L'emergere
della presenza di ibridi anche sulle Alpi, sin qui
negata come fake news dalla lupologia e dagli
ambientalisti, ora viene giudicata una catastrofe da
Boitani (che diceva, interviste allo stesso giornale,
che erano ... cazzate). Ora chiede la rimozione senza
indugio degli ibridi e spara contro il "sistema". Un
sistema la cui governance ha pilotato per decenni. E nel
frattempo arrivano i risultati di una ricerca
sull'Appennino settentrionale che conferma una
fortissima percentuale di commistione genetica. Sulle
Alpi, a fare disastri, sono arrivati lupi fortemente
introgressi. Lasciando fare loro quello che più gli
aggrada (fino a stazionare nei centri abitati) ci sarà
una nuova ondata di ibridi di prima generazione. Con la
irreversibile compromissione del genoma lupesco
(estinzione genomica mentre il "lupo" dilaga).
Estinzione del vero lupo (quella "meravigliosa macchina
prodotto di millenni di evoluzione") ed estinzione dei
pastori e della civiltà rurale alpina. Un ottimo
risultato. Vale la pena dare ancora più
finanziamenti ai lupisti.
(12/04/2021) In questa fine inverno/inizio primavera sono stati segnalati, nelle regioni alpino-padane, tanti e tali episodi riguardanti i lupi che diventa impossibile negare che ci si trovi di fronte a un salto di qualità, a una situazione sfuggita di mano. Tra il 18 marzo e il 4 aprile sono stati investiti sulle strade della bassa pianura lombarda ben tre lupi, tra cui una lupa gravida (chissà se hanno eseguito l'analisi genetica del feto?). Gli episodi sono avvenuti a Lodi (qui), Pavia (qui) e Mantova (qui). Nel caso del lodigiano il lupo è ritenuto responsabile di un attacco sferrato all'interno di una stalla in cui sono state uccisi 22 caprini. Quest'inverno si sono registrati numerosi episodi di presenza di lupi nei centri abitati con predazione di animali domestici anche in prossimità delle abitazioni e delle stalle.
Casi
inquietanti (nell'inerzia delle istituzioni, ipnotizzate
da LIFE WOLFALPS)
Il caso più eclatante è quello di Arvier in val d'Aosta, dove tre lupi hanno stabilito la tana diurna nel centro abitato (qui). Gli abitanti sono stati costretti a tenere i bambini chiusi in casa, i forestali hanno "monitorato" (ovvero si sono limitati a osservare i lupi). Episodi inquietanti si sono registrati nella montagna veneta. A fine marzo, ad Asiago, una lupa ha tentato di aggredire un allevatore nell'ambito dell'azienda presso i suoi capi ma è stato difeso dal proprio cane (qui). Particolare ancora più inquietante si trattava di una lupa radiocollarata. I responsabili del progetto di controllo telemetrico in Veneto – gruppo Apollonio (lupologi di una diversa "parrocchia" rispetto a LIFE WOLFALPS e a Boitani) negano, prove alla mano, che la lupa fosse un esemplare da loro controllato. Un fatto, confermato a più riprese dall'allevatore interrogato sul punto, che va ad aggiungersi alle numerose segnalazioni che da anni provengono da aree di nuova colonizzazione del lupo, spia di una gestione non trasparente da parte di certa lupologia. Non è finita, nel bellunese, nel feltrino, il 5 aprile, una piccola mandria bovina, spaventata di notte da "qualcosa" ha divelto le recinzioni e ha vagato per chilometri tanto da dover essere individuata con l'ausilio di un elicottero. Al momento del ritrovamento due capi erano ancora "terrorizzati" come riferito dai soccorritori (qui). Dubbi su cosa sia successo?
Il
giocattolo è sfuggito di mano
Tutti
questi episodi sono indicatori di una situazione sfuggita
di mano agli apprendisti stregoni che hanno cavalcato la
reintroduzione del lupo enfatizzandone i significati
salvifici per l'ecosistema e assecondando ogni forma
maniacale di lupofilia. L'onda sollevata è stata
considerata tutta acqua portata al loro mulino ma ora
rischia di ritorcersi contro. L'aver coltivato una
lupofilia irrazionale ed emotiva ora impedisce qualsiasi
approccio efficace al controllo di una specie che sta
conoscendo una crescita demografica superiore a ogni
aspettativa colonizzando ambieni fortemente antropizzati.
Tutte premesse per l'innesco di conflitti sociali che
rischiano di essere un boomerang per il lupismo. Al
di là di queste contraddizioni, legate alle eccessive
concessioni fatte dalla propaganda pro lupo all'ideologia
e alla mistica ecoanimalista, ve ne sono anche di più
pesanti e strutturali legate al rapporto tra componente
scientifica del conservazionismo e Ong. Sin dagli albori
dell'ambientalismo, le due componenti sono risultate
intrecciate. Non c'è comitato tecnico-scientifico in cui
non siedano i rappresentanti delle principali
organizzazioni ambientaliste (in Italia WWF e
Legambiente). Molti organismi nati all'interno di
associazioni ambientaliste si sono trasformati in
organismi autoproclamatisi "scientifici" (ma sempre ibridi
per la presenza ambientalista "militante",
"istrituzionale" o "affaristica" a secondo dei punti di
viata). Gli stessi organismi, gradualmente, sono diventati
organismi ufficiali, parte delle istituzioni piubbliche a
tutti i livelli. Essere vicini o membri delle
organizzazioni ambientaliste è stato (ed è), per molti
accademici, un viatico per la carriera universitaria
(accreditandosi come esperti di nomina ambientaista
all'interno dei comitati scientifici e accedendo a canali
preferenziali per ottenere finanziamenti per la ricerca
hanno avuto "spinte propulsive" per la carriera, poi... ci
sono i concorsi pilotati). Lo stesso Boitani, che ogni
tanto ha delle uscite che contestano l'approccio
animal-ambientalista alla gestione del lupo, è nel
consiglio scientifico del WWF. Senza il progetto
"San Francesco" del WWF, gli sparuti lupologi degli albori
sarebbero rimasti degli scappati di casa all'interno
dell'accademia. Ora sono star. Ora, però, l'approccio
animal-ambientalista diventa ingombrante. I lupologi si
rendono conto che cavalcare l'ulteriore espansione e
invremento del lupo rischia di diventare pericoloso e di
suscitare un onda avversa. Perciò Boitani ha lanciato il
progetto LIFE BOLD WOLVES e dalle parti di WOLFALPS
aspettano che la situazione si deteriori e che, allo
scadere di WOLFALPS II, vengano pregati, implorati, di
lanciare nuovi LIFE (decine di milioni assicrati) sui lupi
spavaldi, sull'avvio di un'attività contenimento (molto
limnitata e comunque nelle mani dei lupisti), sugli
ibridi. Però le cose stanno precipitando e i cinici
calcoli dei lupisti si stanno rivelando sbagliati. A
muoversi con la consueta proverbiale spregiudicatezza è
Boitani, personaggio abituato a dire tutto e il contrario
di tutto. Secondo la situazione.
