(03.09.14) Da Asiago ai Balcani animali qualcuno ha portato animali pacifici per costruire la pace, ma qualcun altro ha portato dai Balcani in Trentino animali non pacifici per scatenare una guerra. Alla montagna, agli allevatori, ai pastori, alla gente semplice che fa legna, funghi, che va a caccia e a pesca, che tiene in piedi i masi. Un disegno tecnocratico per impossessarsi del territorio
La voce autorevole di Rigoni Stern
prende posizione su Life Ursus e
animalisti da salotto
La rappresentante/corrispondente in Trentino di Ruralpini, Laura Zanetti, fondatrice della Libera associazione malghesi e pastori del Lagorai, responsabile del presidio Slow Food del formaggio “Orginale malghe del Lagorai' (esempio ammirevole di intransigente resistenza casearia e contadina), sabato scorso ha intervistato l'asiaghese Gianbattista Rigoni Stern, grande esperto di malghe, responsabile di un progetto rurale a Srebrenica nella Bosnia devastata dalla guerra. Protagoniste del progetto bosniaco sono le vacche Rendene nell'ambito di quella che è stata definita la “Transumanza della Pace”. Le Rendene sono animali adatti a quella zona di montagna dei Balcani e presenti da secoli sull'Altopiano di Asiago. Gianbattista non poteva mancare per questi motivi alla festa di sabato scorso, appuntamento irrinunciabile per gli allevatori di Rendena del Trentino e del Veneto (ma da qualche anno ce ne sono anche in Lombardia).
Laura, però, non ha intervistato Gianbattista sulla Rendena, sulla Bosnia, sui formaggi di malga. C'è un'altra emergenza ora ad Asiago. Questa estate sono già 30 i capi di bestiame (principalmente bovini) sterminati dall'orso di “seconda generazione” M4. Chi ha escogitato un progetto tanto ambizioso quanto spericolato, cinico e spregiudicato di deportazione di orsi dai Balcani, il famigerato Life Ursus che ha messo a soqquadro il Trentino, e sta esportando conflitti, risentimenti, destabilizzazione anche in Veneto, Lombardia, Sud Tirolo e persino Svizzera. Vediamo cosa dice Rigoni Stern (l'intervista è apparsa oggi su L'Adige a p. 10)
Progetto Life Ursus, va
ripensato rapidamente
(parola di Rigoni Stern)
intervista a Gianbattista Rigoni Stern di Laura Zanetti
Gianbattista Rigoni
Stern: «Era chiaro che le aggressioni sarebbero avvenute E chi in
montagna ci vive e lavora adesso va difeso» «Sono da prevedere dei
prelievi, senza farsi condizionare da chi non conosce la realtà di
chi sull’alpe ci vive con molto sacrificio»
L'orso? Con attenzione,
con le giuste accortezze. Senza estremismi e cercandodi non
penalizzare, una voltadi più, le popolazioni montane. Questo il
parere di Gianbattista Rigoni Stern, figlio dell’indimenticabile
Mario Rigoni Stern e professionista che della materia in questione
tratta con assoluta cognizione di causa. Laureato in Scienze
forestali, funzionario dell’Ufficio agricoltura e foreste della
Comunità montana Spettabile Reggenza dei Sette Comuni in Asiago dal
1980 al 2008, ha seguito in modo particolare la gestione delle 77
malghe di proprietà collettiva, che occupano una superficie
pascoliva di oltre 8000ettari, dal 2005 al 2009 è stato assessore al
Patrimonio e all’Ecologia del Comune di Asiago. Dal 2009 è
ideatore e coordinatore di una iniziativa di solidarietà «Progetto
per il recupero sociale, economico, paesaggistico dell’area rurale
di Suceska ed aree limitrofi» in Comune di Srebrenica in Bosnia
Erzegovina.
In val Rendena c’è stata la prima aggressione da parte dell’orso all’uomo, la seconda in Trentino quest’anno.
«Me l’aspettavo. Prima
o poi doveva succedere. Il fatto che lupi ed orsi fossero spariti
dalle nostre Alpi per opera dell’uomo nei secoli scorsi significa
che la convivenza era difficile soprattutto con gli allevatori.»
Cosa pensa del
progetto Life Ursus?
«Dieci anni orsono,
quando ebbe inizio il progetto forse nonera stato valutato
attentamente il comportamento dell’orso. Le nostre montagne sono
unambiente molto antropizzato frequentato dal punto turistico
(escursionisti e raccoglitori di funghi), è diffuso l’allevamento
di più specie domestiche e un’agricoltura d’alpe. Ricordo che
già allora non tuttierano d’accordo sul progettoLife Ursus».
In 10 anni dalla
partenza del Life Ursus i dieci plantigradi importati in Trentino
dalla Slovenia si sono quintuplicati, spostandosi in Germania, in
Svizzera, in Lombardia e nel Veneto. Come è la situazione nelle
montagne vicentine e più in generale nella sua regione?
