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Il lupo minacciato da chi lo protegge


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di Michele Corti
di Michele Corti
Un lupo biondo della val di Susa


L'emergere della presenza di ibridi anche sulle Alpi, sin qui negata come fake news dalla lupologia e dagli ambientalisti, ora viene giudicata una catastrofe da Boitani (che diceva, interviste allo stesso giornale, che erano ... cazzate). Ora chiede la rimozione senza indugio degli ibridi e spara contro il "sistema". Un sistema la cui governance ha pilotato per decenni. E nel frattempo arrivano i risultati di una ricerca sull'Appennino settentrionale che conferma una fortissima percentuale di commistione genetica. Sulle Alpi, a fare disastri, sono arrivati lupi fortemente introgressi. Lasciando fare loro quello che più gli aggrada (fino a stazionare nei centri abitati) ci sarà una nuova ondata di ibridi di prima generazione. Con la irreversibile compromissione del genoma lupesco (estinzione genomica mentre il "lupo" dilaga). Estinzione del vero lupo (quella "meravigliosa macchina prodotto di millenni di evoluzione") ed estinzione dei pastori e della civiltà rurale alpina. Un ottimo risultato.  Vale la pena dare ancora più finanziamenti ai lupisti.


(12/04/2021) In questa fine inverno/inizio primavera  sono stati segnalati, nelle regioni alpino-padane,  tanti e tali episodi riguardanti i lupi che diventa impossibile negare che ci si trovi di fronte a un salto di qualità, a una situazione sfuggita di mano. Tra il 18 marzo e il 4 aprile sono stati investiti sulle strade della bassa pianura lombarda ben tre lupi, tra cui una lupa gravida (chissà se hanno eseguito l'analisi genetica del feto?). Gli episodi sono avvenuti a Lodi (qui), Pavia (qui) e Mantova (qui). Nel caso del lodigiano il lupo è ritenuto responsabile di un attacco sferrato all'interno di una stalla in cui sono state uccisi 22 caprini. Quest'inverno si sono registrati numerosi episodi di presenza di lupi nei centri abitati con predazione di animali domestici anche in prossimità delle abitazioni e delle stalle. 

Casi inquietanti (nell'inerzia delle istituzioni, ipnotizzate da LIFE WOLFALPS)

Il caso più eclatante è quello di Arvier in val d'Aosta, dove tre lupi hanno stabilito la tana diurna nel centro abitato (qui). Gli abitanti sono stati costretti a tenere i bambini chiusi in casa, i forestali hanno "monitorato" (ovvero si sono limitati a osservare i lupi). Episodi inquietanti si sono registrati nella montagna veneta. A fine marzo, ad Asiago, una lupa ha tentato di aggredire un allevatore nell'ambito dell'azienda presso i suoi capi ma è stato difeso dal proprio cane (qui). Particolare ancora più inquietante si trattava di una lupa radiocollarata. I responsabili del progetto di controllo telemetrico in Veneto – gruppo Apollonio (lupologi di una diversa "parrocchia" rispetto a LIFE WOLFALPS e a Boitani) negano, prove alla mano, che la lupa fosse un esemplare da loro controllato. Un fatto, confermato a più riprese dall'allevatore interrogato sul punto, che va ad aggiungersi alle numerose segnalazioni che da anni provengono da aree di nuova colonizzazione del lupo, spia di una gestione non trasparente da parte di certa lupologia. Non è finita, nel bellunese, nel feltrino, il 5 aprile, una piccola mandria bovina, spaventata di notte da "qualcosa" ha divelto le recinzioni e ha vagato per chilometri tanto da dover essere individuata con l'ausilio di un elicottero. Al momento del ritrovamento due capi erano ancora "terrorizzati" come riferito dai soccorritori (qui). Dubbi su cosa sia successo?

