasi tutti i mandriani e con parecchi capi. Qualche famiglia ne possedeva oltre il centinaio. La vita a custodia delle mandrie diveniva una vita da nomadi. In autunno si scendeva in pianura svernare in prevalenza nel novarese nel lodigiano e nel basso bresciano, dove in particolare parecchie famiglie si stabilirono poi definitivamente.
Mons Baronchelli descrive la vita dei malghesi come caratterizzata da una continua mobilità e mette in evidenza come i malghesi della Valzurio si spostassero con tutta la famiglia e tutti gli animali posseduti.
In primavera si ritornava in valle e sul posto veniva una breve sosta per salire poi agli alpeggi estivi sino a settembre. Anche qui si susseguivano spostamenti dalle baite basse a quelle di mezzo e a quelle più alte per ritornare in secondo tempo sui propri passi, prima di dimenticare ai pascoli inferiori. Da qui si scendeva le varie spalle per riprendere seguito le migrazioni pianura.
Queste peregrinazioni comportavano un non indifferente impegno con seri inconvenienti. Si doveva spostare non solo il bestiame ma le varie attrezzature e la stessa famiglia con carretto ricoperti di tenda e il cammino richiedeva giornate intere in particolare quello d'autunno in primavera. Per giungere ad esempio alla pianura bresciana occorrevano tre giornate con soste in stalli in determinate località: Comenduno per il primo giorno, le Bettole di Cavernaago al fine del secondo e finalmente la sera del terzo alle destinazioni che erano particolarmente: Orzinuovi, Orzivecchi, Lograto, Chiari e più lungi Montichiari ecc. Ai capi di bestiame grosso si aggiungevano quelli più minuti: pecore, agnelli, capre, maiali, fino alle galline e pulcini, ai tacchini e alle anitre. In particolare il maiale veniva allevati in ogni famiglia come fonte di cucina economica[...].
Questa vita semi-nomade era motivo di qualche preoccupazione pastorale da parte dei parroci:
Ha ragione in una relazione di visita pastorale del 1701 parroco di Nasolino constatava che la pastorale avveniva saltuariamente, come era possibile, con gente di pastori che "oggi è qui e domani altrove, in una terra sbandata".
C'era, però, come riscontrato da tanti osservatori un di calma e di serenità negli spostamenti dei bergamì, sempre ben organizzati, difficilmente in preda a moti convulsi anche in situazioni difficili
In queste frequenti peregrinazioni con gli inevitabili grossi disagi non mancava una nota che, oltre la calma e la serenità dell'armonia, aveva pure del poetico e del suono dei campanacci attaccati al collo di alcune mucche che facevano da battistrada segnando il percorso: la mucca battitora. Erano le cioche e le bronze, le prime generalmente in rame e forma più chiusa con suono più chiassoso e le altre di bronzo, più aperte di voce più squillante, come campane in tono minore.
Anche oggi, nonostante non ci sia più lo spostamento in pianura gli allevatori della Valzurio effettuano un numero notevole di spostamenti tra gli alpeggi, i maggenghi, le stalle di fondo valle. Si sale e si scende ma si risale a mangiare il fieno nei maggenghi, si ridiscende in paese o nelle contrade più basse e si risale ancora in ardo autunno. Questo tipo di spostamenti eerano un tempo osservati su buona parte dell'Arco alpino, oggi sono diventati rari. Parlando con degli allevatori a Colle Palazzo mi dicevano: "giù in paese scendiamo tre mesi, siamo nove mesi in montagna". Va precisato che Colle Palazzo è a 1247 m, un'altitudine che per le valli alpine più interne è spesso la quota del fondovalle dove si trascorre l'inverno.
Prima di tornare a parlare di Colle Palazzo, la località più intrigante di tutta la valle, legata a diverse leggende ma anche a circostanze storiche precise, riscendiano a Nasolino.
