(30.07.15) Il progetto dirigistico della Regione Piemonte di ampliamento e aggregazione dei parchi delle Alpi cuneesi non ha tenuto conto dell'opposizione di amministrazioni locali e delle categorie coinvolte che non sono state neppure interpellate. Di qui un clima di grande tensione entro cui è maturato un gesto clamoroso
Cuneo: lupi e parchi imposti in modo autoritario alla montagna
Una testa di lupo mozzata sanguinante è stata appesa ad un cartello informativo dell'ex comunità montana della valle dell'alto Tanaro lungo la statale del Col di Nava ad Ormea unico comune favorevole all'ampliamento del Parco (perché il sindaco Pd, come la giunta regionale, spera nella cadrega di presidente). Si tratta di una forma di protesta sociale cruda ma che in Toscana è servita a scuotere (almeno un po') la politica e le organizzazioni sindacali indifferenti ai gravissimi danni subiti dalla pastorizia. Una protesta comprensibile (sempre che non sia una messa in scena per favorire l'approvazione della nuova legge sui super parchi) ma che fornisce alibi all'ecopotere, alle potenti lobby del rewilding. Meglio, in ogni caso, le forme di protesta degli allevatori e pastori francesi.
di Michele Corti
Una testa mozzata e sanguinante è stata appesa nella notte tra il 26 e il 27 luglio ad una bacheca informativa dell'ex Comunità Montana Val di Tanaro sulla statale del Col di Nava (e alle sette del mattino qualcuno l'aveva già fotografata e diffusa). Ne sono seguiti paroloni grossi, in una gara per esprimere nelle forme del più puro politically correct lo sdegno di circostanza di politicanti e amministratori ipocriti che hanno svenduto la montagna, ascari al servizio della politica di parchizzazione del territorio portata avanti con zelo dalla Regione Piemonte. Il fatto che, 48 ore dopo il ritrovamento della testa, sia passata la legge regionale sulle aree protette contestata da tutti i comuni (e che ha consentito a qualcuno (vedi i solerti giacobini del M5S) di trarre spunto per imbastire la retorica del "avanti tutta non facciamoci intimidire", apre non pochi interrogativi. Gesto spontaneo o pilotato?
Di sicuro espressione di un clima di grande tensione caratterizzato dall'esasperazione di chi si trova in balia dei lupi e di chi si trova a subire i dixtat di Torino. Il programma di potenziamento dei parchi insieme ai vari progetti pro lupo si inserisce nel quadro del programma ideologico di rewilding delle aree rurali e montane europee decise dalle potenti lobby che vedono la convergenza di ambientalisti e di multinazionali e una forte capacità di influenza a Bruxelles.
In realtà la forma di protesta (o di finta protesta) andata in scena ad Ormea si inserisce in un contesto locale che non vede solo un dibattito molto aspro sull'ampliamento del Parco del Marguareis e la fusione con quello delle Alpi marittime (vera e propria "centrale del lupo") ma che vede anche la contrapposizione tra l'attuale sindaco di Ormea (Ferraris) e i margari, accusati di mettere a repentaglio la sicurezza dei turisti con quei cani da difesa dei greggi (mastini abruzzesi e cani dei Pirenei) che sono stati loro imposti dagli spessi parchi, dagli ambientalisti, dalla Regione Piemonte che condiziona all'uso dei cani da guardiania l'erogazione di contributi per la "difesa dai lupi" (vai all'articolo di Ruralpini). Ferraris aveva minacciato di non concedere più i pascoli comunali ai margari e pastori che avessero utilizzato più di un cane contraddicendo apertamente le indicazioni della regione che legava l'erogazione degli specifici contributi all'uso di un numero di cani adeguato alla numerosità del gregge/mandria. Aggiungasi che Ferraris è succeduto lo scorso anno al sindaco Benzo, che si era schierato coraggiosamente contro la burocrazia e la politica difendendo la montagna e l'autonomia dei comuni (vai a vedere l'articolo di Ruralpini). Aggiungasi anche feroci polemiche in consiglio comunale sulla mancata realizzazione di un progetto "filiera legno" che la minoranza sostiene essere fatto cadere dalla nuova amministrazione solo per ripicca.