Il giocattolo è sfuggito di mano

Tutti questi episodi sono indicatori di una situazione sfuggita di mano agli apprendisti stregoni che hanno cavalcato la reintroduzione del lupo enfatizzandone i significati salvifici per l'ecosistema e assecondando ogni forma maniacale di lupofilia. L'onda sollevata è stata considerata tutta acqua portata al loro mulino ma ora rischia di ritorcersi contro. L'aver coltivato una lupofilia irrazionale ed emotiva ora impedisce qualsiasi approccio efficace al controllo di una specie che sta conoscendo una crescita demografica superiore a ogni aspettativa colonizzando ambieni fortemente antropizzati. Tutte premesse per l'innesco di conflitti sociali che rischiano di essere un boomerang per il lupismo.  Al di là di queste contraddizioni, legate alle eccessive concessioni fatte dalla propaganda pro lupo all'ideologia e alla mistica ecoanimalista, ve ne sono anche di più pesanti e strutturali legate al rapporto tra componente scientifica del conservazionismo e Ong. Sin dagli albori dell'ambientalismo, le due componenti sono risultate intrecciate. Non c'è comitato tecnico-scientifico in cui non siedano i rappresentanti delle principali organizzazioni ambientaliste (in Italia WWF e Legambiente). Molti organismi nati all'interno di associazioni ambientaliste si sono trasformati in organismi autoproclamatisi "scientifici" (ma sempre ibridi per la presenza ambientalista "militante", "istrituzionale" o "affaristica" a secondo dei punti di viata). Gli stessi organismi, gradualmente, sono diventati organismi ufficiali, parte delle istituzioni piubbliche a tutti i livelli. Essere vicini o membri delle organizzazioni ambientaliste è stato (ed è), per molti accademici, un viatico per la carriera universitaria  (accreditandosi come esperti di nomina ambientaista all'interno dei comitati scientifici e accedendo a canali preferenziali per ottenere finanziamenti per la ricerca hanno avuto "spinte propulsive" per la carriera, poi... ci sono i concorsi pilotati). Lo stesso Boitani, che ogni tanto ha delle uscite che contestano l'approccio animal-ambientalista alla gestione del lupo, è nel consiglio scientifico del WWF.  Senza il progetto "San Francesco" del WWF, gli sparuti lupologi degli albori sarebbero rimasti degli scappati di casa all'interno dell'accademia. Ora sono star. Ora, però, l'approccio animal-ambientalista diventa ingombrante. I lupologi si rendono conto che cavalcare l'ulteriore espansione e invremento del lupo rischia di diventare pericoloso e di suscitare un onda avversa. Perciò Boitani ha lanciato il progetto LIFE BOLD WOLVES e dalle parti di WOLFALPS aspettano che la situazione si deteriori e che, allo scadere di WOLFALPS II, vengano pregati, implorati, di lanciare nuovi LIFE (decine di milioni assicrati) sui lupi spavaldi, sull'avvio di un'attività contenimento (molto limnitata e comunque nelle mani dei lupisti), sugli ibridi. Però le cose stanno precipitando e i cinici calcoli dei lupisti si stanno rivelando sbagliati.  A muoversi con la consueta proverbiale spregiudicatezza è Boitani, personaggio abituato a dire tutto e il contrario di tutto. Secondo la situazione.

Scoppia il caso degli ibridi sulle Alpi

Lo scorso inverno non è passato inosservata, da parte di chi si occupa (su opposte barricate) del ritorno del lupo sulle Alpi, l'intervista di Luigi Boitani all'Alto Adige (qui). L'aspetto più interessante è che il padre della lupologia italiana ed europea spari a zero contro il "sistema". Fosse per lui gli ibridi andrebbero eliminati in modo sbrigativo perché rappresentano una minaccia mortale per il lupo; invece le normative vigenti e l'atteggiamento degli ambientalisti lo impediscono. Questa uscita di Boitani è strana.  Solo nel 2018, intervistato dallo stesso giornale (qui) il nostro dichiarava che gli ibridi sono una fake news.


Dal punto di vista scientifico è una assoluta cazzata. Abbiamo un dato del 25% di ibridi circoscritto alla bassa Toscana, quasi solo alla provincia di Grosseto. Estrapolare questo dato ed estenderlo all’intera popolazione di lupo è semplicemente ridicolo. Restiamo a nord: sulle Alpi italiane non è stato trovato fino ad oggi un solo ibrido di lupo. Francesca Marucco lavora da vent’anni in Piemonte con la genetica collaborando con i migliori laboratori statunitensi e il problema ibridi è inesistente. E stiamo parlando di una regione, il Piemonte, dove ci sono 27 branchi per un minimo di 151 esemplari.

Che Boitani sia solito contraddire sé stesso è assodato. Che il giornalista non si sia sentito in dovere di verificare cosa avesse detto l'intervistato alla sua stessa testata due anni prima è una bella prova di... professionalità.  In ogni caso a smentire la fake news di un inesistente probema ibridi ci sono pubblicazioni scientifiche, con la firma di Boitani (ci torniamo tra poco), che sostengono che l'incidenza dell'ibridazione è elevata, non solo nell'Italia centrale, ma anche sull'Appennino settentrionale. Con la sua IEA (associazione "no profit" dove figurano lui e pochissimi collaboratori) ha partecipato non solo al progetto LIFE IBRIWOLF, che si svolgeva a Grosseto ma anche all'altro progetto sugli ibridi LIFE MIRCO LUPO, con area il parco dell'Appennino tosco-emiliano e quello del Gran Sasso. Perché mettere in piedi progetti milionari se il problema ibridi non esiste o è circoscritto e limitato?

In realtà Boitani lo riteneva serio anche prima di mettere in piedi i progetti LIFE sul tema. Prendiamo in considerazione le Linee guida per la gestione della dimensione delle popolazioni di grandi carnivori (Guidelines for Population Level Management Plans for Large Carnivores) della LCIE del 2008 (Large Carnivore Initiative for Europe) (scarica il PDF) edite a cura dell'IEA e redatte da John Linnel (del NINA: Norsk institutt for naturforskning, fondazione ambientalista privata con quadi 300 dipendenti), Valeria Salvatori (collaboratrice di Boitani e membro dell'IEA) e dallo stesso Boitani. Per chi non è addentro al mondo conservazionista ricordiamo che la LCIE nasce come campagna del WWF e del Consiglio d'Europa ed è diventata poi una commissione specialistica della più ampia commissione per la sopravvivenza delle specie (Species Survival Commission) dell'IUCN (Unione internazionale per la conservazione della natura, la mega organizzazione ombrello che raduna organismi scientifici, organizzazioni ambientaliste, istituzioni).

