(24.02.12) Mentre la giunta regionale annuncia nuove misure incentivanti il consiglio provinciale di Cremona vota un ogd anti biogas e si prepara un incontro del coordinamento dei comitati a Cavegnago (BG)
500 centrali biogas in Lombardia
(se non si mette un freno)
di Michele Corti
Mentre altrove (vedi vicino Piemonte) si stanno mettendo dei paletti alla proliferazione delle centrali della biospeculazione in Lombardia la corsa alle autorizzazioni pare senza freni. Però Comitati, Slow Food, parte del mondo agricolo e persino alcune provincie stanno organizzando il fronte della moratoria
In questi giorni il presidente Formigoni ha presentato le ‘Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione’. Un pacchetto di norme in cui è stato introdotto un programma energetico regionale che prevede, per la Lombardia, l’aumento al 50 per cento della quota di energia da fonti rinnovabili da raggiungere entro il 2020. Inoltre contiene misure per semplificare e favorire la produzione energetica da fonti rinnovabili, così come facilitazioni per la diffusione degli impianti a biomassa”. Ma in Lombardia vi sono già 250 centrali a biogas e con le richieste in arrivo potrebbero diventare 500. Una proliferazione che crea tensioni crescenti sul mercato degli affitti dei terreni perché le centrali, per essere un minimo efficienti in termini di produzione di energia elettrica, devono ricorrere a biomasse "vergini", a mais sottratto a vacche da latte e vitelloni destinato ai digestori. Chi gestisce una centrale spesso non dispone di tutta la biomassa necessaria (fino ad oggi spesso sottovalutata)e deve prendere in affitto i terreni o stabilire contratti di approvvigionamento. Di qui una lievitazione generale ed una corsa a destinare a biomasse da digerire sempre più superfici dal momento che questa coltura speculativa rende molto di più di qualsiasi altra. Ma il danno non è solo economico, è anche ecologico.
I reflui zootecnici non sono un rifiuto
Il concetto su cui si basa la giunta regionale (che tiene conto solo delle argomentazioni dei tecnoburocrati orientati a favore dell'agroindustria e delle lobby) è semplice: siamo una regione piena di merdifici avendo puntato ad una zootecnia molto intensiva che produce più del 40% del latte bovino e dei suini italiani. Il troppo storpia e il prezioso letame è diventato una maledizione per la quale ogni sistema di eliminazione appare come una benedizione (ma è un ragionamento fallace).
Se la produzione cresce mentre le superfici agricole diminuiscono "mangiate" dal cemento e dalle agroenergie la zootecnia deve ricorrere sempre più all'importazione di soia e mais OGM secondo una linea sempre meno sostenibile perché significa crescenti input di elementi nutritivi nel sistema.
Vanno a nozze le industrie che offrono agli agricoltori oltre ai biodigestori per il biogas, ai cogeneratori, ai motori, agli alternatori, alle pompe ecc. ecc., sistemi di abbattimento dell'azoto e del fosforo (che si mangiano una buona parte dell'energia da biogas stesso). E' la logica dell'industria che prima crea un problema, poi vende la soluzione, ma questa a sua volta determina un altro problema e via di questo passo in un gioco senza fine.
Quale sostenibilità ci sia nell'impiegare energia per "liberare" azoto elementare da mandare in atmosfera è veramente un mistero se si pensa che molto di questo azoto proviene da concimi chimici sintetizzati con elevato costo energetico. EMa anche quando si usa il "digestato" con tutto il suo azoto (ammoniacale) siamo certi di fare qualcosa di "ecologico"? Nella forma ammoniacale l'azoto deve essere utilizzato molto rapidamente dalla coltura, il tempo utile è breve e nel caso di condizioni meteo avverse è facile che la distribuzione non possa avvenire al momento giusto o che le condizioni del terreno non siano ideonee. Con il risultato di perdite importanti di azoto nelle acque e in atmosfera.
Ci si dimentica che il terreno deve essere nutrito
Vi è poi da dire che se non ci fosse più concimazione ORGANICA e si usassero solo divestati il contenuto di sostanza organica dei terreni, che in alcunin casi è già basso, scenderebbe sotto limiti ritenuti indispensabili (2,5% di sostanza organica). Per l'industria tutto di guadagnato perché un terreno povero di sostanza organica richiede più concimi chimici e pesticidi. Era stato lo stesso Liebig, il padre della concimazione chimica ad accorgersi prima di morire che la sua teoria era dannosa, ma si fa finta di nulla. Per l'ecologia l'impoverimento dei terreni di sostanza organica è un danno grave (anche in termini di risparmio di acqua, erosione ecc.). Non a caso la PAC con il greening si prefigge dal 2014 di incentivare pratiche colturali che mirano ad aumentare la sostanza organica nel terreno. Da una parte si danno soldi per aumentare la sostanza organica, dall'altra incentivi al biogas che la distrugge. Ci vogliono convincere che distruggere, incenerire, mineralizzare la materia sia un affare (vedi i "termovalorizzatori). In realtà è un ben magro affare.
