(10.02.14) I lupi vanno limitati perché non si autolimitano. Estendono il loro territorio, aumentano di numero e di aggressività. Imparano come aggirare i mezzi di difesa passiva come le reti e i cani
I branchi di lupi nel pavese
scendono sino in pianura
Anche in Lombardia come in Emilia, Liguria, Piemonte (e Veneto dalla scorsa estate) i lupi hanno iniziato a rappresentare un problema. La timida apparizione negli anni '80 sul crinale appenninico ha comportato nel tempo limitate perdite di vitelli e di ovicaprini. Ma da qualche tempo è cambiato qualcosa
L'aumento dei lupi nell'oltrepo pavese è riconosciuto anche dai lupologi dell'Università di Pavia (Meriggi) che li stimano in 23 capi divisi in 5 branchi. Per i cacciatori, che denunciano un crollo di presenze di ungulati (i dati delle catture delle squadre che praticano le braccate al cinghiale sono eloquenti) sono molti di più e ancora di più sarebbero se a Pavia come in molte altre parti d'Italia non si praticasse il "controllo all'italiana", ovvero la caccia al lupo non ufficiale, del tutto illegale e sanzionabile penalmente sulla carta ma di fatto tollerata. Tollerata perché "toglie le castagne dal fuoco" alle istituzioni (Ministero, Ispra, Regioni, Provincie) che possono vantarsi davanti all'opinione pubblica animal-ambientalista di proteggere il lupo con un rigore senza pari in Europa (dove in diversi paesi la caccia è aperta e in altri - nonostante il regime di protezione internazionale - se ne contiene il numero legalmente quando i danni alla pastorizia sono ingenti).
Un'ipocrisia che, se divulgata in Europa e nel Mondo, dovrebbe coprire l'Italia di vergogna.
Fatto sta che nonostante un certo controllo da parte di cacciatori, pastori e allevatori il lupo in Italia si espande continuamente, forse più rapidamente di quanto auspicato dagli stessi fan del lupo. La pastorizia in diverse regioni è messa alle strette dalla crescita dei danni da predazione e dei costi per la difesa passiva ma ha ancora la forza di reagire. La setta del lupo forse sperava in un indebolimento più graduale, in una pastorizia che soccombeva in silenzio, nell'isolamento sociale. La punta di diamante del fronte ambiental-animalista del resto non esita a proclamare quello che vuole: l'abolizione dell'allevamento (oltre che della caccia).
Le cose, per fortuna, non vanno proprio come sperava la setta. Alle prossime Europee il capolista dei Verdi sarà Josè Bovè il leader contadino che chiede che i pastori possano difendersi con il fucile in pugno. Incalzate dai pastori le organizzazioni agricole, che pure sono talmente opportuniste da partecipare alla spartizione con i Parchi e con gli ambientalisti dei finanziamenti europei dei progetti pro lupo LIFE, in Maremma sono state costrette a lanciare una campagna "a sostegno della lotta contro i grandi predatori" dai toni forti con cartelli 6x3. Parole, si sa. Ma di fronte all'opinione pubblica un segnale importante. Ma torniamo a Pavia dove la scorsa settimana i lupi hanno colpito duro.
Rocca Susella, dove è avvenuto un grave attacco ad un gregge transumante di oltre 500 pecore, è sulle prime colline dell'Otrepo pavese, a un tiro di schoippo da Salice Terme. Mario Ricchini, pastore originario della Val Sabbia (quindi esponente della storica pastorizia transumante bergamasco-bresciana) dormiva in macchina poco al di sopra del recinto. Mario fa il pastore da 24 anni, gira su e giù per le colline oltrepadane dove è conosciuto e rispettato comportandosi da serio professionista. Quello che ha visto dopo l'attacco del 5 febbraio non l'aveva mai visto e sentito. I lupi hanno indotto le pecore prese dal terrore a sfondare la recinzione e hanno iniziato a cacciare quelle che si disperdevano.
