Ruralpini Inforegioni/Del Nero al capolinea

   

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(03.03.12) Un clamoroso articolo di ieri su La Provincia, il quotidiano di Sondrio, annuncia che - salvo il presidente Rigamonti (bresaola) - tutto il Cda del distretto agroalimentare vuole la testa del politico di Albaredo

 

 

Con Del Nero è messa in discussione la politica della

montagna di plastica

di Michele Corti

 

L'articolo in prima pagina di ieri su La Provincia strillato dalle locandine in tutta la valle significa una sola cosa: l'establishment valtellinese da il buon servito a Patrizio Del Nero.

 

Siano forse assistendo alla parabola di un politico di vecchia scuola (formatosi alle scuole quadri del PCI), abilissimo a restare a galla, ma anche troppo disnvolto e arrogante. Un politico che controllando significativi flussi di denaro pubblico si è fatto parecchi "amici" ma anche molti nemici. Oggi i poteri forti di Sondrio hanno fiutato che il vento sta cambiando, che l'immagine della Valtellina veicolata dalle iniziative di De Nero e del Distretto agroalimentare (ex-multiconsorzio) rischia di diventare un boomerang. E prima che sia troppo tardi lo scaricano.

 

Il fallimento della Mostra del Bitto

 

Il casus belli che avrebbe indotto tutte le componenti del cda del Distretto agrolaimentare a chiedere la testa del direttore sembra da ricondurre alla gestione da parte del Distretto stesso (ex-Multiconsorzio) delle ultimi edizioni della Mostra del Bitto. Come avevamo ampiamente riferito lo scorso ottobre (vedi articolo su Ruralpini) Del Nero, con la sua consueta spregiudicatezza, aveva dichiarato per primo fallita la formula della Mostra del Bitto nella sua veste "pesante" allestita dalla fine degli manni '90 presso il polo fieristico. Lo aveva fatto mentre nei padiglioni gli addetti non avevano ancora finito di smontare gli allestimenti, prima che le critiche potessero azzopparlo. Ma tanto tempismo non lo ha salvato. Era operazione troppo spudorata.

Oltre al calo di presenze molti avevano lamentato l'assenza di "anima" di una mostra dove i formaggi erano sotto vetro, dove si trovavano le mercanzie più disparate e gli stand istituzionali erano poco o nulla presidiati (a parte le brochure patinate). Inutile ricordare che la Mostra del Bitto a causa delle politica del Consorzio del Bitto (CTCB) e delle istituzioni vede l'assenza del Bitto storico dalla edizione del centenario (2007).

 

Un convitato di pietra che fa paura

 

Un'assenza che pesa come un macigno anche se gli strateghi dell'agroalimentare valtellinese e i politici ad essi vicini (Severino De Stefani, assessore provinciale all'agricoltura, in primis) continuano a fare gli struzzi. Fingono di non vedere che il Bitto storico, quello autentico, che loro avversano come un luterano ai tempi del Sacro Macello, miete riconoscimenti su riconoscimenti al massimo livello internazionale. I media provinciali, a differenza di quelli bergamaschi e nazionali specializzati che dedicano al Bitto storico grande spazio, hanno sinora largamente censurato i successi del Bitto che sta indigesto all'ufficialità del gusto (valligiana e regionale). Il Bitto storico non si è però a svolgere il ruolo del convitato di pietar del Don Giovanni. Media valligiani e cittadini si sono accorti benissimo del grande successo dell'evento alternativo alla Mostra del Bitto ("Formaggi in piazza") che ha avuto per protagoniste le piazze di Sondrio e il Bitto storico, gli invisi ribelli del Bitto (vedi articolo su ruralpini). L'evento, qualificato dalla partecipazione di Slow Food, con poche migliaia di euro di budget ed ha richiamato una folla di visitatori con grande soddisfazione nei produttori presenti alla mostra-mercato. Ha in qualche modo rappresentato anche una  "riconciliazione" tra la Valtellina e i ribelli del Bitto sempre più orientati verso le Orobie e Bergamo. Il confronto tra l'insuccesso della costosa Mostra del Bitto e "Formaggi in piazza" è stato bruciante.

Gli espomenti del Distretto alimentare alla vigilia dell'evento hanno telefonato al sindaco Molteni per indurlo a lasciar perdere, a non dare la Piazza Garibaldi ai ribelli del gusto ma l'amministrazione ha tirato dritto. E i fatti hanno premiato il suo coraggio.

 

 

Quelle consulenze in rosso

 

Il Cda nell'ambito delle dolenti note che caratterizzano il bilancio della Mostra del Bitto (non tanto in termini ragionieristici quanto politici) pare essersi concentrato sulle discutibili spese per le "consulenze" a favore di Roberto Pinna, del Consorzio Valmalenco (20mila euro), Pierluigi Negri, ex consorzio turistico ed ex progetto sullo sviluppo della destinazione turistica "Valtellina Destination Management Organization" (8mila euro); Federico Scaramellini, del Consorzio turistico della Valchiavenna (32mila euro) e Carlo Fognini, ex assessore provinciale al turismo (24mila euro). A fronte di queste spese ufficialmente motivate dalla finalità di raggranellare disperatamente espositori sono rientrati 74mila euro.

