(24.07.12) Il giorno 19 si è tenuto in Valle Maira (San Damiano Macra, CN) il convegno: "Le montagne si parlano". Si parlano tra loro montagne lombarde e piemontesi ma il dialogo riguarda (nella distinzione di posizioni) anche le regioni e provincie autonome dell'arco alpino. Il cantiere è aperto ...
Le montagne si parlano
e... si organizzano
Il percorso che sta portando con gradualità a costituire un Forum delle Terre alte ha già conosciuto diverse tappe. A settembre ci saranno nuovi appuntamenti aperti a nuovi soggetti che intendono portare un contributo costruttivo alla definizione di un programma che risponda alle esigenze strategiche ma cercando di fornire anche indicazioni sulla fase convulsa che stanno vivendo gli assetti politici e amministrativi
Sommario
Le montagne si parlano e si organizzano. di Mariano Allocco
Intervento di Luciano Caveri (eurodeputato valdostano)
Intervento di Robi Ronza (moderatore incontri di Milano e Sondrio)
Documento di Valtellina nel Futuro del 13.07.2012 (l'ora della chiarezza e dell'impegno)
Le montagne si parlano e si organizzano
di Mariano Allocco
La tavola rotonda di giovedì 19 luglio “le montagne si parlano” (tutti gli
interventi sono scaricabili da http://centrogiolittidronero.it/Le_montagne_si_parlano_video.html ) è una delle
tappe di un percorso iniziato da Pradleves a maggio dell’anno scorso in un
incontro organizzato dai sindaci dei comuni di Pradleves, Monterosso Grana,
Castelmagno e Valgrana dove c’erano amministratori e gente del monte, ma anche
Confindustria Piemonte, università, associazioni di categoria ed intellettuali.
In quella occasione è stato anche
presentato dal prof. Andrea Dematteis del CERIGEFAS di Sampeyre il progetto
pilota della Val Varaita, progetto innovativo, anzi rivoluzionario, esemplare
per l’arco alpino.
Bei contributi in allora di Annibale
Salsa e Werner Batzing, anche il mondo della cultura si sta mobilitando (gli
atti sono a disposizione) e lì si era deciso di estendere alle altre regioni il
dibattito sulla “questione montana”,
innescando una bella reazione a catena che ha contagiato l’arco alpino.
Il 10 dicembre scorso al Pirellone di
Milano il seminario “la montagna di
fronte alla crisi” organizzato dai Quaderni
Valtellinesi (Dario Benetti) e Ruralpini (Michele Corti) e preparato
in un incontro precedente con Robi Ronza (giornalista e scrittore, direttore
della rivista Confronti della Regione Lombardia), Giancarlo Maculotti (sindaco
di Cerveno, Sondrio, presidente ass.ne Incontri TraMontani) e da me, in
rappresentanza del Patto per le Alpi piemontesi.
Lì abbiamo
deciso di far sentire la voce delle Alte Terre con l’obiettivo di vivere il
monte e di contribuire a pensare un avvenire possibile parlandoci in modo
trasversale alle Alte Terre tutte.
“Le montagne si parlano”, appunto!
Le montagne da un po’ di tempo si
parlano, non è né semplice ne usuale che questo capiti, l’essere montanaro
porta a un individualismo evidente, ma che da sempre si è accompagnato ad un
approccio comunitario, indispensabile per vivere il monte, una approccio che
ora dobbiamo riscoprire e mettere a denominatore comune del nostro agire.
Quella di San
Damiano è stata una riunione di lavoro, una occasione per conoscersi di
persona, perché fortunatamente ora si lavora per vie telematiche, ma è
indispensabile trovarsi di persona e guardarsi nella palla dell’occhio ogni
tanto per capire se le lunghezze d’onda del pensiero collimano.
Le AlteTerre ci stanno pensando, unendo le energie della montagna ricca, di quella povera
e di quella poverissima e cercando una collaborazione nuova con la pianura.