Il municipio (già scuole elementari)
La mia visita alla Valzurio è iniziata in contrada Beccatelli, la contrada della mia guida: Andrea Messa. Nasolino in realtà è costituito da due contrade distinte: Beccatelli e Foppelli. In mezzo ci sono la chiesa, il cimitero, la casa comunale (ex-scuola elementare), l'oratorio ovvero le strutture comuni dell'intera comunità che comprende anche altre contrade più piccole: Dosso, Bricconi. Andrea discende da una vecchia famiglia 'originaria' la più distinta del paese (l'unica cappella nel cimitero è la loro). Il padre aveva sposato una Pedersoli (della contrada Foppelli) nonostante la fiera opposizione della famiglia "Perché Messa e Pedersoli erano come Capuleti e Montecchi). "Sia i Messa che i Pedersoli erano malghesi, con una differenza mi racconta Andrea: i Messa, classica famiglia patriarcale, si sdoppiavano. Mio padre e un altro fratello scendevano alla Bassa, a Leno, nella Bresciana, altri tre fratelli restavano in inverno a Nasolino". Nonostante Andrea sia nato nel 1951 ricorda ancora le transumanze e ricorda bene che in famiglia "il regiù, il capo era lo zio, bisognava chiedere i soldi per prendere il caffè".
Nella famiglia Pedersoli, invece, le cose erano gestite in modo del tutto diverso. I Pedersoli erano proprietari di un'alpe (Pagherola) e di diversi maggenghi lungo la valle dell'Ogna, tra Möschel e Valzurio. Però in inverno scendevano alla Bassa dove, a Flero avevano acquistato un fondo che era condotto mediante 14 famiglie di contadini. "Il fieno loro non lo compravano come gli altri" dice Andrea" lo facevano loro. Una realtà non frequante ma nemmeno rara tra i malghesi dove diversi erano diventati affittuari o proprietari alle basse ma continuavano a praticare l'alpeggio come gli avi".
Gli interessantissimi flash sulla transumanza dei Messa e dei Pedersoli sono alternati con consoderazioni sulla contrada, così comìè oggi e così com'era nel passato. Nel complesso il tessuto urbano non è alterato anche se numerosi sono gli interventi che hanno alterato la fisionomia dei fabbricati. Tra gli esempi sopravvissuti delle antiche tipologie edilizie vi è il fabbricato della foto sotto con due logge sovrapposte.
Oltre agli interventi incongrui vi sono anche i segni dell'abbandono totale come la "foresta vergine" cresciuta dove un tempo vi era una casa da chissà quanto scoperchiata
La famiglia Messa ha uno stemma antico"non come certe famiglie che se lo sono inventato di recente...", chiosa Andrea facendomi osservare alcuni esempi "moderni".
Un'altra cosa di cui va orgoglioso Andrea è la meridiana che ha realizzato da solo.
Ma il campo dove Andrea è più attivo è quello dello sperimentazioni agricole. Utilizzando una vecchie motofalciatrici ha creato una serie di piccole macchine agricole e forestali in grado di soddisfare un'attività di piccola scala. Riciclando vecchi paia di sci e pallet ha realizzato delle slitte (foto sotto) con le quali traspoera le balle di fieno piuttosto delle patate.
Qui ci sono ancora tanti piccoli che praticano l'agricoltura e l'allevamento ma le istituzioni concentrano i loro interventi su un'azienda di giovani imprenditori che si sono dotati di una meccanizzazione esagerata, non adatta per le pendenze e le dimensioni dei prati di questa piccola valle, cosa servono le trattrici da 70 cavalli?.
Lo stile agricolo di Andrea non è quello dei vecchi che trasportavano tutto sulla persona, che segavano i prati solo a mano, è quello di un fai da te, di un riciclo che in altri paesi è considerato un modo evoluto di fare agricoltura, un esempio di 'ricontadinizzazione' una 'retroinnovazione' per utilizzare la terminologia della sociologia rurale. In Italia che lo pratica è considerato un originale. Perché bisogna far lavorare l'industria, perché le agenzie agricola pubbliche, parapubbliche, private ruspondono agli interessi della politica e dell'industria, non a quelli di contadini e della vera agricoltura. Andrea è pensionato ma nella sua attività di 'neoruralpino' ci mette impegno e passione.
Alla coltivazione dlele patate sta affiancando quella dei cereali e del grano saraceno e ha allestito diversi campi sperimentali (seguiti dal CRA-MAC di Stezzano "Unità di ricerca per la maiscoltura"). "Ai tempi della battaglia del grano mio nonno ha vinto un premio, il frumento qui viene eccome...".
