(24.03.2013) Sulle "Terrazze dei Cèch" rinasce la viticoltura contadina. All'autoproduzione per passione si affianca l'"economia della crisi" ma c'è anche una coop e crescono le etichette
Clima di rinascita per la
viticoltura "minore"
della Valtellina (Cèch)
testo e foto di Michele Corti
La storia del vino dei Cèch è complementare e parallela a quella del Bitto storico. Del tutto trascurata dal punto di vista enogastronomico e turistico (la politica delle cupole privilegiano solo poche stazioni di sci invernale e i prodotti agroindustriali) questa plaga della Valtellina rappresenta un esempio di risorsa per un nuovo modello di valorizzazione territoriale
Snobbata dalla Doc - con motivazione opposte a quelle che hanno esteso la Dop Bitto a tutta la provincia - la "costiera dei Cèch"(1) (il versante retico, esposto a mezzogiorno, della bassa Valtellina) è relegata, dal punto di vista vitivinicolo, nel calderone delle "Terrazze retiche di Sondrio IGT" che comprende tutti i comuni della provincia dove può crescere la vite meno quelli della Doc/Docg. Eppure, grazie all'ottima esposizione e al microclima, anche i vini di questa realtà "minore" valtellinese - segnatamente quelli della parte più vocata nei comuni di Dazio, Traona, Civo e Mello - godevano nel passato di indubbia fama. Ne è un esempio il "vin di Manéscia" un "cru" a monte dell'abitato di Traona di cui si è conservata sino ad oggi la fama. Nel "De rebus Vallistellinae" Giovanni Tuana (1589-1636) osservava: "Tutta questa spiaggia è fruttifera: quella di Traona da vino assai buono" (2).
Una lenta rinascita iniziata alla fine degli anni '80 e intensificata negli ultimi anni
La fine della civiltà contadina aveva pesato fortemente sulla viticoltura della zona; in assenza di cantine commerciali e con la polverizzazione dei fondi vitati (di 1000-1500 m2 di estensione) la produzione vitivinicola era regredita a un fatto di puro autoconsumo, ad attività del tutto marginale, senza rinnovo degli impianti. Il vino era di quello che si trasformava presto in aceto. La rinascita inizia già alla fine degli anni '80. La Comunità Montana inizia a fornire gratuitamente le barbatelle. Con la "Legge Valtellina" del 1990 (approvata in seguito all'alluvione dl 1987) si rendono disponibili finanziamenti per la sistemazione delle terrazze. Rispetto ad altri interventi che distribuirono una grande quantità di denaro distribuito a pioggia per soddisfare i vari appetiti questi interventi non solo consentivano di intervenire su un elemento che contribuiva senza dubbio alla stabilità dei versanti ma consentirono anche il recupero di una pratica colturale radicata che si è tradotta in un evidente miglioramento del paesaggio e che non ha mancato di produrre in anni recenti anche qualche imporante risultato sociale ed economico. Da una decina di anni in qua è sorta una coop di una ventina di piccoli vignaioli. La coop prevede, oltre alla produzione del vino "Sentimento" (con trasparente allusione alla passione necessaria per coltivare le ripide terrazze e le minuscole vigne) , la coltivazione, commercializzazione e vendita di ortaggi e altri prodotti agricoli nello spirito di una economia neocontadina che punta all'autoproduzione ma anche alla attivazione di piccole filiere corte.
Ogni socio possiede una propria cantina ed è a tutti gli effetti un vignaiolo. Conferisce alla Cooperativa solole uve in esubero rispetto alle esigenze di autoproduzione. Le piccole cantine private sono quindi tutt’ora attive ed in questo modo l’arte della vinificazione potrà essere tramandata alle generazioni future. La vinificazione avviene - in attesa di decidere se, dove e quando e come realizzare una Cantina Sociale, presso la cantina della Fondazione Fojanini di Sondrio i cui tecnici assistono anche i singoli produttori nelle proprie cantine. A differenza di altre realtà la pratica di vinificazione contadina non è stata soppiantata ma si è confrontata con l'esigenza di applicazione di tecniche in grado di migliorare la qualità e, soprattutto, la conservabilità dei vini.
Oltre all'etichetta "Sentimento" della coop vignaioli possono essere ricordate anche "Orgoglio" di Giorgio Piccapietra di Traona, e quelle dell'azienda agricola Corte dei Gira di Dazio: "Cà dei Gira", "Contrestà", "Filaggi".
Ua realtà candidato per la rete dei sistemi locali di produzione agroalimentare a valenza identitaria
La dimensione sociale e culturale di questo sistema appare evidente, così come quella di costruzione del paesaggio, di continuità con una storia di lunga durata. Questa realtà delle "Terrazze dei cèch" del resto è "l'altra faccia" del sistema "storico" per eccellemza quello del Bitto storico (3). Sono due realtà speculari: il versante orobico risolto a settentrione (dei maròch) a vocazione pastorale e casearia, quello retico rivolto a meridione (dei cèch). Le due realtà, un tempo divise dal fiume Adda (che si poteva attraversare solo al Ponte di Ganda resso Traona), sino a tempi recenti erano caratterizzate da una fiera rivalità che risaliva ai conflitti tra guelfi e ghibellini e, probabilmente, anche ad elementi remoti di substrato etnico. Tra le due realtà lo scontro per l'egemonia del "terziere" (le suddivisioni storiche della Valtellina) finì con l'egemonia di Morbegno e il declino di Traona che, tra XIV e XV secolo aveva conosciuto un notevole splendore e la presenza di numerose casate aristocratiche. Ma lo scontro tra le due realtà lasciava spazio anche allo scambio e il formaggio di pregio degli alpeggii orobici da una parte e il vino dall'altra erano il simbolo di questo dualismo.