E poi come non rilevare che il sindaco di Ormea è l'unico a favore dell'ampliamento del Parco, non tanto per contiguità politica con la giunta regionale (targata PD) ma perché così si candida alla poltrona di super presidente del nuovo super parco (sempre che non la spunti un personaggio come Erbì, l'attuale commissario straordinario che - a dimostrazione della tensione etica che anima i parchi, squallidi centri di potere e clientelismo - ha tempestivamente stracciato la tessera della Lega per prendere quella del PD).
Una vacca nutrice Piemontese "protesta" a suo modo contro l'uccisione del suo vitello da parte dei lupi. Per gli animalisti queste sofferenze non contano.
Il colonialismo "verde" imposto approfittando dello spopolamento
Le Alpi occidentali (tra la Liguria di ponente e la provincia Granda) sono state colpite da una forma di spopolamento precoce e patologico che ha desertificato territori montani già intensamente antropizzati, ricchi di testimonianze storiche e artistiche
L'esodo dalla montagna, avviato già all'inizio del Novecento, ha conosciuto una recrudescenza negli anni del "boom economico" che ha coinciso con i trasferimenti di masse rurali verso le fabbriche di Torino dalle regioni meridionali ma anche dalle vallate delle Alpi occidentali. Non si è arrestato neppure nella fase sucessiva (vedi la figura sopra) quando sul versante francese si è riusciti ad invertire il trend di fortissimo spopolamento, che qui era iniziato già nell'Ottocento.
Nei palazzi delle lobby di Bruxelles hanno ben presente il quadro demografico attuale delle Alpi ed è palese come l'area più "promettente" per politiche di rewilding sia rappresentata dalle Alpi marittime (dove il recupero sul versante francese non è comunque riuscito a far sì che le Alpi del Sud rappresentino il "buco demografico" dell'intero Arco alpino).
"Naturale" o "assistita" che sia è qui, nel Parco del Mercantour (che si vorrebbe costituisse con il nuovo parco sul versante italiano un enorme parco transfrontalier0), che si è sviluppata la strategia che ha portato al ripopolamento del lupo in ormai mezza Francia (in circostanze comunque ambigue considerato che per sei mesi venne tenuta segreta la presenza dei lupi).
Le ambizioni dei tecnocrati verdi guardano a questa porzione alpina come a quella dove sperimentarel'applicazione all'Europa del modello nordamericano (dove i parchi sono stati istituiti in aree deserte). Ciò presuppone una forte e ulteriore contrazione della popolazione, l'abbandono dei centri abitati più piccoli, la graduale cessazione delle attività tradizionali (alpeggio, utilizzazioni boschive) e del turismo, ovvero di tutte quelle attività che giustificano la permanenza nelle borgate e rivitalizzano, almeno nel corso di alcuni momenti dell'anno, una realtà sociale ormai asfittica. Oggi si vive ancora largamente di pensioni in montagna ma con le "riforme" è facile prevedere che questa fonte di reddito di sopravvivenza cesserà e che in assenza di un rilancio di attività agricole, artigianali, turistiche (su piccola scala) la montagna morirà. Ovviamente tutto ciò non viene dichiarato ma oggi si sta cercando di gettare le basi per questo "sviluppo" che è comunque favorito da processi quali la crescente burocratizzazione e la perdita di autonomia dei comuni..
Le difficoltà incontrate dal progetto Life ursus in Trentino ( dove si vuole "vendere" il parco dell'orso in un contesto di forte densità demografica e di prospera industria turistica), suggeriscono di puntare più decisamente su politiche di spopolamento (teorizzate apertamente in Svizzera dove si programma di "chiudere" interi comuni marginali tagliando ogno sevizio e sussidio) e, nel breve-medio termine, di realizzare nelle Alpi occidentali una più organica politica "verde".