Una delle piccole sperimentazioni di Andrea ha per oggetto il fiorume, il seme delle foraggere che si ottiene dalle operazioni di fienagione e dai fienili e che è utile in operazioni di ripristino di superfici in luogo delle sementi non specifiche - le solite olandesi- che vengono normalmente utilizzate. Durante l'imballaggio il fiorume (che in bergamasco è la blum, voce dalla trasparente origine germanica) può essere raccolto con diversi metodi. I migliori sono quelli che consenton di raccogliere semi non solo di più graminacee ma anche di dicotiledoni (le cassette sotto rappresentano altrettante modalità di raccolta).
Il tempo passa rapidamente perché sono molto interessanti le attività di Andrea. "Siamo in ritardo di un'ora e mezza sulla tabella di marcia" a un certo punto dice però ci tiene a farmi vedere la casa "sistemata con le mie mani" dove abita a Beccarelli. Ovviamente mi fa vedere dall'esterno la vecchia casa di famiglia che intende sistemare ma che ora è divisa tra molti parenti ("quando hanno buttato fuori le vecchie reti dei letti, che poi ho dovuto portare alla discarica ne ho contate 26, dormivano 26 persone di famiglia nella casa"). Dopo di che ci rechiamo in piazza, nel cuore religioso e civile del paese. Qui c'è la chiesa di San Bernardo da Mentone, il nuovo comune (le vecchie scuole elementari).
Il vecchio comune dove campeggiano gli stemmi, quello municipale (con un lupo e un grifone rampanti), il lion ("con il libro aperto" ci tiene a precisare Andrea) e della duplice monarchia austroungarica non sono solo pitture sbiadite su un muro ma mimandano a un rimpianto (conclamato o meno) per Venezia e per l'Austria e una dissonanza tra l'anima profonda di queste terre (lontane dalla città più di quanto facciano supporre i km) e gli sviluppi politici e amministrativi seguiti all'annessione sabauda del 1859 (nonostante il Concordato e l'occupazione dello Stato da parte del partito cattolico).
Qui, anche se alla democrazia diretta del Convocato (l'assemblea di tutti i proprietari di un pezzo di terra) vennero sostituiti i Sindaci di nomina prefettizia, sino in tempi recenti è restata in vigore la prassi di mettere al corrente tutti i (peraltro non molti) capi famiglia delle questioni importanti riguardanti l'amministrazione del comune. Oggi questa piazza è avvolta in un silenzioso decoro ma, in passato, la floridezza locale (che come altrove sulle Alpi raggiunse un massimo nel XVI sec.) era accompagnata da intense attività, da una montagna intensamente percorsa da uomini e bestie. Da rumore. Andrea Messa ritorna con i suoi ricordi al 1956 e ricostruisce per me un'atmosfera di concitazione, di vacche che mugghiano, di strepito di campanacci, di boascie ('torte' di sterco bovino) con i loro "plof, plof" disseminate per la piazza.
La partenza della malga dei Messa per l'alpeggio (una fotografia della memoria datata 1956)
Siamo nel 1956, arriva la malga, arriviamo su a piedi da Leno, siamo ai primi di giugno-fine maggio. Arriviamo la sera e ci fermiamo qui alla casa paterna, le mucche pascolavano. Grande festa, naturalmente era polenta con un'formaggio un po' più … con un pezzettino di carne.Ci si vede quelli che erano rimasti qui per quelli che erano stati giù in pianura a svernare. La mattina dopo si partiva per l'alpeggio. Più di 100 capi di bestiame tra grossi e piccoli si radunano in questa piazza, merda dappertutto naturalmente muh, muh, muh. "Ah i ciòchi", i campanacci, naturalmente lo zio, lo zio Gaetano lega il mulo e la Nina, la cavalla, a questi due anelli, tira giù dalla sella le cassette con dentro i formaggi e li dona alla Chiesa, rito propiziatorio per la alpeggio che sta partendo. Era il formaggio famoso che avevamo in tre giorni di transumanza, il formaggio fatto con il delle mucche stache e quindi perdevano liquidi e si concentravano i grassi e veniva fuori un formaggio, perché non scremavi, perché non si faceva il burro…cagliavi perché era l'unico modo di conservare il latte… Allora lo si donava la Chiesa. Poi si parte, lo zio Gaetano davanti e dietro ... to-non, to-ton, to-ton tutta la malga, tutta la malga si incammina per questa che era la strada vecchia, immaginati 100-120 capo di bestiame. Quando si scendeva dall'alpeggio stesso rito, ci si fermava qui ma alla Chiesa si davavono 2.3 formaggi stagionati, questa volta, perché li avevano prodotti in montagna, tolto il burro... era un formai de mut che avrà avuto un 40 cm di diemetro, uno scalzo di 17... che andava al prete che poi li metteva all'incanto. Qui c'erano quattro malghe, c'erano la malga di Remescler, la malga della Rigada, del Verzuda, di Pagheröla e quella piccolina di Broseda, caricate da malghesi ma anche da locali. Noi per esempio aggregavamo le mostre bestie della Bassa, più le bestie dello zio Luigi che era mimasto qui, poi se non riuscivamo a caricare un monte venivano i Bellini detti Bondanza, abbiamo fatto 8 anni l'alpeggio insieme. Poi là c'erano i caselli, le baite dove c'erano due fuochi, uno dove cucinava e faceva il formaggio il Messa e uno dove fai il formaggio il Bondanza.