In quelle Linee guida già si diceva che: Andrebbe fatto tutto il possibile per rimuovere dallo stato selvatico i soggetti palesemente ibridi se si dovessero comparire e venissero individuati. Per farlo il solo modo realmente efficace è il controllo letale [abbattimento], dal momento che le possibilità di cattura selettiva di singoli individui di un branco ibrido sono minime. 

Parole chiare, senza dubbio.

L'impietoso confronto tra Slovenia e il paese di Pulcinella

Anche nel caso della non gestione del lupo l'Italia si conferma il paese di Pulcinella. L'ibrido nero apparso in Friuli proveniente dalla Slovenia è il quinto di una cucciolata ibrida. I suoi fratelli e il cane padre sono stati abbattuti in Slovenia, lui – guidato da un misterioso istinto – si è salvato in Italia, il paese dove gli ibridi non solo non si abbattono ma si lasciano accoppiare. Infatti la fototrappola lo ha immortalato insieme a una lupa. Auguri e figli maschi. A questo punto appare chiaro che gli ibridi sono voluti dagli stessi lupologi che si stracciano le vesti lamentando il grave pericolo. Fossero coerenti chideono di attivare la deroga alla direttiva Habitat per abbattere gli ibridi. Ma non lo fanno. Per due ragioni: la prima che sono troppo compromessi con il mondo ambiental-animalista, la seconda che gli ibridi renderanno ulteriori progetti LIFE, ulteriori milionate.

Ibridi sulle Alpi, la lupologia prima nega, poi si arrende

Per alcuni anni la lupologia e il lupismo militante hanno negato la presenza di ibridi sulle Alpi. Un anno prima che Boitani dichiarasse che gli ibridi alpini sono fake news, Legambiente Veneto si preoccupava di lanciare una campagna sugli ibridi definendoli  "arma di distrazione di massa". Nel 2018 Boitani era quindi in sintonia con gli ambientalisti: chi parla di ibridi – sostenevano i nostri – vuole intorbidare le acque, i lupi arrivati sulle Alpe sono purissimi... come la Levissima. Avrebbero continuato (Legambiente, Boitani, WolfAps) a negare la presenza di ibridi sulle Alpi se... non fossero arrivate le segnalazioni di quei guastafeste dei cacciatori.

I cittadini devono essere consapevoli che il lupismo organizzato, ben lubrificato dai milioni di LIFE WOLFALPS,  spende i soldi pubblici non per produrre conoscenza sulla reale presenza del lupo ma per nasconderla. Il tutto per consentire l' ulteriore espansione della specie (sulla "limpieza de sangre" non si vada troppo per il sottile). Più lupi più potere per i lupisti, più lupi più soldi per la cerchia magica. Domani incasseranno per sparare ai lupi (poco, altrimenti la pulizia etnica delle Alpi andrebbe troppo per le lunghe per i gusti di chi sostiene l'ambientalismo planetario). Oggi si preoccupano di diffonderli ancora il più possibile. Un gioco d'azzardo, però. Un gioco in cui si sono cacciati forse sopravvalutando le loro capacità, la loro furbizia. Promuovere,  come ha fatto LIFE WOLFALPS la colonizzazione del lupo sulle Alpi, è qualcosa che sconvolge la vita di intere comunità, sino ad espropriarle dell'uso del territorio, che cambia i rapporti tra le istituzioni, che mira a svuotare ulteriormente il potere degli organi elettivi a favore dei centri di potere centralistici e tecnocratici. Nel XIX secolo i grandi interessi economici, la tecnoburocrazia, il potere statale aggredirono la montagna con la scusa della "protezione del bosco" (distrutto dagli interessi industriali e speculativi borghesi). Oggi c'è il lupo. Tutto sulla stessa scia. Si vuole cancellare la presenza plurisecolare di comunità autonome, della piccola attività economica, della civiltà rurale. Ma per portare avanti un progetto politico del calibro di WolfAlps ci vuole del personale all'altezza. Forte di competenza scientifica plurispecialistiche ma anche di cultura politica, sociologica ecc. Ovvio che dietro ai personaggi di medio calibro, pieni di spocchia, di LIFE WOLFALPS c'è qualcuno ben più attrezzato di loro (dentro il Ministero, l'Ispra, i cc forestali) ma è altrettanto chiaro cha, anche chi manovra dietro le quinte, si è autoconvinto di essere troppo bravo e infallibile. Una convinzione tratta dalla facilità con la quale hanno portato a casa le milionate dei fondi comunitari e, soprattutto, alla facilità con la quale le istituzioni si sono fatte mettere nel sacco, trasferendo, a partire dalla Regione Piemonte, prerogative e competenze a un autority che non non è stata stabilita da nessuna legge, ma che è diventata, grazie alle collusioni con te strutture tecnoburocratiche e all'ignavia politica, molto più potente di tante istituzioni. Questa autority è LIFE WOLFALPS, o meglio la rete implicita, di relazioni tentacolari, di catene di comando de facto, stabilita da LIFE WOLFALPS. Una rete che fa capo alla centrale e bypassa spregiudicatamente, anche forzando i limiti della legittimità, le istituzioni alle quali fanno riferimento dirigenti, funzionari, dipendenti degli enti che sono entrati nell'orbita di LIFE WOLFALPS. Ci troviamo di fronte a un potente ENTE NAZIONALE LUPI ALTA ITALIA (ENALAI) con autorità che scavalca quella delle istituzioni che si muovono (non sempre peraltro) alla luce del sole, istituzioni che, mai come in questo caso, si rivelano pallide finzioni, facciate che nascondono i reali centri di potere. Tutto questo potere, però, da alla testa.
Così si è pensato da parte dei "signori del lupo" che si potessero prendere in giro all'infinito i poveri villici raccontando le favole dei lupi timidi e schivi, magari modulando un po' la narrazione: prima si racconta che il lupetto fugge terrorizzato alla prima usmata di puzzo umano, poi ti dicono che no, le cose, le case non gli fanno paura e che ha paura solo dell'uomo ... in presenza, quindi lasciate che si avvicini alle case, che entri in paese. Non fa nulla. Poi ...  