Ha ragione
la dott.ssa Anna Giorgi, della sezione di Edolo dell’università di Milano a
dire nel suo intervento che:
“il futuro delle aree montane deve
passare e può passare solo attraverso le teste e le mani di chi in montagna ci
vive, che deve recuperare il senso del proprio ruolo fondamentale, abbandonando
la logica assistenzialista a cui siamo stati assoggettati da politiche “urbano-
centriche”, che peraltro, stanno mostrando fragilità impensabili anche solo una
decina di anni fa. Il momento è propizio proprio per questo, dobbiamo cambiare
e le fasi di cambiamento possono favorire le proposte alternative, a patto che
siano ben pianificate, credibili, sostenibili e ben rappresentate. L’idea
di organizzare una “forza” endogena alpina è strategica davvero, siamo in pochi
in ogni singola valle, ma se uniamo tutte le valli siamo in tanti e, che
piaccia o no, “occupiamo” un territorio ricco, luogo di confine, punto di
passaggio, ricco di risorse, acqua, prodotti tradizionali, qualità della vita
ecc., ricchezze che possono rendere se ben gestite, ma è necessario che la
pianificazione sia “alpino-centrica”.
Anche le Regioni Autonome possono recitare una parte
sostanziale e l’On.le Luciano Caveri, presente come Capo della Delegazione italiana al Comitato
delle Regioni e di cui allego un contributo, nel suo intervento è stato chiaro
al riguardo.
Ora parlarsi non basta più, qui occorre organizzarsi, ci stiamo pensando, le idee ci sono e lavoreremo
a un passo organizzativo più strutturato per dare potenza alle nostre proposte,
anche se questo non è semplice.
A San
Damiano Macra si è deciso di continuare su questa strada e di organizzare in
autunno un evento a livello di arco alpino tutto per presentare le proposte
delle Alte Terre e se fino a San Damiano si poteva dire “le montagne si
parlano”, ora invece “le montagne si parlano e si organizzano”!
Non ho mai costruito una mappa dei miei spostamentiper incontri o convegni lungo tutte le Alpi. Certo è che, proprio
dell'autonomia autonomia speciale valdostana mai come oggi minacciata, ho
pensato più volte quanto sia illuminante la comparazione fra la nostra
situazione e quella delle vallate che si trovano nelle Regioni a Statuto
ordinario. Per gli scettici di casa nostra andrebbero organizzate delle belle
gite in pullman per constatare di persona le differenze e non bisognerebbe
andare troppo distante, perché basta e avanza la situazione piemontese.
Ci pensavo ieri risalendo la Val Maira in Provincia di
Cuneo, in quella parte occitana che tanto mi è cara per rapporti di amicizia
cementati dalla politica, specie quella legge di tutela delle minoranze
linguistiche storiche ma anche per le iniziative in favore di una politica per
la montagna. La mia destinazione era San Damiano Macra per un convegno sul tema
"Le montagne si parlano", inserito nel ciclo delle conferenze estive
del Centro Giolitti (lo statista torinese è nato nella vicina Dronero),
organizzato da Mariano Allocco, uno degli ideatori di una nuova associazione
"Alte Terre", che intende riflettere sul futuro delle Alpi.
Io son salito per due ragioni: portare la mia
testimonianza sulle prospettive europee della macroregione alpina e per
incontrare alcuni dei fondatori dell'associazione per capire come poter
condividere certe idee.
Il primo punto è complesso ma facilmente riassumibile,
partendo dalla fine. Oggi l'Unione europea ha avviato in due zone del proprio
territorio - il mar Baltico e il fiume Danubio - delle strategie
macroregionali. Il termine "macroregione" non ha nulla a che fare con
la bislacca idea leghista delle tre macroregioni con cui dividere l'Italia, ma
si tratta di una modalità per far cadere confini e barriere fra territori storicamente
e economicamente omogenei. Una logica europeista condivisibile che sposa il
livello regionale con quello europeo, rompendo gli schemi degli Stati
nazionali, la cui logica giacobina ha impoverito le nostre vallate, concepite
come improduttivo luogo estremo di frontiera. Noi, invece, siamo dei ponti fra
culture e facciamo parte di un sistema alpino che va dal sud della Francia alla
Slovenia con un'identità comune forte fatta di particolarismi e identità.
Sinora ci sono stati due tentativi di aggregazione: la prima risale agli anni
Novanta e si tratta della Convenzione Alpina, fallita perché nata per volontà
degli Stati e imposta alle popolazioni alpine senza discussioni e pure senza
soldi. La seconda e stata una collaborazione "tecnica" nata attorno al
fondo strutturale noto come "Spazio Alpino", che ha avuto il pregio
di dare unitarietà alle Alpi di fronte all'Unione europea, una premessa alla
strettoia macroregionale su cui lavorano ormai le Regioni alpine, ritrovatesi
più volte per far avanzare nei meandri di Bruxelles questo progetto. Faccio
notare che una sponda positiva viene dai Trattati europei e da quell'articolo
174 che, finalmente e dopo una lunga battaglia, afferma la particolarità delle
zone di montagna in Europa nel quadro della nuova politica definita
"coesione territoriale".
