(20.08.14) Il mio libro - uscirà a metà settembre - "La civiltà dei bergamini. Una tribù lombarda di malghesi tra i monti e il piano tra il quattordicesimo e il ventesimo secolo", edito da Centro Studi Valle Imagna ha l'onore di essere illustrato anche con immagini inedite di Scheuermeier
La civiltà dei bergamini
vista da Scheuermeier
di Michele Corti
Grazie all'Archivio AIS dell’Istituto di Lingue e Letterature Romanze e della Biblioteca Karl Jaberg dell’Università di Berna il volume sui bergamini ha potuto essere arricchito dall’importante documentazione iconografica di Paul Scheuermeier, etnografo che negli anni '20 dei secolo scorso eseguì migliaia di riprese fotografiche che rappresentano (insieme a disegni e puntuali osservazioni linguistiche e relative alla cultura materiale) una fonte unica sulla civiltà rurale dell'Italia e della Svizzera italiana e retoromancia
Pubblichiamo alcune delle tante e belle immagini di Paul Scheuermeier che hanno contributo ad illustrare il volume sui bergamini grazie alla cortesia dell'archivio Archivio AIS dell’Istituto di Lingue e Letterature Romanze e della Biblioteca Karl Jaberg dell’Università di Berna che ha concesso l'uso di immagini a bassa definizione per la promozione del volume stesso.
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Il carèt del nostro bergamì in viaggio. Mentre la mandria pascola, il carro rimane nel prato vicino alla strada.Il telo bianco che copre il carro durante il cammino è stato tolto. Le gabbie con i polli, il vitellino e i bambini sono stati messi a terra. Nel carro passeranno la notte le donne con i bambini, mentre il bergamì dormirà per terra sotto la sua coperta: domani mattina si riprende il cammino verso Crema. Paul Scheuermeier, Sant’Omobono (Valle Imagna), 27.09.1927 (Archivio Ais, Università di Berna, foto n. 2047). |
Il bergamì è il proprietario del bestiame che alla fine dell’estate lascia le sue montagne per spostarsi nella pianura lombarda dove passerà l’inverno. Sul suo carèt porta con sé l’essenziale: innanzitutto i vitelli più piccoli e la caldaia di rame per il formaggio. la culdéra. Paul Scheuermeier, Sant’Omobono (Valle Imagna), 27.09.1927 (Archivio Ais, Università di Berna, foto n. 2042). |
È di per sé indicativo, come testimonia l’iconografia de "La civiltà dei bergamini", che una vasta ricognizione del patrimonio della cultura materiale in Italia, eseguita tra il 1919 eil 1935, prima cioè della scomparsa di una buona parte di esso, sia stata eseguita da uno studioso svizzero-tedesco. Pur non dimenticando il contributo dei Costantino Nigra, dei Graziadio Isaia Ascoli alla conoscenza delle lingue e delle culture e delle tradizioni popolari, valgono anche per l’Italia le considerazioni, di E.Weber per la Francia:
[...] etnografi e antropologi francesi (certo non solo francesi, ma quelli francesi più che i loro colleghi di altri paesi) no a poco tempo fa si sono appassionatamente dedicati a studiare popolazioni esotiche, trascurando di studiare la propria, mentre poi i sociologi sono direttamente passati dai primi studi sulle società primitive a quelle sulla società urbana e industriale, lasciando da parte il mondo contadino che pure stava attorno o dietro tale società (1)
Si può aggiungere che, mentre in Nord Europa e in Nord America i Rural studies sono un ambito di primaria importanza della sociologia, in Italia la sociologia rurale rappresenta un ambito di studio marginale passato dall’interesse per i ‘metalmezzadri’ a quello per i ‘prodotti tipici’.
La scomparsa della tradizione contadina locale è stata probabilmente accelerata anche dalla scarsa stima che esiste generalmente in Italia nei confronti del contadino: da molti il contadino viene considerato e trattato come un inferiore, ed egli stesso solo raramente si definisce con orgoglio contadino (2).