Durante la ricostruzione Andrea non riesce ad evitare la commozione per quegli anni lontani. Il tour della Valzurio deve proseguire. Siamo ormai a tarda mattinata e siamo sempre a ...Nasolino. Nel cimitero (la cappella Messa è sullo sfondo) Andrea attira la mia attenzione sulla lapide (la sepoltura è nella Bassa) del nonno Andrea Pedersoli e della nonna Margherita. la famiglia Pedersoli era importante e quindi volevano essere ricordati anche qui. Il cimitero conserva le vecchie lapidi del cimitero che fu realizzato, ancora più discosto dall'abitato per ottemperare all'editto napoleonico che imponeva, con il pretesto dell'igiene, di allontanare i cimiteri dalle chiese parrocchiali. Dietro il muro dove sono state murate le vecchie lapidi è stata realizzata un'orrenda nuova ala (calcestruzzo a vista e copertura in ondulato di lamiera zincata stile industriale che ha tutta l'aria di una ulteriore emarginazione dei poveri morti dopo l'editto napoleonico). Non che simili operazioni siano rare. Purtroppo questa degradzione della qualità dell'edilizia cimiteriale è comune.
La nonna Margherita era una Vitali. "Di Taleggio", anticipo io, "...della Piazza Morandi" di rimando Andrea. Piazza Morandi è un abitato sparso a 1100 m sopra Pizzino di Taleggio dove avevano sede famiglie malghesi che in inverno scendevano alla Bassa e qui restavano solo per brevi periodi in primavera e dopo l'alpeggio. Da località come Piazza Morandi venivano i "veri malghesi" i "malghées propi de rassa". La nonna Margherita "era quella che in famiglia si occupava di parti e di mastiti" (a conferma dalla particolare attitudine dei 'veri malghesi', uomini e donne ad occuparsi delle bestie. "Giù nella Bassa bresciana era la nonna a guidare il calesse a gambe aperte, il nonno stava a fianco". Si vede che Andrea Pedersoli intendeva puntare molto sulla transumanza se aveva sposato una Vitali di Piazza Morandi. Ciò nonostante avesse una cascina a Flero.
Baita nei pressi della località Möschel che reca la scritta commemorativa: "Era la famiglia di Alessandro Baronchelli desolata nell'estate dell'anno 1833 per il morbo polmonera che serpeggiava nella loro malga talchè del numero di 50 vacche ne rimasero 15 vive e 35 morte. Dies Calendis Augusti" (1° agosto) (3)
Egli, però, fu vittima si un sorte terribile che incombeva come un incubo sui malghesi (vedi foto sopra). Nella stagione di alpeggio del 1936 nella malga serpeggio l'asta epizootica. la misura di profilassi consisteva nell'impedire che i capi infetti scendessero dall'alpeggio contaminando sulle rotte della transumanza e nelle soste quelli sani. "A novembre il nonno scese dall'alpeggio, erano sopravissuti solo una vecchia vacca e un cane, era la rovina". le banche entrarono in possesso della cascina alla Bassa ma il fallimento risparmiò le proprietà in Valzurio perché il testamento le aveva assegnate ai nipoti (presenti e nasciuturi). I Pedersoli si ritirarono a Nasolino ma non riuscirono più a riprendere l'attività di malghesi.