Si tratta di una fiammella di speranza, mentre in
Italia la logica dei tagli e delle razionalizzazioni sta colpendo al cuore quel
poco di politica della montagna che era stata costruita negli ultimi decenni
fra mille difficoltà. E, nello stesso modo, la nascita dell'associazione
"Terre Alte" mi conforta per l profondità culturale dell'idea e per i
programmi assieme realistici e ambiziosi. Come non evocare i profetici passaggi della Dichiarazione di
Chivasso del 1943 sulle popolazioni
alpine: senza forme di autogoverno e di sviluppo autocentrato la montagna
muore, "svuotata" dalla vicina pianura e dalla crisi irreversibile
dei modelli tradizionali. Un processo che potrebbe essere irreversibile se non
si lavora tutti assieme e per questo io ci sarò nelle future battaglie comuni.
Intervento per il Convegno di San Damiano Macra, 19
luglio 2012
di Robi Ronza
Egregi signori, cari amici,
molto dispiaciuto di non
poter partecipare al Convegno di quest’oggi, vi contribuisco con questo
intervento scritto, che mi auguro possa essere utile.
Il Convegno di oggi è una
tappa, cui sono certo ne seguiranno altre, di una ripresa di attenzione per le
terre alte, intese finalmente non come problema bensì come risorsa, che per
quanto ci riguarda è ebbe il suo segnale di inizio con un seminario ristretto a
inviti convocato a Milano nell’ottobre 2011. Alcuni tra gli esiti più
interessanti di tale seminario – dovuti a Damiano Allocco, Michele Corti e
Giancarlo Maculotti -- vennero poi pubblicati
sul n.3/2011 di Confronti, la
rivista di cultura politica della Regione Lombardia da me diretta. Confronti è anche integralmente
accessibile via Internet sul sito www.eupolislombardia.it. dove quindi tali interventi possono venire
agevolmente raggiunti.
Detto seminario era
preparatorio di un convegno, che ebbe poi luogo a Milano il successivo 10
dicembre, sul tema “La montagna di fronte alla crisi”, per iniziativa di ruralpini.it,
il “blog” di Michele Corti, e della rivista Quaderni
Valtellinesi diretta da Dario Benetti.
La terza tappa di questo
itinerario è stato il recente convegno “La
montagna di fronte alla crisi: dall’assistenzialismo all’autogoverno”,
svoltosi a Sondrio il 16 giugno scorso e promosso, oltre che dai già citati ruralpini.it
e Quaderni Valtellinesi, anche da
Incontri Tra-montani e da “Valtellina nel futuro”. Frutto degli incontri e
delle elaborazioni sia di questo convegno che dei simili incontri che l’avevano
preceduto sono i “Cinque punti di
Sondrio”, un documento programmatico di grande interesse e attualità che
riprendo qui di seguito:
Cinque punti per la riscoperta delle
terre alte come risorsa per se stesse e per tutto il Paese
1.
2.
3.
4.
5 .
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Con questo nuovo ciclo di riflessioni e di incontri
siamo alla terza fase di un processo (ahimè sin qui troppo lento e troppo
lungo) le cui fasi precedenti ebbero i loro punti culminanti nella Carta di
Chiasso (1943) e nella Carta di Sondrio (1986), di cui io stesso fui uno degli
estensori, poi ripresa nel 2007, a vent’anni dalla sua sigla, in un
convegno svoltosi nella medesima città
ove era stata sottoscritta.
Sin dalle origini tale processo fu l’esito
dell’intreccio di varie e diverse matrici culturali e politiche. Sovviene al
riguardo l’immagine dei “fornali”, come si dice da noi, o “combe” come se non
erro si dice invece nella Provenza alpina, con i loro ruscelli che scendono da
vari versanti e con diversi itinerari fino a convergere verso un punto da cui
il torrente procede più compatto e più forte.