Tra le altre storie delle affabulazioni lupiste vi sono quelle dei "cani randagi" che sono la colpa di tutto, compresa l'ibridazione del lupo. Ma sulle Alpi non esistono cani randagi, solo cani mal custoditi. Come la mettiamo? Sulle Alpi il gioco di dare la colpa ai soliti cattivi cacciatori e ai soliti negligenti e pastori per l'abbandono dei cani non funziona. Così se appaiono ibridi è molto imbarazzante per la lupologia (e il lupismo in generale). Perché è inevitabile arrivare alla conclusione che gli ibridi sono, in questo contesto, il risultato di una non-gestione del lupo che consente ai singoli e ai branchi di entrare nei centri abitati. Qualche volta i cani sono sbranati, qualche altra volta la lupa si accoppia con il cane.

Luna, lupa ibrida radiocollarata da LIFE MIRKO LUPO nelle Alpi Marittime

Boitani o non conosce la geografia o ha la memoria corta o ...  Il progetto LIFE MIRCO LUPO, progetto sugli ibridi, nel 2018 ha recuperato e radiocollarato una lupa, vittima di un incidente stradale nelle Alpi liguri. Per via delle solite contraddizioni, quelle ormai croniche e dalle quali il lupismo non riuscirà più a liberarsi (ma che fa pagare alle sue vittime: in primis gli allevatori),  l'hanno "battezzata" Luna, con un nome accattivante, che punta – per promuoverne in modo distorto l'accettazione –  a umanizzare il selvatico o, quantomeno a "domesticizzarlo". Ma contribuendo alla cultura animalista della confusione di statuti tra uomo e animale tra domestico e selvatico, facendo di tutti gli animali dei pet, diventa poi difficile spiegare che gli ibridi sono una minaccia, che vanno rimossi. Ma i primi a dare il cattivo esempio sono loro, come quel guardiaparco di un parco piemontese aderente a LIFEWOLFALPSs che si fa filmare mentre "balla con i lupi".  Luna, radiocollarata, è stata poi vittima di un cinghiale nel 2018, non molto lontano da dove era stata rinvenuta la prima volta, al confine tra la provincia di Savona e quella di Cuneo nelle Alpi Marittime. Passano due anni e un lupo biondo appare in val di Susa. Sin dall'agosto è segnalato dai cacciatori attraverso il blog Nuovo Cacciatore Piemontese di Alessandro Bassignana. Quando ormai la notizia si diffonde sui social, LIFE WOLFALPS, attraverso i guardiaparco delle Alpi Cozie decide che è preferibile ammettere la presenza dell'ibrido (sotto in una foto con un esemplare "regolare").

Quest'anno, a febbraio, l'ibrido appare ancora, prima a gennaio e poi, ripetutamente, nel fondovalle valsusino, dove è stato immortalato in compagnia di altri due soggetti "regolari".

Quanto è ibridato il lupo italiano?