Il recupero degli animali predati è proseguito nei giorni successivi perché non è stato facile individuarli subito. Alcuni sono stati trovati a un chilometro di distanza presso delle case. Lo stesso veterinario dell'ASl che ha redatto i certificati è dovuto tornare una seconda volta. Al giorno 8 erano 12 le carcasse recuperate e 39 quelle disperse. Fortissimi i danni per aborti, mastiti (le pecore che hanno perso l'agnello nel trambusto non hanno potuto essere munte che dopo non poco tempo), agnelli rimasti orfani e senza cibo. Il costo maggiore è consistito nel trasferimento di una parte degli animali superstiti in una cascina dove devono essere alimentati con fieno acquistato ad hoc. Un cumulo di costi che è stato contenuto solo grazie al volontariato. Al'aiuto delle persone che hanno aiutato Mario a cercare gli animali vivi e morti.
Sulle responsabilità del masacro non ci sono dubbi. Questa volta non è possibile tirare in ballo i soliti "cani vaganti". Le orme lasciate dai lupi sono ben chiare e anche le modalità di consumo delle carcasse e le lesioni alla gola recano la firma del lupo. Allora la Dott.ssa Brangi, dirigente del Settore faunistico della Provincia di Pavia cosa fa? Rilascia dichiarazioni in cui si attribuisce la responsabilità dell'episodio di predazione ad una "famigliola": una coppia con un cucciolo. Il pastore, a sentire queste dichiarazioni, ha replicato: "Dalle carcasse recuperate mancano 2 q.li di carne, non si dica che due lupi adulti e un lupacchiotto si sbafano 200 kg di carne!".
I cacciatori della zona lamentano come "tutto intorno all'area dell'assalto vi sono ossa di cinghiali e di caprioli ma di ungulati non c'è più l'ombra: quelli che non sono stati sbranati sono fuggiti altrove" e danno manforte al pastore che rigetta le solite versioni do comodo della Brangi sempre preoccupata di difendere il lupo. Anche in altre occasioni non fa che ripetere che sono "lupi di passaggio", che "vengono giù dal crinale e poi risalgono". A parteche il crinale appenninico è a 60 km (una distanza che anche i lupi non coprono in una nottata) la rarefazione degli ungulati testimonia che il branco (o i branchi) sono quantomeno semistanziali. In più i cacciatori hanno inziato ad avvistare lupi anche in pianura e, come in tante altre parti d'Italia, a riferire anche che i capi avvistati sono di taglia notevole e, a volte di colore nero.
Il grosso lupo nero "tipo canadese" avvelenato a Imola 4 anni fa. Allora il responsabile del progetto monitoraggio lupo. Dr. Errani dichiarà che era un "raro lupo nero". Nessuno si domandò se fosse un ibrido e da dove venisse. Nessuno parlò di analisi del DNE né tanto meno dei risultati. Circostanze sconcertanti visto che poi con IbriWolf quasi improvvisamente la setta del lupo ha iniziato a puntare sulla strategia del "diamo la colpa agli ibridi" sostenendo che la presenza di esemplari neri è un indice di ibridazione. La presenza di "lupi neri" sull'Apennino sttentrionale ma anche centrale e meridionale e sulle Alpi è segnalata sia da cacciatori, pastori e allevatori che dai lupofili, particolarmente attratti dall'aspetto "così misterioso e terrificante" dei lupi neri (basta vedere quanti tra i fanatici del lupo adottano avatar del lupo nero).
I lupi che hanno attaccato a Rocca Susella hanno lasciato chiare impronte di sui sono stati fatti calchi e misurazioni. Sarà possibile stimarne anche la stazza. Altro che lupetti appenninici old fashion di 30 kg! Qui si tratta di "fustacchioni" e i sospetti di immissioni, ibridazioni, strane operazioni, si infittiscono.
Fortuna che questa volta la Brangi non abbia ripetuto il solito mantra: "Il lupo ha paura dell'uomo". Però altro che famigliola felica! Il pastore (e i cacciatori) sono convinti che autore della strage di Rocca Susella sia il branco di sette lupi che ha già colpito duramente a Montanto pavese (località non in cima all'Appennino ma tra amene colline coperte di vigneti). Al partore non è comunque piaciuto che la Brangi abbia fatto scendere dalla macchina della provincia il suo cane austrialiano lasciando ovviamente impronte sulla £scena del delitto". Atteggiamenti di scarso rispetto per un cittadino che paga le tasse, che ha subito danni ingenti che solo in parte gli verranno risarciti e mantiene con le tasse che paga anche dei "pubblici servitori" che, a volte, non parrebbero attenersi al necessario spirito di terzietà di un rappresentante della pubblica amministrazione.