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(24.07.12) Le montagne si parlano e... si organizzano

Il giorno 19 si è tenuto in Valle Maira (San Damiano Macra, CN) il convegno: "Le montagne si parlano". Si parlano tra loro montagne lombarde e piemontesi ma il dialogo riguarda (nella distinzione di posizioni) anche le regioni e provincie autonome alpine. Il cantiere è aperto ...A settembre ci saranno nuovi appuntamenti finalizzati a definire un programma che risponda alle esigenze strategiche ma cercando di fornire anche indicazioni sulla fase convulsa che stanno vivendo gli assetti politici e amministrativi. Nella foto Giorgio Alifredi. allevatore e presidente di "Alte Terre" leggi tutto

 

(17.07.12) Cresce la rete delle Alte terre. Tappa in Val Maira (Cn)

Giovedì 29 luglio a San Damiano Macra si terrà un convegno dal titolo "Le montagne si parlano". L'evento si inserisce in una serie di incontri organizzati tra Lombardia e Piemonte per dare vita al Forum per l'autogoverno delle Terre Alte. Una rete per promuovere forme di rappresentanza e democrazia diretta. A San Damiano Macra sarà presentata anche l'associazione Alte Terre delle valli cuneesi  leggi tutto

 

(09.07.12) La montagna annullata nell'area metropolitana (torinese)

Tra le 10 provincie che dovrebbero essere soppresse vi è anche quella di Torino. Ma c'è un piccolo particolare: la provincia di Torino è prevalentemente montana, la maggior parte dei comuni sono montani. Ma la montagna non conta nulla ("hinc sunt leones lupi") e visto che è un "avanzo" della vera area metropolitana il governo vorrebbe semplicemente "annetterla" a quest'ultima. Una "soluzione" che deve fare insorgere le Terre Alte e porre il problema della loro autonomia, di nuove aggregazioni dei territori montani ("aree di massiccio"?) in uno scenario che cambia.  leggi tutto

 

(03.07.12) L'attivazione politica delle Alte Terre

Dellai, il presidente del Trentino, ha lanciato un progetto politico - palesemente strumentale e ambiguo - che ha però il merito di far leva sulle Alte Terre. Ondeggia tra Montezemolo e gli Shützen, tra Partito del Nord e "ricetta per l'Italia". Pesca nell'elettorato orfano della Lega e cerca un po' goffamente di accreditarsi come autonomista "storico" (con pellegrinaggi a Chivasso). È chiaro a tutti che l'obiettivo è quello di prepararsi un ruolo politico personale romano e di mantenere i privilegi del sistema di potere trentino.

Pur con tutto questo la novità è che le Alte Terre da oggetto, da portatrici di acqua a progetti altrui, potrebbero diventare soggetto politico (autonomo sul serio) . leggi tutto

 

(13.02.12) Le montagne si parlano

Un primo incontro a Sondrio sabato 18, un secondo a Edolo per dire che la montagna alpina lombarda si parla senza passare dalla pianura, che l'organizzazione in provincie è superata. Incontri paralleli in programma in Piemonte e poi entro la primavera un grande convegno sui temi dell'autogoverno della montagna. Con il coraggio di guardare a prospettive radicalmente nuove. Con la voglia di fare smettendo di chiedere

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(03.02.12) Montagna: crisi e recupero di autogoverno

Pubblichiamo gli interventi del Seminario di Milano del 10 dicembre su: "La Montagna di fronte alla crisi". Uno spunto per un dibattito aperto che vuole arrivare alla definizione di una "Carta per l'autogoverno della montagna" da presentare a Sondrio in un convegno da tenersi entro la primavera di quest'anno. Oltre a commentare ogni intervento online i lettori possono inviare loro contributi ai temi del dibattito aperto

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(11.12.11) Milano. Parte una iniziativa politico-culturale per le Terre alte

Si è svolto ieri presso l'Associazione consiglieri (al Pirelli) un seminario coordinato da Robi Ronza su: "La montagna di fronte alla crisi!". Partito da una proposta di Quaderni Valtellinesi (Dario Benetti) e Ruralpini (Michele Corti) il seminario era stato preparato con un incontro cui hanno partecipato anche Ronza (Confronti), Mariano Allocco (Patto per le Alpi piemontesi) e Giancarlo Maculotti (Incontri TraMontani).  Ora si avvia una fase di serrata discussione e confronto (via internet) per arrivare a un Manifesto/Carta dell'autogoverno delle Terre alte e a un convegno a Sondrio, città al centro delle Alpi. Con lo scopo dichiarato di dare espressione politica (ma non c'entrano i partiti tradizionali) a quel fiume carsico dell'autonomia e libertà alpina che prese origine con la Carta di Chivasso ('44) e proseguì con quelle di Sondrio ('86) e di Coumboscuro ('87) e, più di recente ('06), con il Patto per le Alpi piemontesi. Con l'idea di passare dalle "Carte" all'azione.  leggi tutto

 

(28.05.11) Ricominciare dalla montagna?

