(14.07.13) A Cuneo, in 25 comuni parte un progetto culturale che promuove la valorizzazione integrata della cultura e della ruralità della montagna con il coinvolgimento della componente dlel'ospitalità e dell'agroalimentare
“Paesi e paesaggi. Bel Andè/bel anar”:
progetto di salvaguardia di architettura e
cultura montane
Cuneo“Bel Andè/bel anar” è il progetto di salvaguardia dell’architettura e della cultura di colline e montagne della Granda che sarà presentato in Provincia (Corso Nizza) a Cuneo martedì 16 luglio alle 10,30 (Sala Giolitti). Alla presentazione parteciperanno l’assessore provinciale alla Cultura Licia Viscusi, rappresentanti della Fondazione Crc e delle associazioni partners Escolo de Sancto Lucio de Coumboscuro e Associazione Alto Corsaglia e dei Comuni aderenti
di Michele Corti
Il progetto, finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, coinvolge 25 Comuni cuneesi di un’ampia fascia territoriale che va dalle vallate montane all’Alta Langa, passando attraverso il Monregalese. In ciascun di essi è stata individuata una borgata in cui permangono testimonianze del paesaggio architettonico tradizionale, quali edifici di proprietà ed uso pubblico e privato, in parte già oggetto di recupero e di valorizzazione. Fin qui nulla di particolarmente innovativo anche se l'aver messo insieme 25 comuni rappresenta un risultato importante, sonsiderata a difficoltà delle comunità locali e degli stessi amministratori ad accettare e a praticare la logica di rete. Quello che segna una discontinuità e accende una speranza per le Terre Alte (e la conservazione dinamica della cultura ruralpina) è però l'aver individuato i giovani le microimprese giovanili quale soggetto in grado di dare gambe e continuità al progetto. Le borse di lavoro per sviluppare servizi di accoglienza e di fruizione turistica dei beni assorbiranno buona parte delle risorse del progetto.
Tante azioni e progetti che si complementano
Questo è in parte possibile perché il progetto, a differenza di tanti altri, si integra con altre iniziative già realizzate, in corso di realizzazione e in fase di proposta.
Ci riferiamo ad azioni relative alla qualificazione della rete sentieristica e ad attività formative ma anche al tassello fondamentale rappresentato dai beni che materiali - esempi di architettura rurale - che fungono da elementi di strutturazione della rete sono già oggetto non solo di descrizione ma anche di interventi di recupero ad opera dei comuni (che e sono spesso i proprietari). Non si tratta di preservare delle icone architettoniche del mondo ruralpino che fu ma di operare azioni di rivitalizzazione dell'insieme delle relazioni che si intrecciavano intorno al bene, in forme in parte nuove in parte in continuità con il passato. Un mulino può tornare ad essere funzionante, ad essere museo vivente di sé stesso come sta accadendo in varie parti d'Italia e d'Europa. Intorno ad un mulino può rinascere una piccola filiera locale. Basta poco per consentire di coltivare ancora la terra. Basta che qualcuno trasformi in loco, che metta in vendita o che ... cucini e offra agli ospiti. A volte presi dall'ansia del contenimento delle spese ristoratori e albergatori non ragionano sull'incidenza della tal materia prima sul costo del piatto. Confrontano il prezzo al kg e rincunciano ad usare la materia prima locale che magari gli aumenta il costo di 50 cent. Ma gli consente di "vendere" non solo un piatto, ma un'atmosfera, un territorio, una cultura consentendo al consumatore di provare il piacere di un'esperienza gastronomica non massificata che lo ripaga del viaggio. Tutto ciò ha efficacia quando è fatto in rete, si autosostiene. Se qualche operatore isolato crede nella rete non serve. Il turista quando entra in un percorso culturale e gastronomico deve percepire la fisicità di questa immersione in una realtà che non dimentica mai di annunciarsi di farsi cogliere come continua, connessa, coerente sia pure articolata.
