(01.09.14) La gestione degli orsi trentini è scappata di mano. Il conflitto sociale, ideologico, territoriale innescato dall'aver sovraccaricato Life Ursus di valenze di ogni tipo impatta in modo imprevedibile sulla politica
Gli orsi sparigliano
politica e istituzioni
le destre cavalcano l'animalismo ma
rischiano
di scottarsi (loro
e la sinistra)
di Michele Corti
Gli orsi (non loro in carne e pelliccia, ovviamente, ma l'idea, le costruzioni sociali e le rappresentazioni di esso) sparigliano la politica. La destra cavalca senza pudore l'animalismo sapendo che è un terreno scivoloso per la sinistra. Ma i suoi esponenti sul territorio devono assumere posizioni opposte. Veneto e Lombardia attaccano il Trentino perché non vuole abbastanza bene agli orsi salvo poi, attraverso assessori regionali e presidenti di provincia, chiedergli i danni per il comportamento dei “suoi” orsi e chiedere alla provincia autonoma di venire a riprenderseli. Una schizofrenia, un tutti contro tutti che mette a nudo la fragilità delle istituzioni e delle forme della politica
La credibilità delle istituzioni esce ulteriormente compromessa dalle vicende estive degli orsi. La provincia di Trento non sa che pesci pigliare e, nel dubbio se assecondare l'animalismo o applicare le sue stesse disposizioni, decide di … non decidere. La divisione tra le componenti della maggioranza (tra PD e pseudo-autonomisti) è palpabille ma mantenuta relativamente coperta verso l'esterno (sono professionisti).
Alessando Olivi, vice-presidente della PAT ed esponente del PD, in assenza del presidente Rossi (deciso a ridurre gli orsi e consapevole del fallimento di Life Ursus sul piano dell'accettazione sociale), ha gestito in modo molto diverso da quello che avrebbe voluto Rossi l'emergenza Daniza. Ovvero la situazione venutasi a creare dopo l'aggressione avvenuta nei boschi di Pinzolo, a ferragosto, di un fungaiolo ad opera dell'orsa Daniza (già protagonista di attacchi messi in sordina e comunque radiocollarata).
L'ordinanza urgente e contingibile che disponeva la cattura dell'orsa è stata 'ammorbidita' sulla base delle indicazioni imparite dall'esponente del PD, tanto che la cattura non è mai stata eseguita nonostante l'orsa non si sia mai mossa dalla zona di Pinzolo tanto che il 29 agosto ha sbranato una capra a ridosso dell'abitato di Bocenago e ha continuato a restarvi passeggiando in paese e spaventando i proprietari dell'animale che desideravano mettere in siucurezza un asino.
Ciò in barba alle notizie 'depistanti' di fughe e nonostante che la 'rimozione' degli orsi responsabili di aggressioni all'uomo sia prevista (oltre che dal buon senso, che ormai è merce rara) anche dal famoso Pacobace, il protocollo di gestione degli orsi importati dalla Slovenia e della loro progenie, protocollo redatto dagli stessi esperti di Life Ursus (peraltro molto più garantista, per gli orsi, rispetto alle 'regole d'ingaggio' dei plantigradi vigenti in Svizzera, Austria e in altri paesi civili dove la vita umana è maggiormente stimata che in un Italia dove l'orso, proprietà indisponibile dello Stato, è stato sacralizzato).
Sull'orso manovre politiche locali e nazionali
Intorno a Daniza si consuma il confronto interno alla maggioranza di centro-sinistra che governa la ricca provincia autonoma. Il Pd, che era stato emarginato nell'era Dellai, ora cerca la rivincita a danno dei centristi, un po' perché forte della meteora renzista (da cavalcare presto prima del prevedibile, precoce e inglorioso tonfo) un po' perché i centristi si sono indeboliti. Essi pensavano che, con lo sbarco a Roma di Dellai, avrebbero goduto della sponda di un ministro e, invece, l'ex presidentissimo è rimasto scottato e pesantemente ridimensionato dall' imbarazzante esperienza del montismo.
Il PD a Trento non cerca solo più peso nella maggioranza ma, assecondando gli animalisti a dispetto dei partner, risponde anche agli ordini di scuderia che arrivano da Roma. Da navigati politici gli ex DC e ex PCI del PD si sono resi conto benissimo che la destra, al di là del folklore intorno a Dudù (cane barbone che contende agli orsi il primato di animale al centro della politica), la svolta animalista delle destre è una cosa seria e va rintuzzata impedendo che esse si presentino quale autentica paladine dei diritti animali.
