(03.01.15) Papa Bergoglio ieri ha pronunciato un discorso forte sull'agricoltura. Ha detto che chi svende la terra, avvelenandola o "destinandola ad altri usi apparentemente più redditizi" vende la propria madre. Ha sdoganato il concetto di madre terra anche al di là della "dimensione francescana"
Difendere la madre terra
Il papa, pur con qualche prudenza di troppo - che non può non determinare qualche delusione in chi lo ha salutato come "papa di rottura" - ha parlato chiaramente del nesso tra coltivare la terra e "custodirla" e ha parlato della terra come sorella e madre degli uomini. Avrà certo fatto dispiacere a quei cattolici che considerano "pagano" parlare di madre terra e della sua sacralità per poter giustificare le violenze che ad essa sono inferte in nome del progresso e della tecnica
di Michele Corti
Bergoglio rivoluzionario o no? Se in alcuni suoi discorsi non pochi hanno ravvisato la ricerca di una trasgressività a tutti i costi (con il rischio di non distinguersi dalla sinistra che nasconde il proprio allineamento al capitalismo con la trasgressività di facciata) quello di ieri è stato un discorso prudente ma con messaggi forti. In controtendenza a certe "uscite" che gli hanno procurato non poche critiche da ambienti "intransigenti" (vedi Socci) che, non senza qualche ragione, ricordano che Ratzinger e Wojtyla - molto meno graditi ai media "progressisti" del regime neoliberista - erano forse più rivoluzionari di Bergoglio. Giudizi un po' duri che, si spera, possano essere ridimensionati dall'azione e dalle parole del papa di qui in avanti. Il papa argentino ieri con toni prudenti ha detto cose forti e rivoluzionarie anche se forse non quello che ci si poteva attendere da un papa di "rottura".
Lascia intanto un po' perplessi che abbia colto l'occasione di parlare di cibo agricoltura, in modo comunque bello e impegnativo, davanti ai vertici della Coldiretti piuttosto che ai contadini e ci auguriamo che Bergoglio torni presto a parlare di questi temi in contesti meno ingessati. Ieri parlava alla celebrazione del settantesimo della Coldiretti.
La Coldiretti è un interlocutore giusto?
La Coldiretti, Bergoglio non può certo non saperlo, ha rappresentato e rappresenta il motore della "modernizzazione subalterna" dell'agricoltura. Elevato da contadino a "coldiretto" e poi a "imprenditore agricolo" il produttore agricolo ha visto per certi versi aumentare la subordinazione all'industria e, in tempi recenti, alla grande distribuzione. La politica di industrializzazione agricola, specializzazione, inserimento nelle filiere agroindustriali perseguita anche dalla Coldiretti ha comportato (e continua a comportare ogni anno) l'espulsione di un numero impressionante di piccole aziende. Tanto che molti territori di montagna e di collina ne risultano desertificati dalla presenza umana.
Un Bergoglio veramente rivoluzionario avrebbe potuto dire qualcosa in proposito invece, pur con un discorso che non è passato inosservato, ha preferito "volare alto". Forse troppo.
Bellissimo che si parli di madre terra, che si colga la sovrapposizione tra "custodire" la terra/creato e "coltivare" la terra, intesa anche quale suolo agricolo, terra che fornisce frutti per l'uomo.
Benissimo la denuncia contro chi, in nome del dio denaro, sottrae superfici alla produzione di "produrre buon cibo per la vita di tutti" per destinarla "a usi apparentemente più redditizi", della cultura dello spreco e delle riduzione di ogni valore e risorsa a merce. Il papa, citando la sua esortazione apostolica Evangelii gaudium ha ricordato anche come "Il pane partecipa in qualche modo della sacralità della vita umana, e perciò non può essere trattato soltanto come una merce". Ha ricordato che "l’aria, l’acqua e il suolo stesso perdono la loro purezza a causa dell’inquinamento".
Ci pare di cogliere, però, dei toni poco consoni ad un papa "rivoluzionario" quando Bergoglio dice che "La sfida è: come realizzare un’agricoltura a basso impatto ambientale?". Perché non riprendere la dimensione sociale del conflitto tra comunità rurali e multinazionali che pure anche il "conservatore" Ratzinger (bollato così perché non gradito alla sinistra borghese) aveva evocato.
Pur riconoscendo la forte presa di posizione sulla centralità dell'agricoltura, la bellezza dell'appello a difendere la madre terra il discorso di Bergoglio manca di riconnettersi a quelle questioni di ecologia sociale che pure la chiesa e i suoi predecessori hanno coraggiosamente aperto e la sua denuncia rischia di essere confusa con l'ambientalismo.
Ma forse è inutile fare troppe elecubrazioni. Il papa avrà semplicemente pensato che dire certe cose davanti ai vertici Coldiretti fosse inutile (non c'è peggior sordo...) . C'è da sperare che Francesco intenda ritornare su questi temi con un intervento di più ampio respiro in altra occasione.
L'intervento del papa
Cari fratelli e sorelle, buongiorno.
Vi do il benvenuto in occasione del settantesimo anniversario di fondazione della Confederazione Nazionale dei Coltivatori Diretti. Ringrazio il vostro Presidente per le cortesi parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Estendo il mio saluto al Consigliere ecclesiastico nazionale e a quelli regionali qui presenti, segno della speciale attenzione che la Chiesa riserva alla vostra attività.