«I primi maschi di orso
sonoarrivati dopo un paio d’annidalla loro introduzione in Trentino
creando non pochi problemi. Ad essere penalizzati perprimi sono stati
i pastori diovocaprini i quali trascorrevano la notte a guardia del
gregge raccolto all’interno di recinti elettrici dei quali l’orso
se nefregava altamente. Poi è toccato agli apicoltori con le loro
arnie scoperchiate con grande“manualità” ed i melari masticati
come fossero fette biscottate. Infine a farne le spese sono stati gli
allevatori di asini e bovini. Fino ad oggi, l’Altopiano dei 7
Comuni ha perso tra bovini e asinini poco meno di un centinaio di
capi sbranati dall’orso, altrettanti pecore e capre».
L’assessore al
lavoro della Regione Veneto, che è vicentina, ha chiesto la cattura
dell’orso, macome la mettiamo con Zaia e Berlusconi che si sono
improvvisati animalisti?
«All’interno di qualsiasi movimento politico si trovano animalisti, protezionisti, difensori delle attività legate al mondo contadino e venatorio. Sono convinto che certi atteggiamenti siano tali perché alla ricerca di un consenso politico».
Che effetto ha la presenza dell’orso sul turismo nella montagna veneta?
«Anche nel Veneto l’orso
è visto a volte come una risorsa turistica altre volte crea disagio
e paura tra i frequentatoridella montagna soprattutto dopo gli
avvenimenti di quest’anno».
C’è un altro
problema, molto sentito nella Lessinia veneta, che è la presenza del
lupo.
«Il lupo sta arrivando
ovunque in Italia e credo che tra non molto frequenterà anche i
boschi dell’Altopiano. Anche nel caso del lupo è una questione di
gestione e di equilibrio tra le specie perciò, quando c’è la
necessità occorre prevedere dei prelievi. Tra l’altro i nostri
allevatori e le persone non sono più abituati a convivere con questi
animali e hanno dimenticato come rapportarsi. In Bosnia dove lavoro
da alcuni anni in un progetto di solidarietà tra le montagne di
Srebrenica, entrambe le specie sonopresenti. Qui gli allevatori
hanno dei cani in grado di affrontare tali animali e alla fine come
ultima risorsa rimane il fucile».
Avete mai pensato di
costringere Comuni, Provincie e Regione aprendere provvedimenti in
materia?
«No perché le normative
sono regolate dalla legge 157 e il tutto dipende dal ministero
dell’ambiente che dovrebbe essere però più veloce nell’
adottare normative e direttive in caso di orsi e altri animali,
diciamo, problematici. Come l’orso“Genè” che quest’estate
nellemalghe dell’Altopiano di Asiago ha ucciso quasi 30 capi
bovini, creando gravi danni ad alcuni malghesi».
Il problema degli
allevatori potrebbe essere risolto organizzandosi con dei carnai per
nutrire ipredatori?
«Sono contrario. Nei
paesi dell’Est come Slovenia, Croazia,Romania e Bulgaria, che
frequento da tanti anni, sono funzionali all’attività di prelievo
venatorio».
Cosa pensa di questo
movimento animalista che mette sullo stesso piano i diritti dell’uomo
e dei predatori?
«Queste persone non conoscono quale sia la realtà delle cose. Vorrei sapere se qualcuno di loro ha fatto mai una stagione di malga alzandosi alle quattro del mattino per radunaregli animali per la mungitura, pulire la stalla e l’impianto dimungitura, accompagnare al pascolo la mandria, fare formaggio, ricotta e burro, salare le forme di formaggio, tagliare le specie infestanti, andare a fare legna, di nuovo mungere, lavare gli impianti di mungitura, governare il magazzino del formaggio. E adesso il malghese ha ulteriori impegni: munito di binocolo deve contare ilgiovane bestiame al pascoloper controllare se ne manca qualche capo, alzarsi di notte all’abbaiare dei cani munirsi ditorcia per verificare se è arrivato l’orso e tra poco anche il lupo. Occorre trovare un equilibrio. La situazione attuale ha bisogno di un’attenta valutazione e di rapide scelte, non bloccate da sensazioni espresse e raccolte dai media di persone che non conoscono la realtà dei fatti. Gli orsi e i lupi possono trovare la loro nicchia ecologica in boschi e praterie primarie poco frequentati dall’uomo allevatore e dal turista occasionale e anche lì in numero controllato. Penso ai gravi danni ambientali provocati da alcune popolazioni eccessive di ungulati come i cinghiali, cervi nel Cansiglio, nel Parco del Gran Bosco di Salbertrand, alla Mandria per citare solo alcuni. Una cosa è certa: il progetto Life Ursus deve essere ripensato, rimodulato soprattutto per gli aspetti relativi allescelte trofiche, di diffusione, di comportamento della popolazione di orsi in una montagna per fortuna ancora ricca di alpeggi e altre colture agrarie e infine leggi e regolamenti chiari e operativi».