Ma questo è il sistema e non ci meravigliamo. L'importante è dire NO.
Lombardia: primato per centrali ma ritardo nella resistenza
Mentre Formigoni, evidentemente mal consigliato, annuncia che nel progetto di legge del governo regionale per il rilancio dell'economia vi sono misure per incentivare la corsa al biogas (che è già scatenata di per sé con una frenesia da golden rush) inizia a coagularsi anche in Lombardia la risposta dal basso. Una risposta in ritardo rispetto alla vicina Emilia dove il movimento anti-centrali ha assunto negli ultimi mesi una notevole dimensione, tanto da porsi come punto di riferimento di un movimento su scala nazionale, una risposta sinora più debole (anche se diverse centrali sono state stoppate) di quella registrata in Veneto e in Piemonte dove sono sorti anche dei coordinamenti di comitati.
In Piemonte dove il governo regionale è dello stesso colore politico della Lombardia (a controprova che su questo tema le divisioni politiche tradizionali non c'entrano) sono stete emanate nelle ultime settimane delle buone Linee guida per l'insediamento delle centrali che recepiscono molte indicazioni del movimento contro la loro proliferazione. In particolare in punto di rispetto di beni paesaggistici, storici e culturali, di piani di qualità dell'aria, di aree vulnerabili per la eccessiva presenza di allevamenti zootecnici intensivi. Con le sue linee guida la Regione Piemonte, consapevole del valore strategico di una agricoltura di qualità (in ciò pressata non solo dai comitati ma anche dalle provincie dove si realizzano prodotti pregiati) ha escluso dalla destinazione agroenergetica tutte le superfici utilizzate per produrre prodotti DOC, DOCG, DOP, IGP, PAT. Magari si adottasse lo stesso criterio anche in Lombardia!
Domina incontrastato il paradigma della quantità e dell'agricoltura super-industrializzata "competitiva" (ma sarà vero?)
In Lombardia la tecnoburocrazia e le lobby agroindustriali sino ad oggi riescono ad imporre il vangelo della quantità, del produttivismo sfrenato. Nonostante in materia di biogas la Coldiretti (ma localmente anche altre organizzazioni professionali) abbia chiaramente manifestato il suo dissenso da una politica agroenergetica che danneggia profondamente i veri agricoltori. Quelli che si trovano a pagare affitti sempre più salati a causa delle distorsioni introdotte nel mercato dalla corsa ad accaparrarsi i terreni per produrre silomais da digerire anaerobicamente. In Lombardia ci si vanta di produrre una quota sempre crescente di latte e di carne suina consolidando il primato italiano (oltre il 40%). Ma se le produzioni vanno su la terra diminuisce e gli squilibri di un sistema agrozootecnico "spinto" si accentuano. Nel 2011 la superficie agricola lombarda è scesa par la prima volta sotto il milione di ettari in conseguenza di una cementificazione che non accenna a fermarsi nonostante la crisi. Anche nel mondo dell'agricoltura su larga scala, non tutti gradiscono la corsa al biogas che toglie altra terra alle filiere agroalimentari. A Pavia l'assessore provinciale all'ambiente, così come il suo collega vercellese, ha chiesto uno stop alle nuove autorizzazioni perché il rischio è quello di compromettere la vocazione agricola del territorio. A Cemona, dove la superficie agricola "dedicata" alle biomasse sta raggiungendo il 25% e tutte le organizzazioni agricole lamentano l'aumento di costi e le speculazioni il Consiglio provinciale ha votato il 21 febbraio un Odg per lo stop delle centrali di potenza superiore a 250kW e non strettamente connesse agli allevamenti. Lo ha fatto recependo la campagna condotta da tempo dal Slow Food cremonese che per primo aveva lanciato l'allarme sulle conseguenze di una massiccia diffusione del biogas.
