(10.11.14) Firmato oggi un accordo che stabilsce i termini della collaborazione tra i due Consorzi. Riconosciuta la specificità del Bitto storico e il suo ruolo di avamposto della tradizione e della qualità. La convivenza di due metodi e due modelli
E' pace del Bitto
di Michele Corti
Con l'accordo siglato oggi a Gerola alta presso il Centro del Bitto tra il Conzorzio per la salvaguardia del Bitto storico, Gerola e il Consorzio di Tutela formaggi Valtellina Casera e Bitto si pone termine ad un conflitto che data al 1994
Sono trascorsi vent'anni da quando era iniziata la contestazione dei produttori dell'area storica del Bitto (Valli del Bitto) nei confronti di una Dop che allargava la produzione a tutta la provincia di Sondrio. Una contestazione che divenne più aspra con la modifica del disciplinare (con l'introduzione dei mangimi nell'alimentazione e dei fermenti selezionati)(2005), la temporanea uscita dei produttori storici dalla Dop (2006), le sanzioni comminate dal Ministero nei loro confronti (2009). In tutti questi anni a fianco dei produttori storici c'è sempre stato Slow Food ma anche tante persone (della Valgerola, della Valtellina, ma anche di fuori) che non volevano che un monumento di storia e cultura come il Bitto storico venisse cancellato. Persone che non hanno esitato a finanziare le iniziative dell'Associazione produttori Valli del Bitto (poi Consorzio Bitto storico dal 2010) e hanno costituito la Società Valli del Bitto.
Lo hanno fatto consapevoli che in caso di mancata distinzione del prodotto realizzato (con maggiore fatica) con il metodo storico il mercato non avrebbe potuto attribuire un plus e i produttori avrebbero dovuto adegursi al metodo 'modernizzato'. Ma con le istituzioni che non appoggiavano la richiesta di tenere distinti i metodi (o che l'appoggiavano troppo tiepidamente) è stato necessario non solo crare un'Associazione di produttori storici ma anche delle strutture per la valorizzazione commerciale, per gestire la stagionatura e la vendita. Solo così era possibile riconoscere ai produttori un prezzo congruo per la continuità del metodo storico. Senza tutto questo era la fine del Bitto come era stato conosciuto da secoli (quello che costituiva il capitale di reputazione cui la Dop mirava).
Privati che si sostituiscono alle istituzioni
Per fare questo la Società Valli del Bitto ha sostenuto costi molto elevati (che normalmente vengono in tutto o in parte assunti dalle istituzioni pubbliche). Essa ha realizzato il Centro del Bitto allestendo una casera di stagionatura-gioiello che è diventata un 'santuario' del buon cibo (buono in tutti i sensi), una meta internazionale del turismo enogastronomico. Che conferisce lustro alla Valtellina e alle Orobie, porta visitatori, crea beni pubblici (non ultimo il 'capitale di reputazione' del Bitto che viene così mantenuto a vantaggio di tutto il Bitto e della comunità territoriale). Un caso più unico che raro di privati che finanziano un'attività che ha un prevalente interesse pubblico, di promozione territoriale. Per parecchi anni le istituzioni hanno sperato che l'anomala esperienza dei 'ribelli del Bitto' si esaurisse di fronte alle difficoltà economiche. Ma non hanno fatto i conti con il moto di simpatia suscitato. La società oggi è più avanti delle istituzioni (un aforisma che sta diventando senso comune).
Per il Bitto storico si sono mossi, senza contropartita economica, televisioni straniere e nazionali (con la partecipazione del Bitto storico a una serie di programmi, dalla Prova del cuoco a Striscia la notizia), hanno scritto critici gastronomici (a partire da Veronelli) e tutta una cerchia di volontari, di appassionati , di fan ha dato il proprio contributo secondo le competenze.
E' poi scattata la 'moda' delle forme dedicate, mantenute esposte nel Centro del Bitto, ed acquistate anticipatamente. Il 'mercato' tanto spesso invocato ha premiato il Bitto storico che non ha problemi di vendita a prezzi che non sono paragonabili a qualsiasi altro formaggio.