I Pedersoli non sono una famiglia originaria (sono di origine camuna) ma il ramo locale è comunque ad Oltressenda alta da secoli. Come i Messa possono vantare uno stemma in contrada Foppelli. L'aspetto della contrada (sotto) non è stato alterato e le case sono state oggetto di interventi abbastanza rispettosi. Anche l'insieme è nel complesso preservato.
Caratteristiche dell'edilizia locale sono ampie arcate come quelle della corte di cui alla foto sotto (la prima è millesimata 1562, la seconda 1575).
Vi sono anche costruzioni con belle bifore. I vari particolari (portoni, arcate, pilastri, aperture) denotano un'architettura tutt'altro che rustica specchio di una notevole prosperità nellìepoca d'oro delle Alpi.
Bello anche l'abbeveratoio, come sempre diviso in due. Nella prima parte dove si avbbeveravano il bestiame l'acqua d'veva essere pulita, poi fluiva nella seconda vasca dove si lavavano i panni. Un po' di bava delle bestie non aggiungenza molto sporco al sudicume dei panni sporchi.
Anche a Foppelli non mancano interventi discutibili (come il sopralzo della foto sotto) però vi sono splendidi orti tutti contornati da muretti (una volta il bestiame girava ovunque).
Vi sono poi interessanti esempi recenti di recupero di vecchie case.
Finalmente si va in montagna. Raggiungiamo le ampie distese di prati-pascoli di Colle Palazzo. Un falsopiano al displuvio tra la Valzurio e la valle del Rino (comune di Ardesio). In fondo alla valle parallela si possono scorgere le case di Ave, frazione a 1.100 m. Ave era un centro abitato tuttl l'anno con tanto di scuole; oggi ci sono solo dimore secondarie utilizzate in estate.
Un tempo anche il Colle Palazzo (1270-1300 m) era abitato in inverno come riferisce Mons. Baronchelli e come inducono a credere le solide costruzioni dai caratteri medioevali.
Il sito era importante perché si trovava su importanti direttrici di traffici e si teneva mercato. L'idea che in posti così 'periferici' immersi nella quiete e nella solitudine ci fossero mercati ha il sapore della leggenda ma è certo che da Clusone e da Rovetta per il facile passaggio del Blum un importante itinerario passava per Valzurio, arrivava a Colle Palazzo e proseguiva per Ave. Qui convergevano per commerciare lana, bestiame, formaggi e altri generi pastori e commercianti dalla Valcamonica (attraverso il Giovetto delle Palline e Colere), dalla val di Scalve, dalla val Brembana (attraverso la val Canale e Ardesio), dalla Valtellina e forse anche da più lontano. Il "Palazzo" poteva forse essere un grande edificio per i viandanti e i partecipanti al mercato. Che sui monti piuttosto che ei centri di fondovalle avvenissero scambi e commerci non deve meravigliare visto che sui monti correvano le vie commerciali. Tra Valcamonica e Valtrompia a oltre 1900 m esiste un passo dove transitavano antiche mulattiere di collegamento tra le due valli demominato 'Foppe del Mercato'.
A Colle Palazzo sorge l'oratorio di San Giacomo dove si trova un affesco datato 1482 fatto eseguire da GB Bertulini de Giudici. La fattura indica una certa importanza del committente e quindi del luogo.
Ma dov'è il Palazzo? Qui subentrano le leggende che traggono le loro suggestioni dalla presenza a Colle Palazzo di grandi doline legate ai fenomeni carsici, ve ne sono 5, la più grande si trova immediatamente a Nord dell'oratorio di San Giacomo ed ha un diametro di oltre 100 m. La leggenda vuole che il Palazzo sia stato inghiottito nelle viscere infernali a punizione del paccato stile Sodoma e Gomorra. In ogni caso le doline incutevano timore tanto che ai bambini si raccomandava di non scendere sul fondo per timore di incontrare il diavolo.
I malghesi locali utilizzano questi ampi e comodi pascoli restando a Colle Palazzo per molti mesi (la maggior parte dell'anno). Una situazione abbastanza privilegiata che fa pensare a certe dolci vallate svizzere.
Ancora oggi, come in passato c'è chi mantiene delle pecore come il pastore della foto sotto incontrato a Grumelli, località a quota più elevata (1400 m). La nostra visita di questa parte alta della Valzurio doveva procedere sino a Campello (1556 m) ma la forte pioggia e la nebbia hanno sconsigliato di procedere.