Nel recente Confronti
1/2012 ho pubblicato un bello studio
sul tema “Mario Alberto Rollier: dalla Carta di Chivasso alla fondazione del
Movimento Federalista Europeo” da cui emergono tra l’altro delle interessanti
prossimità fra il Partito d’Azione, seppur nella declinazione non
anti-cristiana che da valdese gli dava Rollier, e le tesi espresse nella Carta
di Chivasso. Ebbene, per parte mia devo dire che sono lontanissimo dalla
cultura e dal progetto politico del Partito d’Azione, benché tra i suoi
iniziatori a Torino vi fosse anche il mio caro zio Carlo Ronza, l’immediato
successore (poi ignorato dalla storiografia ufficiale) di Duccio Galimberti
alla guida della Resistenza in Piemonte. E devo aggiungere che stimo i valdesi, ma non ho
alcuna nostalgia per la Riforma e sono ben lieto e soddisfatto di vivere la mia fede cristiana nella Chiesa
cattolica. Ciononostante mi ritrovo nella Carta di Chivasso. Mi sono permesso
questa digressione personale per sottolineare che convergiamo partendo da punti
d’origine e da visioni del mondo differenti. E non dobbiamo prescindere né
dall’una cosa né dall’altra.
Vengo ora ai Cinque Punti di Sondrio appena
ricordati. E’ evidente che segnano una svolta importante. Una svolta che merita
di venire ben compresa. Direi in estrema sintesi che in tale documento si stabilisce
il nuovo primato di due criteri – chiave:
1) le terre alte sono non un problema bensì una
risorsa per tutto il Paese da cui può venire un contributo molto importante
all’uscita dalla crisi generale in atto;
2) le terre
alte non chiedono più assistenza bensì la restituzione del loro diritto di
autogoverno delle risorse di cui dispongono, e che se responsabilmente gestite
bastano a garantire la loro vitalità socio-economica e quindi pure la loro
capacità non solo di frenare lo spopolamento ma anzi di attrarre nuovi
abitanti.
Con questo si
va tra l’altro anche oltre l’art. 44 comma 2 della Costituzione, ancora
legato all’idea della montagna come area svantaggiata da assistere con leggi
speciali. Tra l’altro l’esperienza conferma che lo spopolamento non si estingue
concentrando gli sforzi sull’assistenza della popolazione sempre più anziana
che ancora abita in montagna bensì rendendo
innanzitutto le terre alte attrattive per nuovi abitanti, per giovani non
necessariamente discendenti da famiglie originarie delle valli. E questo
significa investire nella produzione di energia idroelettrica a basso costo in
primo luogo per uso produttivo sul
posto; per la tutela dell’agricoltura e dell’allevamento artigiani e quindi dei
prodotti agro-alimentari di qualità a valenza identitaria; per la difesa del
pascolo e dell’alpeggio sia dal ritorno del bosco che dal ritorno del lupo e
dell’orso; per il ripristino nelle valli e nei villaggi di scuole e di attività
formative di alto livello; per lo sviluppo di reti e di altri servizi
telematici che rendano da questo punto di vista indifferente abitare e lavorare
nelle terre alte o in pianura, nei villaggi o nelle aree metropolitane.
A mio avviso questo Forum deve diventare invece un
luogo di confronto in vista della definizione di una piattaforma di grandi
traguardi (e non dei modi per raggiungerli) nonché della loro comunicazione al
Paese; poi di periodica verifica del loro grado di attuazione; infine di
eventuali aggiustamenti in itinere. Non ha senso in questa sede mettere a tema
progetti politici, ovvero discutere sull’efficacia o meno dei progetti politici
altrui.
Questo non significa beninteso svalutare il momento
dell’azione politica, che è ovviamente fondamentale. Significa soltanto dire
che non ne è questa la sede. E’ necessario parlarne, ma occorre parlarne
altrove.Per quanto mi riguarda osservo per inciso che soltanto a tali
condizioni sono disponibile ad occuparmene.
Parlando, seppur da lontano, a un incontro che ha
luogo nella Provenza alpina, non posso
concludere senza salutare e rendere onore a Sergio Arneodo, fondatore di
Coumboscuro. L’incontro con lui, con sua moglie e con la sua famiglia, inizio
di un’amicizia che dura ormai da decenni, è stato per me illuminante e
indimenticabile.
