(26.12.12) A Trento presentato sotto Natale il libro-denuncia che ripercorre i gravi scandali ambientali che hanno scosso il Trentino negli ultimi anni. Ma sono realmente fatti circoscritti come cercano di avvalorare molti?
La farfalla avvelenata
e la distorta "autonomia del principe (vescovo)"
di Michele Corti
Il Trentino è riuscito a costruirsi l'immagine di una amministrazione efficiente, di una particolare attenzione all'ambiente. E la gioca spregiudicatamente sul piano turistico e del marketing territoriale. Però è anche la provincia dove si usano più pesticidi in agricoltura e della Melinda dei 36 trattamenti chimici, della mini Ilva di Borgo Valsugana , del grave scandalo dei rifiuti pericolosi nella discarica (ex cava) di Marter in Valsugana e della discarica Sativa di Sardagna (sopra Trento), dei fanghi contaminati del bio-compostaggio (poi chiuso) di Levico (sempre in Valsugana). Ma ci sarebbe da parlare anche dell'area ex SLOI di Trento con 180 tonnellate di piombo tetraetile che giacciono sottoterra e di cui, da 34 anni, nessuno sa come “bonificare” (vedi articolo su ecce terra). Insomma non è proprio del tutto inaspettato (come da sottotitolo) il ritratto del Trentino che esce dal bel libro dei giornalisti Andrea Tomasi e Jacopo Valenti che circa un anno e mezzo fa decisero di rivangare alcune brutte vicende del Trentino felix esaminando le "carte" giudiziarie.
L'acciaieria di Borgo, la piccola Ilva trentina. Povera terra valsuganotta!
Un Trentino, è bene ricordare che è riuscito per un soffio a scampare la presenza di un inceneritore a Trento (Ischia Podetti) e solo per una fortissima opposizione della "società civile" (nell'acquiescenza dei verdi "istituzionali").
Rimando per ulteriori dettagli sul libro e per i commenti sulla sua uscita all'articolo su Ecce Terra e mi limito ad alcune considerazioni politiche.
Le vicende di mala gestione ambientale trentine hanno messo in rilievo come il sistema di controlli degli enti provinciali sia del tutto venuto meno per acquiescenze e complicità. Nel Trentino che dispone di un suo Corpo Forestale è dovuto intervenire il CFS (Corpo Forestale dello Stato) dal Veneto per scoperchiare la pentola. Un fatto grave e che, oltretutto, fornisce argomenti proprio ai sostenitori del neocentralismo dal momento che la polizia forestale è storicamente un simbolo del controllo statale sui territori, specie di montagna.
L'area ex-SLOI di Trento. Cosa c'è sotto?
Autonomia o "privilegio del principe"?
Renzo Grosselli su l'Adige, commentando "La farfalla avvelenata" centra il problema che è quello di una autonomia che svuota sé stessa inaridendone le fonti di legittimazione, palesandosi apertamente per difesa di un privilegio. Scrive Grosselli che l'autonomia non è in discussione, che è la storia stessa del Trentino a farne qualcosa di indiscutibile. Però il giornalista trentino non lo sostiene da una posizione egoistica e riconosce che l'autonomia ha la stessa legittimità anche altrove sulle Alpi dove esistono minoranze linguistiche, situazione di scarsa accessibilità (altro che la valle dell'Adige!), di spopolamento. Semmai si chiede se i trentini se la siano meritata la loro lussuosa autonomia.
"Del resto, basta vedere le disastrose condizioni della montagna veneta o di quella piemontese per capire, semmai, che anche altri territori di montagna ne avrebbero avuto bisogno per non soccombere ai diktat della pianura. La domanda forse è diversa. Se la sono meritata i trentini, in questi ultimi anni, la loro autonomia?"
Se si pensa che, grazie a questa autonomia, il Trentino ha esercitato una concorrenza sleale verso le aree di montagna lombarde e venete (con la fuga verso il ricco Trentino di aziende, la richiesta di "annessione", la perdita di flussi turistici) la risposta è NO. No perché l'autonomia, al di fuori della sussidiarietà, della partecipazione democratica, della solidarietà perde i suoi presupposti. Sull'egoismo non è il caso di insistere (basti pensare al rifiuto di accogliere i comuni confinanti che bussano alle porte).