Le basi dell'accordo c'erano già
Di fronte alla constatazione che il Bitto storico non solo era in grado di resistere ma si rafforzava (costituendo un problema crescente per chi si rifiutava di legittimarlo) e in vista della scadenza dell'Expo - dove il Bitto storico si è già prenotato un posto di rilievo, grazie a Slow Food - ha prevalso nelle istituzioni il senso di responsabilità (meglio tardi che mai). Ma anche la considerazione che il Bitto storico poteva essere una risorsa ancora più preziosa all'interno di un quadro di collaborazione.
E sono partite delle trattative. Che si sono rivelate meno difficili di quanto una storia di vent'anni di schermaglie avrebbe potuto lasciare supporre. Perché? Perché il terreno d'intesa, se si fosse voluto ricercarlo, era già a portata di mano. Il Bitto storico ha sempre sostenuto di rappresentare un modello ma senza la pretesa di considerarlo infallibile e tanto meno di applicarlo a tutti. Una volta che le istituzioni hanno compreso che il riconoscimento della specificità del Bitto storico, all'interno del 'sistema Bitto Dop', non era più una bestemmia non è stato difficile certificare con un accordo quello che avveniva già nella realtà: il Bitto storico (di quelli già qualificati 'trogloditi') trascina con la sua immagine di prodotto eroico, senza compromessi, rispettoso al massimo del pascolo e delle tradizioni, anche quello prodotto in quantità maggiori, con un metodo 'facilitato' (ammissibile quando si opera in aree non storiche dove non c'è una tradizione da tutelare).
Che esista un Bitto anche in tutti gli altri alpeggi della Valtellina (e della Valchiavenna) a questo punto viene pacificamente accettato dai produttori storici che hanno ormai ottenuto un riconoscimento della specificità del loro Bitto dal mercato, da autorevoli esperti e ora... anche dalle istituzioni. Del resto, come ha ribadito anche oggi Ciapparelli, bastava prendere esempio dai cugini francesi. Per anni in Italia (con qualche eccezione, specie nel settore enologico) la 'compattezza' di un prodotto e di un territorio si è misurata sulla negazione delle differenze. In Francia, dove le denominazioni di origine risalgono al XIX secolo, i grandi vini prestigiosi hanno adattato le Doc a sistemi di classificazione che valorizzano le eccellenze sancite dalla storia, corrispondenti ad aree limitate ed elevatissimi livelli qualitativi. Esse, però, trascinano a cascata aree produttive più vaste. Le decine di migliaia di bottiglie trascinano i milioni. Il modello Bitto (su scala ridotta) può funzionare nello stesso modo con vantaggio reciproco. Ma in Italia, si sa, si è portati a pestarsi i piedi e un modello così stenta ad affermarsi. Male perché: " o così o pomì". La globalizzazione (che offre anche tante opportunità) non lascia scampo alle logiche meschine.
Una compresenza 'globale' di due modelli alimentari
In realtà se si è arrivati all'accordo è perché, rispetto a venti anni, fa il mondo è cambiato. Vent'anni fa si parlava solo di standardizzazione, entrata nella Gdo, economie di scala. Chi avesse osato parlare di prodotti alimentari come beni pubblici, come beni culturali era considerato matto.
Il problema di due modelli di agricoltura non c'è solo in Valtellina o in Lombardia ma in tutto il mondo. Il modello industriale convive/compete con un modello di agricoltura che si fa carico di tutelare e riprodurre valori che non sono solo economici, ma sociali, ambientali, culturali. Fortunatamente il global food system (tutto cimica, Ogm, multinazionali) non ha la forza (per le sue contraddizioni interne) per imporre un 'regime unico'. Se l'avesse distruggerebbe il mondo.
Ci sono spazi perché si affermi un altro sistema. A maggior ragione ciò vale dove le realtà territoriali sono vocate per sistemi che valorizzano risorse e patrimoni locali (il che ha molto a che fare con la montagna e un paese ricchissimo di diversità agroalimentari come l'Italia). Il valore di un sistema 'alternativo' è legato anche al fatto che oggi le 'nicchie' possono mettersi in rete e consolidarsi in realtà di dimensione più ampia senza perdere la loro anima, la loro specificità.