Cari saluti e buon lavoro a tutti
Robi Ronza
L’ORA DELLA CHIAREZZA E
DELL’IMPEGNO
di Valtellina nel futuro
Le azioni
sinora messe in atto per affrontare la crisi si stanno rivelando assolutamente
inefficaci. La ragione prima è che non vi è in chi governa la percezione del
delicatissimo momento che sta attraversando oggi la società. Non si tratta,
infatti, di una delle solite crisi (seppure,forse, la più drammatica) che,
fisiologicamente, accompagnano il processo di crescita capitalista. Si è di
fronte, piuttosto, al collasso di un sistemache,in quanto tale, ne mette in
discussione i principi fondanti e ne coinvolge tutte le componenti, senza
eccezioni: la finanza, l’economia, la politica, l’etica, l’ambiente,
l’immaginario collettivo.
Da una
crisi di sistema si esce solo con un cambiamento di paradigma, ma questo esige
la piena comprensione delle cause di un fallimento e, soprattutto, una visione
di futuro. Purtroppo è proprio quello che sembra mancare ai vertici
istituzionali, altrimenti, la sola spiegazione che si può dare a scelte
incongruenti,implicherebbe derive antidemocratiche e oscuri scenari
disumanizzanti.
In questo contesto, Valtellina nel futuro, proseguendo nello sforzo di dare compimento ai propri scopi statutari e riprendendo precedenti pronunciamenti e proposte, intende aprire, con questo breve comunicato,qualche squarcio di verità e trasparenza nell’ingannevole e confuso agire e dibattere nazionale e locale. Le persone hanno il diritto di sapere, per quanto possibile, la verità.
1. Rigore
e crescita non possono essere le soluzioni alla crisi. Il rigore potrebbe
essere efficace laddove andasse davvero a colpire privilegi e sprechi, ma si sa
che in questo sistema non è così. Normalmente va a scaricarsi sui più deboli e
onesti, innalzando il livello di ingiustizia ed esasperando un clima sociale
già teso a causa della disoccupazione e del venire meno delle protezioni
sociali. La crescita non è sopportabile dal pianeta, se è vero che l’impronta
ecologica dell’umanità è già ora nettamente oltre il consentito, con,
oltretutto, una popolazione in vertiginoso aumento.
2. Il
superamento della crisi sta nel passaggio ad un nuova societàsobria e solidale,
non più asservita ai dogmi consumistici e competitivi. Una società, del resto,
che scaturiràdalla sostituzione dei combustibili fossili con le energie
rinnovabili e che sancirà l’abbandono dell’armamentario di arroganza,
presunzione e dominio che ha caratterizzato l’epocafossile, introducendo ad una
nuova era in cui le relazioni tra gli uomini e con la natura saranno improntate
al rispetto e all’armonia.
3. Essendo energie diffuse, non concentrate, le rinnovabili restituiranno centralità ai territori. Le comunità locali potranno riappropriarsi dell’autonomia e responsabilità sottratteloro dai processi di concentrazione del potere e delle ricchezza determinati dal mercato globale. La partecipazione, le identità e specificità torneranno ad essere valori, come lo erano nelle società tradizionali.
4. La scelta
governativa, ratificata dal Parlamento, di imporre dall’alto in nome
dell’austerità una riforma istituzionale che aggrega Comuni e Province,
trasformando queste ultime in organismi di secondo livello, pur se condivisa
dalle forze politiche, è poco democratica e in stridente contrasto con la
visione di futuro sopra descritta. Ugualmente anacronistiche sono le difese
dello status quo. Un cambiamento di sistema comportanuovi equilibri
istituzionali che solo una rivisitazionegenerale e profonda di tutta
l’architettura, dagli enti più periferici a quelli centrali, può assicurare.
5. La
proposta della provincia alpina lombarda
avanzata da Valtellina nel futuro,
come del resto, ad un livello superiore,quella della macro-regione alpina
europea, si basa su un criterio di carattere eco-storico, oggettivo e solido.
Essa, pertanto, appare fondata e perfettamente in linea con le esigenze di
autogoverno e le assunzione di responsabilità implicite nella società delle
rinnovabili. Essenziale è che le province rimangano enti elettivi, a garanzia
della lorodemocraticità, autorevolezza ed efficacia.