Vacca predata dai lupi in alpeggio a Limone Piemonte
Tornano forme di protesta sociale "arcaiche"
L'esecrazione seguita all'esposizione della testa di lupo ad Ormea rappresenta una palese espressione dell'ipocrisia corrente. Quando muoiono a raffica le pecore, i vitelli, le manze lor signori, servi del potere, non fanno una piega. Anzi rimproveraro chi pubblica le foto dei poveri animali fatti a pezzi e spolpati di "terrorismo". Non c'è pietà nemmeno quando muoiono sbranate vive con le budella in fuori, dopo atroci sofferenze. Invece la testa mozzata di Ormea ha suscitato ondate di orrore e raccapriccio.
È chiaro che il lupo è l'animale di chi è prossimo al potere, di chi si identifica con la cultura dominante e le sue espressioni e mistificazioni ideologiche, di chi si ingrassa con i parchi e i progetti europei alle spalle dei margari, dei pastori, della gente delle borgate isolate. Che ha sempre più paura per la propria incolumità. Così come i margari e i pastori, seguiti spesso dai lupi, che chiedono di poter portare le armi. Stare dalla parte del lupo ed esecrare ipocritamente la sua uccisione (sistematica in tutta Italia a causa della crescita della specie e dell'assenza di qualunque controllo legale) è veramente un ottimo modo per segnalare il proprio conformismo sociale, per non rischiare emarginazioni, per essere accettati e compensati .
Collaudati meccanismi di stigma sociale e culturale provvedono ad applicare il marchio del "troglodita ignorante" a chiunque osi collocarsi dalla parte dei pastori, dei montanari e far valere ragioni culturali, ecologiche, sociali contro la politica pro lupo. E siccome nei circoli politici, intellettuali ed accademici italiani non si è mai brillato per anticonformismo, e tanto meno per simpatia per il mondo rurale, non può certo succedere ciò che è avvenuto in Francia dove fior di ricercatori e di intellettuali hanno firmato un manifesto pro pastori e anti lupo (vai a vedere l'articolo di Ruralpini). Paradossale ma emblematico il fatto che Carlin Petrini abbia firmato quel manifesto mentre Slow Food sia saldamente schierato pro lupo (non si capisce poi come si possa pensare di difendere rari formaggi di pascolo).
Il differente clima culturale e sociale tra la Francia e l'Italia fa si che mentre oltralpe la protesta anti lupo sia politicizzata e organizzata in Italia essa debba assumere, in assenza di canali legittimati, i contorni della protesta "arcaica".
Un conflitto sociale aspro
La sofferenza dei margari, dei pastori, degli abitanti delle borgate non può esprimersi attraverso forme collaudate di rappresentanza e dispone di ben pochi canali attraverso i quali portare nell'arena pubblica legittima i motivi della protesta. Così la protesta sociale, come una massa d'acqua che deve trovare modo di defluire da qualche parte, emerge nelle forme arcaiche della protesta cruda e violenta. Le anime belle progressiste, democratiche, di "sinistra" sanno bene come stanno le cose, sanno bene come - ancora nell'Ottocento e anche nel Nord Italia - il disagio sociale, la prevaricazione delle classi dominanti e dell'apparato di repressione statale al loro servizio, si riflettesse in uno stillicidio di furti campestri e di violenze quale unica forma di resistenza sociale concessa nel contesto di un dominio di classe feroce.
Oggi, con il graduale spostamento del potere politico a centri di potere plutocratici opachi (contano più le super lobby e le agenzie di rating che gli organi "ufficiali" del potere politico), con la degenerazione del processo democratico e di simulacri di partecipazione a puro esercizio prodedurale, stiamo tornando a situazioni analoghe e il conflitto sociale, la lotta di classe (che la "sinistra" proclama finita in soffitta) sono tutt'altro che "dissolti" nella società liquida, assumendo nuove forme.
C'è una crescente consapevolezza da parte delle "vittime" che la politica (o meglio la "biopolitica") animal-ambientalista rappresenti una nuova e spietata forma di colonizzazione della montagna che utilizza il lupo (o l'orso) come grimaldello. Al di là dell'autoriflessione strategica sul conflitto di classe in atto ci sono, a gridar vendetta e ad aprire gli occhi ai ciechi, i sette milioni di euro per Wolf Alp, ennesimo progetto pro lupo, gestito dal Parco delle Alpi Marittime (la "centrale"). Il tutto mente per le scuole e strade non ci sono soldi (ovvio, senza strade e senza scuole si accelera il rewilding).