Il nome "coltivatori diretti" fa riferimento al "coltivare", che è un’attività tipicamente umana e fondamentale. Nel lavoro degli agricoltori c’è, infatti, l’accoglienza del prezioso dono della terra che ci viene da Dio, ma c’è anche la sua valorizzazione nell’operare altrettanto prezioso di uomini e donne, chiamati a rispondere con audacia e creatività al mandato consegnato da sempre all’uomo, quello di coltivare e custodire la terra (cfr Gen 2,15). Il verbo "coltivare" richiama alla mente la cura che l’agricoltore ha per la sua terra perché dia frutto ed esso sia condiviso: quanta passione, quanta attenzione, quanta dedizione in tutto questo! Si crea quel rapporto familiare e la terra diventa la "sorella" terra.
Davvero non c’è umanità senza coltivazione della terra; non c’è vita buona senza il cibo che essa produce per gli uomini e le donne di ogni continente. L’agricoltura mostra, dunque, il proprio ruolo centrale.
L’opera di quanti coltivano la terra, dedicando generosamente tempo ed energie, si presenta come una vera e propria vocazione. Essa merita di venire riconosciuta e adeguatamente valorizzata, anche nelle concrete scelte politiche ed economiche. Si tratta di eliminare quegli ostacoli che penalizzano un’attività così preziosa e che spesso la fanno apparire poco appetibile alle nuove generazioni, anche se le statistiche registrano una crescita del numero di studenti nelle scuole e negli istituti di Agraria, che lascia prevedere un aumento degli occupati nel settore agricolo. Nello stesso tempo occorre prestare la dovuta attenzione alla fin già troppo diffusa sottrazione di terra all’agricoltura per destinarla ad altre attività, magari apparentemente più redditizie (cfr Messaggio per la Giornata del Ringraziamento, 9 novembre 2014). Anche qui domina il dio denaro! E’ come di quelle persone che non hanno sentimenti, che vendono la famiglia, vendono la madre, ma qui è la tentazione di vendere la madre terra.
Tale riflessione sulla centralità del lavoro agricolo porta il nostro sguardo su due aree critiche: la prima è quella della povertà e della fame, che ancora interessa purtroppo una vasta parte dell’umanità. Il Concilio Vaticano II ha ricordato la destinazione universale dei beni della terra (cfr Cost. past. Gaudium et spes, 69), ma in realtà il sistema economico dominante esclude molti dalla loro giusta fruizione. L’assolutizzazione delle regole del mercato, una cultura dello scarto e dello spreco che nel caso del cibo ha proporzioni inaccettabili, insieme con altri fattori, determinano miseria e sofferenza per tante famiglie. Va quindi ripensato a fondo il sistema di produzione e distribuzione del cibo. Come ci hanno insegnato i nostri nonni, con il pane non si scherza! Io ricordo che, da bambino, quando cadeva il pane, ci insegnavano a prenderlo e baciarlo e a riportarlo sul tavolo. Il pane partecipa in qualche modo della sacralità della vita umana, e perciò non può essere trattato soltanto come una merce (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 52-60).
Ma – per venire alla seconda area critica – altrettanto importante è ricordare che nel libro della Genesi, capitolo 2, versetto 15, si parla della chiamata dell’uomo non solo a coltivare la terra, ma anche a custodirla. Le due cose sono del resto strettamente collegate: ogni agricoltore sa bene quanto sia diventato più difficile coltivare la terra in un tempo di accelerati mutamenti climatici e di eventi meteorologici estremi sempre più diffusi. Come continuare a produrre buon cibo per la vita di tutti quando la stabilità climatica è a rischio, quando l’aria, l’acqua e il suolo stesso perdono la loro purezza a causa dell’inquinamento? Davvero ci accorgiamo dell’importanza di una puntuale azione di custodia del creato; davvero è urgente che le Nazioni riescano a collaborare per questo scopo fondamentale.
La sfida è: come realizzare un’agricoltura a basso impatto ambientale? Come fare in modo che il nostro coltivare la terra sia al tempo stesso anche un custodirla? Solo così, infatti, le future generazioni potranno continuare ad abitarla e a coltivarla.
Di fronte a questi interrogativi, vorrei rivolgere un invito e una proposta. L’invito è quello di ritrovare l’amore per la terra come "madre" – direbbe san Francesco – dalla quale siamo tratti e a cui siamo chiamati a tornare costantemente. E da qui viene anche la proposta: custodire la terra, facendo alleanza con essa, affinché possa continuare ad essere, come Dio la vuole, fonte di vita per l’intera famiglia umana. Questo va contro lo sfruttamento della terra, come se fosse una cosa senza rapporto con noi - non più la madre -, e poi lasciarla indebolire e abbandonarla perché non serve a niente.
È proprio la storia di questa alleanza che la vostra tradizione incarna quotidianamente: la storia di un’agricoltura sociale dal volto umano, fatta di relazioni solide e vitali tra l’uomo e la terra: relazioni vitali: la terra ci dà il frutto ma anche la terra ha una qualità per noi: la terra custodisce la nostra salute, la terra è sorella e madre che cura e che sana. L’ispirazione etica, che motiva e sostiene la vostra azione alla luce della dottrina sociale cattolica, avvicina fin dalle origini la missione della Coldiretti a quella della Chiesa, e la loro collaborazione ha portato tanti buoni frutti all’intera società italiana.
Cari amici, auspico che il vostro lavoro per coltivare e custodire la terra sia adeguatamente considerato e valorizzato; e vi invito a dare sempre il primato alle istanze etiche con cui da cristiani affrontate i problemi e le sfide delle vostre attività.
E, per favore, vi chiedo di pregare per me e di cuore vi benedico.
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