(04.04.13) Una primavera piovosa ha risollevato annose polemiche sulle greggi transumanti che "sporcano" e danneggerebbero campi e argini. Così alcuni comuni dell'alto padovano hanno emesso ordinanze antigreggi
Se piove il gregge
non deve passare
di Michele Corti
La nostra società schizofrenica applaude ai pastori ma vorrebbe le montagne popolate di lupi, vuole alimenti genuini a km 0 ma piange per i "poveri agnelli". Vuole mantenere le tradizioni e le attività agricole sostenibili ma si lamenta perché le pecore "sporcano" le strade. In Veneto mentre la Regione lancia i "corridoi verdi" per le greggi alcuni sindaci vietano loro il passaggio
È triste che qualcuno se la prenda con la transumanza ovina in aree, come la pianura padano-veneta, devastate dalla capannonite acuta, alle prese con la pessima qualità dell'aria pessima (si perdono da 3 a 2 anni di vita per il PM 2,5), con il problema irrisolto dei nitrati associato agli allevamenti intensivi, con i pesticidi nel Po che in primavera (diserbo mais) superano i limiti di legge, con i terreni sempre più ricchi di metalli pesanti e poveri di sostanza organica e biodiversità. Eppure succede. Sono notizia che avviliscono al solo riferirle.
Nell'alta padovana (ma anche altrove) sono sempre più frequenti i cartelli di "divieto di transito". Ha iniziato San Giorgio in Bosco. Il sindaco di Santa Giustina in Colle, Federico Zanchin, sta predisponendo un'ordinanza per vietare alle greggi di percorrere le vie comunali. "Negli anni scorsi le abbiamo sempre accettate" spiega il primo cittadino "ed è anche bello vederle. Ma con questo tempo creano solo danni. Piove da novembre, i terreni sono inzuppati e queste greggi di 700-800 capi fanno il disastro rovinando campi, scarpate e fossi. Girano per i comuni, cercano l'erba passando da una proprietà all'altra distruggendo tutto ciò che calpestano".
Un ragionamento singolare. Come fanno i pastori se piove? Macellano tutti gli animali e riprendono l'anno dopo, bizze climatiche permettendo? I pastori sono i primi a rendersi conto che in determinate condizioni di saturazione del terreno con l'acqua spostarsi è difficile. Qualcuno ha dovuto acquistare a caro prezzo, anche data la stagione, del fieno. Se venisse riconosciuta come per altre attività agricole la "calamità nturale" e le pecore venissero ricoverate in luoghi idonei, con adeguato foraggio, i pastori sarebbero solo felici. Purtroppo sono una categoria piccola e neppure coesa al suo interno e le stesse organizzazioni agricole si guardano bene dal rappresentare con continbuità e impegno i suoi problemi. Si svegliano ogni tanto, giusto per dimostrare di esserci, ma solo quando problemi come i piani sanitari o la predazione o il crollo dei prezzi arrivano all'attenzione dell'opinione pubblica. Qualche rituale polemica contro Bruxelles o i poitici italiani o la globalizzazione selvaggia e poi per un pezzo della pastorizia si dimenticano.
Pastori soli (almeno sino ad oggi)
Chi studia la pastorizia sa bene che le lamentele contro le "greggi distruggitrici" sono le stesse usate da secoli (almeno a partire dal XVI secolo). Eppure non sono state le pecore a "distruggere tutto". Anzi. Sono ben altre le cause del degrado ambientale, agricolo, paesaggistico della pianura padano-veneta, quelle stesse che hanno aumentato le difficoltà della transumanza. Lo riconosce anche la politica. In un comunicato del 19 marzo l'assessore all'agricoltura della Regione Veneto, Manzato, ha sostenito la necessità di creare veri e propri “corridoi verdi” per garantire nel territorio la transumanza di pecore e capre, accompagnando un settore antico che resiste alla modernità e che anzi è foriero di innovazione e persino di nuova occupazione, soprattutto nelle zone montane.