Dalle parti del Nazareno - dove 'venire da lontano' rappresenta un assist non certo sottovalutato - si rendono conto che il pedigree animalista non l'hanno certo le sinistre, che hanno scoperto l'ecologia ieri l'altro (si fa per dire) ma in forme 'adattate', razionalistiche, ammorbidite, annacquate agli antipodi dalla deep ecology, che ha illustri progenitori non solo negli Stati Uniti del XIX secolo (e non erano certo personaggi 'di sinistra') ma anche nella Germania nazional-socialista, primo paese al mondo ad emanare leggi di impronta animalista (e non genericamente zoofile) nel 1933-34. E primo paese al mondo a proteggere il lupo (animale totem di Adolf Hitler e delle SS).
Le destre cercano di recuperare terreno nelle aree urbane cavalcando pulsioni poco riassorbibili nell'alveo della sinistra
A destra, in un barlume di lucidità, in una pausa dai consueti interessi affaristici, hanno capito – dopo le scoppole elettorali – che il cavalcare l'onda emotiva, irrazionalistica di un animalismo che non ha alcun nesso con la dimensione sociale, razionale, scientista dell'ecologia, può incrinare la presa della sinistra sul ceto medio urbano.
La destra berlusconiana (con aggregati) ha confermato la sua debolezza nei centri urbani dove lo zoccolo duro degli impiegati pubblici e di un ceto medio parassitario si aggrappa, nella crisi, ai privilegi garantiti dalle politiche culturali e 'sociali' distorte della sinistra (che trasferiscono più risorse a chi è già tutelato, ma politicamente attivo, rispetto ai veri bisognosi).
La svolta animalista, è arrivata prima delle Europee ma, ancora poco percepita - liquidata con affettata sufficienza e superficialità dalla sinistra - non ha certo influenzato l'esito elettorale, segnato dall'effetto Renzie.
La svolta, però, è di quelle culturali, di non poco conto. L'animalismo non è l'unica carta, vi è anche l'apertura al relativismo morale (coppie gay, riproduzione manipolata, eutanasia). Berlusconi si è prestato - anche a costo di apparire vittima di un rimbambimento senile - al teatrino del Dudù act, legittimando le posizioni animaliste della Michela Brambilla e della moglie di Sandro Bondi (Manuela Rapetti), la quale, a ferragosto ha bacchettato Forza Italia Trentino che per difendere i valligiani (e fare il suo onesto mestiere all'opposizione), incalzava la provincia di centro-sinistra in tema di orsi sfuggiti di controllo.
Le diverse anime dell'ambientalismo di destra
Accanto all'animalismo di matrice forzitaliota chi segue con attenzione la politica e i movimenti non avrà mancato di notare come, all'interno delle associazioni animaliste, quelle istituzionali, storiche, che gestiscono finanziamenti, sedi, centri recupero selvatici, guardie zoofile (in qualche modo integrate nel sistema politico e sotto la grande cappella della sinistra) siano surclassate da un quelle 'dure e pure' che predicano l'azione diretta, al limite della legalità (e oltre).
La radicalizzazione del conflitto intorno alla gestione degli orsi in Trentino ha lasciato spazio alle sigle dell'animalismo fondamentalista, ai gruppi che – dalle bandiere e dall'abbigliamento, dai trasparenti richiami alla mistica dell' “azione” - non dissimulano la matrice ideologica apertamente fascista. Concedendo loro una visibilità inedita.
Un regalo frutto della contradditoria politica della Provincia autonoma di Trento che, come abbiamo visto, cercando nella sua componente PD di lisciare il pelo agli animalisti 'buoni', ha di fatto omesso di applicare la propria delibera di cattura dell'orsa Daniza e galvanizzato animalisti 'buoni' e 'cattivi'. Questi ultimi hanno occupato i locali della Provincia il 21 agosto e dato vita a conati di manifestazioni a Pinzolo il 23 e il 30 agosto. Manifestazioni con pochissimo seguito e dalle quali si sono dissociati gli ambientalisti “istituzionali” ma che hanno ottenuto risultati insperati*. Ieri i giornali locali riferivano di una val Rendena "militarizzata" di serie di posti di blocco, di stato d'assedio.
Un clima che, alla prossima occasione di scontro, insieme agli animalisti 'cattivi' attirerà centri sociali e black block che già pregustano di poter trasformare la valle del Trentino Felix in un teatro di guerriglia.
Chi semina vento...
Il paziente lavoro di anni della sinistra per arruolare orsi e lupi in un universo di discorso buonista (la riscrittura di Capuccetto Rosso, l'orso 'vegetariano', la voluta confusione tra animali in carne e ossa e cartoon o peluche, le favole 'scientifiche' sulla biodiversità, sulle 'specie ombrello' e simili amenità, se ne vanno in fumo.