Il titolo del saggio di Gianfranco Miglio (1978) è quanto mai attuale. Mai come oggi la montagna è a un bivio. Può ispirare al resto della società modelli utili a ripensare la gestione dello spazio, delle risorse, comprese quelle umane o può essere cancellata come realtà sociale. E ridotta ad un 'supporto fisico' colonizzato materialmente e simbolicamente dalla civiltà megapolitana. In vista di un 'ripensamento complessivo' della realtà della montagna è utile ripercorrere le tappe della presa di consapevolezza della realtà delle Terre alte. Una di queste è rappresentata indubbiamente dal convegno di Sondrio dell'aprile 1986 (foto) nel cui ambito venne redatta la 'Carta di Sondrio' che ripubblichiamo in vista di nuove iniziative.

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(24.05.11) Meno stato più comunità nelle Terre alte

Dalle scuole parentali agli alberghi 'informali' delle 'donne di montagna', ai gruppi di consumo arrivano segnali della volontà delle terre alte alpine di voler tornare a gestirsi sulla base delle mai sopite tradizioni di gestione comunitaria. Lo stato, la burocratizzazione e istituzionalizzazione di ogni aspetto della vita economica e sociale, devono fare un passo indietro. E le terre alte diventeranno un modello vitale.leggi tutto

 

(13.02.11) La cultura urbanocentrica svuota la montagna

 Riportiamo l'articolo di Tarcisio Cima pubblicato dal "Giornale del popolo" il 21 gennaio 2011 con il titolo 'La montagna svuotata' Il Canton Ticino gode larga autonomia ed ha un territorio al 100% montano. Eppure si 'pensa' come un'area urbana e la tendenza è a dimenticare che le Alpi hanno bisogno di città ma che il  ruolo di queste ultime può rafforzarsi proprio in quanto città alpine

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(05.04.10) Dopo le elezioni la montagna deve farsi avanti

La montagna deve saper cogliere un momento potenzialmente favorevole. Alle elezioni nelle regioni alpine ordinarie è uscita rafforzata la 'periferia' (che comprende la montagna). I grandi interessi urbani hanno ovviamente la possibilità di influenzare  i governi regionaliattraverso le tecnoburocrazie e le lobby. Ma una maggiore consapevolezza da parte della montagna dei propri obiettivi e la capacità di far pesare il proprio consenso può controbilanciare i forti interessi contrari.  Oltre che con la rivendicazione di una maggiore rappresentatività politica si devono mettere alla prova i nuovi governi sulle questioni concrete: una politica di sviluppo rurale del tutto differenziata dalla pianura, una svolta nella politica forestale, un diverso indirizzo nella gestione della fauna selvatica e delle aree protette (vedi questione lupo in Piemonte), la questione dei servizi e della scuola. leggi tutto

 

(30.03.10) Se avesse vinto la Bresso

La quasi parità tra Cota e la Bresso, e l'analisi provvisoria della distribuzione territoriale del voto ci consentono di tornare su un tema che ci sta a cuore: la necessità di meccanismi correttivi atti a garantire una equa rappresentanza politica territoriale. Se, per una manciata di voti,  avesse vinto la Bresso avrebbe vinto un candidato in vantaggio solo in una parte di una provincia (su 8) e che, nei comuni montani dello stesso torinese, ha raccolto spesso tra il 20 e il 30% dei consensi. Sarebbe stata la vittoria di Torino sul Piemonte. Non è andata così ma il criterio 'una testa un voto' non è compatibile con un sistema che pure proclama di ispirarsi ad un sia pur vago federalismo e comunque alla valorizzazione delle diverse componenti territoriali costitutive di una grande regione come la Regione Piemonte