Il carro del bergamì, carico di bambini, polli, ecc., è pronto per mettersi in viaggio verso Sud. Non appena sarà scattata la fotografia la gambìsa, l’arco di legno da mettere al collo degli animali, monteranno su[l carro] anche i vitelli. [...] Il bergamì si è legato velocemente lo sgabello da mungitura a un solo piede con cinghie di cuoio per farmi vedere. Paul Scheuermeier, Sant’Omobono (Valle Imagna), 28.09.1927 (Archivio Ais, Università di Berna, foto n. 2053). |
Invernizzi,il bergamì incontrato ieri, è ancora qui, sta per partire con gli animali; preferisce viaggiare tutta la notte per non essere disturbato dalle automobili. Per mostrarmi il modo in cui cavalca in montagna su una sella imbottita di paglia, sale a caàl sul bast, mentre il glio porta la culàna del cavallo. Paul Scheuermeier, Sant’Omobono (Valle Imagna), 28.09.1927 (Archivio Ais dell’Università di Berna, foto n. 2052). |
Anche in questo caso è utile il confronto con un paese ‘latino’ come la Francia osservata dall’americano E.Weber:
Insomma, il contadino si vergognava di essere tale; si vergognava di essere incivile e conveniva con i suoi giudici nell’ammettereche a lui mancava qualcosa di prezioso e di altamente superiore, ossia conveniva che la civiltà francese, e in particolare tutto ciò che veniva da Parigi, fosse evidentemente qualcosa di superiore e, quindi, di apertamente desiderabile (3).
I pastori e i mandriani transumanti, però, accomunati dalla medesima origine, appaiono un’eccezione significativa. Non a caso un altro autore svizzero tedesco (il Niederer) si esprima nei seguenti termini a proposito dei pastori bergamaschi: “[…] questi bergamaschi non erano pastori assunti per la transumanza, ma gli stessi proprietari e allevatori di greggi quanto mai orgogliosi della loro condizione”(4)
Nella sua presentazione eloquentemente intitolata "Orgoglio bergamino", Antonio Carminati, direttore del Centro Studi Valle Imagna scrive:
Penso si possa parlare di orgoglio bergamino. A Pizzino alcuni bergamini, durante la regolare visita annuale al piccolo cimitero del paese, dove ricongiungersi alla memoria dei loro antenati, amavano esclamare, con una buona dose di ironia: “Requiem aeternam ai mòrcc de Pizzì: nò ai marà, ma a tücc i bergamì”. Sempre a Pizzino il trono con la statua della Madonna, durante la festa patronale agostana, immancabilmente veniva portato in processione dai bergamini, che si aggiudicavano l’incanto pubblico, e in quel gesto essi manifestavano la loro supremazia. Questo modo di fare si rivelava ogni qualvolta il gruppo avviava relazioni aventi rilevanza esterna: ad esempio nell’uso della cavalla (possibilmente dal pelo chiaro) per recarsi al mercato, oppure nell’indossare la bella scossàla durante la transumanza, o ancora nell’agganciare ai grossi collari delle mucche i campanacci migliori. E potremmo fare ancora molti esempi.
Dal momento che i bergamini rappresentavano quella faccia della ruralità che non solo non si vergognava della sua condizione, ma ne era fiera la cultura borghese sino ad oggi dominante, per quanto cammuffata di varie ideologie 'di sinistra', cosa ha fatto... li ha condannati alla damnatio memoriae, al folklore. Ora, non a caso, in un periodo di grave crisi sociale e di 'barcollamento' di istituzioni e classi (pseudo) dirigenti, è possibile tornare a riconsiderare il contributo di componenti sociali già etichettate come 'marginali', 'retrograde', non egemoni, allo sviluppo sociale (che è sempre proceduto molto più 'dal basso' rispetto a quanto chi scrive la storia a beneficio di chi comanda ci vuole far credere.
Note
(1) Weber E., Da contadini a francesi. La modernizzazione della Francia rurale 1870-1914, Il Mulino, Bologna, 1989. p. 30.
(2) P. Scheuermeier, Il lavoro dei contadini, Vol II., Milano, 1956, p. 290.
(3) E.Weber Da contadini a francesi..., p. 29.
(4) A. Niederer, "Economia e forme tradizionali di vita nelle Alpi”, in P. Guichonnet, Storia e civiltà delle Alpi. Il destino umano, Jaca Book, Milano, 1987 pp.9-105 (p. 15).
Bibliografia
Scheuermeier P. Bauernwerk in Italien der italienischen und ratoromanischen Schweiz: eine sprach- und sachkundliche Darstellung hauslichen Lebens und landlicher Gerate, Verlag Stämpfli & Cie. Bern, 1956.
Scheuermeier P. Regioni ergologiche del mondo agrario italiano G. Krebs, Basilea, 1972
Scheuermeier P. Il lavoro dei contadini. Cultura materiale e artigianato rurale in Italia e nella Svizzera italiana e retoromanza, a cura di Michele Dean e Giorgio Pedrocco, trad. it. di Isabella Gaudenzi e Katharina Dori Egger, Longanesi & Co., Milano, 1980, 2 voll.
Scheuermeier P. La Lombardia dei contadini 1920-1932 vol. 2, a cura di Giovanni Bonfadini, Fabrizio Caltagirone, Italo Sordi, Grafo, Brescia, 2002.