L'aver cavalcato il richiamo emotivo dell'orso, l'aver solleticato pulsioni ancestrali, l'aver coniugato maldestramente il richiamo al 'Signore delle foreste' con la vendita dei peluche (Parco Adamello Brenta) ha riportato in vita i fantasmi dell' animalismo aggressivo e fondamentalista che nella cultura nazionalsocialista ha la propria matrice e che sposa l'orso non perché Yoghi che ruba le merende ma perché simbolo evocativo di selvaggia forza guerriera. L'animalismo poco addomesticato, a dispetto di ogni buonismo, insulta i “villici del paesetto di Pinzolo” sulla base di quella ispirazione modernistica, futurista, stracittadina (magari nella versione degradata borgatara) che la sinistra sa dissimulare (pur senza cancellare).
Perché si aprono spazi per questi movimenti? La risposta non è difficile. La sinistra ha acquisito l'egemonia del movimento ecologista in Italia ai tempi del movimento antinuclearista negli anni '80. L'ecologismo era stato sino allora incarnato da circoli di taglio accademico ed elitarista (quando non apertamente di destra).
Nel XIX secolo l'ideologia della wilderness nasce per legittimare la pretesa di uno spazio non antropizzato 'vuoto' occupato dai coloni bianchi. Non era in realtà wilderness (non lo è neppure l'Amazzonia) perché i nativi, oltre alla caccia e alla raccolta, praticavano l'agricoltura. Ma faceva comodo classificarla così. Di qui la mistica dei Parchi, dei Santuari della Natura che introducono la comoda idea di uno spazio 'profano' che può essere sottoposto allosfruttamento più selvaggio e di uno spazio 'sacro'.
Un'idea che sottende anche un programma antireligioso (per il cristiano tutta la creazione porta l'impronta di Dio, ogni creatura è animata dal soffio di vita dello Spirito ed è degna di ammirazione e rispetto da parte dell'uomo).
La parabola dell'ecologia
Il WWF nasce per opera di potenti personaggi legati alle cerchie più influenti del capitalismo e della finanza. Con l'obiettivo di realizzare grandi Parchi nei paesi in fase di decolonizzazione in modo da poter garantire, attraverso di essi, una forma di controllo da parte di Londra (e del suo potente alleato d'oltreatlantico). Negli anni '80 gli orfani del '68, le esperienze di lotta alla nocività in fabbrica - che ci si rende conto non può non essere estesa a quella fuori della fabbrica (vedi l'esperienza di Medicina Democratica) - conferiscono all'ambientalismo un connotato sociale e anticapitalistico. Durerà poco, pochissimo, perché come il PCI era stato capace di metabolizzare il '68 così il PDS/DS metabolizzerà facilmente anche il movimento verde grazie alla cinghia di trasmissione di Legambiente.
Il WWF entrò anch'esso nell'orbita della sinistra partecipando alle manifestazioni pacifiste a senso unico contro i missili Pershing II (finanziate dal KGB) che 'dimenticavano' le testate atomiche deli SS20 sovieticipuntati contro di noi.
Negli anni le due organizzazioni del mainstream ambientalista si sono sempre più istituzionalizzate. Legambiente si è data all'affarismo più spregiudicato attraverso società di vario tipo che promuovono speculazioni sulle energie rinnovabili e altri business. Il WWF si accoda a Legambiente perché, per non gestendo direttamente il business e non entrando direttamente in partnership con l'ecocapitalismo d'assalto, come fa Legambiente, la sua costosa struttura lo rende dipendente dalle sponsorizzazioni dei grandi gruppi industriali.
La "base" ha la possibilità di partecipare a rappresentazioni di una partecipazione passiva nel corso di eventi come "Puliamo il mondo". Muniti di cappellini gialli, pettorine e ramazze i "militanti" di questo ambientalismo, ma più che altro i ragazzini delle scuole - messi in divisa - fanno promozione al brand Legambiente in una strategia scoperta di marketing e fidelizzazione.
Questo ambientalismo di regime non solo ha perso ogni connotato oppositivo (Legambiente opera per lo più insieme a organizzazioni imprenditoriali e soggetti istituzionali) ma si è assunto il ruolo di pompiere delle proteste, quando non di 'questurino' (vedi la presenza degli esponenti al massimo livello di Legambiente nel NIMBY FORUM l'osservatorio che 'monitora' i conflitti in materia di centrali energetiche ecc.). Non solo, ma tutto il 'discorso ecologista' è stato fatto proprio dalle stesse organizzazioni che perseguono ancora più aggressive politiche di sfruttamento delle risorse naturali e dell'uomo, di distruzione di comunità rurali, in nome della "modernizzazione ecologica". Ridotto a freddi calcoli astrusi (bilanci di CO2) che nascondono abilmente – grazie alla manipolazione del riduzionismo scientifico - politiche di sfruttamento biocapitalista, l'ecologismo si è largamente distaccato dalla tensione etica spontanea, da ogni pulsione affettiva, emotiva. Ecco che per l'animalismo, con il suo appello concreto agli esseri più vicini a noi, al cuore, all'emotività, alle pulsioni profonde, si aprono pascoli sconfinati che, questa volta, ben difficilmente la sinistra con il suo retaggio illuminista, razionalista, buonista, riuscire a neutralizzare. E la sinistra, questa volta ha motivo di temere.