Scoppia il caso degli ibridi sulle Alpi
Lo scorso inverno non è passato inosservata, da parte di chi si occupa (su opposte barricate) del ritorno del lupo sulle Alpi, l'intervista di Luigi Boitani all'Alto Adige (qui). L'aspetto più interessante è che il padre della lupologia italiana ed europea spari a zero contro il "sistema". Fosse per lui gli ibridi andrebbero eliminati in modo sbrigativo perché rappresentano una minaccia mortale per il lupo; invece le normative vigenti e l'atteggiamento degli ambientalisti lo impediscono. Questa uscita di Boitani è strana. Solo nel 2018, intervistato dallo stesso giornale (qui) il nostro dichiarava che gli ibridi sono una fake news.
Dal
punto di vista scientifico è una assoluta cazzata. Abbiamo
un dato del 25% di ibridi circoscritto alla bassa Toscana,
quasi solo alla provincia di Grosseto. Estrapolare questo
dato ed estenderlo all’intera popolazione di lupo è
semplicemente ridicolo. Restiamo a nord: sulle Alpi
italiane non è stato trovato fino ad oggi un solo ibrido
di lupo. Francesca Marucco lavora da vent’anni in Piemonte
con la genetica collaborando con i migliori laboratori
statunitensi e il problema ibridi è inesistente. E stiamo
parlando di una regione, il Piemonte, dove ci sono 27
branchi per un minimo di 151 esemplari.
Che
Boitani sia solito contraddire sé stesso è assodato. Che
il giornalista non si sia sentito in dovere di verificare
cosa avesse detto l'intervistato alla sua stessa testata
due anni prima è una bella prova di...
professionalità. In ogni caso a smentire la fake
news di un inesistente probema ibridi ci sono
pubblicazioni scientifiche, con la firma di Boitani (ci
torniamo tra poco), che sostengono che l'incidenza
dell'ibridazione è elevata, non solo nell'Italia centrale,
ma anche sull'Appennino settentrionale. Con la sua IEA
(associazione "no profit" dove figurano lui e pochissimi
collaboratori) ha partecipato non solo al progetto LIFE
IBRIWOLF, che si svolgeva a Grosseto ma anche all'altro
progetto sugli ibridi LIFE MIRCO LUPO, con area il parco
dell'Appennino tosco-emiliano e quello del Gran Sasso.
Perché mettere in piedi progetti milionari se il problema
ibridi non esiste o è circoscritto e limitato?
In
realtà Boitani lo riteneva serio anche prima di mettere in
piedi i progetti LIFE sul tema. Prendiamo in
considerazione le Linee guida per la
gestione della dimensione delle popolazioni di grandi
carnivori (Guidelines for Population Level
Management Plans for Large Carnivores) della
LCIE del 2008 (Large Carnivore Initiative for Europe)
(scarica il PDF)
edite a cura dell'IEA e redatte da John Linnel (del
NINA: Norsk institutt for naturforskning,
fondazione ambientalista privata con quadi 300
dipendenti), Valeria Salvatori (collaboratrice di Boitani
e membro dell'IEA) e dallo stesso Boitani. Per chi non è
addentro al mondo conservazionista ricordiamo che la LCIE
nasce come campagna del WWF e del Consiglio d'Europa ed è
diventata poi una commissione specialistica della più
ampia commissione per la sopravvivenza delle specie
(Species Survival Commission) dell'IUCN (Unione
internazionale per la conservazione della natura, la mega
organizzazione ombrello che raduna organismi scientifici,
organizzazioni ambientaliste, istituzioni).
In
quelle Linee guida già si diceva che: Andrebbe fatto
tutto il possibile per rimuovere dallo stato selvatico i
soggetti palesemente ibridi se si dovessero comparire e
venissero individuati. Per farlo il solo modo realmente
efficace è il controllo letale [abbattimento], dal momento
che le possibilità di cattura selettiva di singoli
individui di un branco ibrido sono minime.
Parole chiare, senza dubbio.
L'impietoso confronto tra Slovenia e il paese di Pulcinella
Anche
nel caso della non gestione del lupo l'Italia si conferma
il paese di Pulcinella. L'ibrido nero apparso in Friuli
proveniente dalla Slovenia è il quinto di una cucciolata
ibrida. I suoi fratelli e il cane padre sono stati
abbattuti in Slovenia, lui – guidato da un misterioso
istinto – si è salvato in Italia, il paese dove gli ibridi
non solo non si abbattono ma si lasciano accoppiare.