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(03.02.10) Elezioni assemblee legislative di Piemonte, Lombardia, Veneto

Si avvicina la scadenza delle elezioni regionali. Dal Piemonte è stato lanciato un Patto 'trasversale' delle Alpi Piemontesi. E' uno stimolo a redigere analoghi 'Patti' in Lombardia e Veneto e, magari, per l'insieme delle tre regioni alpine 'ordinarie' (alias montagna di serie B). Le Alpi sono molto lontane da Torino, Milano e Venezia e la distanza non tende a ridursi. Ci permettiamo di chiedere a Roberto e agli altri candidati di dare qualche segnale di un impegno a fare qualcosa per avvicinarle.    

leggi il Patto delle Alpi Piemontesi e chi lo ha sottoscritto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(25.07.12) Sabato 28 si riuniscono al Passo di San Marco associazioni e sindaci per avanzare con forza una proposta coraggiosa: unire la montagna ora fammentata in 6 provincie (domani 4) in un'unica grande provincia alpina

 

 

Occasione da non perdere

 

L'accorpamento delle provincie consente alla

montagna lombarda di aggregarsi in un

soggetto istituzionale forte

 

di Michele Corti

 

La politica non sa guardare al domani, prigioniera dell'impasse da essa stessa creata, sa solo "tagliare". Abdicata ogni residuo potere decisionale ai tecnocrati espressione degli organismi internazionali subisce la logica della ragioneria applicata alla politica. Le provincie? Abbandonata l'idea di un riassetto istituzionale le si lascia, un po' più grandi e senza elezione diretta. Si impone un minimo di tot. km2, tot. abitanti, tot comuni. Pur di far vedere che "si fa qualcosa" si procede a razzo (nel paese della lentocrazia) ad attuare il piano in due mesi. Un tempo breve, d'accordo, ma spesso le decisioni innovative emergono sotto la pressione dell'urgenza. Anche nella rigidità dei parametri governativi le Regioni potrebbero elaborare soluzioni intelligenti. Invece si sta procedendo al minimo di accorpamento lasciando in vita più provincie possibile. Come e Varese verrebbero fuse e così Lecco e Sondrio. Mantova dovrebbe "rubare" un po' di comuni a Cremona (modificando un confine ricco di storia, di fortezze, delle memorie dei mini-stati satellite gonzagheschi) che verrebbe compensata con l'annessione di Lodi. Brescia e Bergamo non sarebbero toccate.

 

Sondrio annette Lecco o viceversa?

 

A Sondrio è stata promossa una battaglia di retroguardia per la difesa della provincia raccogliendo 25 mila firme (di persone che, in buona fede, scambiano la legittima aspirazione alla rappresentanza politica e all'identità locale con la difesa di una istituzione burocratica superata). Retroguardia perché è da un anno che circola una proposta molto più innovativa e in grado di spalancare un futuro ai territori alpini: la provincia alpina lombarda.

Chi desidera la conservazione della provincia di Sondrio probabilmente spera di conservare, chiuso nel guscio, una posizione di preminenza nell'ambito sociale locale. Ma sono ragionamenti miopi (o egoistici). Di fatto quella che viene sbandierata come una vittoria con l' "annessione del Lario" è la fusione con una provincia che ha un territorio ridotto ma una grande forza economica e manifatturiera (nonostante la deindustrializzazione). Sondrio, a parte una economia dove le banche e il commercio sono ipertrofici, esprime zero consiglieri regionali, Lecco tre. Se è annessione è annessione di Sondrio da parte di Lecco. Il dato realmente significativo è che la Valtellina e la Valchiavenna sono accorpati in un ente dove la realtà pedemontana e collinare sono prevalenti. C'era una volta una provincia lombarda tutta alpina. Non c'è più. Il mezzo per conservare le valli dell'Adda e della Mera entro un organismo esclusivamente alpino ci sarebbe. Da oltre un anno le componenti più riflessive dei circoli politici e culturali valtellinesi hanno lanciato l'idea forte e innovativa della provincia alpina lombarda. A Sondrio chi occupa gli scranni dell'istituzione ha liquidato con sufficienza la proposta come irrealistica. Sta di fatto che l'idea è stata raccolta da sindaci delle valli bergamasche e della valle Camonica e c'è tutta l'intenzione di portarla avanti. Anche di andare a presentare la proposta a Formigoni. L'idea della super provincia alpina (che, una volta istituita, potrebbe in un futuro che si auspica meno grigio del presente, aspirare a veder modificato il suo status e a conquistare spazi di autonomia da Milano) si scontra con l'errata convinzione che le provincie siano delle realtà storiche "immemorabili", quasi delle istituzioni "naturali".