Dopo che, sulle Alpi, dopo i biondi apparsi a Ovest, appariva nel Tarvisiano (Friuli) un melanico (mantello completamente nero), è uscito uno studio del gruppo di Ciucci, che alla Sapienza di Roma ha preso il posto di Boitani, che confermerebbe precedenti indagini che indicavano come molto estesa la commistione genetica con il cane domestico della popolazione lupina appenninica. (Santostasi, N.L., Gimenez, O., Caniglia, R., Fabbri, E., Molinari, L., Reggioni, W. and Ciucci, P. - 2021-, Estimating Admixture at the Population Scale: Taking Imperfect Detectability and Uncertainty in Hybrid Classification Seriously. Jour. Wild. Mgmt.. https://doi.org/10.1002/jwmg.22038). Così si scopre che il Parco nazinale dell'Appennino tosco-emiliano che oltre a LIFE MIRCOLUPO ha avuto finanziati in precedenza altri tre LIFE (NAT/IT/007214; NAT/IT/000502, NAT/IT/003115) per azioni di conservazione del lupo PER UN TOTALE DI 3,8 MILIONI DI EURO ha, di fatto, moltiplicato gli ibridi.

I risultati, che hanno avuto larga eco sulla stampa,  confermano quanto osservato a Grosseto da Salvatori e altri (compreso Boitani che poi se li è dimenticati) (Salvatori, V., Godinho, R., Braschi, C. et al. High levels of recent wolf × dog introgressive hybridization in agricultural landscapes of central Italy. Eur J Wildl Res 65, 73 (2019). https://doi.org/10.1007/s10344-019-1313-3. Questo studio, indica una percentuale di individui con commistione genetica vicina al 50%.


Questi risultati non sono affatto delle sorprese perché, anche in passato, alcuni studi indicavano percentali di commistione genetica elevate (sino all'80%) anche se la maggior parte si fermava a stime del 15-20% .  Restano pochi dubbi, però che l'ibridazione rappresenti un fenomeno massivo. Esso  non riguarda tanto la presenza di F1, ibridi di prima generazione, quanto l'introgressione, "spalmata" su una larga percentuale di popolazione, delle varianti genetiche canine, nelle generazioni successive (per incrocio degli ibridi di prima generazione con la specie parentale lupo). Un fenomeno, qui sta la gravità, irreversibile. Prodottosi non quando il lupo era ridotto ai minimi termini, come qualcuno pensava fino a poco tempo fa, ma durante la fase di ripresa. Quando, uscito dalle ridotte appenniniche in cui era sopravvissuto, la specie si è espansa verso nuovi areali più antropizzati. Si stima che il grosso della introgressione sia avvenuto nella fase tra gli anni '80 e il 2000 (Galaverni M. Caniglia R, Pagani L, Fabbri E, Boattini A, Randi E. Disentangling Timing of Admixture, Patterns of Introgression, and Phenotypic Indicators in a Hybridizing Wolf Population. Mol. Biol. Evol. 2017;34:2324–39). La rapida espansione senza controllo minaccia a morte il lupo. Ma non sembra che i lupologi ne traggano le debite conclusioni, altrimenti chiederebbero la fine del surrettizio regime di super-protezione, andrebbero a dire in Europa che per salvare il lupo bisogna classificarlo tra le specie a tutela ordinaria. 


Fine delle bufale sugli ibridi?

Le evidenze delle indagini su basi scientifiche mettono fine anche a quell'uso smaccatamente strumentale degli ibridi al quale il lupismo ci aveva abituati. Se gli ibridi di prima generazione sono pochi ma molti lupi (forse la maggior parte) presentano commistione genetica, sostenere che il fenomeno dei lupi "confidenti" è legato alla presenza di ibridi è insostenibile. Se ne sono accorti anche i lupisti che, dopo aver utilizzato l'argomento ibridi per "assolvere" i "veri lupi", oggi preferiscono sostenere che gli ibridi nati allo stato selvatico non presentano comportamenti diversi dai compagni di branco. Insistono solo gli orecchianti.


Perché è grave l'ibridazione?

Chi è profano di biologia potrebbe pensare che la salvaguardia della "purezza" genetica di una specie selvatica sia una forma di ossessione da puristi, magari un po' "razzista". Che gli animali cambino e  coevolvano con l'ambiente, anche mediante l'ibridazione è un fatto assodato, ma qui si parla di ibridazione antropogenica, legata a fattori umani. Il lupo, sia che venga protetto, sia che venga perseguitato, è sottoposto a fattori antropici, a maggior ragione con riguardo alla possibilità di accoppiarsi con i cani domestici. Questa ibridazione, in tempi comunque ben diversi dall'evoluzione naturale, è palesamente disadattativa, negativa per il lupo. Il cane ha un patrimonio genetico molto simile a quello del lupo di cui è la forma domestica, la stessa specie, ma le diversità sono cruciali. Ciò che è adattativo alle condizioni di domesticità è disadattativo per quelle selvatiche. L'animale domestico perde quei caratteri che consentono al selvatico di essere sempre vigile, di essere estremanente reattivo. Il selvatico è un animale adrenalinico (l'ormone della fuga e dell'attacco) e utilizza molta energia per questo. Energia che il domestico può destinare alle produzioni, al lavoro, alla crescita perché la protezione umana rende meno importante la reattività per la sopravvivenza e il sucecsso riproduttivo. Il cane ha acquisito una cadenza riproduttiva diversa (può figliare due volte l'anno). Ma la sua fecondità diventa un handicap in condizioni selvatiche: al grande fabbisogno nutrizionale imposto dalla gestazione corrisponde una scarsissima probabilità di sopravvivenza dei cuccioli, uno spreco di energie che costa caro in termini di possibilità di sopravvivenza di una popolazione di cani rinselvatichiti.