La convergenza di pulsioni individualiste
Le
destre più
consapevoli si
rendono conto
lucidamente
dell'importanza
della carta
animalista,
quelle del
facile
calcolo
politico-elettorale
intuiscono e
si accodano.
Si rendono anche conto che, attraverso l'animalismo, sono in grado di operare una sintesi di pulsioni sociali molto diverse tra loro, una sintesi che, se non 'egemone', può risultare molto efficace.
Il denominatore comune è il richiamo individualistico. Da una parte l'animalismo 'eroico' di centopercentoanimalisti solletica il superominismo, il machismo, dall'altra quello alla Brambilla, alla Dudù, fa leva sull'individualismo borghese da salotto, su un rapporto con l'animale molto privato, proprietario. Non si tratta solo di folklore sociologico.
La referenza animale distorta che è implicita sia nell'esaltazione parossistica della ferinitas (l'orso re della foresta) che, all'opposto, nell'attribuzione al pet di un grado di humanitas che viene spesso negato agli umani 'sfigati' è sublimazione egotica dell'io individualista, autosufficiente, autoconsistente, autoreferenziale, di un soggettivismo che non si misura con la relazione umana (e neppure con una referenza animale realistica) ma cerca comode scorciatoie.
La piena umanità dell'uomo non può fare a meno della referenza animale (al di là di quello che pensano una certa destra e una certa sinistra che idolatrano la tecnologia); la coevoluzone e la simbiosi con gli animali hanno plasmato l'uomo. Ma la referenza esaltata dall'animalismo è una referenza distorta, surrogata sostitutiva, alienata.
La distruzione della società rurale ha dissolto non solo i legami comunitari ma anche il ruolo dell'animale 'utile' all'interno di una 'comunità umana allargata'. Il pet è invenzione della società industriale (nella detenzione di animali 'inutili' in precedenza c'erano solo espressioni di ostentazione da parte delle classi dominanti).
C'erano animali che facevano parte della sfera della domesticità e animali che facevano parte della ferinitas, ma anche questi ultimi erano rispettati, anche quando cacciati.
Con il venir meno delle relazioni 'organiche' con gli animali domestici e selvatici la società metropolitana si reiventa relazioni surrogate, alienate. In un caso c'è il meccanismo di identificazione (l'homo metropolitanus, il piccolo borghese, proietta, sublimandole, le sue frustrazione nella belva, libera, selvaggia, sessualmente gagliarda, forte, coraggiosa, inafferrabile). Questa è una metafora di falsa libertà. E una realtà di impotenza.
Poi c'è la pulsione appropriativa diretta. Il pet diventa una proiezione di sè stessi, del proprio narcisismo. Una proiezione che non trova ostacoli (come nel caso dei figli) e che si sostanzia in un ruolo sostitutivo di rapporti parentali, di coppia, di amicizia che il pet assolve (anche per vincere la solitudine della 'gioiosa' società consumistica).
Trionfo dell'individualismo che non vuole legami, responsabilità, trionfo di Peter Pan, di chi non sopporta di essere limitato dai bisogni dell'altro (il proprietario del pet definisce egli stesso quali siano i bisogni del suo sfortunato partner animale, spesso soffocato dal troppo morboso 'amore'). Sia nel caso del pet che di quello dell'animale 'selvaggio' si esprime la volontà di dominio, di proprietà sull'animale, sul partner. Il povero pet è totalmente determinato dal padrone anche quando quest'ultimo si illude di essere “al servizio” del proprio protetto (non è così anche nel caso dei genitori iperprotettivi, superpossessivi?). Anche l'orso deve fare ciò che ritengono buono per lui gli animalisti (che da bravi 'genitori' possessivi ammettono, diseducandolo, che il piccolo possa essere viziato e coccolato, ma mai corretto, mai educato anche con severità se occorre). Sarà un vantaggio per l'orso o, piuttosto, si sentiranno gratificati i suoi 'genitori' animalisti? In entrambi i casi l'esclusività della relazione (reale o virtuale che sia) tra animalisti e i loro pupilli assume i connotati della relazione compulsiva, esclusiva, egoistica, preclusiva di altri rapporti.
Non si possono poi dimenticare che le implicazioni malthusiane dell'animalismo. Sostituire il cane ai figli non solo è più comodo, consentendo di sfuggire dalla responsabilità e dalla maturazione personale ma risolve la sovrapopolazione di quella 'specie nociva' che per gli animalisti è rappresentata dall' homo sapiens sapiens (ma sarà proprio sapiens?).