 

 

Le provincie sono istituzioni consustanziali allo stato burocratico

 

La storia ci dice che le provincie nascono alla fine dell' ancient règime in coincidenza con la formazione degli stati burocratici moderni. Prima dell'arrivo delle truppe francesi ma ancora in epoca austriaca. Le provincie di Varese e Como (con Lecco) nascono nel 1786. Prima erano parte del Ducato di Milano. Allora c'era solo l'embrione di quella che sarà la provincia moderna, con le sedi della burocrazia statale, con i prefetti.

L'idea di suddividere il territorio in unità senza identità storica era però già in nuce. Le provincie rappresentano la divisione "naturale" per lo stato nazionale ottocentesco e novecentesco. Sono più piccole di quelle grandi unità linguistiche e genericamente etnoculturali che possono rappresentare una minaccia per lo stato nazionale. Sono troppo grandi per far scattare quei sentimenti di profonda identità territoriale che caratterizzano ambiti sub-provinciali, ambiti che potrebbero rischiare di divenire oggetto dell'aspirazione ad un effettivo autogoverno quale si realizzava quando le comunità erano libere, si organizzavano in assemblee, nominavano funzionari, cancellieri, campari, scabini. Quando gestivano i loro beni (sui quali lo stato nazionale e i ceti capitalistici hanno voluto mettere le mani), quando di davano le proprie regole rendendo inutile la presenza di tanti rappresentanti grandi e piccoli dello stato a ficcare il naso.

 

 

Unità storiche immutabili?

 

La Valtellina (con Bormio) e la Valchiavenna costituivano un  territorio senza unità politica accomunati dal protettorato delle Leghe Grigie. In epoca napoleonica Valtellina e Valchiavenna con Bormio fecero parte inizialmente del Dipartimento dell'Adda e dell'Oglio (con la Valcamonica). Poi, nel 1801 vennero aggregati con Como, Lecco e Varese (Dipartimento del Lario). Nel 1805 il nuovo Dipartimento dell'Adda coincise con la successiva provincia di Sondrio. Nel passaggio dal protettorato grigione alla Cisalpina e dal Regno d'Italia al Regno Lombardo-Veneto la contea di Bormio e l'alta Valchiavenna chiesero a più riprese l'annessione ai Grigioni (poi alla Svizzera). L'alta Valchiavenna fu accolta ma ci pensarono le truppe francesi a riportarla a forza nella Cisalpina. Ciò tanto per sottolineare l'unità presunta dei territori in questione.

Con la Restaurazione Sondrio divenne provincia mentre Como, Varese e Lecco restarono unite come ai tempi del dominio napoleonico. Si trattava di una unità (sotto Como) che non aveva precedenti storici. Anche chi pensa che Bergamo e Brescia siano unità antichissime si sbaglia. Innanzitutto sino all'unità d'Italia le due provincie (Lombardo Venete) erano molto diverse. Era più grande Bergamo che arrivava sino al Tonale.

Ma prima della fine del '700 che significato avevano unità territoriali come quelle che in epoca veneta facevano capo a Bergamo e Brescia? Le autonomie erano fortissime e alcune valli, come quella di Scalve, potevano attribuirsi il titolo di "Repubblica". Venezia che aveva conquistato i territori lombardi garantendo che le autonomie concesse in precedenza dai Visconti non fossero alterate, tranne in alcuni casi (quello della Valcamonica "venduta" a Brescia e privata dell'autonomia è l'eccezione più clamorosa) rispettò i patti. Ne derivò un lungo periodo di pace interna. Anche nello stato di Milano le autonomie vennero mantenute almeno sino al '700 (esemplare l'Ossola che, però, nel 1740 fu presa dai Savoia).

Dal nostro punto di vista conta che la montagna dell'ancient règime fosse largamente autonoma. La modernità è stata l'epoca della riduzione dell'autonomia dei territori e, segnatamente, della montagna. Ora che la modernità è in crisi (la crisi attuale è un passaggio di civiltà di quelli che avvengono ogni qualche secolo, non una "congiuntura") il futuro riserva più autonomia, libertà, democrazia o meno? Dipende da noi.

