(15.07.15) Come in ogni annata siccitosa, ci si accorge che la monocoltura maidicola della pianura lombarda causa danni inaccettabili agli ecosistemi acquatici dei fiumi e dei laghi. Inutile sottolineare come la diffusione delle centrali a biogas abbia ulteriormente aggravato il problema
La "sete" insostenibile
della mais monocoltura
La libertà d'impresa dovrebbe avere dei limiti nell'interesse sociale. In teoria. In pratica, nell'epoca dell'ipocrisia trionfante, delle finte energie rinnovabili, della crescita infinita ma "sostenibile" (e come?), le cose vanno all'opposto. Se tutti coltivano mais è ovvio che in anni di scarse precipitazioni estive il fabbisogno idrico si impenna a valori insostenibili. E così il "minimo deflusso vitale" dei fiumi va a farsi benedire. Non parliamo di quello che succede ai laghi Compromettendo un prezioso sistema dai molti servizi ecologici a mero collettore e distributore di volumi idrici
di Giancarlo Moioli
Ancora una volta, puntuale, si ripresenta la annosa questione delle esigenze idriche della pianura bergamasca, a fronte di una ondata prolungata di caldo, che mette a rischio le coltivazioni di mais. Leggo sui giornali e su l’Eco di Bergamo degli appelli, della urgenza con cui provvedere al rilascio di straordinari quantitativi di acqua per non compromettere definitivamente circa 7000 ettari di coltivazione a mais, afferenti l’acqua prelevata dal fiume Serio.
È bene che ci diciamo le cose con onestà e trasparenza, al fine di capire esattamente ove sta il problema. Da tecnico agrario che si occupa da 40 anni di cura e mantenimento del territorio, di conservazione della biodiversità ma anche della sopravvivenza di molte aziende agricole, non posso tacere di fronte ad affermazioni fuorvianti che continuo a leggere. È noto a tutti che negli ultimi 20 anni il cambiamento climatico in atto sta causando sempre piu’ grosse difficoltà di disponibilità idrica (le eccezioni – anno 2014 – confermano la regola) necessaria ed in notevoli quantità alla coltivazione del mais.
La nefasta monocoltura del mais
Vogliamo riassumere gli impatti, i guai della momocoltura del mais?
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mancato utilizzo della sostanza organica (letame) sostituita da liquami che ha fatto perdere il potere tampone ai terreni causando il percolamento di nitriti e nitrati nelle falde idriche e per questo siamo stati sanzionati dall’Unione Europea;
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diffusione inarrestabile della Diabrotica, che trova facile propagazione nella vastità di monocoltura a disposizione.
Il nuovo Programma di sviluppo rurale, che sta diventando operativo e vincolante prevede sempre più limitazioni a questo modo di coltivare, segno che “dobbiamo per forza cambiare strada”. Poco si è fatto, però, per diversificare i sistemi di irrigazione (per aspersione è noto che si consumano molto ma molto meno volumi di acqua, ma sono pochi in Bergamasca quelli che si sono attrezzati); si continua ad irrigare per scorrimento, come fossero una risaia, ben sapendo che non abbiamo tale e tanta acqua da far scorrere sui campi.
Certamente la coltivazione del mais è la base della produzione alimentare necessaria per i nostri allevamenti da latte (purtroppo sempre meno remunerato) ma se il trend è quello che vediamo e conosciamo, dobbiamo per forza e con coraggio cambiare strada. Un buon imprenditore (l’imprenditore agricolo in questo caso) per continuare a stare sul mercato deve trovare una alternativa seria, praticabile, economicamente che stia in piedi.
Non ci sono soluzioni palliative
Con franchezza: ma chi ci crede che le vasche di accumulo ad Albino di cui si va parlando da anni (a cura del Consorzio di bonifica) possano servire in momenti di magra per soddisfare la grande sete del mais? Affinchè non mi si dica che ho messo al primo posto altre questioni (che tratto qui subito di seguito), sottolineo, comunque l’importanza del sostegno alla nostra agricoltura. Gli enti locali (Comunità Montana e comuni) in questi anni hanno investito risorse non indifferenti per riqualificare il fiume, le sponde, le aree limitrofe e realizzare una rete di percorsi ciclo pedonali che migliaia di persone ogni giorno utilizzano. La qualità della vita, di cui tanto si parla a proposito ed a sproposito, passa proprio da qui; ne più ne meno. E da un mese a questa parte, ogni giorno, lungo il fiume sono assiepate centinaia di persone che cercano di sfuggire alla calura, nell’unico modo economico e salutare che hanno a disposizione: ombra della vegetazione perialveare, fresco generato dall’acqua rilasciata.
Vogliamo togliere anche questo,
tagliando il 50 per cento del minimo deflusso vitale?
Da circa una settimana la qualità dell’acqua rilasciata, peggiora a vista d’occhio (deposito di fanghi, aumento sensibile delle alghe, schiume ecc.); ovviamente a monte non tutto funziona perfettamente a livello di depurazione e la gente in montagna quest’anno ci va alla grande vista la calura, con le conseguenti necessità corporali……; provate a fare un salto a valle della “Bocca di presa della Roggia Borgogna” in comune di Nembro per accertarvi di cio’ che dico; la sempre piu’ deficitaria ossigenazione rischia di compromettere la vita delle specie ittiche presenti, con enorme presa in giro anche dei contribuenti e degli enti che tanto hanno speso per le semine ittiche periodiche.
Le proteste di questi giorni (il turismo ne andrà di mezzo in pieno) sulla identica problematica al lago d’Idro e lago d’Iseo, ci impongono un vero cambiamento.
Chiudo citando la recente enciclica di
Francesco “Laudato si”; rivolgendomi alla Coldiretti
(organizzazione che stimo tantissimo) che ogni anno, per ispirazione
cristiana legata alla propria attività, celebra la festa annuale del
ringraziamento.
Sensibilizzi di piu’ i propri soci sulla necessità di cambiare metodo e coltivazioni, altrimenti in coscienza, non possiamo ringraziare Dio di averci donato l’acqua per irrigare i campi, sottraendola alle 90.000 persone (piu’ l’indotto) che vivono in bassa Valle Seriana e che sul fiume Serio ci vanno per boccheggiare il meno possibile, senza fare ricorso magari a dispendiosi e costosi condizionatori.