Infatti la fototrappola lo ha immortalato insieme a una
lupa. Auguri e figli maschi. A questo punto appare chiaro
che gli ibridi sono voluti dagli stessi lupologi che si
stracciano le vesti lamentando il grave pericolo. Fossero
coerenti chideono di attivare la deroga alla direttiva
Habitat per abbattere gli ibridi. Ma non lo fanno. Per due
ragioni: la prima che sono troppo compromessi con il mondo
ambiental-animalista, la seconda che gli ibridi renderanno
ulteriori progetti LIFE, ulteriori milionate.
Ibridi
sulle Alpi, la lupologia prima nega, poi si arrende
Per alcuni anni la lupologia e il lupismo militante hanno negato la presenza di ibridi sulle Alpi. Un anno prima che Boitani dichiarasse che gli ibridi alpini sono fake news, Legambiente Veneto si preoccupava di lanciare una campagna sugli ibridi definendoli "arma di distrazione di massa". Nel 2018 Boitani era quindi in sintonia con gli ambientalisti: chi parla di ibridi – sostenevano i nostri – vuole intorbidare le acque, i lupi arrivati sulle Alpe sono purissimi... come la Levissima. Avrebbero continuato (Legambiente, Boitani, WolfAps) a negare la presenza di ibridi sulle Alpi se... non fossero arrivate le segnalazioni di quei guastafeste dei cacciatori.
I
cittadini devono essere consapevoli che il lupismo
organizzato, ben lubrificato dai milioni di LIFE
WOLFALPS, spende i soldi pubblici non per produrre
conoscenza sulla reale presenza del lupo ma per
nasconderla. Il tutto per consentire l' ulteriore
espansione della specie (sulla "limpieza de sangre" non si
vada troppo per il sottile). Più lupi più potere per i
lupisti, più lupi più soldi per la cerchia magica. Domani
incasseranno per sparare ai lupi (poco, altrimenti la
pulizia etnica delle Alpi andrebbe troppo per le lunghe
per i gusti di chi sostiene l'ambientalismo planetario).
Oggi si preoccupano di diffonderli ancora il più
possibile. Un gioco d'azzardo, però. Un gioco in cui si
sono cacciati forse sopravvalutando le loro capacità, la
loro furbizia. Promuovere, come ha fatto LIFE
WOLFALPS la colonizzazione del lupo sulle Alpi, è qualcosa
che sconvolge la vita di intere comunità, sino ad
espropriarle dell'uso del territorio, che cambia i
rapporti tra le istituzioni, che mira a svuotare
ulteriormente il potere degli organi elettivi a favore dei
centri di potere centralistici e tecnocratici. Nel XIX
secolo i grandi interessi economici, la tecnoburocrazia,
il potere statale aggredirono la montagna con la scusa
della "protezione del bosco" (distrutto dagli interessi
industriali e speculativi borghesi). Oggi c'è il lupo.
Tutto sulla stessa scia. Si vuole cancellare la presenza
plurisecolare di comunità autonome, della piccola attività
economica, della civiltà rurale. Ma per portare avanti un
progetto politico del calibro di WolfAlps ci vuole del
personale all'altezza. Forte di competenza scientifica
plurispecialistiche ma anche di cultura politica,
sociologica ecc. Ovvio che dietro ai personaggi di medio
calibro, pieni di spocchia, di LIFE WOLFALPS c'è qualcuno
ben più attrezzato di loro (dentro il Ministero, l'Ispra,
i cc forestali) ma è altrettanto chiaro cha, anche chi
manovra dietro le quinte, si è autoconvinto di essere
troppo bravo e infallibile. Una convinzione tratta dalla
facilità con la quale hanno portato a casa le milionate
dei fondi comunitari e, soprattutto, alla facilità con la
quale le istituzioni si sono fatte mettere nel sacco,
trasferendo, a partire dalla Regione Piemonte, prerogative
e competenze a un autority che non non è stata stabilita
da nessuna legge, ma che è diventata, grazie alle
collusioni con te strutture tecnoburocratiche e
all'ignavia politica, molto più potente di tante
istituzioni. Questa autority è LIFE WOLFALPS, o meglio la
rete implicita, di relazioni tentacolari, di catene di
comando de facto, stabilita da LIFE WOLFALPS.
Una rete che fa capo alla centrale e bypassa
spregiudicatamente, anche forzando i limiti della
legittimità, le istituzioni alle quali fanno riferimento
dirigenti, funzionari, dipendenti degli enti che sono
entrati nell'orbita di LIFE WOLFALPS. Ci troviamo di
fronte a un potente ENTE NAZIONALE LUPI ALTA ITALIA
(ENALAI) con autorità che scavalca quella delle
istituzioni che si muovono (non sempre peraltro) alla luce
del sole, istituzioni che, mai come in questo caso, si
rivelano pallide finzioni, facciate che nascondono i reali
centri di potere. Tutto questo potere, però, da alla
testa.
Così si è pensato da parte dei "signori del lupo" che si
potessero prendere in giro all'infinito i poveri villici
raccontando le favole dei lupi timidi e schivi, magari
modulando un po' la narrazione: prima si racconta che il
lupetto fugge terrorizzato alla prima usmata di puzzo
umano, poi ti dicono che no, le cose, le case non gli
fanno paura e che ha paura solo dell'uomo ... in presenza,
quindi lasciate che si avvicini alle case, che entri in
paese. Non fa nulla. Poi ...
Tra
le altre storie delle affabulazioni lupiste vi sono quelle
dei "cani randagi" che sono la colpa di tutto, compresa
l'ibridazione del lupo. Ma sulle Alpi non esistono cani
randagi, solo cani mal custoditi. Come la mettiamo? Sulle
Alpi il gioco di dare la colpa ai soliti cattivi
cacciatori e ai soliti negligenti e pastori per
l'abbandono dei cani non funziona. Così se appaiono ibridi
è molto imbarazzante per la lupologia (e il lupismo in
generale). Perché è inevitabile arrivare alla conclusione
che gli ibridi sono, in questo contesto, il risultato di
una non-gestione del lupo che consente ai singoli e ai
branchi di entrare nei centri abitati. Qualche volta i
cani sono sbranati, qualche altra volta la lupa si
accoppia con il cane.