Un movimento che ha una grande forza di coalizione
Per quanto importanti, però, le prese di posizione di organi istituzionali non sono sufficiente a smuovere un sistema decisionale "impallato" che denuncia tutta la sua difficoltà quando sindaci e assessori provinciali si dichiarano "impotenti" rispetto all'autorizzazione di centrali che pure "politicamente" non vorrebbero ma che sono costretti ad approvare "per rispettare la legge". Serve un movimento dal basso, una scossa che risvegli chi si è lasciato anestetizzare dalle favole sull'"energia pulita", dagli imperativi trascendentalii "lo dice Kyoto", "lo vuole l'Europa". Rispetto ad altri movimenti per l'ambiente e la salute quello contro le centrali ha due caratteristiche nuove che lo fanno innovativo e forte: la capacità di saldare i problemi dell'uso della terra, della produzione e del consumo del cibo con la tutela ambientale e della salute, la trasversalità politica. Nella prima manifestazione in territorio lombardo contro le centrali (a Felonica, MN) cittadini e agricoltori si sono trovati uniti.
L'opposizione alle centrali unisce una vasta coalizione che comprende innanzitutto chi viene minacciato nella propria serenità, sicurezza, nella propria proprietà (i valori immobiliari in prossimità delle centrali crollano perché il "mercato" non crede all'assenza di puzza e di disagi), ma comprende anche gli agricoltori, specie quelli che producono qualità e che si vedono caricare di costi supplementari mentre l'immagine del loro territorio e dei loro prodotti viene compromessa. Comprende chi ha a cuore la salute perché le centrali significano nuovi camini un una pianura padana già satura di polveri sottili e nano nonché i digestati che si vorrebbero far passare per "ammendanti" possono contenere spore di batteri patogeni, perché i decibel dei motori marini riciclati delle centrali di notte non sono per nulla "silenziosi", comprende chi ha a cuore un paesaggio già abbastanza degradato da un'agricoltura che ha trasformato la bassa in una landa desolata a monocoltura di mais, comprende come già visto gli agricoltori che non hanno implicazioni nel business e che dalla proliferazione delle agroenergie ricavano solo svantaggi, comprende tutti coloro che si rendono conto di pagare una bolletta dell'energia sempre più salata per regalare soldi agli speculatori, comprendono i cittadini che vorrebbero una politica e una amministrazione più trasparenti, meno permeabili alle lobby e agli interessi speculativi, che non accettano le posizioni pilatesche di sindaci e assessori provinciali che fingono di non avere peso nelle decisioni sull'autorizzazione delle centrali.
Parte da un piccolo comune bergamasco la riscossa lombarda contro la proliferazione biogasista e biomassista
Cavernago è un po' il simbolo lombardo dell'opposizione alle "piccole" centrali a biomasse e biogas (come Bondeno lo è per l'Emilia). Qui la centrale, insediata in mezzo alle case, (foto sotto) è ultimata e pronta a partire ma il ComitatoF9 è sinora riuscito a bloccarla. La centrale di Cavernago è sorta perché a Zanica (sempre in provincia di Bergamo) l'opposizione di cittadini e amministrazione comunale era riuscita a bloccare il progetto e la società proponente ha pensato di traslocare un po' in là. A Cavernago il comitato è agguerrito, sostenuto da legali e tecnici e questa expertise civica può costituite un nucleo di condensazione per un coordinamento di comitati. Inizialmente in zona BG-BS, poi in tutta la regione. Perché la reazione a cavernago sia stata forte ed efficace lo racconta la foto sopra che mostra la distanza della centrale dalle case.
I tempi per sviluppare una opposizione dal basso efficace che faccia breccia nelle istituzioni sono però limitati perché è in atto una corsa forsennata per presentare progetti e farli approvare entro l'estate. Per poi costruire a tempo di record le nuove centrali e accendere i motori entro il 31 dicembre in modo da lucrare la vecchia tariffa onnicomprensiva esageratamente elevata. Quindi per coordinare l'opposizione non c'è tempo da perdere. L'esperienza dei primi coordinamenti (in Emilia soprattutto) insegna che lo scambio di esperienze è cruciale per inceppare con legittime contestazioni tecniche e legali in meccanismo autorizzativo che spesso fila via liscio per la compiacenza delle istituzioni verso i progetti che spesso presentano evidenti contraddizioni.
In attesa di poter comunicare la data dell'incontro a Cavernago invitiamo tutti gli interessati (comitati costituiti o non ancora costituiti) a mettersi
in contatto con quello di Cavernago stesso (Comitato F9) www.comitatoeffenove.org