6. Altrettanto
importante è la difesa delle piccole municipalità quali ambiti di identità e
democrazia, ma dentro un rinnovamento delle regole che vedano l’affrancamento
dagli schemi rappresentativi maggioranza/minoranza in favore di forme dirette e
plebiscitarie. In tal modo diviene anche possibile demercificare molti servizi
(la cui sopravvivenza è fortemente minacciata dalla crisi), riportandoli a
comunità civili rinvigorite da un nuovo spirito identitario e orgoglio di
appartenenza.
7. Condizione
imprescindibile per qualsiasi autonomia dei territori è la disponibilità di
risorse. Per la montagna, la principale risorsa è senza dubbio il patrimonio
naturale, quello idrico in particolare. Occorre, alla stregua di altri
territori alpini, rivendicare con forza la sua titolarità, denunciando il
sopruso della Regione Lombardia e il diverso trattamento riservato ad altri
territori alpini.
L’Associazione Valtellina nel futuro si
appella a tutte le istituzioni pubbliche e private del territorio affinché
attorno alla proposta della provincia
alpina lombarda e della titolarità del demanio idrico possa nascere una mobilitazione generale, premessa
indispensabile per un’interlocuzione efficace con le istituzioni superiori.
Intende inoltre lanciare l’iniziativa Montagna
Impatto Zero, una sfida culturale per la Valtellina finalizzata alla
definizione di un modello di svilupporealmente sostenibile per il proprio
territorio.
Sondrio,
13 luglio 2012
Carta della Associazione “Alte Terre”
1.’Associazione
promuove la vita dell’uomo sul
Monte in tutti i suoi aspetti
economici, sociali e culturali. Si
guarda alla storia secolare che ci
ha preceduto per ispirarsi a forme
esemplari di integrazione
ecologica tra uomo e ambiente (ad
esempio l’architettura, i pascoli
alti, gli usi comunitari, alcuni
statuti e forme di autonomia
locale, etc.), ma l’Associazione
nasce nel XXI secolo e dunque
pensa le Alte Terre come luogo per
sperimentare attività economiche
ecosostenibili e forme di
convivenza sociale solidali che
cerchino di rispondere
positivamente all’attuale crisi
del modello di sviluppo urbano.
2.L’Associazione
individua nel settore primario il
cardine della vita dell’uomo sulle
Alte Terre e conseguentemente si
adopera per sostenere e promuovere
le attività agro-silvo pastorali
ecosostenibili, condotte da
aziende agricole con sede in
territorio montano. A tal fine si
adopera per studiare e rimuovere
gli impedimenti di vario genere
che oggi ostacolano il fiorire del
settore primario in montagna,
nonché per favorire quelle
produzioni agricole ad alto valore
aggiunto (in primo luogo la
pastorizia finalizzata alla
caseificazione e alla produzione
di carne all’erba);
3.
L’Associazione
considera i giovani e le loro
famiglie i destinatari
privilegiati delle politiche
sociali destinate al Monte. Negli
ultimi decenni sono le
famiglie con figli ad aver subito
i maggiori costi della mancanza di
politiche di sostegno
all’istruzione, ai trasporti,
vedendo in molti casi persino
minacciata la loro stessa
possibilità di permanenza
nel contado d’origine, a volte
trasformandosi anch’essi in
silenziosi migranti forzati.
Politiche mirate potranno
invertire il processo e favorire
l’insediamento di “una famiglia
per ogni borgata”;
4.
Sul piano culturale l’Associazione
propone una visione dell’ambiente
alpino che tenga in conto la
presenza dell’uomo e della sua
attività, in contrasto con
l’ambientalismo conservazionista
diffuso tra quei cittadini che
cercano altrove, rispetto al luogo
in cui vivono, l’ambiente da
salvaguardare, espropriando le
persone e le comunità delle
Alte Terre del diritto
naturale ad un ruolo attivo sulla
propria terra, quasi fossero
turisti di passaggio non graditi.
La “salvaguardia della montagna”
non si può fare a danno di
chi sul Monte ci vive.;
5. Sul piano politico, nell’attuale fase storica nella quale i piccoli Comuni montani e in particolare le Comunità Montane rischiano la chiusura con la scusa della crisi economica, l’Associazione promuove e difende forme innovative di autogestione locale, guardando con favore a semplificazioni amministrative come le prospettate Unione dei Comuni, purché ciò non si traduca in espropriazione del potere municipale delle Alte Terre.