Boitani
o non conosce la geografia o ha la memoria corta o
... Il progetto LIFE MIRCO LUPO, progetto sugli
ibridi, nel 2018 ha recuperato e radiocollarato una lupa,
vittima di un incidente stradale nelle Alpi liguri. Per
via delle solite contraddizioni, quelle ormai croniche e
dalle quali il lupismo non riuscirà più a liberarsi (ma
che fa pagare alle sue vittime: in primis gli
allevatori), l'hanno "battezzata" Luna, con un nome
accattivante, che punta – per promuoverne in modo distorto
l'accettazione – a umanizzare il selvatico o,
quantomeno a "domesticizzarlo". Ma contribuendo alla
cultura animalista della confusione di statuti tra uomo e
animale tra domestico e selvatico, facendo di tutti gli
animali dei pet, diventa poi difficile spiegare che gli
ibridi sono una minaccia, che vanno rimossi. Ma i primi a
dare il cattivo esempio sono loro, come quel guardiaparco
di un parco piemontese aderente a LIFEWOLFALPSs che si fa
filmare mentre "balla con i lupi". Luna,
radiocollarata, è stata poi vittima di un cinghiale nel
2018, non molto lontano da dove era stata rinvenuta la
prima volta, al confine tra la provincia di Savona e
quella di Cuneo nelle Alpi Marittime. Passano due anni e
un lupo biondo appare in val di Susa. Sin dall'agosto è
segnalato dai cacciatori attraverso il blog Nuovo
Cacciatore Piemontese di Alessandro Bassignana. Quando
ormai la notizia si diffonde sui social, LIFE WOLFALPS,
attraverso i guardiaparco delle Alpi Cozie decide che è
preferibile ammettere la presenza dell'ibrido (sotto in
una foto con un esemplare "regolare").
Quest'anno, a febbraio, l'ibrido appare ancora, prima a gennaio e poi, ripetutamente, nel fondovalle valsusino, dove è stato immortalato in compagnia di altri due soggetti "regolari".
Quanto è ibridato il lupo italiano?
Dopo
che, sulle Alpi, dopo i biondi apparsi a Ovest, appariva
nel Tarvisiano (Friuli) un melanico (mantello
completamente nero), è uscito uno studio del gruppo di
Ciucci, che alla Sapienza di Roma ha preso il posto di
Boitani, che confermerebbe precedenti indagini che
indicavano come molto estesa la commistione genetica con
il cane domestico della popolazione lupina appenninica.
(Santostasi, N.L., Gimenez, O., Caniglia, R., Fabbri, E.,
Molinari, L., Reggioni, W. and Ciucci, P. - 2021-, Estimating
Admixture at the Population Scale: Taking Imperfect
Detectability and Uncertainty in Hybrid Classification
Seriously. Jour. Wild. Mgmt.. https://doi.org/10.1002/jwmg.22038).
Così si scopre che il Parco nazinale dell'Appennino
tosco-emiliano che oltre a LIFE MIRCOLUPO ha avuto
finanziati in precedenza altri tre LIFE (NAT/IT/007214; NAT/IT/000502,
NAT/IT/003115)
per azioni di conservazione del lupo PER UN TOTALE DI 3,8
MILIONI DI EURO ha, di fatto, moltiplicato gli ibridi.
I
risultati, che hanno avuto larga eco sulla stampa,
confermano quanto osservato a Grosseto da Salvatori e altri
(compreso Boitani che poi se li è dimenticati) (Salvatori,
V., Godinho, R., Braschi, C. et al. High
levels of recent wolf × dog introgressive hybridization in
agricultural landscapes of central Italy. Eur J
Wildl Res 65, 73 (2019).
https://doi.org/10.1007/s10344-019-1313-3. Questo studio,
indica una percentuale di individui con commistione genetica
vicina al 50%.
Questi
risultati non sono affatto delle sorprese perché, anche in
passato, alcuni studi indicavano percentali di commistione
genetica elevate (sino all'80%) anche se la maggior parte si
fermava a stime del 15-20% . Restano pochi dubbi, però
che l'ibridazione rappresenti un fenomeno massivo.
Esso non riguarda tanto la presenza di F1, ibridi di
prima generazione, quanto l'introgressione, "spalmata" su
una larga percentuale di popolazione, delle varianti
genetiche canine, nelle generazioni successive (per incrocio
degli ibridi di prima generazione con la specie parentale
lupo). Un fenomeno, qui sta la gravità, irreversibile.
Prodottosi non quando il lupo era ridotto ai minimi termini,
come qualcuno pensava fino a poco tempo fa, ma durante la
fase di ripresa. Quando, uscito dalle ridotte appenniniche
in cui era sopravvissuto, la specie si è espansa verso nuovi
areali più antropizzati. Si stima che il grosso della
introgressione sia avvenuto nella fase tra gli anni '80 e il
2000 (Galaverni M. Caniglia R, Pagani L, Fabbri E, Boattini
A, Randi E. Disentangling Timing of Admixture,
Patterns of Introgression, and Phenotypic Indicators in a
Hybridizing Wolf Population. Mol. Biol. Evol.
2017;34:2324–39). La rapida espansione senza controllo
minaccia a morte il lupo. Ma non sembra che i lupologi ne
traggano le debite conclusioni, altrimenti chiederebbero la
fine del surrettizio regime di super-protezione, andrebbero
a dire in Europa che per salvare il lupo bisogna
classificarlo tra le specie a tutela ordinaria.
Fine delle bufale sugli ibridi?
