(29.01.15) Con i prezzi del petrolio e del gas naturale che toccheranno quest'anno minimi storici (per poi restare bassi per anni) si pone il problema del costo insostenibile degli incentivi al biometano. Di fronte ad un conto sempre più salato per il sostegno delle pseudo energie rinnovabili (destinato ad ingrassare gruppi speculativi ed ecomafia) è necessario ridiscutere le strategie sull'energia
Biometano
Ma quanto ci costeresti?
di Michele Corti
Con la riduzione del costo dell'energia fossile incentivare le rinnovabili costerà molto di più. Quindi diventano cruciali la domande: Chi ci guadagna? Sono veramente misure ecologiche o nascondono solo un abile strategia di trasferimento di reddito, di impoverimento del popolo a vantaggio di gruppi speculativi legati alla politica? Vi sono misure più efficaci, più pulite, più democratiche i cui vantaggi ricadrebbero direttamente sulle persone. Se si scegli di andare avanti su una strada sciagurata è perché la politica è complice
Barclays e Goldman Sachs Group Inc ieri 28 gennaio 2015 hanno fortemente ridimensionato il prezzo del petrolio previsto per il 2015. Barclays ha ridotto la previsione da 72 a 44 dollari al barile per il brent greggio. Barclays prevede che la caduta del prezzo del greggio non si fermerà prima di aver toccato il fondo alla miseria di 30 $.
Con il calo del costo dell'energia fossile è necessario ripensare la strategia di riduzione delle emissioni premiando l'autoproduzione di energia, il riciclo di materia, la riduzione degli sprechi energetici, degli imballaggi inutili, dei beni di consumo a perdere, la produzione di compost di qualità a livello di comunità e famigliare. Bisogna spendere in modo efficace non premiando le rendite parassitarie che si nascondono dietro i business del biogas, biometano, biomasse.
Si dirà che nonostante che il prezzo del gas sia strettamente legato a quello del brent il prezzo del gas in Italia non ne risentirà perché legato da contratti che ci costringono a pagare prezzi anacronisticamente alti. Questo è vero ma le previsioni a medio termine dicono che al tonfo dei prezzi del petrolio (e del gas) che si registrerà quest'anno seguirà un recupero molto lento nei prossimi anni. Con la scadenza dei contratti di fornitura a prezzo bloccato il prezzo del gas naturale in Italia nei prossimi anni è destinato a ridimensionarsi notevolmente. Oltre a riflettere il calo del prezzo del petrolio al quale è ovviamente legato per l'ampia intercambiabilità delle due fonti energetiche, il prezzo del gas risente anche la realtà di una diversificazione dell'offerta, con nuovi giacimenti e nuovi produttori che si affacciano sul mercato.
In tutto il movimento intorno alle nuove strategie di approvvigionamenti energetici l'Italia, la pianura padana in modo particolare, sono destinate a rappresentare un oggetto passivo. La rete dei gasdotti, delle stazioni di pompaggio degli stoccaggi (realizzati anche sulle faglie sismiche in barba ad ogni principio di precauzione) servirà sempre più a veicolare gas naturale destinato ad altri. Noi dobbiamo diventare un hub del gas perché l'Italia, da tempo degradata a colonia dell'impero è terra di conquista, da violentare, sfruttare senza scrupoli. La cosa paradossale è che mentre saremo sempre più massacrati dai gasdotti e dagli stoccaggi ci toccherà pagare a caro prezzo il gas perché mentre il gas naturale a basso prezzo "transita" noi - gli scemi del villaggio - useremo (almeno nelle intenzioni dei nostri governanti) per i vari usi dell'energia una quota di biometano che pagheremo carissimo il gas per ingrassare la lobby del biogas (compreso il costo dell'estensione della rete per allacciare le centrali). Il buon senso dice che già oggi in vaste aree della pianura padana lo spandimento di crescenti quantitativi di digestato determina gravi impatti sul terreno e sulle acque. Pensare, per sostenere il mercato dell'impiantistica biogas, di realizzare nuove centrali a biometano è pura follia.
A parte l'impatto delle montagne di digestati prodotti quanto costerà sostituire anche solo il 5-10% del gas naturale per autotrazione o immissione in rete con il biometano? Se il costo del bas naturale crolla quello dell'incentivo si impenna.
Con i fortissimi incentivi necessari (che andrebbero in tasca agli speculatori) quante azioni di “ecologia democratica”, quanti interventi capillari che non alimentano ecomafie e lobby e un sempre più losco biocapitalismo si potrebbero finanziare? La questione è chiaramente politica. Una strategia diffusa di riciclo, risparmio energetico, riduzione degli sprechi consumistici non crea profitto per i grandi gruppi e per i politici ad essi legati.