La 'nicchia' Bitto storico, oggi passa dalla fase di 'resistenza' ad una fase nuova in cui si troverà ad interagire all'interno di un sistema più ampio insieme ad altre 'nicchie' anche per modificare dall'interno il modello complessivo. Riconoscimenti al ruolo che uno/più prodotti di prestigio possono avere in una strategia di promozione territoriale e turistica sono venuti anche dall'assessore regionale Fava presente alla conferenza stampa di presentazione dell'accordo. L'Expo può essere di stimolo anche se si deve guardare anche oltre. Ora si tratterà di mettere in pratica i principi sanciti nell'accorso. La cornice c'è, il quadro va riempito. Per tutti è una sfida importante.
ACCORDO TRA
Il Consorzio per la Tutela dei formaggi Valtellina Casera e Bitto e il Consorzio Salvaguardia Bitto storico, definiti nel prosieguo congiuntamente anche come “le parti”,
con l’intervento e la condivisione della Camera di Commercio di Sondrio.
PREMESSO CHE
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l’attività zootecnica e la conseguente produzione di latte e formaggi, oltre alla loro funzione primaria volta ad assicurare alimenti di qualità segnatamente per la loro collocazione montana, svolgono un ruolo essenziale nello sviluppo economico della provincia di Sondrio, anche per il valore aggiunto trasferito ad altri settori in relazione al mantenimento e presidio del territorio e alla valorizzazione del comparto turistico; tale attività si esprime in modelli aziendali diversi e articolati (aziende zootecniche di piccole e medie dimensioni che trasformano direttamente il latte nei caseifici aziendali, aziende medio-grandi specializzate nella produzione di latte, aziende stanziali e aziende che praticano l’alpeggio, etc.), che hanno assicurato continuità e sostenibilità al tessuto agricolo provinciale;
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l’alpeggio continua a caratterizzare la realtà zootecnica provinciale e ha sempre più un ruolo centrale, non solo economico ma anche di salvaguardia delle risorse naturali, di conservazione e riproduzione del patrimonio culturale e storico del territorio, di produzione di latte e formaggi dai caratteri organolettici unici, vista l'estrema varietà delle erbe nella successione di pascoli, quote e stagioni;
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lo sviluppo delle DOP Bitto e Valtellina Casera si è dimostrato un valido strumento per la tutela e lo sviluppo delle produzioni casearie del territorio, contribuendo a valorizzare tutta la filiera provinciale;
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il metodo tradizionale di conduzione dell’alpeggio adottato dai produttori aderenti al Consorzio Salvaguardia Bitto storico rappresenta un patrimonio della zootecnia valtellinese che va assolutamente conservato, diffuso e valorizzato;
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tale sistema di agricoltura può e deve essere integrato nel patrimonio della DOP a supporto di tutti i produttori di Bitto;
CONSIDERANDO
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la necessità di instaurare, in via generale per le diverse filiere produttive del comparto agroalimentare della provincia di Sondrio, una nuova e proficua relazione fra produttori di piccola scala e produttori su scala più ampia, accomunati da elevati standard di qualità e tipicità, attestati da denominazioni di origine comunitarie;
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il valore dell’accordo fra il Consorzio per la Tutela dei formaggi Valtellina Casera e Bitto e il Consorzio Salvaguardia Bitto storico, quale modello da indicare alle altre produzioni a marchio presenti sul territorio provinciale, anch’esse caratterizzate dalla coesistenza di modelli aziendali tra lo diversi;
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l’importanza di presentarsi ad Expo Milano 2015 in maniera coesa per promuovere insieme e con più forza il territorio valtellinese, le sue eccellenze e le sue filiere di qualità;
SI DEFINISCE QUANTO SEGUE
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Riconoscimento delle peculiarità della produzione del Bitto storico del Presidio Slow Food e dell’attività di valorizzazione e promozione realizzata dal Consorzio Salvaguardia Bitto storico e volta al mantenimento delle tradizionali pratiche d’alpeggio adottate nelle Valli di Albaredo e Gerola e alla valorizzazione delle piccole produzioni e del territorio da cui hanno origine;