 

Un punto di svolta nella storia della civiltà

 

Il passaggio dall'ancient règime non ha affatto ridotto i privilegi e la sperequazione nella distribuzione del potere e nelle ricchezze. Al di là delle interessate opinioni degli illuministi e dei loro successori il progresso è un assioma poco dimostrabile. Con le provincie moderne (e la perdita di potere dei comuni) vasti strati di popolazione che potevano partecipare alla vita politica locale sono stati tagliati fuori dalla partecipazione politica. Nei Dipartimenti, nelle Provincie Lombardo Venete e del Regno d'Italia la rappresentanza era limitata a pochi ricchi. Oggi anche quelle libertà democratiche (molto apparenti e formali) che sono state in seguito elargite (o ottenute secondo i punti di vista) stanno per essere rimesse in discussione. Accorpamento di comuni, aree metropolitane e provincie a elezione indiretta. Il disegno è ormai chiaro e i tecnocrati (rappresentanti degli eurocrati, dei plutomondialocrati) non perdono occasione per lanciare i loro segnali. Creare una provincia alpina lombarda può consentire di parare il colpo. Un organismo che rappresenta un territorio ampio, ma omogeneo dal punto di vista di fondamentali problemi sociali, può ben ambire a recuperare un diverso status e una ben più larga autonomia rispetto alle tisiche provincie previste dal governo dei tecnici. L'importante è creare questa unione. Il contenitore si riempirà da solo. La provincia alpina lombarda va vista come un Congresso costituente delle genti della montagna lombarda, un organismo la cui rappresentatività e legittimità può andare ben oltre quanto previsto dai grigiocrati.

 

 

La carta della macroregione

Fortunatamente, in parallelo con quanto si agita in Italia in materia di nuovi assetti istituzionali e territoriali, molte cose si stanno muovendo anche nei paesi vicini e in Europa. Così come le genti della montagna alpina lombarda possono avere un peso indipendentemente dalle regole contingenti che modellano le "nuove provincie" così può valere rispetto a Roma e Bruxelles (e Berlino) per le genti alpine a Nord e a Sud delle Alpi se hanno la lungimiranza di collaborare e di raccordarsi in un inedita forma di macroregione. Dellai (il principe-vescovo di Trento) ha un bel dire che la macroregione è una trappola per sottomettere i territori alpini a Milano e Monaco. Lo dice perché un asse Lombardia-Baviera indebolisce la forza delle autonomie speciali che sono "garantite" (fin che c'è trippa per gatti) da Roma (nel senso che Roma attinge da Lombardia e veneto per redistribuire a loro). Dentro una macroregione alpina una provincia alpina lombarda che stringe partnership solide con i cantoni svizzeri a Sud e a Nord delle Alpi assume un peso specifico formidabile giocando un ruolo di cerniere, di ponte di tessuto connettivo. È il ribaltamento della marginalità alpina. La Lombardia alpina (e la Svizzera con i territori alpini germanici) diventano il nuovo centro. Tra città peri-alpine e questo centro sarà possibile trovare un giusto coordinamento di ruoli e funzioni. In questa prospettiva, per nulla irrealistica, la Valtellina e la Valchiavenna in quando territori transfrontalieri hanno un compito importante: giocare il loro ruolo di "ponti" naturali con i cantoni svizzeri allargando a tutta la Lombardia alpina la consapevolezza dell'importanza di questo ruolo inter-alpino. Lo possono fare valorizzando la loro posizione geografica e i rapporti storici con le valli svizzere (agevolati dalla lombardofonia e multilinguismo: italiano, lombardo e tedesco delle valli del Sud dei Grigioni). Moltiplicare lo scambio di esperienze e iniziative con i partner alpini può avere anche - al di là delle implicazioni geopolitiche - conseguenze economiche e culturali positive. Ricordiamoci che con spese burocratiche inferiori alle provincie i piccoli cantoni svizzeri gestiscono competenze superiori a quelle delle Regioni (in quasi tutti i campi). E ricordiamoci che la Svizzera sarà stata governata da oligarchie (e l'Italia?) ma ha conservato qualcosa di più della memoria di quelli che oggi si chiamano pomposamente "strumenti partecipativi" e che appaiono oggi indispensabili, attraverso forme didemocrazia diretta, a sottrarci al baratro di una società povera e triste

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