Le
evidenze delle indagini su basi scientifiche mettono fine
anche a quell'uso smaccatamente strumentale degli ibridi al
quale il lupismo ci aveva abituati. Se gli ibridi di prima
generazione sono pochi ma molti lupi (forse la maggior
parte) presentano commistione genetica, sostenere che il
fenomeno dei lupi "confidenti" è legato alla presenza di
ibridi è insostenibile. Se ne sono accorti anche i lupisti
che, dopo aver utilizzato l'argomento ibridi per "assolvere"
i "veri lupi", oggi preferiscono sostenere che gli ibridi
nati allo stato selvatico non presentano comportamenti
diversi dai compagni di branco. Insistono solo gli
orecchianti.
Perché è grave l'ibridazione?
Chi
è profano di biologia potrebbe pensare che la salvaguardia
della "purezza" genetica di una specie selvatica sia una
forma di ossessione da puristi, magari un po' "razzista".
Che gli animali cambino e coevolvano con l'ambiente,
anche mediante l'ibridazione è un fatto assodato, ma qui si
parla di ibridazione antropogenica, legata a fattori umani.
Il lupo, sia che venga protetto, sia che venga perseguitato,
è sottoposto a fattori antropici, a maggior ragione con
riguardo alla possibilità di accoppiarsi con i cani
domestici. Questa ibridazione, in tempi comunque ben diversi
dall'evoluzione naturale, è palesamente disadattativa,
negativa per il lupo. Il cane ha un patrimonio genetico
molto simile a quello del lupo di cui è la forma domestica,
la stessa specie, ma le diversità sono cruciali. Ciò che è
adattativo alle condizioni di domesticità è disadattativo
per quelle selvatiche. L'animale domestico perde quei
caratteri che consentono al selvatico di essere sempre
vigile, di essere estremanente reattivo. Il selvatico è un
animale adrenalinico (l'ormone della fuga e dell'attacco) e
utilizza molta energia per questo. Energia che il domestico
può destinare alle produzioni, al lavoro, alla crescita
perché la protezione umana rende meno importante la
reattività per la sopravvivenza e il sucecsso riproduttivo.
Il cane ha acquisito una cadenza riproduttiva diversa (può
figliare due volte l'anno). Ma la sua fecondità diventa un
handicap in condizioni selvatiche: al grande fabbisogno
nutrizionale imposto dalla gestazione corrisponde una
scarsissima probabilità di sopravvivenza dei cuccioli, uno
spreco di energie che costa caro in termini di possibilità
di sopravvivenza di una popolazione di cani rinselvatichiti.
Il lupo viene presentato come una macchina meravigliosa, frutto di millenni di coevoluzione, una specie che può avere un ruolo importante nell'ambiente in forza di queste sue caratteristiche. Non ci vuole molto a capire che tutta questa "mistica biologica" (di certo enfatizzata) perde di fondamento se il lupo diventa un mezzo cane, se non è più lui. Cadono le argomentazioni per le quali le esigenze di conservazione del lupo sono state imposte a spese di altre istanze naturalistiche, economiche, sociali. La specie prioritaria tanto esaltata, la legittimità dei tanti quattrini spesi per il lupo, del potere acquisito dalla lupologia e dal lupismo, i danni subiti dai "villici", le sofferenze degli animali sbranati, i sacrifici dei pastori (mantenere i cani da guardiania, montare i recinti, trasportare le reti, montare la guardia ai greggi e alle mandrie, dormire in montagna in una baracca per non allontanarsi dagli animali ecc. ecc.). Se, già senza la considerazione degli ibridi, messo su un piatto di una metaforica bolancia, l'impatto negativo del lupo poteva apparire di un peso sproporzionato, a maggior ragione tutte le pretese e le arroganze del lupismo diventano indifendibili se il risultato di tanta protezione, di troppa protezione è ... la prospettiva (tutt'altro che teorica) dell'estinzione genomica della specie. L'ibridazione del lupo sulle Alpi incute il terrore al lupismo perché rappresenta l'annuncio di una nuova ondata di introgressione genetica. Su la popolazione dei lupi alpini è derivata (come dice la lupologia) da una popolazione appenninica, allora ha una identità genetica già compromessa. Se questi non-del-tutto-lupi vanno incotro ad estesi fenomeni di ibridazione... rimane solo un mezzo cane. Che non merita protezione. E i lupisti meritano di essere presi a pedate non di ricevere altre milionate.
Cosa si fa per impedire l'ibridazione?
Tanto
per cominciare è bene osservare che l'ibrido è protetto.
Parebbe una contraddizione, ma è così. In Italia la
giurisprudenza si è espressa a favore dell'estensione della
protezione della fauna selvatica a quella nata allo stato
selvatico. Quindi il figlio di una lupa accoppiatasi con un
cane che alleva i cuccioli ibridi in natura è protetto ai
sensi della L. 157 /92. A favore della protezione degli
ibridi si era espressa anche la LCIE (vedi sopra : Guidelines
for Population Level Management Plans for Large Carnivores,
2008)(PDF).
La motivazione è che se l'ibrido non fosse protetto quei
cattivoni dei cacciatori e dei pastori potrebbero trovare
delle scappatoie per sopprimere i lupi e farla franca. Ma
questa appare una motivazione più ideologica che gestionale
se il pericolo di ibridazione è elevato. La lupologia, vedi
le Linee guida elaborate dal progetto LIFE IBRIWOLF (2015),
curate da Anna Bocci e Luigi Boitani (PDF),
sostiene che, qualora il rischio di ibridazione sia elevato
e le popolazioni di lupi siano in stato di consistenza
soddisfaciente è preferibile commettere l'errore di
rimuovere per sbaglio un lupo (errore di Tipo I) piuttosto
che rischiare di lasciare un ibrido allo stato selvatico
(errore di Tipo II). Se si volesse veramente togliere gli
ibridi si toglierebbe la protezione. Oggi il lupo è in
crescita demografica e qualche rimozione in più, aggiunta
alle tante illegali (che gli ambientalisti stimano – ormai
da anni – nel numero ridicolmente basso di 300) non
cambierebbe nulla. Invece, se i cacciatori togliessero gli
ibridi essi farebbero un servizio eccellente per il lupo.