Il lupo viene presentato come una macchina meravigliosa, frutto di millenni di coevoluzione, una specie che può avere un ruolo importante nell'ambiente in forza di queste sue caratteristiche. Non ci vuole molto a capire che tutta questa "mistica biologica" (di certo enfatizzata) perde di fondamento se il lupo diventa un mezzo cane, se non è più lui. Cadono le argomentazioni per le quali le esigenze di conservazione del lupo sono state imposte a spese di altre istanze naturalistiche, economiche, sociali. La specie prioritaria tanto esaltata, la legittimità dei tanti quattrini spesi per il lupo, del potere acquisito dalla lupologia e dal lupismo, i danni subiti dai "villici", le sofferenze degli animali sbranati, i sacrifici dei pastori (mantenere i cani da guardiania, montare i recinti, trasportare le reti, montare la guardia ai greggi e alle mandrie, dormire in montagna in una baracca per non allontanarsi dagli animali ecc. ecc.). Se, già senza la considerazione degli ibridi, messo su un piatto di una metaforica bolancia, l'impatto negativo del lupo poteva apparire di un peso sproporzionato, a maggior ragione tutte le pretese e le arroganze del lupismo diventano indifendibili se il risultato di tanta protezione, di troppa protezione è ... la prospettiva (tutt'altro che teorica) dell'estinzione genomica della specie. L'ibridazione del lupo sulle Alpi incute il terrore al lupismo perché rappresenta l'annuncio di una nuova ondata di introgressione genetica. Su la popolazione dei lupi alpini è derivata (come dice la lupologia) da una popolazione appenninica, allora ha una identità genetica già compromessa. Se questi non-del-tutto-lupi vanno incotro ad estesi fenomeni di ibridazione... rimane solo un mezzo cane. Che non merita protezione. E i lupisti meritano di essere presi a pedate non di ricevere altre milionate.


Cosa si fa per impedire l'ibridazione?

Tanto per cominciare è bene osservare che l'ibrido è protetto. Parebbe una contraddizione, ma è così. In Italia la giurisprudenza si è espressa a favore dell'estensione della protezione della fauna selvatica a quella nata allo stato selvatico. Quindi il figlio di una lupa accoppiatasi con un cane che alleva i cuccioli ibridi in natura è protetto ai sensi della L. 157 /92. A favore della protezione degli ibridi si era espressa anche la LCIE (vedi sopra : Guidelines for Population Level Management Plans for Large Carnivores, 2008)(PDF). La motivazione è che se l'ibrido non fosse protetto quei cattivoni dei cacciatori e dei pastori potrebbero trovare delle scappatoie per sopprimere i lupi e farla franca. Ma questa appare una motivazione più ideologica che gestionale se il pericolo di ibridazione è elevato. La lupologia, vedi le Linee guida elaborate dal progetto LIFE IBRIWOLF (2015), curate da Anna Bocci e Luigi Boitani (PDF),  sostiene che, qualora il rischio di ibridazione sia elevato e le popolazioni di lupi siano in stato di consistenza soddisfaciente è preferibile commettere l'errore di rimuovere per sbaglio un lupo (errore di Tipo I) piuttosto che rischiare di lasciare un ibrido allo stato selvatico (errore di Tipo II). Se si volesse veramente togliere gli ibridi si toglierebbe la protezione. Oggi il lupo è in crescita demografica e qualche rimozione in più, aggiunta alle tante illegali (che gli ambientalisti stimano – ormai da anni – nel numero ridicolmente basso di 300) non cambierebbe nulla. Invece, se i cacciatori togliessero gli ibridi essi farebbero un servizio eccellente per il lupo. Sì, ma i lupologi e la lupisteria non incasserebbe milioni per far finta di risolvere il problema degli ibridi... e gli eroi diventerebbero i cattivoni per definizione, i cacciatorti. Allora come non puà venire il sospetto che ai lupisti non interessi un fico secco del lupo? Ad avvalorare il sospetto c'è un altro elemento: i lupologi in Italia sanno che applicare le deroga alla direttiva Habitat significa mettersi in aperto contrasto con le organizzazioni animal-ambientaliste che raccolgono consensi, tessere e finanziamenti sbandierando la loro politica del: "il lupo non si tocca" (fatta di reiterate campagne a cadenza quasi annuale). Una politica che non prevede eccezioni, neanche per gli ibridi. Giammai! L'abbattimento dei lupi (a maggior ragione degli ibridi) per motivi di tutela faunistica (in questo caso la protezione del lupo dal rischio di ibridazione) sarebbe invece ampiamente giustificato. Ma all'Ispra, al Ministero, nella cerchia lupologica nessuno – anche se concorda dal punto di vista tecnico sulla positività di una politica di abbattimento degli ibridi – ha il coraggio di rompere il tabù. Ci si trincera dietro la "sensibilità" dell'opinione pubblica.  