Qualcuno potrebbe osservare: ma se non si procede alla sostituzione delle fonti energetiche fossili con quelle rinnovabili le concentrazioni di CO2 nell'atmosfera aumenteranno a un ritmo che potrebbe portare a cambiamenti climatici gravissimi e irreversibili. Vero. Anche se sappiamo che le previsioni catastrofiste sull'aumento della temperatura sono state smentite da un arresto (o pausa) del trend di riscaldamento mentre le concentrazioni di CO2 - passata la fase peggiore di recessione mondiale - sono tornate a galoppare. Il nesso tra CO2 e riscaldamento non è così stretto come è riuscito a far credere chi aveva interesse a incassare lucrose sovvenzioni alle rinnovabili sbandierando Kyoto per ottenere facili arricchimenti a spese dei sudditi tartassati e sfruttati.
Chi vive nelle regioni più inquinate del pianeta, in una cappa di polveri sottili, chi respira aria con benzopirene, formaldeide, diossina a livelli che l'OMS ha dichiarato costituire un agente cancerogeno si chiede se sovvenzionare con le tasse e con i sovra prezzi della bolletta energetica in nome di una parziale e spesso discutibile riduzione di CO2 non rappresenti un grave sopruso sociale. Tenendo conto del trasferimento di ricchezza dalla massa dei consumatori/utenti (comprese le fasce a più basso reddito per le quali può comportare una riduzione di consumi indispensabili, compresi quelli alimentari) a gruppi finanziari speculativi e del peggioramento certo delle quantità di emissioni nocive in atmosfera quale effetto della sostituzione del gas naturale (la fonte meno inquinante per produrre energia) con le biomasse.
Non va dimenticato che, oltre ad aggravare la già allarmante situazionedell'inquinamento atmosferico (che non riguarda solo la pianura padana ma anche la fascia adriatica e le aree metropolitane del centro e sud Italia) l'uso delle biomasse comporta una serie di effetti negativi: disboscamento di vaste aree anche compromettendo la sicurezza idrogeologica (come si è visto in questi giorni in Sicilia), sottrazione di superfici agricole alla produzione alimentare, importazione di biomasse da oltre mare con rilevanti costi energetici di trasporto e pesanti effetti ecologici negativi sulle aree di origine del legname (o dell'olio di palma), disincentivazione del riciclo della materia e della riduzione della produzione di rifiuti, disincentivazione del compostaggio di qualità (vera) con conseguente perdita di opportunità per l'agricoltura di ricostituire le carenti scorte di sostanza organica dei terreni, e mantenimento del business dei rifiuti e delle ecomafie. Il tutto per recuperare un po' di energia dai rifiuti facendoci credere che sia ecologico bruciare o produrre biogas (destinato ad essere a sua volta bruciato) e non puntare su differenziazione spinta, riduzione del rifiuto, compostaggio, lotta agli sprechi energetici.
Tutte queste soluzioni, che non sono appetitose per il biocapitalismo senza scrupoli, per l'ecomafia, per la politica corrotta (o comunque prona alle lobby rapaci), con il crollo del prezzo internazionale del gas naturale diventano economicamente più interessanti. Non è difficile capire che per sostenere la produzione di biometano (che di suo presenta difficoltà tecnologiche, ecologiche ed economiche non da poco) nei prossimi anni il governo dovrà imporre sussidi fortissimi. Per poter vendere biometano per autotrazione pantalone dovrà sborsare un differenziale di prezzo elevatissimo. Chi lo paga? Lo stato si priverà delle accise? Se si si rifarà in un modo o nell'altro sui contribuenti. Quanto al differenziale tra il prezzo tra biometano immesso nella rete e il gas naturale pagherà in ogni caso il consumatore, sia che usi direttamente il gas sia che paghi l'energia elettrica prodotta con una quota di biometano.
A fronte della riduzione del costo dell'energia fossile ci si deverendere conto che tramite tasse o tariffe il cittadino è chiamato a sborsare in incentivi molto di più per la finta “energia pulita”. I cittadini si chiedono quindi se non sia meglio continuare (specie nelle aree super inquinate del paese) ad usare il gas naturale per produrre energia piuttosto che sostituirlo con biomasse (che sono sempre più inquinanti per unità di energia prodotta) e utilizzare le enormi e crescenti risorse necessarie per compensare il differenziale di costo dell'energia prodotta da biomasse per finanziare modalità più efficienti ed ecologiche di riduzione delle emissioni di CO2 ovvero la promozione dell'efficienza energetica (nell'edilizia, nell'industria, in ogni ambito), la produzione capillare di compost di qualità con l'apporto di sostanza ai terreni e l'accumulo in essi di carbonio invece che la combustione, la riduzione degli sprechi (alimentari e non), degli imballaggi superflui, dei prodotti a perdere che rappresentano energia gettata al vento, l'incentivazione a tutti i livelli dell'autoproduzione (ovvero per autoconsumo e non per immissione in rete) di energia da fonti veramente rinnovabili (sole, vento, acqua).
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