Sì, ma i lupologi e la lupisteria non incasserebbe milioni
per far finta di risolvere il problema degli ibridi... e gli
eroi diventerebbero i cattivoni per definizione, i
cacciatorti. Allora come non puà venire il sospetto che ai
lupisti non interessi un fico secco del lupo? Ad avvalorare
il sospetto c'è un altro elemento: i lupologi in Italia
sanno che applicare le deroga alla direttiva Habitat
significa mettersi in aperto contrasto con le organizzazioni
animal-ambientaliste che raccolgono consensi, tessere e
finanziamenti sbandierando la loro politica del: "il lupo
non si tocca" (fatta di reiterate campagne a cadenza quasi
annuale). Una politica che non prevede eccezioni, neanche
per gli ibridi. Giammai! L'abbattimento dei lupi (a maggior
ragione degli ibridi) per motivi di tutela faunistica (in
questo caso la protezione del lupo dal rischio di
ibridazione) sarebbe invece ampiamente giustificato. Ma
all'Ispra, al Ministero, nella cerchia lupologica nessuno –
anche se concorda dal punto di vista tecnico sulla
positività di una politica di abbattimento degli ibridi – ha
il coraggio di rompere il tabù. Ci si trincera dietro la
"sensibilità" dell'opinione pubblica.
A
complicare le cose c'è, in Italia, la legge quadro sugli
animali d'affezione e sulla prevenzione del randagismo (la
281 del 1991). Essa ha proibito la rimozione dei cani
randagi mediante controllo letale e imposto, anche per i
cani vaganti in montagna, la cattura a cura dei comuni.
Nonostante l'anagrafe canina, i microchip e le sanzioni il
randagismo non è diminuito e i canili (e i rifugi gestiti
dagli animalisti) si sono moltiplicati (con ingente spesa di
altre risorse pubbliche). Ma con la telenarcosi è difficile
rimuovere i cani vaganti nell'ambiente selvatico. In base al
DM del 16 aprile 1996 poi, gli ibridi catturati, in quanto
animali pericolosi (ma dai, se sono innocui come agnellini!)
non possono essere detenuti nei canili ordinari ma in
strutture con determinati requisiti e riconosciute. Le
problematiche normative , la complessità delle procedure
aurorizzative, la reperibilità e capienza delle strutture
specializzate, i costi del mantenimento degli ibridi,
hanno fatto sì gli stessi progetti LIFE finanziati per
contrastare l'ibridazione si siano rivelati le classiche
montagne che hanno partorito il topolino (di fallimenti,
però, non si parla troppo apertamente perché non deve venire
all'orecchio di chi deve finanziare nuovi LIFE).
Non
potendo sparare all'ibrido (cosa comunque non semplice per
via degli accertamenti genetici, tranne che per poche
caratteristiche fenotipiche che marcano in modo univoco
l'ibrido ai fini della diagnostica) si punta a sterilizzarlo
e a rimetterlo in circolazione. I pastori sono felici di
sapere che un predatore, costato già un pacco di soldi, può
tornare a sbranargli gli animali. Peccato poi che la
detenzione, in attesa dei risultati degli accertamenti
genetici, non sia breve (specie se – come fanno Boitani e
allievi – si mandano i campioni ... laggiù nel Montana).
Boitani/LCIE
si preoccupa che, nelle more della detenzione, l'ibrido si
abitui al contatto con l'uomo, ma poi Boitani IBRIWOLF manda
i campioni negli Usa. Strano. A complicare le cose ci sono
proprio gli accertamenti genetici. E i nostri lupologi se la
prendono allora con la Raccomandazione n. 173 del
2014 del Segretariato permanente della Convenzione di Berna
in materia di lupi ibridi (scarica il PDF).
Queste Raccomandazioni sostengono l'esatto contrario di
Boitani e IBRIDWOLF, ovvero che è preferibile l'errore II
(lasciare in natura un ibrido) piuttosto che l'errore I
(rimuovere per errore un lupo).
Come
è possibile questo mistero? Semplice, i nostri lupologi
hanno sostenuto sino all'estremo, con ammirabile sprezzo del
ridicolo, che i lupi italiani non superavano, sino a pochi
anni orsono il numero di mille (poi sono quasi
improvvisamente raddoppiati, sulla carta, ovviamente).
Secondo le classificazioni IUCM essi (i lupi) erano ancora
pochi anni fa in condizione di vulnerabilità, il che
presupponeva particolari attenzioni e un canale prioritario
di finanziamento per i progetti sulla loro protezione. Una
confortevole condizione per i lupologi e i loro entourage
parchisti. Il Segretariato permanente della Commissione di
Berna (va tenuto presente che gli organismi sono tanti ma le
persone, quantomeno quelle che compongono i comitati
scientifici, sono sempre le stesse) non poteva che basarsi
sui dati forniti a livello nazionale. L'Italia, paese chiave
per la valutazione dello status del lupo in Europa,
dichiarava nel rapporto Specie e habitat di
interesse comunitario in Italia: distribuzione, stato di
conservazione e trend, Rapporto Ispra 194/2014 ( a
cura di Pietro Genovesi) che i lupi erano solo una miseria,
800-1300, era logico trattare il problema degli ibridi
adeguatamente a uno scenario di lupi ridotti a piccole
popolazioni. La cautela che ne consegue, con la necessità
dei famosi accertamenti genetici, costringe a mantenere i
sospetti ibridi detenuti in attesa di giudizio. Un fatto che
diminuisce di molto le possibilità di catturarne e
rilasciarne sterilizzati in numeri che non siano simbolici e
che apre, oltretutto, le porte al rischio di rilasciare lupi
o ibridi diventuti "confidenti" con l'uolo, quindi
pericolosi. In realtà la Raccomandazione è formulata in modo
che venga attuato un accertamento fenotipico e/o genetico.