Sulla sussidiarietà e la partecipazione democratica basti riflettere sul fatto che l'autonomia con il controllo da parte della provincia autonoma di grandi risorse ha rafforzato un regime di paternalismo autoritario basato sulle istituzioni provinciali, gli istituti di credito, la federazione delle cooperative. I comuni sono in posizione di forte dipendenza rispetto alla provincia (con il corollario di un forte controllo politico), i cittadini e la "società civile" sono fortemente dipendenti dalle istituzioni tanto che la "partecipazione" è minima e le espressioni di critica devono assumere la forma del "dissenso" (facilmente isolato e circoscritto). Tutte cose che emergevano già da uno studio del 2008 commissionato dalla stessa provincia a Luigi Bobbio, noto studioso dei meccanismi deliberativi e partecipativi dell'Università di Torino. Nelle conclusioni si sottolineava come, in Trentino, le istituzioni evitano sistematicamente il confronto con le espressioni civiche "spontanee", non irregimentate e controllate dall'alto:
"Due aspetti balzano agli occhi: la difficoltà di reperire soggetti istituzionali che siano in grado di svolgere un ruolo di mediazione (dal momento che spesso tutti i soggetti istituzionali sono coinvolti nel processo come parti in causa); la scelta di evitare ogni interlocuzione diretta con i gruppi o le associazioni che protestano e suggeriscono alternative…"
Particolarmente interessante era il rifermento, contenuto nello studio, alla vicenda del biogas a Fiavé dove le istituzioni avevano, almeno inizialmente del tutto ignorato le posizioni del comitato spontaneo che si era costituito in opposizione alla centrale e che aveva raccolto le firme della maggioranza degli elettori. Ignorando le voci critiche e stigmatizzandole come "dissenso non costruttivo" le istituzioni trentine nella loro autoreferenzialità hanno ignorato le segnalazioni di rischi ambientali che venivano dal territorio. Continuano a farlo come dimostra la sordità alle denuncie del Comitato della salute della Val di Non (NON pesticidi) al quale si continua a replicare con studi che indicano come il numero dei tumori in zona non sia "statisticamente" più elevato che nel resto della provincia. Che nella società tardomoderna la questione ambientale sia strettamente legata alle questioni dell'equità sociale, del controllo democratico, dell'ascolto di voci diverse dagli esperti stipendiati, appare sempre più palese.
Il cattolico Dellai, chiuso nella difesa egoistica della "sua" autonomia speciale e sordo alle voci della società trentina non irregimentata, farebbe bene a riflettere su tanti aspetti della dottrina sociale della Chiesa che pare ignorare (niente di strano visto che c'è anche una prospera finanza cattolica usuraia). Ha detto Benedetto XVI nella sua enciclica Caritas in veritate:
"Ogni lesione della solidarietà e dell'amicizia civica provoca danni ambientali, così come il degrado ambientale, a sua volta, provoca insoddisfazione nelle relazioni sociali. La natura, specialmente nella nostra epoca, è talmente integrata nelle dinamiche sociali e culturali da non costituire quasi più una variabile indipendente".
L'autonomista Dellai?
La poco lineare traiettoria politica di Dellai in questo 2012 conferma che a Dellai non importa dell'autonomia quale principio politivco ma solo dell' "autonomia del principe", della possibiliutà di disporre per privilegio feudale di risorse e competenze negate alla montagna di serie B. All'inizio dell'anno, percependo l' "ostilità delle altre regioni", ma, soprattutto, intuendo che i poteri forti stavano pensando di ridimensionare l'autonomia speciale trentina vista come ostacolo ad una politica neocentralizzatrice (si vedano i servizi "di avvertimento" del Corrierone contro gli allegri sperperi delle Comunità di valle che, in Trentino - mentre nelle altre regioni le Comunità Montane sono state abolite - distribuiscono alla casta politica laute prebende).
Per reagire Dellai aveva anche ispirato manifestazioni di piazza. Poi, a giugno, vi era stato il lancio mediaticodella "rete dell'autonomia alpina" che è avvenuto a Chivasso (To). Come mai? Perché lì - nel 1943 - alcuni esponenti della sparuta ma coraggiosa componente federalista dell'antifascismo si incontrarono per mettere nero su bianco alcuni principi che avrebbero dovuto ispirare il "dopo", l'assetto politico che sarebbe subentrato a guerra finita. Nel 1943 a Chivasso c'erano personaggi di grande levatura morale e intellettuale, a partire da Emile Chanoux, leader - rientrato dall'esilio - dell'antifascismo valdostano di marcata impronta autonomista e francofila (poi trucidato dai fascisti su soffiata dei comunisti).
Il 10 giugno del 2012, invece, a Chivasso c'erano politici valdostani dissidenti della Unione Valdotaine, piemontesi in cerca di riciclo e trentini attenti a difendere l'autonomia "del principe". Dellai, molto concretamente, si stava costruendo l'opzione B. Se l'operazione centrista non fosse andata in porto il nostro politico di lungo corso si sarebbe creato un giocattolo per tentare di essere eletto (con i resti) nel parlamento romano anche "in proprio".
Dopo Chivasso Dellai a fatto anche una puntata a Sondrio per sondare se fosse possibile arruolare qualche componente locale animata da sacrosanta insofferenza verso la miopia di una Milano che ignora la montagna (non sapendo leggere la storia). Poi tutto si è bloccato.
Centrismo centralista
Non ce stato bisogno di inventarsi la "Lega alpina" perché il centro, grazie a Montezemolo, San Riccardi e il messia Monti si è concretizzato. Quale sia la coerenza tra il Dellai "autonomista acceso" di inizio 2012 e quello "centrista/centralista" di fine 2012 non è dato di capire. Sappiamo che il governo Monti è quello che ha mandato la GdF nei consigli regionali (salvo trovarsi in casa gli scandali ben più gravi degli appalti nel ministero degli interni e in quello dell'agricoltura) per sputtanarli e che avrebbe abolito volentieri non solo le province ma anche le regioni. Monti vuole il super-stato europeo e ridurre il governo della "colonia Italia" a una struttura tecnica di applicazione delle politiche decise a Berlino e a Bruxelles. Però Monti si compiace -per togliersi di dosso l'aura di massone, Bilderberg, Tritaleral, Goldman Sachs - di ispirarsi a Degasperi.
Dellai è pronto ben volentieri a certificare questa ascendenza del tecnocrate liberista e centralista. Basta non toccare la "sua" autonomia. Che è quella del principe-vescovo, non delle comunità del Trentino