Grande partecipazione
Il riconoscimento delle "Terrazze dei cèch" quale sistema agroalimentare storico, formatore di paesaggio, legame sociale, cultura e identità non è fondato solo sul passato. Negli ultimi anni oltre alla crazione della coop si registrano anche altre iniziative che testimoniano di una grande partecipazione collettiva. Oltre 200 viticultori hanno parteciupato all'ultima edizione (l'ottava) di Vininfesta, manifestazione che in primavera promuove e celebra l’attività dei vignaioli di tutta la costiera dei Cèch. La manifestazione consiste in un convegno tecnico e in un concorso. Qui, oltre agli esperti, è il pubblico che complila le schede di valutazione dei vini presentati. In una dimensione che allarga la partecipazione a tutta una comunità che si riconosce nei valori della vitivinicoltura e della ruralità.
Non è finita. Un sistema agroalimentare a valenza storico-identitaria si rafforza e trae motivazioni e stimoli anche dalla proiezioen verso l'esterno attraverso la dimensione turistica. La valorizzazione turistica dei prodotti fusi con paesaggio, storia, cultura, tradizioni come quelli "a valenza storico identitaria" è elemento non accessorio ma fondativo. Dal 2010, in queso spirito, si è inaugurato il "Sentiero del vino" una manifestazione enogastronomica che si svolge in due fine settiamana a cavallo tra settembre e ottobre e che consiste nel percorrere a piedi i sentieri tra le terrazze e godere di splendidi panorami e dell'ospitalità contadina (e naturalmente degli assaggi di vino). L'evento è organizzato dalla coop "Terrazze dei cèch". Un modo per fruire di questo particolare ambiente viticolo molto diverso da quello delle più celebrate aree della Valtellina (con i cru Morobbia, Sassella, Inferno, Grumello). Questo è un paesaggio (foto sotto) in cui le piccole vigne si alternano alle abitazioni, un tempo più numerose dove i contadini trascorrevano parte dell'anno salendo (o scendendo) dalle sedi permanenti. Una "migrazione verticale stagionale" simile a quella degli allevatori (in parte ad essa intrecciata).
Nelle picole vigne che oggi si presentano ben tenute grazie alla sistemazione delle terrazze, alle nuove palificazioni, ai nuovi impianti, l'attività dei contadini è incessante. Si tratta di un'attività svolta per lo più nel fine settimana (le foto sono state scattate di domenica).
Al tempo della crisi quella che era una tenace passione sta mutando di valenza. Per non pochi contadini (contadini-pensionati, contadini con altre occupazioni, contadini cassintegrati ecc.) l'autoproduzione e una piccola commercializzazione stanno tornando ad assumere un significato di sostegno economico al budget famigliare. In un contesto in cui il consumo di vino in Italia per la prima volta non cala per "motivi culturali" (nuovi stili di vita, attenzione alle calorie e all'alcool, uso di altre bevande ecc.) ma per la mancanza di soldi in tasca (cala anche il consumo di Tavernello e non solo la fascia media sino a 6 € la bottiglia) l'autoproduzione significa risparmio dei pochi soldi per altri consumi.
Filiera corta e turismo rurale, culturale, enogastronomico
Oltre alla ripresa di significato dell'autoproduzione (un buin veicolo di trasmissione di valori e conoscenze da una generazione all'altra) vi è anche l'aspirazione a costruire una filiera corta, a mettere in moto anche una filiera turistica. Nonostante le importanti risorse (il paesaggio delle terrazze vitate e dei castagneti, una nutrita serie di chiese, ex-conventi, santuari, i resti dell'importante castello di origine altomedioevale di Domofole, i palazzi di Traona) la costiera dei Cèch e quasi del tutto priva di strutture turistiche.
Eppure basterebbe valorizzare e inserire in una rete quanto di pregevole già esiste. La rustica trattoria della foto sotto di Traona, inserite in un cortile monumentale, è l'esempio dei tesori nascosti dei "cèch".
Tenere in ombra queste risorse rappresenta una grossa perdita di opportunità. Ma in Valtellina vige tutt'oggi un "sistma" per il quale l'agroalimentare è solo quello industriale (al carro del quale resta legato il grosso del pur pregevole settore enologico); il Bitto storico, un pericoloso focolaio di disturbo e sobillazione e il turismo significa solo Livigno, Madesimo e Bormio. Per fortuna questo sistema scricchiola.
Note
(1) Si definiscono cèch gli abitanti della costiera retica della bassa Valtellina e dell'alto lario occidentale, a volte in contrapposizione con i maròch, quelli del versante orobico.
(2) G. Tuana (1998) Fatti di Valtellina - De rebus Vallistellinae, a cura di Tarcisio Salice, trad. dal latino di Abramo Levi, Sondrio, Società storica valtellinese, ed. or. 1758.
(3) M.Corti (2011) I ribelli del bitto. Quando una tradizione casearia diventa eversiva, Slow Food editore, Bra (Cn).