(10.03.12) La giunta della Camera di Commercio con il consenso delle categorie voleva dare il benservito al manager-politico del Distretto agroalimentare. Ma poi chi ha tirato il sasso ha ritirato la mano
Del Nero salva la testa
la Valtellina perde la faccia
di Michele Corti
Giovedì sera doveva essere una specie di 25 luglio 1943 per Patrizio Del Nero. Invece questa volta la congiura è fallita. Forse perché il Re (della bresaola) comm. Rigamonti, a differenza del Savoia non ha tolto la fiducia al suo Duce, ops, Direttore. Una storia da cui i rappresentanti delle categorie economiche della provincia di Sondrio non escono certo bene
La cronaca ha dell'incredibile. Le stesse organizzazioni di categoria che in Giunta di Camera di Commercio si pronunciano per la rimozione di Patrizio Del nero da direttore del distretto agroalimentare poi in Consiglio di amministrazione gli votano a favore. Ma allora chi rappresenta cosa? Vediamo di capirci qualcosa di una vicenda dove di certo Del Nero conserva la testa ma la Valtellina, quantomeno le associazioni di categoria , ci perde la faccia.
Il Consiglio di amministrazione
Il dsitretto agroalimentare di Qualità della Valtellina
Intrecci di interessi
In Valtellina è difficile dire cosa rappresenti un personaggio perché c'è un forte intreccio tra imprese, consorzi, enti economici. Quasi tutti gli attori dello psicodramma della mancata decapitazione di Del Nero rivestono più ruoli, hanno più casacche. Non è difficile capire che i rappresentanti delle organizzazioni di categoria nel Cda del distretto agroalimentare rispondono anche agli interessi di cordate imprenditoriali e di aggregazioni subacque di interessi (oltre, ovviamente, che a quelli della propria impresa, a volte leader). Si aggiunga che la presa delle categorie sul Cda avrebbe dovuto essere rafforzata dalla influenza della Coldiretti sulle componenti agricole. Eppure quella che era una indicazione unanime del mondo economico valligiano non si è concretizzata in una svolta all'interno di un distretto agroalimentare dove pure le categorie dovrebbero avere voce in capitolo.
Rigamonti esalta l'autonomia del Distretto dalla Cciaa e dai "soci" ma dietro questa "autonomia" si potrebbe vedere altro: gli interessi particolari di chi siede nel Cda. In apparenza l'argomento usato da Rigamonti per ottenere la fedeltà del Cda al presidente e al direttore è consisito nel far presente ai consiglieri che gli atti contestati dalla Cciaa, in particolare la gestione falimentare della Mostra del Bitto (ricca di consulenze per alcuni personaggi ma povera di risultati), erano stati da loro sottoscritti. Un argomento che avrebbe potuto costringere ad uscire allo scoperto qualcuno dichiarando i motivi della sfiducia delle categorie verso Del Nero. Resta il fatto che un Cda è sovrano e che avrebbe comunque potuto sfiduciare il direttore.
Quando i politici recitano il ruolo dei manager
Il fatto è che Rigamonti e Del Nero rappresentano un duo che può utilizzare argomenti molto convincenti, capaci di far presa sui variegati interessi incarnati dai consiglieri. Il cumenda è forte dei suoi soldi, Del Nero di quelli pubbici che, nei suoi ruoli istituzionali e grazie alla sua influenza politica e capacità manovriera, è riuscito a redistribuire in gran copia. E si vede che continua a farlo.
Non è però molto edificante il quadro di un distretto diretto da un "manager" che è in realtà è un politico di professione che "viene da lontano" (dalle scuole quadri del Pci), forte di una sua influenza politica e capace di condizionare i consiglieri. Tanto da ottenere un voto di fiducia di un Cda in contrasto con gli orientamenti degli organismi di categoria che li hanno indicati come loro rappresentanti nel consiglio stesso.
Ne esce un panorama valtellinese piuttosto torbido. Che non contribuisce a migliorare l'immagine della valli (c'è anche la Valchiavenna); un panorama che racconta di giochi di potere poco trasparenti. Sullo sfondo c'è un distretto della (autoproclamata) Qualità che continua a puntare sull'immagine oleografica e sempre più "da bere" delle montagne innevate, delle mucche Bruno alpine che non esistono più (sostitute dalle mucche-macchine da latte), delle donne e pastorelle in costume. Il tutto per smerciare pizzoccheri fatti con sfarinati di grano duro canadese e un po' di pula di grano saraceno cinese (di cui si rivendica ora l'Igp) e la bresaola di carne congelata di zebù sudamericano.