A difendere Patrizio Del Nero pare essere restato solo il comm. Rigamonti, colui che sin dagli anni '70 ha tracciato il solco dell'agroalimentare valtellinese: utilizzare materie prime globalizzate a basso costo (nel caso della bresaola la coscia congelata di zebù sudamericano) per produrre un food Valtellina sound con abbondante uso di immagini di montagne innevate, limpidi torrenti alpestri, mucche felici, pastorelle in costume ecc.

 

 

In tempi recenti l'operazione viene continuata con i Pizzoccheri valtellinesi IGP, un prodotto nato con la farina di grano saraceno che oggi per l'80% è prodotto con "sfarinati" di grano duro canadese e un po' di farina e pula di grano saraceno cinese (tanto per dare colore e aspetto "rustico").

 

L'altra Valtellina del cibo, quella eroica, emerge ora alla ribalta e mette in crisi il sistema

 

Mentre l'immagine del prodotto alimentare valtellinese rischia di essere assimilata presso il grande pubblico a quella di tarocchi globalizzati  i produttori "eroici", quelli degli alpeggi storici del Bitto, ma anche le nuove leve di viticultori. hanno inaspettatamente resistito e anzi stanno ottenendo successi.

Non è difficile a questo punto pensare che qualcuno un po' più lungimirante stia arrivando alla conclusione che si debba operare una correzione di linea, con l'apertura ai piccoli produttori intransigenti puri e duri e un rifacimento d'immagine complessiva dell'agroalimentare valtellinese. Con una convivenza che si basi su una onesta distinzione tra ciò che è autenticamente tradizionale e ciò che è dignitosamente industriale. Nel rispetto reciproco. È una operazione che richiede la rimozione di Del Nero - nemico acerrimo dei "ribelli del Bitto" - dalla cabina di regia dell'agroalimentare provinciale. Un nemico, oltretutto, che è della categoria peggiore, quella dei ribaltonisti. Vale la pena ricordare che Patrizio Del Nero è passato dal ruolo di sostenitore entusiasta dei ribelli (e del Presidio Slow Food che li ha tutelati) a loro detrattore (sotto una foto "storica" che ritrae Del Nero - a destra - con Paolo Ciapparelli, il leader dei produttori ribelli).

 

 

Pesano gli smacchi già subiti da Del Nero

 

Se l'operazione di siluramento di Del Nero andrà in porto è anche perché il nostro è stato indebolito da alcuni altri smacchi che si sommano a quello della Mostra del Bitto allo sfacelo. Una delle decantate realizzazioni promosse da Del Nero nella sua Albaredo (dove mantiene le cariche di assessore comunale al bilancio e di presidente della Albaredo promotion) è la Fly emotion. Un "emozionificio" che sfrutta mode turistiche effimere: la montagna parco-giochi, la montagna da bere.

 

 

La Fly emotion è una società, partecipata dagli enti pubblici, che ha realizzato e gestisce un impianto a fune che consente il "volo" - andata e ritorno - da Albaredo al vicino comune di Bema (quello dell'ex-presidente della Comunità montana, Passamonti, finito in galera per la tangentopoli morbegnese). Nelle ultime settimane è emerso che la società specializzata trentina (Wind) che ha realizzato materialmente l'impianto luna-park non ha ancora ricevuto un soldo. Sono volate accuse reciproche tra la Fly emotion e la Wind e la cosa finirà in tribunale. Dal momento che ci sono di mezzo delle amministrazioni pubbliche la faccenda rischia di avere conseguenze politiche.

Non era stato senza conseguenze per Del Nero neppure l'affaire del Parco eolico. Il Parco, bocciato sonoramete dai bergamaschi, ma anche dalla provincia di Sondrio quando Del Nero era presidente del consiglio provinciale. L'opera era caldeggiata ardentemente dai comuni di Albaredo e di Bema (sempre gli stessi) tanto che Del Nero si è recato a perorare la causa sino al consiglio dei ministri a Roma (dove finiscono i contenziosi tra ammistrazioni pubbliche).

 

 

Alla maggior parte dei consiglieri provinciali, compresi quelli del Pdl che è in maggioranza con la Lega, non è andato giù che un rappresentante della provincia abbia sostenuto con foga - in rappresentanza del suo comune - una causa in contrapposizione alla provincia stessa. Così il nostro è stato sfiduciato e ha perso la prima cadrega. Con la doppia cadrega in consiglio e da "manager" Del Nero era in una botte di ferro. Ora gli rimane solo la cadrega di "manager" (per quanto può essere manager un politico di professione tanto navigato da aver fatto in tempo ad essere segretario provinciale del vecchio PCI). Ma traballa anche quella. E se cade in disgrazia corre il rischio che qualcuno si metta ad analizzare la lunga sequela di opere pubbliche realizzate ad Albaredo con larga dovizia di mezzi e a cercare di capire come i finanziamenti ricevuti per la tutela e valorizzazione della Via Priùla (la storica via del XVI secolo tra Bergamo e Morbegno) siano coerenti non solo con il Parco eolico che avrebbe deturpato il Passo di San Marco da dove transita il tracciato, ma anche con le condizioni spesso pietose del tracciato stesso in comune di Albaredo (come documentato da un nostro precedente servizio su Ruralpini).

 

 

 

 

 

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