In ogni caso l'animalismo offre una promettente alternativa a coloro che sono delusi dalla svolta ragionieristica (i conti dei gas serra), imprenditoriale, affaristica dell'ecologia ormai assorbita in larga misura dalla green economy e divenuta pilastro del sistema di potere del capitalismo neoliberista.
Nell'abbracciare l'animalismo l'adepto non deve sottostare a quella negazione di soggettività, emozioni, che porta l'ecologi- - almeno nel suo mainstream -a conformarsi al politically correct, a rivestirsi di 'discorso scientifico' per ossequiare la sua collocazione nella modernità. Che l'animalismo mieta consensi, a fronte della deriva istituzionalista, scientista, affaristica dell'ambientalismo non è difficile da comprendere.
Istituzioni spappolate
Sullo sfondo di queste considerazioni si innesca la strategia politica delle forze politiche e si collocano, in spiccioli, le attuali polemiche sulla gestione degli orsi 'trentini' del progetto Life Ursus. Come accennato non c'è solo tatticismo nell'apertura all'animalismo del centro-destra ma un'operazione delle destre di riconquista di strati di ceto medio urbano. Il conflitto sulla gestione degli orsi trentini che marca la totale incapacità delle istituzioni (Provincia autonoma, Ministero) di gestire una situazione ormai da tempo scappata di mano (prevedevano 50 orsi in 40 anni, sono arrivati a 60 in 15) mette in difficoltà la sinistra che governa a Trento. Le destre, però, invece che attaccare sul piano dei diritti delle popolazioni interessate, della proprietà minacciata, della vita umana a rischio, degli interessi economici legittimi di intere categorie messi a repentaglio, cosa fa? Scavalca la sinistra e si schiera con gli animalisti che contestano la Provincia di Trento perché vuole catturare orsi pericolosi.
La mossa è però troppo spregiudicata e ne deriva una destabilizzazione istituzionale e politica che si ritorce anche contro la destra stessa. A fronte di uno Zaia e di una Terzi (assessore leghista all'ambiente della Lombardia) che prendono la parte degli animalisti e fanno i primi della classe bacchettando Trento ci sono assessori di Zaia che rispondono picche al Trentino che vorrebbe 'sbolognare' in Veneto un po' di orsi in soprannumero. «Non è possibile sradicare l’orso, oppure il lupo, dall’habitat preferito e trasferirlo altrove come fosse un soprammobile» ha risposto elegantemente Daniele Stival, assessore veneto all'agricoltura.
A Sondrio il presidente leghista della provincia, Sertori, è stato molto più drastico. Non solo non vuole 'omaggi' di orsi trentini ma ha chiesto alla Provincia di Trento di andare a riprendersi in Valtellina l'orso problematico M25.
Sull'orso le istituzioni litigano tra loro e al loro interno
Dietro queste schermaglie si riattizzano vecchie e nuove ruggini tra Lombardia e Veneto da una parte e il Trentino dall'altra. Chi pensava che l'orso fosse usabile solo per il marketing o come 'bandiera ambientalista' ha fatto malissimo i suoi calcoli. Basta considerare l'ambivalenza della simbologia ursina nelle culture umane per capire che... si apriva un vaso di Pandora. Adesso è una battaglia di tutti contro tutti dove tutti, ritenendosi più furbi, intendono usare l'orso per danneggiare avversari esterni ed interni. Ma a fare le spese dell'effetto orsi dopo la Provincia di Trento c'è la Lega.
A Trento essa è schierata contro il progetto Life Ursus da sempre (con coerenza). Ma a Bergamo (città) e a Milano la Lega è fortemente pro orso. Anche Luca Zaia che da tempo liscia il pelo all'animalismo (dimentico di essere stato ministro dell'agricoltura e di essersi laureato in produzioni animali).
Nella precedente legislatura regionale c'era l'assessore bergamasco al territorio, Belotti, a tifare per l'orso incurante che l'esemplare JJ5, tra 2008 e 2009, avesse offerto in val Brembana un eloquente saggio dell'impatto dei plantigradi sulla pastorizia e l'allevamento (settori evidentemente scarsamente considerati dall'assessore che mostrava molta più attenzione agli ultras atalantini).
Sulle orme di Belotti la bergamasca assessora regionale all'ambiente Claudia Terzi pochi giorni fa ha confermato la linea orsofila della Lega (bergamasca o lombarda o federale?) che ignora il suo stesso radicamento territoriale e pare piuttosto ispirata all'animalismo berlusconiano, di una destra di cui Salvini si candida a leader dopo aver messo in soffitta i temi 'classici' della Lega.