Riscendendo ci siamo imbattuti in alcuni giovani boscaioli. Andrea mi spiegava che erano giovani che con la crisi hanno ripreso l'antica attività. "Meno male che, grazie a loro, i boschi vengono coltivati, qui la natura non è mai stata selvaggia ma molto coltivata dall'uomo".
Però i ragazzi non hanno sentito le nostre conversazioni e vedendo che si fotografavani i loro lavori forestali si sono molto innervositi.
Pare che qualche ambientalista (Cai, Orobie vive?) dopo aver scattato dlele fotografie abbia parlato a vanvera di 'devastazione'. Capita anche questo, che a volte il montanaro se la prenda con gli amici. L'atteggiamento un po' aggressivo dei ragazzi nei confronti di Andrea (guardia Parco dell'Adda Sud ma dichiaratamente dalla loro parte) lo ha molto contrariato. Anche queste sono le conseguenze di un certo ambientalismo.
Nel scendere a valle prima di una sosta alla contrada Bricconi (dove vi sono forse le abitazioni più antiche della valle) vi fermiamo in una cascina di monte tuttora attiva. Gli occupanti (parenti di Andrea) sono fuori (probabilmente a spostare gli animali).
Si tratta di piccole realtà (come quella di quei contadini che al mattino a Foppello erano intenti alla fienagione) ma ancora vitali. La ridotta produzione di formaggelle è per l'autoconsumo.
Agli effetti del mantenimento della montagna, però, queste realtà sono preziose garantendo quella presenza e manutenzione capillare che singole imprese 'professionali' non riescono a garantire.
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Con un minimo di attrezzature e con fabbricati ultra ammortizzati valorizzando al massimo il pascolo (come indicano i numerosi paletti in legno e plastica reggi filo elettrico) si ottiene un volume di produzione modesto ma con metodi veramente sostenibili.
Le stalle di queste cascine sono tutte piuttosto ampie a dimostrazione che tutta l'attività zootecnica era basata su una dimensione che andava oltre la pura economia di sussistenza. La buona disponibilità di prati-pascoli a varie quote consentiva di mantenere piccole ma non micro mandrie anche a chi non praticava la transumanza verso la Bassa.
A fianco delle aziende contadine si è inserita - nella contrada Bricconi una nuova azienda gestita da giovani. Con qualche vacca di razza Grigia (vedi sotto). Dotata di moderni macchinari l'azienda ha introdotto nella piccola valle le sinora sconosciute 'rotoballe'.
Viene spontaneo pensare che dietro il progetto - fortemente sostenuto dalle istituzioni locali - c'è ancora un'impostazione che pensa di risolvere i problemi con la meccanizzazione all'ultimo grido e con la realizzazione di nuove volumetrie (ma c'è una vecchia ma capace stalla capacissima di accogliere le sette vacche presenti!). Salvo poi scontrarsi con la difficoltà a collaborare con l'ambiente locale (aspetto indispensabile considerato che la proprietà comunale concessa in affitto è contornata di proprietà private). Salvo non considerare che non si superano le diffidenze vecchi contadini lasciando le rotoballe all'aperto (l’acqua piovana penetra nelle balle e le muffe si diffondono gradualmente in profondità). Idem utilizzando cantieri di lavoro che certo sono più efficienti del rastrello manovrato a mano ma che in certe condizioni lasciano il terreno come nella foto sotto. Purtroppo i sapientoni della tecnica e della tecnologia pensano che i sistemi agricoli siano qualcosa che non abbia una dimensione umana e sociale, ma solo chimica, meccanica, fisica, economica (biologica con limitazioni). Lo scotto poi lo paga chi con la realtà sociale - quella spesso liquidata come 'dei trogloditi' ci deve fare i conti.
1 (continua)
Note
(1) Società agraria di Lombardia, Atti della commissione d’inchiesta sui pascoli alpini. Vol II, Fasc. III “I pascoli alpini della provincia di Bergamo ” Milano, Premiata Tipografia Agraria, 1907, p. 121.
(2) S. Baronchelli, La Valzurio. Nasolino, Valzurio e Oltressenda alta, s.n, s.l., [1987?], pp.94-95.
(3) M.Marengoni, Alpeggi in provincia di Bergamo, Provincia di Bergamo, 1997, p.195.