A complicare le cose c'è, in Italia, la legge quadro sugli animali d'affezione e sulla prevenzione del randagismo (la 281 del 1991). Essa ha proibito la rimozione dei cani randagi mediante controllo letale e imposto, anche per i cani vaganti in montagna, la cattura a cura dei comuni. Nonostante l'anagrafe canina, i microchip e le sanzioni il randagismo non è diminuito e i canili (e i rifugi gestiti dagli animalisti) si sono moltiplicati (con ingente spesa di altre risorse pubbliche). Ma con la telenarcosi è difficile rimuovere i cani vaganti nell'ambiente selvatico. In base al DM del 16 aprile 1996 poi, gli ibridi catturati, in quanto animali pericolosi (ma dai, se sono innocui come agnellini!) non possono essere detenuti nei canili ordinari ma in strutture con determinati requisiti e riconosciute.  Le problematiche normative , la complessità delle procedure aurorizzative, la reperibilità e capienza delle strutture specializzate,  i costi del mantenimento degli ibridi, hanno fatto sì gli stessi progetti LIFE finanziati per contrastare l'ibridazione si siano rivelati le classiche montagne che hanno partorito il topolino (di fallimenti, però, non si parla troppo apertamente perché non deve venire all'orecchio di chi deve finanziare nuovi LIFE).

Non potendo sparare all'ibrido (cosa comunque non semplice per via degli accertamenti genetici, tranne che per poche caratteristiche fenotipiche che marcano in modo univoco l'ibrido ai fini della diagnostica) si punta a sterilizzarlo e a rimetterlo in circolazione. I pastori sono felici di sapere che un predatore, costato già un pacco di soldi, può tornare a sbranargli gli animali.  Peccato poi che la detenzione, in attesa dei risultati degli accertamenti genetici, non sia breve (specie se – come fanno Boitani e allievi – si mandano i campioni ... laggiù nel Montana).


Boitani/LCIE si preoccupa che, nelle more della detenzione, l'ibrido si abitui al contatto con l'uomo, ma poi Boitani IBRIWOLF manda i campioni negli Usa. Strano. A complicare le cose ci sono proprio gli accertamenti genetici. E i nostri lupologi se la prendono allora con la Raccomandazione n. 173 del 2014 del Segretariato permanente della Convenzione di Berna in materia di lupi ibridi (scarica il PDF). Queste Raccomandazioni sostengono l'esatto contrario di Boitani e IBRIDWOLF, ovvero che è preferibile l'errore II (lasciare in natura un ibrido) piuttosto che l'errore I (rimuovere per errore un lupo). 

Come è possibile questo mistero? Semplice, i nostri lupologi hanno sostenuto sino all'estremo, con ammirabile sprezzo del ridicolo, che i lupi italiani non superavano, sino a pochi anni orsono il numero di mille (poi sono quasi improvvisamente raddoppiati, sulla carta, ovviamente). Secondo le classificazioni IUCM essi (i lupi) erano ancora pochi anni fa in condizione di vulnerabilità, il che presupponeva particolari attenzioni e un canale prioritario di finanziamento per i progetti sulla loro protezione. Una confortevole condizione per i lupologi e i loro entourage parchisti. Il Segretariato permanente della Commissione di Berna (va tenuto presente che gli organismi sono tanti ma le persone, quantomeno quelle che compongono i comitati scientifici, sono sempre le stesse) non poteva che basarsi sui dati forniti a livello nazionale. L'Italia, paese chiave per la valutazione dello status del lupo in Europa, dichiarava nel rapporto  Specie e habitat di interesse comunitario in Italia: distribuzione, stato di conservazione e trend, Rapporto Ispra 194/2014 ( a cura di Pietro Genovesi) che i lupi erano solo una miseria, 800-1300, era logico trattare il problema degli ibridi adeguatamente a uno scenario di lupi ridotti a piccole popolazioni. La cautela che ne consegue, con la necessità dei famosi accertamenti genetici, costringe a mantenere i sospetti ibridi detenuti in attesa di giudizio. Un fatto che diminuisce di molto le possibilità di catturarne e rilasciarne sterilizzati in numeri che non siano simbolici e che apre, oltretutto, le porte al rischio di rilasciare lupi o ibridi diventuti "confidenti" con l'uolo, quindi pericolosi. In realtà la Raccomandazione è formulata in modo che venga attuato un accertamento fenotipico e/o genetico. Le Linee guida di IBRIWOLF prevedono solo tre casi di presenza di caratteri fenotipici in grado di consentire la diagnosi dell'ibrido:

1) presenza del 5° dito (sperone) sugli arti posteriori;

2) presenza di unghie depigmentate o biancastre (anche solo alcune);

3) macchie di colore anomalo sul manto (bianche o nere).