Le Linee guida di IBRIWOLF prevedono solo tre casi di
presenza di caratteri fenotipici in grado di consentire la
diagnosi dell'ibrido:
1) presenza del 5° dito (sperone) sugli arti posteriori;
2) presenza di unghie depigmentate o biancastre (anche solo alcune);
3) macchie di colore anomalo sul manto (bianche o nere).
Vale
la pena sottolineare come, pur recando la firma di Boitani,
queste indicazioni escludano un altro carattere: il mantello
nero (melanismo).
Oggi Boitani sostiene (vedi l'intervista
all'Alto Adige) che tutti i soggetti neri sono ibridi e che
vanno rimossi senza accertamento genetico. Sostiene anche
che, se l'accertamento genetico decreta che il soggetto è un
lupo, va rigettata l'analisi genetica. Uno scetticismo che
va ad affossare anche valutazioni che vanno al di là del
carattere in questione e che lascia perplessi. I
risultati degli studi sul tema sono, in ogni caso,
contradditori. Alcuni studi concludono che il carattere è
legato a ibridazione con il cane, sia pure risalente a
qualche generazione prima (Caniglia et al. Black
coats in an admixed wolf × dog pack is melanism an
indicator of hybridization in wolves? Eur J Wildl Res
- 2013 - 59:543–555 DOI 10.1007/s10344-013-0703-1). Al
contrario, in altri, si sostiene che la presenza del manto
nero non è necessariamente legata a episodi di ibridazione
(Apollonio, M., Mattioli, L. & Scandura, M. Occurrence
of black wolves in the Northern Apennines, Italy. Acta
Theriol 49, 281–285 - 2004-.
https://doi.org/10.1007/BF03192528).
Noi ci limitiamo a osservare che, putroppo, la
lupofilia/lupomania imperante, che tanto ha fatto comodo
anche ai lupologi garantendo il consenso ai loro progetti e
un mercato a tutto ciò che parla di lupo (fiction o
divulgazione che sia), ha moltiplicato la presenza di centri
faunistici che detengono lupi, anche esotici. L'episodio di
St. Martin Vesubie dello scorso hanno ha determinato
l'immissione involontaria allo stato selvatico di sette
soggetti canadesi neri. Uno non è stato catturato e si trova
probabilmente in provincia di Cuneo. I suoi eventuali figli
sarebbero lupi al 100%. Se apparissero soggetti neri, così
come sono apparsi in Friuli non varrebbe la pena indagare
attraverso analisi genetiche (che consento anche di sapere
se un lupo è italico piuttosto che di altre aree, a maggior
ragione americano o asiatico?
Sarebbe anche il caso di controllare meglio il
crescente movimento di lupi verso e da i Centri di recupero.
Verso quello del Monte Adone, per esempio, si stanno
coinvogliando i numerosi soggetti che sono vittime di
investimenti stradali nella pianura padana. Capire meglio
quanto tempo stiano i lupi in questi Centri, che contatti
abbiano con il personale, quanto venga a costare tutto ciò
contribuirebbe a fare un po' di chiarezza su una governance
del lupo che presenta molti aspetti opachi contradditori.
Ci si mettono anche gli animal-ambientalisti
Come se non bastassero le difficoltà frapposte
alla rimozione degli ibridi dall'iper garantismo pro lupo
della normativa vigente e dalle complicazioni burocratiche,
ci si mettono anche gli animal-ambientalisti. La storia
della lupa di Potenza è nota ed ha assunto toni surreali, ma
emblematici dell'atteggiamento ambientalista. Prima
Legambiente ha criticato il comune perché non interveniva a
impedire che la lupa si accoppiasse con i cani (si vede i
lupisti non gradivano questa esibizione che degradava la
loro sacra lupa, bandiera della natura vindice, alfiere
della biodiveristà, specie prioritaria a ... lupa da
marciapiede). Poi quando il comune è intervenuto, ha
catturato e sterilizzato l'animale, apriti cielo: "Come si
permette con un'ordinanza di bypassare le serie di
autorizzazioni dell'Ispra e del Ministero, come si permette
un sindaco di gestire la fauna selvatica" (qui).
Fauna selvatica ma dentro una città. E se ci arriva è perché
quacosa non funziona nella gestione della specie.
Forse agli ambientalisti scocciava anche che facessero il
giro dei social immagini che documentano un fenomeno di
ibridazione nella sua cruda e realedinamica: una lupa che
entra in un abitato e che, per via di carenze normative,
iper-garantismo animalista, si accoppia tranquillamente con
i cani. Non con quelli dei cacciatori e dei pastori, brutti
sporchi e cattivi, ma con quelli "residenziali".
Ancora più chiarificatore un episodio avvenuto
nel Grossetano dove gli animalisti hanno contestato la
cattura degli ibridi.
Articoli
Ruralpini sullo stesso tema
Il lupo dilaga nella
pianura padana
(21/03/2021)
Nell'ultimo
mese dell'inverno si sono moltiplicati gli avvistamenti
del lupo nella pianura padano-veneta. Dalla periferia
di Modena alle vie centrali di Marostica il lupo appare in
pieno giorno, E nelle campagne fa anche stragi. L'animale
"elusivo" è ormai presente solo nella propaganda lupista
mentre le "autorità" balbettano, ripetendo i mantra
lupisti, di monitoraggi (= far nulla) e "risolvono" il
problema con il coprifuoco per gli animali domestici e la
sorveglianza ai cassonetti. Servono, invece, protocolli su
come affrontare una presenza sempre più invadente. Senza
vigliaccheria.