Con questa proposta (che ripristinerebbe quelle vie di transumanza che nella Repubblica Veneta avevano un loro riconoscimento ufficiale sino al XVIII secolo), l'attuale governo veneto intende agevolare il rilancio pastorizia riconosciuta "attività agricola che anche oggi ha una sua ragione di essere, come tradizione ma anche come economia".
L'assessore riconosce anche che "Il principale nemico delle greggi è oggi la cementificazione del territorio, unita alla burocrazia fattori che spesso ostacolano o impediscono il transito dalla pianura all’alpe delle greggi, che in questo modo possono nutrirsi di mangimi naturali secondo una pratica che asseconda il ritmo di vita di questi pacifici animali". Manzato si spinge in la, sino a valorizzare il pastoralismo al punto da avanzare una implicita critica agli eccessi dell'industrializzazione zootecnica: "La pastorizia è un’alternativa ai tradizionali allevamenti confinati e intensivi e dovrebbe essere per questo incentivata, anche a fronte di persone che abbandonano altre promettenti attività per dedicarvisi. Asfalto, barriere e altri ostacoli fisici o amministrativi contrastano i tradizionali percorsi, per lo più lungo i corsi d’acqua, costringendo i pastori a «tappe motorizzate» laddove invece abbiamo il dovere di tutelare la naturalità in un settore che offre produzioni golose e apprezzatissime dai buongustai e dai turisti".
Giovani simbolo
Simbolo dei giovani pastori e di un "ritorno alla terra" che significa anche ritorno al pastoralismo (un modo di coltivare la terra con gli animali invece che con gli attrezzi) sono Davide Bortoluzzi e la fidanzata Daniela Pasinetti (sotto mentre dirigono il gregge) , i due hanno aperto una loro azienda agricola e sono noti anche ai rotocalchi rosa che non si sono lasciati sfuggire la storia di Daniela "da modella a pastora". In realtà Daniela avrebbe solo voluto partecipare a un concorso e non ha mai fatto la modella ma tanto è bastato... Sembra strano, quasi impossibile che una bella ragazza voglia fare la pastora, che si "metta con un pastore". Questo sotolineare l'eccezionalità della cosa è irritante però credo che possa anche essere di conforto per i giovani pastori vedere che il loro lavoro è considerato "fico" e che ci sono belle tose disposte a mettersi con un apstore e a fare esse stesse le pastore.
Un'attenzione nuova verso il pastoralismo alpino-padano-veneto che trova riscontro anche in altre regioni
In Veneto si contano circa 60 pastori transumanti, provenienti in parte dal Veneto e dal Trentino. Il patrimonio zootecnico è costituito da oltre 55 mila pecore e da 17 mila capre, per un totale di soli 72 mila capi: una frazione inferiore all’uno per cento del totale italiano. Se ci fosse l'attenzione politica promessa da Manzato i problemi (che riguardano anche la commercializzazione della carne) si potrebbero risolvere facilmente. Sul tema dei "corridoi verdi" si sono già stati dei confronti con i sindaci che ne vorrebbero vietare il passaggio. A breve si aprirà un tavolo di lavoro con le Usl. I problemi per la realizzazione dei "corridoi" non sono semplici, riguardano la viabilità, il transito nei Parchi, sugli argini coinvolgendo diversi enti. La volontà espressa dall'assessore veneto parrebbe forte. Anche in Lombardia, dopo che da qualche anno sono stati avviati confronti tra i pastori transumanti (della Associazione Pastori Lombardi) e la DG agricoltura, i contatti con Parchi e autorità di bacino hanno consentito di elaborare una bozza di piano per la transumanza che, date le implicazioni interregionali, dovrebbe coinvolgere anche le regioni vicine. Una nuova attenzione al pastoralismo alpino-padano-veneto marcherebbe un'inversione di rotta secolare. La modernità ha compresso questo sistema, peraltro sempre vitale e capace di occupare nuovi interstizi adattandosi all'evoluzione agricola e sociale. Se oggi la politica si accorge che esiste e gli da anche un supporto significa che entriamo in una nuova era.