Vale la pena sottolineare come, pur recando la firma di Boitani, queste indicazioni escludano un altro carattere: il mantello nero (melanismo). 

Un lupo nero (o un ibrido)? appenninico

Oggi Boitani sostiene (vedi l'intervista all'Alto Adige) che tutti i soggetti neri sono ibridi e che vanno rimossi senza accertamento genetico. Sostiene anche che, se l'accertamento genetico decreta che il soggetto è un lupo, va rigettata l'analisi genetica. Uno scetticismo che va ad affossare anche valutazioni che vanno al di là del carattere in questione e che lascia perplessi.  I risultati degli studi sul tema sono, in ogni caso, contradditori. Alcuni studi concludono che il carattere è legato a ibridazione con il cane, sia pure risalente a qualche generazione prima (Caniglia et al.  Black coats in an admixed wolf × dog pack is melanism an indicator of hybridization in wolves? Eur J Wildl Res - 2013 - 59:543–555 DOI 10.1007/s10344-013-0703-1). Al contrario, in altri, si sostiene che la presenza del manto nero non è necessariamente legata a episodi di ibridazione (Apollonio, M., Mattioli, L. & Scandura, M. Occurrence of black wolves in the Northern Apennines, Italy. Acta Theriol 49, 281–285 - 2004-. https://doi.org/10.1007/BF03192528). 

Noi ci limitiamo a osservare che, putroppo, la lupofilia/lupomania imperante, che tanto ha fatto comodo anche ai lupologi garantendo il consenso ai loro progetti e un mercato a tutto ciò che parla di lupo (fiction o divulgazione che sia), ha moltiplicato la presenza di centri faunistici che detengono lupi, anche esotici. L'episodio di St. Martin Vesubie dello scorso hanno ha determinato l'immissione involontaria allo stato selvatico di sette soggetti canadesi neri. Uno non è stato catturato e si trova probabilmente in provincia di Cuneo. I suoi eventuali figli sarebbero lupi al 100%. Se apparissero soggetti neri, così come sono apparsi in Friuli non varrebbe la pena indagare attraverso analisi genetiche (che consento anche di sapere se un lupo è italico piuttosto che di altre aree, a maggior ragione americano o asiatico?


Sarebbe anche il caso di controllare meglio il crescente movimento di lupi verso e da i Centri di recupero. Verso quello del Monte Adone, per esempio, si stanno coinvogliando i numerosi soggetti che sono vittime di investimenti stradali nella pianura padana. Capire meglio quanto tempo stiano i lupi in questi Centri, che contatti abbiano con il personale, quanto venga a costare tutto ciò contribuirebbe a fare un po' di chiarezza su una governance del lupo che presenta molti aspetti opachi contradditori.

Ci si mettono anche gli animal-ambientalisti

Come se non bastassero le difficoltà frapposte alla rimozione degli ibridi dall'iper garantismo pro lupo della normativa vigente e dalle complicazioni burocratiche, ci si mettono anche gli animal-ambientalisti. La storia della lupa di Potenza è nota ed ha assunto toni surreali, ma emblematici dell'atteggiamento ambientalista. Prima Legambiente ha criticato il comune perché non interveniva a impedire che la lupa si accoppiasse con i cani (si vede i lupisti non gradivano questa esibizione che degradava la loro sacra lupa, bandiera della natura vindice, alfiere della biodiveristà, specie prioritaria a ... lupa da marciapiede). Poi quando il comune è intervenuto, ha catturato e sterilizzato l'animale, apriti cielo: "Come si permette con un'ordinanza di bypassare le serie di autorizzazioni dell'Ispra e del Ministero, come si permette un sindaco di gestire la fauna selvatica" (qui). Fauna selvatica ma dentro una città. E se ci arriva è perché quacosa non funziona nella gestione della specie.
Forse agli ambientalisti scocciava anche che facessero il giro dei social immagini che documentano un fenomeno di ibridazione nella sua cruda e realedinamica: una lupa che entra in un abitato e che, per via di carenze normative, iper-garantismo animalista, si accoppia tranquillamente con i cani. Non con quelli dei cacciatori e dei pastori, brutti sporchi e cattivi, ma con quelli "residenziali".

Ancora più chiarificatore un episodio avvenuto nel Grossetano dove gli animalisti hanno contestato la cattura degli ibridi.

  •  
  • La LAV fa il suo mestiere: i diritti (stabiliti da loro) del singolo animale passano sopra quelli della specie, dell'ecosistema, della persona umana. Ma quanta di questa ideologia, sia pure un po' annacquata è finita nella gestione dell'ambiente, nella (non) gestione del lupo anche da parte di istituzioni assenti che lasciano fare alle forze ambiental-animaliste ben organizzate?
    Viene il sospetto che lupi o ibridi vadano altrettanto bene dei lupi "regolari" per l'animal-ambientalismo, e anche per un certo lupismo. Gli apprendisti stregoni hanno evocato, per perseguire il proprio vantaggio, forze che non riescono più a controllare. E anche il lupo è vittima dei suoi protettori (sensu magnaccia). 


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