La destra, dopo aver subito per decenni l'egemonia culturale della sinistra (tutta presa nelle cadreghe e negli affari alla Mose, Expo), accorgendosi che il collante Berlusconi non esiste più, che rischia di essere messa nell'angolo e di perdere anche le posizioni di potere storiche in Lombardia e Veneto ha capito che deve inventarsi qualcosa di nuovo. Così tenta di giocare la carta animalista accorgendosi che lì la sinistra è in difficoltà e che non riesce più a tenere insieme l'ambientalismo affaristico e le riaffioranti tensioni movimentiste (che non si esprimono solo nell'animalismo ma anche nelle lotte contro la Tav, le discariche, le biomasse dove molto spesso la controparte è la sinistra e la stessa Legambiente).
Sulle montagne lombarde "paradiso per orsi"... e inferno per allevatori e montanari
La Terzi, dopo che in val Rendena e in Trentino montava il caso Daniza, ha fatto dichiarazioni che neanche il WWF... "Non cacceremo via l’orso. Piuttosto vorremmo che sulle nostre montagne avesse un angolo di paradiso dove vivere. Ecco perché continueremo a tutelarlo come stiamo facendo dal 1999, quando abbiamo assistito al suo ritorno nelle province di Bergamo, Brescia e Sondrio. Perché una convivenza con l’uomo è possibile". Un vero inno ambiental-animalista: "Continueremo con il progetto Life Arctos, iniziato nel 2010, finanziato dalla Commissione europea (4 milioni di euro) e dedicato alla gestione dell’orso bruno sulle Alpi e sugli Appennini".
Un politico non dovrebbe mai schierarsi al 100% da una delle parti in conflitto, (specie dopo che il giorno prima 4 asini erano stati uccisi ed altri feriti in Valtellina dall'orso M25). Qualsiasi politico avrebbe dato una lisciata di consolazione agli allevatori. Invece no, la Terzi va a parlare di 'animali incustoditi' come dire: “ve la siete cercata”.
Si saranno forse fregati le mani i dirigenti dell'assessorato, il PD e Legambiente, contenti che la leghista sia riuscita a far infuriare gli allevatori di montagna, una categoria dove il PD non pesca praticamente nulla e a suscitare il disappunto di una larga parte di opinione pubblica valtellinese che sta rapidamente virando dal solto consenso superficale per le reintroduzione degli orsi ad una posizione di contrariet. Ma fanno male perché la Terzi esprime, pur in modo rozzo, la linea strategica della destra.
Quello che conta sul piano politico è che la Lombardia, in quanto istituzione, si è inequivocabilmente schierata con gli animalisti che a Trento manifestano perché la Provincia rimangiandosi la sua delibera ma anche contravvenendo al protocollo di gestione degli orsi - firmato anche dalla Regione Lombardia - “conceda la grazia” alla povera mamma orsa.
Una mossa che vorrebbe dimostrare agli animalisti che la destra è più sensibile alla loro emotività nel mentre si cerca di mettere ancora più in difficoltà una provincia rivale, non solo perché governata dal centro-sinistra, ma anche perché - in forza dell'autonomia speciale - è una pietra di paragone scomoda che spinge i cittadini delle zone di confine a valutare negativamente ciò che si fa a Milano, a sperare di passare sotto Trento (che però non vuole spartire con nessno l'autonomia), a non credere più nelle decennali, quanto roboanti e inconcludenti, promesse della Lega.
Stia tranquilla l'assesora. A prendere Daniza ci hanno rinunciato
Da
parte delle
autorità
trentine ha
dichiarato la
Terzi "mi
aspettavo un
ripensamento,
un passo
indietro. Ad
oggi nulla è
irreparabile,
ma ormai dovrebbero
rinunciare
a questa
ricerca".
"la posizione
di Regione
Lombardia è
sempre stata
chiara", ha
sottolineato
la Terzi. Per
gli orsi "stiamo
portando
avanti un
progetto che
favorisca il
ripopolamento
e non
intendiamo
fermarci". Si
tratta di
'Life
Arctos',
sostenuto da
più partner,
tra cui
proprio la
Provincia
autonoma di
Trento,
insieme a Wwf
e Università
La Sapienza,
che
intende
tutelare la
specie
dell'orso
bruno su Alpi
e Appennini.
"Ho
sempre avuto -
continua Terzi
- grande stima
per le
attività del
Trentino verso
tutto ciò che
aveva a che
fare con
l'ambiente e
la
natura, ma
adesso devo
ricredermi.
Non capisco
questa presa
di
posizione".
Secondo
l'assessore
regionale,
piuttosto,
sarebbe il
caso "di
sviluppare una
maggiore
attività di
informazione
ai
turisti,
perché
convivere non
è
impossibile".
Il progetto
Arctos,
finanziato
dalla Comunità
europea "non
riguarda solo
il
ripopolamento,
ma investe
proprio
sull'informazione".
I
politici alla
Terzi, però,
non hanno
fatto i conti
con i leghisti
che sono 'sul
territorio'.