La Germania applica
nuove regole sul lupo
(24/02/2021)In
Germania,
nella Bassa Sassonia, un lupo è stato abbattuto legalmente
qualche giorno fa per tutelare gli allevamenti dai gravi e
ripetuti attacchi predatori. È la prima volta che accade.
Quello che appare un fatto eccezionale è lanticipazione
di un auspicabile ritorno alla normalità (come
sottolineato dallo stesso ministro dell'ambiente della
Bassa Sassonia), un ritorno al buon senso che suggerisce
che animali pericolosi e dannosi non possono essere
lasciati proliferare con licenza di predazione. In
Italia,
che non è un paese "normale", occorrerà ancora del tempo.
Prof. Cavallero:
troppi lupi
(23/02/2021)
A
cosa
sono servite, si chiede l'autorevole agronomo torinese,
tante
acquisizioni scientifiche, tanti studi sui pascoli e sulla
loro gestione se poi si deve
sacrificare tutto alla crescita senza freni del lupo? E
chiarisce che, nel contesto
alpino, il grande predatore rappresenta una minaccia per
la biodiversità alpina
Non solo Covid. In
montagna emergenza lupi
(21/02/2021) Enzo Bacchetta del Comitato
salvaguardia allevatori ossolani, già amministratore
locale di Bannio Anzino, in valle Anzasca, denuncia
l'insostenibile situazione della sua valle (ma è lo stesso
in tante altre). La politica ha lasciato degenerare la
situazione per colpevole, vergognosa, dolosa abdicazione
dei poteri pubblici alla lobby del lupo.
Contenere il lupo si
può (le norme vigenti)
Basta alibi. Le regioni hanno il diritto/dovere di
monitorare e controllare la fauna (ancorché iper-protetta),
anche il lupo e l'orso. Nei modi previsti dalle normative.
Vediamole e facciamo chiarezza.
Cuneo. Colpo di mano
della banda del lupo
(11/02/2021) Istituiti nel 2019, uno per una farfalla,
l'altro per il Bosso (la comune pianta delle siepi), i SIC
(varietà di area protetta) di Comba di Castelmagno e del
Vallone dell'Arma a Demonte ora diventano "aree di
protezione assoluta delle cucciolate di lupi" introducendo
pesanti vincoli che mettono una camicia di forza alle
attività forestali, pastorali, turistiche. Sotto il
controllo (anche poliziesco) del Parco Alpi Marittime
(WolfAlps). I comuni hanno pochi giorni per poter opporsi
(chiamala democrazia).
Un
parco
contro WolfAlps
(29/01/2021)
Mauro
Deidier, neo presidente del parco delle Alpi Cozie (Torino),
parco partner di Wolf Alps, ha scritto alla "centrale" del
progetto-istituzione, il parco delle Alpi Marittime, per
manifestare il suo dissenso. Nella sua circostanziata e
densa lettera, rileva come Wolf Alps operi in modo poco
trasparente e impieghi una quota sostanziosa della pioggia
di milioni ricevuti per consulenze e comunicazione, una
"comunicazione" che viene effettuata, come loro stessi
riconoscono, in forma di manipolazione, anche dei bambini.
Dall'articolo link alla lettera integrale del dr. Deidier.
Loup e vourp. Il
colpo alla nuca alla montagna
(08/02/2021) Anna Arneodo torna a parlare di cultura
alpina e di lupo. Ripercorrendo le tappe della progressiva
"resa" delle Terre alte. Per esse il lupo è il colpo di
grazia, sparato consapevolmente e cinicamente, per quanto
nascosto da spesse cortine di ipocrisia, a una vittima già
a terra.
In Piemonte il lupo è
un problema sociale e politico
(19/01/2021) Alcuni
comuni e unioni montane delle provincie di Torino e Cuneo
chiamano in causa la regione Piemonte in tema di lupo.
Contestano la sua inerzia e l'appiattimento sulle
posizioni delle lobby animal-ambientaliste. Il vice
presidente Carosso risponde sostenendo che in Italia il
lupo è gestito bene, che ci sono poche predazioni e tutto
andrà bene dopo che saranno noti i risultati del
censimento dei lupi orchestrato dal solito Wolf Alps.
Abdicazione della politica (come volevasi dimostrare).
I danni del lupismo
(21/12/2020) Due
fatti di cronaca mettono in evidenza come il lupismo
rappresenti una patologia sociale con gravi conseguenze.
Dalla donna sbranata dai simil-lupi cecoslovacchi
(reincociati con il lupo?) alla fuga di sette lupi neri
canadesi del luna park del lupo francese al confine con la
provincia di Cuneo.
Si allarga alla
Valsesia il movimento NO LUPI
(29.07.20) "O noi o
i lupi". WolfAlps, sempre più autority del lupo
istituzionalizzata - e Regione Piemonte sono stati
contestati anche in Valsesia in nome della resistenza
rurale (dopo la protesta in Ossola di un mese fa). Nessuna
fiducia nell'opportunismo della politica e delle
istituzioni. Va intensificata la protesta per rompere la
cappa di piombo di censura e manipolazione.
CAI: che brutta
figura (il lupo da alla testa)
(19.07.20) Il GGC
(gruppo grandi carnivori del Cai) fiancheggiatore di
WolfAlps, con il "bando"per "allevatori virtuosi" (a
favore della convivenza con il lupo) ha rimediato una
magra figura. Il bando ha raccolto solo 23 domande in
tutta Italia. Non solo, ma il Cai ha fatto orecchio da
mercante quando Nina Liebhardt,una pastora
ossolana, ha rifiutato il premio per non prestarsi a
una strumentalizzazione contro i pastori. L'abbiamo
intervistata all'alpe Ratagina in val Agarina in questi
giorni.