(27.11.12) Il Parco nazionale delle Cévennes nel Massiccio centrale francese la scorsa settimana ha stabilito che la presenza del lupo è incompatibile con gli obiettivi di tutela della biodiversità
Un Parco nazionale dice
no al lupo, si al pastoralismo,
si alla biodiversità
di Michele Corti
È forse la prima volta che un Parco nazionale prende una posizione netta a favore del pastoralismo dichiarando che il lupo va tenuto fuori dal proprio territorio. Si tratta del Parco delle Cévennes inserito nel giugno 2011 nell'elenco del Patrimonio mondiale dell'Unesco proprio in forza della sua natura di "paesaggio culturale agropastorale mediterraneo".
La decisione di prendere una posizione ufficiale da parte del Parco contro la presenza del lupo è arrivata il 22 novembre dopo un intenso dibattito tra gli amministratori riuniti a Florac (nella Lozère). Le decisioni sono state prese quasi all'unanimità. Il Parco chiede una revisione in tempi rapidi del Piano lupo francese, la possibilità dell'autodifesa dei pastori anche nel cuore del parco (oggi non consentita), la dichiarazione del Parco quale zona interdetta al lupo.
Si tratta di una preda di posizione che scandalizzerà gli animal-ambientalisti (in Francia chiamati "ecolos") non solo in Francia. Per la cultura ambiental-animalista, specie italiana, sarà un duro colpo dopo quello inferto loro da José Bové che - prima di fare l'europarlamentare verde - era allevatore di pecore proprio da queste parti (vedi articolo). Sia Bové che gli amministratori e i tecnici del Parco si rendono conto che le caratteristiche dei sistemi pastorali di questo territorio, caratterizzato da forte variabilità di vegetazione e morfologia, non possono reggere l'impatto con il lupo che sta già mettendo a dura prova il pastoralismo alpino basato su grandi greggi più facilmente difendibili.
In contrasto con il conservazionismo ideologico la scelta del Parco di dire no al lupo riflette le ragioni per cui il parco è stato istituito e poi riconosciuto dall'Unesco. Si tratta di un territorio di bassa montagna (suglio 800 m) troppo povero per veder sorgere delle città ma abbastanza ricco da far si da essere completamente utilizzato e abitato dall'uomo attraverso svariate forme di sfruttamento agrosilvopastorale (stanziali, transumanti, in ambito forestale o su brulle praterie). Gli insediamenti, il paesaggio vegetale, i percorsi della transumanza (le drailles) hanno profondamente modellato l'ambiente da tremila anni a questa parte. In questo contesto il Parco può vantare anche una rinnovata vitalità delle attività tradizionali sostenute da strategie di valorizzazione delle produzioni agropastorali.
Commentando le prese di posizione dei pastori in occasione della riunione del consiglio di amministrazione del parco il il presidente Jean de Lescure haa commentato: "Hanno espresso il loro sgomento". "Dicono che non possono vivere con il lupo. Non si può rispodere: Adattatevi ", ha aggiunto il direttore Jacques Merlin. Un atteggiamento ben diverso da quello di tanti amministratori e funzionari pubblici che - prendendo per oro colato il punto di vista degli ambientalisti - liquidano il problema con le solite frasi fatte: "la convivenza è possibie", "bisogan usare i cani e le reti". Ora le posizione della parte pastoralista hanno avuto il sostegno ufficiale di un Parco. Il precedente è importante perché qualcuno ha finalmente fatto valere quei valori di cultura, biodiversità, economia sostenibile che sono oggetto di tutela giuridica altrettanto forte di quella del lupo.