Mentre il PD
ha una
consolidata
esperienza
nel gestire le
contraddizioni
legate al
blanciamento
degli
interessi
la Lega paga
lo scotto di
una ridotta
capacità di
ammortizzare
le opposte
pressioni che
riceve tra chi
siede sulle
cadreghe
regionali (e
deve curare
gli interessi
del
centro-destra
che in
Lombardia ha
il suo punto
di forza)
e chi sta in
“periferia”
così definita
sprezzantemente
da una
politica
vecchia cui si
è adeguata
anche la Lega
(che ha una
base sociale
“periferica”
ma che
probabilmente
ritiene che i
“periferici”
abbiano
l'anello al
naso).
A mettere in difficoltà la leghista super animalista, che impartisce improbabili lezioncine a Trento (e a dimostrare ancora una volta l'inconsistenza politica della Lega), ci ha pensato il presidente della provincia di Sondrio, un imprenditore che non si è fatto fagogitare troppo dalla politica e che – almeno in questa occasione - non ha tenuto conto della casta e del suo partito e ha chiesto a Trento di venire a riprendersi l'orso M25 che imperversa in Valtellina. Lo ha fatto di fronte alle pressioni degli allevatori inferociti e dei comunicati di fuoco della Coldiretti. Quanto a quest'ultima, però, è bene avvisare Sertori (che da politico non di professione non sa forse ancora bene certe cose) che dopo aver ottenuto che il politico si sia sbilanciato su un certo tema su sua sollecitazione - e sbandierata la cosa presso gli associati – la Coldiretti si guarda bene dal sostenere lo stesso, specie su un tema come l'orso dove la Coldiretti non ha nessuna intenzione di scontrarsi con i poteri forti che l'ideologia animal-ambientalista cavalcano e fomentano.
In ogni caso Sertori ha avuto il coraggio, e gli va dato merito, di mettersi contro la sua burocrazia orsofila (come tutti gli uffici fauna delle provincie d'Italia, il perché lo approfondiamo in una prossima puntata). Ha parlato chiaro e duro, senza diplomazia, togliendosi la soddisfazione di dire quello che pensano la maggior parte dei suoi elettori e dei suoi concittadini.
Chiedo alla Provincia autonoma di Trento di provvedere affinché l’orso m25, la cui presenza in Val di Togno è stata abbondantemente documentata, sia allontanato dai boschi della Valtellina e possa essere rimesso in libertà in un habitat a lui più confacente. Ad oggi, il nostro sistema territoriale, senza tralasciare alcun ambito e dunque, quello ambientale, faunistico, agricolo e pastorale non è in grado di far fronte alla permanenza di un orso bruno, a maggior ragione quando si tratta di un esemplare mediamente problematico come M25. Alla nostra provincia, purtroppo non a statuto autonomo, mancano, infatti, non solo le risorse economiche ma anche quelle umane per gestire al meglio una situazione di questo genere che di sicuro presuppone un’intensa attività di controllo, di informazione e di comunicazione dedicate.
Parole che suonano sconfessione piena della Regione Lombardia, dell'assessora all'ambiente leghista degli Uffici della Provincia, del politically correct.
Quasi lo stesso copione in Veneto
In Veneto Zaia, nonostante l'orso M4 (Gené) sia protagonista di un vero e proprio sterminio di animali sulle malghe, sin da luglio si era schierato per l'orso contro i trentini che, per cominciare a mettere un freno alle conseguenze disastrose della dispersione nelle regioni vicine di orsi dannosi (che provocano da soli gravissimi danni tali da mettere in difficoltà le aziende agricole) ha predisposto una delibera (che ha anche avuto il consenso di massima del Ministero) per applicare un giro di vite alle scorribande degli orsi. Di fronte alla notizia della delibera, che introduce nel Pacobace il concetto di 'orso dannoso' - che può anche essere abbattuto - il presidente del Veneto ha fatto la sua sceneggiata animalista (era il 21 luglio). "Nessuno decida per il Veneto". Zaia ha fatto sapere che non ci sta alla 'pena di morte' (una bella lisciata demagogica, niente da dire...).
Colpiamolo con il sonnifero, mettiamogli pure il radiocollare così sfruttiamo l’occasione per ricavare qualche dato scientifico ma ucciderlo non ha senso, porterebbe solo danni, anche sul fronte del turismo, tutti inorridirebbero e ci sarebbero solo polemiche - dice - siamo di fronte ad un problema reale, l’istanza degli allevatori è comprensibile e va accolta ma vanno trovate altre soluzioni e non saranno certo gli amministratori di altre Regioni a deciderle. Finché l’orso è in Veneto si fa come diciamo noi.