Non solo marchio
Un marchio condiviso, in cui tanti operatori si riconoscono quale cosa propria, è un elemento di costruzione del percorso che non è solo un itinerario ma un insieme di aziendie, di esperienze umane, di emergenze paesaggistiche (e un mix emozionante di tutto ciò).
Il marchio che renderà visibile al turista la realtà unitaria e variegata dei percorsi e delle comunità afferenti al progetto è "Paesi e paesaggi". Ma il marchio non sarà solo un'insegna, un logo, un richiamo (necessari) ma anche un pegno di garanzia di un impegno reciproco tra soggetti della rete rurale. Attraverso le convenzioni con gli operatori turistici (strutture ricettive, tour operator convenzionati alla rete), rivendite alimentari e le strutture turistiche che useranno il marchio si intende incentivare il cofinanziamento delle azioni di rete. Ciò avverrà attraverso il riconoscimento di una percentuale del ricavato legato alla vendita dei prodotti (turisti e alimentari) da destinare alla alla promozione degli itinerari “Paesi e paesaggi”I fondi contribuiranno a portare avanti le attività e a garantire la creazione di posti di lavoro duraturi nel settore turistico e culturale nel territorio considerato. Operazione coraggiosa.
Il ruolo del volontariato e della partecipazione
Intorno a quei beni, individuati come punti di riferimento degli itinerario di turismo rurale (manufatti e intere borgate), si prevede la messa in rete di tutte le risorse presenti: attività e produzioni tipiche della società rurale, ricchezze naturalistiche ed ecomusei, testimonianza dell’arte e del lavoro, musei e beni etnografici. Elemento qualificante (ma anche condizione necessaria per la riuscita di progetti di questo tipo) è l' ampio coinvolgimento della comunità locale, che è parte integrante dei valori e delle tradizioni culturali che si intende promuovere. Il volontariato, espressione di forze vive della società locale decise a mantenere e ripristinare un tessuto di relazioni che si apre all'esterno, ossia verso altre comunità in parallelo ma anche verso i visitatori. Da vedere non solo come consumatori e clienti ma anche come coloro che desiderano vivere in modo possibilmente non effimero e commodificato (anzi, partecipato) una rivitalizzata realtà di colline e montagne, di Terre Alte che non si sentono affatto "marginali" ma che, anzi, sono consapevoli che dalla grave crisi sociale e istituzionale si esce tornando a fare "da noi", contando sull'auto-organizzazione, sullo sviluppo endogeno, sulla'autonomia perduta in secoli di una modernità che ora perde colpi e prepara sciagure. Con la presunzione di essere anche capaci di fornire modelli alle "Terre Basse" e alle aree metropolitane.
Modelli opposti a quelli del colonialismo energetico, turistico e "naturalistico"
Ecco allora che progetti come questo, che puntano alla implementazione del capitale sociale e territoriale, alla mobilitazione di risorse umane, ai lasciti e ai sedimenti della civiltà rurale e alpina, appaiono agli antipodi di quelli che si vorrebbe imporre alla montagna. Alle sirene del "petrolio verde" che alla montagna lascerebbero impatti negativi e 30 denari per esportare altrove l'energia prodotta continuando a farla pagare salata alle imprese locali, alle sirene derlla trasformazione delle valli alpine in una grande Yellowstone. In questo modello i lasciti immateriali e materiali della civiltà ruralpina sarebbero imbalsamati degradandoli a folklore subalterno. Nella prospettiva di iniziative a rete, autocentrate, stimolatrici di sviluppo endogeno e del rilancio di un'economia identitaria c'è la prospettiva di una rinascita epocale della montagna. Ottenuta più grazie alle risorse umane e sociali che attraverso le sempre pià scarse risorse degli apparati della spesa pubblica. E non c'è come il dover staccarsi da una tetta proscigata che stimola all'autonomia.