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Disciplinare di produzione della DOP Bitto ai sensi del Reg. (CEE) n. 1263 del 01.07.1996 e del successivo Reg. (CE) n. 1138 del 25.11.2009: nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale afferente alle produzioni DOP, il Consorzio Salvaguardia Bitto storico si impegna a promuovere la completa adesione dei propri associati al sistema di controllo e certificazione della DOP Bitto a partire dalla stagione produttiva 2015, presentando idonea richiesta all’organismo di controllo autorizzato entro il 31 maggio 2015;
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Promozione dell’intera produzione di Bitto DOP: le parti si impegnano a collaborare per promuovere l’intera produzione di Bitto, riconoscendo la specificità della produzione ottenuta, nel rispetto dell’articolo 4, lettera c, del vigente Disciplinare, adottando il metodo ancor più restrittivo del Presidio Slow Food. Le parti si impegnano altresì a non intraprendere azioni che possano ingenerare discriminazioni o determinare potenziale danno all’immagine della DOP, alla reputazione delle produzioni e del territorio di origine. A tali fini, la politica di promozione e tutela della produzione deve essere condivisa fra le parti del presente accordo e le azioni promosse anche disgiuntamente dalle parti devono integrarsi e rinforzarsi reciprocamente. Il Bitto storico del Presidio Slow Food viene individuato come il prodotto di traino dell’intera produzione di Bitto e, più in generale, del comparto lattiero caseario provinciale. La Camera di Commercio valuterà per conseguenza l’assegnazione di risorse economiche per contribuire a specifiche azioni di comunicazione e promozione concordate tra le parti;
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Valorizzazione del Centro del Bitto storico di Gerola Alta: le parti si impegnano a valorizzare il Centro nell’ambito delle proprie iniziative promozionali, divulgative e formative, nell’ambito di programmi concordati finalizzati alla valorizzazione integrata delle produzioni agroalimentari e artigianali e delle risorse culturali, ambientali e turistiche della Valtellina; la struttura potrà diventare così un centro privilegiato di promozione dell’intero sistema Bitto, per l’organizzazione di degustazioni, educational tour per operatori e giornalisti, tour di turismo enogastronomico, attività formative e didattiche, convegni e un patrimonio unico per lo studio e la ricerca sulla salubrità delle produzioni di latte e formaggi di alpeggio (vedi le proprietà antiossidanti grazie all'alimentazione con erbe di pascolo in quota). La Camera di commercio valuterà per conseguenza forme e modalità di sostegno alla struttura;
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La Mostra del Bitto, Salone del Gusto e Terra Madre di Torino : l’evento più rappresentativo del comparto agroalimentare provinciale e gli eventi internazionali di Torino sono l’occasione per divulgare e dare attuazione ai contenuti dell’accordo;
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Expo Milano 2015: l’Esposizione Universale rappresenta un’opportunità unica per presentare ad un pubblico più vasto il modello di integrazione promosso dalle parti tra realtà produttive diverse ma complementari e accomunate da un forte legame con il territorio di origine, la sua storia e le sue tradizioni;
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Commercializzazione del prodotto: in linea generale, gli associati al Consorzio per la Tutela dei formaggi Valtellina Casera e Bitto finalizzeranno la loro attività alla commercializzazione del Bitto DOP entro l’anno di stagionatura; l’attività degli aderenti al Consorzio Salvaguardia Bitto storico sarà prioritariamente rivolta, invece, alla commercializzazione del prodotto con stagionatura oltre l’anno.
Gerola Alta, 10 novembre 2014.
Consorzio di Tutela formaggi Valtellina Casera e Bitto
Il Presidente Vincenzo Cornaggia
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Camera di commercio I.A.A. Sondrio
Il Presidente Emanuele Bertolini
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Consorzio Salvaguardia Bitto storico
Il Presidente Paolo Ciapparelli
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