Dai suoi studi in produzione animale Zaia ha ricavato l'idea che i problemi si risolvono con le 'pillole'. Quando i cervi diventano un problema sul Cansiglio suggerisce i "contraccettivi", per gli orsi problematici suggerisce i "tranquillanti". Egli, però, nelle sue dichiarazioni animaliste pro orso quantomeno è stato attento ad usare la vaselina democristiana. Dopo aver ribadito in una intervista la sua personale linea orsofila (motivata dalla paura di perdere visitatori in Veneto a seguito di proteste animaliste), il doge in sedicesimo si è esibito nel funambolismo democristiano: Gli allevatori danneggiati, però, chiedono tutela incalza l'intervistatore e Zaia:
E hanno perfettamente ragione, perché chi lavora in montagna la mantiene viva ed ha tutto il diritto di lavorare in sicurezza. Non abbiamo ignorato il problema: garantiamo il risarcimento completo dei danni subìti e offriamo anche gli strumenti di protezione. Ciò va nella stessa logica del rifiuto all’abbattimento: tutelarel’ecosistema, favorire la convivenza di uomo e natura».
Paroloni vuoti ma almeno si da formalmente ragione agli allevatori, salvo poi non fare nulla e lasciare che l'orso Genè stermini decine di animali in alpeggio. Di fronte alle sue eleganti espressioni di formale equilibrismo politico ma di sostanziale animalismo dell'ex ministro dell'agricoltura c'è gente dell'Altopiano di Asiago che non l'ha presa bene e il presidente del Veneto ha ricevuto aperte minacce e insulti dai suoi cittadini che di farsi prendere in giro sono stufi. La capiscono o no questi politicanti che i tempi sono cambiati e la vaselina non basta più? Ma a parte le minacce Zaia è stato anche contraddetto dalla sua assessora Elena Donazzal, vicentina di Fratelli d'Italia, che il 18 agosto dichiarava che l'orso M4 andava catturato non escludendo – orrore, orrore – l'abbattimento. Non solo ma l'assessore di Zaia auspicava che gli ingenti danni procurati dal'orso trentino M4 (orso di seconda generazione del progetto Life Ursus) dovrebbero essere indennizzati dalla Provincia di Trento.
Inutile aggiungere, sullo sfondo di questi cortocircuiti istituzionali, che la presenza in Veneto dell'orso trentino (particolarmente feroce) non fa che rinfocolare le tensioni tra gli asiaghesi e Venezia, dalla quale vogliono secedere, e con Trento (che non vuole rimettere in discussione l'assetto dell'autonnomia accettando i comuni veneti e lombardi in fuga).
Ma nell'immobilismo le istituzioni si spappolano, il solco tra i privilegiati trentini e gli sfigati lombardoveneti (una locomotiva che non ce la fa più a finanziare gli spechi di Roma e i lussi delle autonomie speciali) si approfondice. Belluno contro Venezia, Asiago contro Trento e Venezia, Sondrio contro Milano. Milano e Venezia contro Trento, Bolzano contro Trento (nell'altra provincia autonoma non ne possono più degli orsi trentini).
L'orso ad Asiago e a Sondrio fa da detonatore di una riforma federalistica che non si farà mai (Renzi semmai vuole una controriforma che rafforzi il centralismo romano).
“Non abbiamo i vostri soldi” dice senza giri di parole ai trentini il presidente della provincia di Sondrio che, a questo punto, farebbe bene a secedere dalla Lega e a promuovere un movimento autonomistico valtellinese trasversale.
A Trento hanno degli squadroni che si danno i turni per essere pronti 24 su 24, 365 giorni all'anno, per intervenire in caso di emergenze orso. E le emergenze non sono mancate. Persino alla periferia di Trento dove le squadre speciali del Servizio foreste hanno dovuto isolare una zona per tenere lontano l'orso dall'abitato, lo stesso quando un orso si era presentato in un campo di calcio. A Tirano e a Morbegno due anni fa un orso ha passeggiato in città. Cosa succederebbe se si riaffaccia a Sondrio?Va l'assessore Terzi, novella San Francesco, ad ammansirlo?
Così come è stato impostato il Pacobace e Life Ursus le cose non potranno che peggiorare. La conflittualità che crescere, lo spappolamento delle istituzioni e della fiducia dei cittadini nei loro confronti anche. È troppo vedere orsi che girano indisturbati per intere provincie sterminando animali inermi (spesso custoditi e recintati) mentre i politici discettano del sesso degli angeli, e giocano sulla pelle dell'orso e dei montanari le loro partite politiche. I trentini, i valtellinesi, i bellunesi, gli asiaghesi, i camuni, i montanari bergamaschi, della Lessinia, piemontesi si persuadano che né la destra né la sinistra sono con loro (e nemmeno il M5S che persino a Trento appoggia gli animalisti). Devono persuadersi che senza espessioni politiche autonome dalla politica pianocentrica e urbanocentrica saranno sempre strumentalizzati, imboniti, truffati.