Gap, 22 luglio: in occasione del passaggio del Tour de France un migliaio di allevatori hanno protestato contro la politica pro lupo (con alcuni sindaci in testa)
Atti illegali. Ma dall'altra parte ci sono norme socialmente inique che si basano su motivazioni false
La protezione assoluta del lupo, che è alla base della politica che sorregge la sua espansione in funzione sociale antirurale, è motivata solo da ragioni ideologiche, culturali, sociali. In una parola da ragioni di potere. È socialmente iniqua, ingiustificata, menzognera (in Italia a differenza che in Francia non esistono statistiche sulla diffusione del lupo e "ufficialmente" il loro numero è da vent'anni pari a 1000, quando anche nel mondo lupologico si stima una popolaziuone di 2-3 mila lupi in Italia). Il lupo avanza in tutta Italia (si salvano solo la Sicilia e la Sardegna perché se appaiono risulterebbe palese che sono stati importati). Il lupo avanza in tutta Europa e non ha bisogno di protezione. Semmai ha bisogno di essere contenuto e controllato per essere difeso esso stesso dall'ibridazione. Hanno invece bisogno di protezione i sistemi pastorali con tutti i loro valori di diversità biologica e culturale.
Le leggi che difendono il lupo sono inique e inquinate da un pregiudizio ideologico che ne mina la legittimità giuridica e che copre l'egoismo e la prepotenza delle classi dominanti e delle loro appendici intellettual-scientifiche. In questo contesto gli apparati mediatici del potere finanziario e le organizzazioni ambiental-animaliste garantiscono il sostegno subalterno del parco buoi della piccola borghesia urbana di massa (ipnotizzata dalle ideologie ambientaliste e "progressiste"). Il popolo "troglodita", non condizionato e reso ignorante dagli apparati della scolarizzazione funzionali al controllo sociale e non alla crescita umana (come hanno insegnato Don Milani, Pasolini, Illich) è ancora capace di reagire (in modo politicamente scorretto).
Del resto non si può non considere che le teste mozzate di lupi (e le carcasse appese nelle piazze dei paesi) sono state l'unica forma di protesta che ha scosso (un po') la politica e le organizzazioni agricole in Toscana. Solo dopo la serie dei lupi esibiti sulle strade e nelle piazze la triplice sindacale agricola ha promosso una campagna a difesa degli allevatori (vedi sotto).
Gli ipocriti gridano al bracconaggio. Ma nell'Italia centrale è resistenza sociale allo stato puro. Il bracconaggio non c'entra nulla perché chi vuol far semplicemente sparire un lupo lo fa in silenzio senza richiare. A Scansano (paese del Morellino) all'ingresso del paese, presso la rotatoria che porta alla cantina sociale, è stato affisso un cartello da cantiere con a fianco una testa di lupo mozzata.
Febbraio 2014. In Maremma va in scena la protesta dei pastori esasperati dai continui attacchi dei lupi
L'episodio seguiva il ritrovamento di 10 le carcasse (o teste) di lupo esibite sulle strade e nelle piazze per denunciare l'immobilismo della politica che finge di credere che in Italia il lupo sia costantemente sull'orlo dell'estinzione mentre allevatori, cacciatori, abitanti delle aree rurali e montane sanno bene che i branchi stanno aumentando di numero e di dimensioni. Nonostante ogni anno vengano eliminati centinaia di lupi la specie continua ad espandere il suo areale giungendo sempre più vicina alle città alle coste, alle pianure (e aumentano anche i casi di persone ferite dai lupi o presunti tali). Ma per non urtare la sensibilità di LAV, Enpa, Legambiente, WWF (abili macchine per far soldi) si preferisce mettere la testa sotto la sabbia. Se chiudono gli allevamenti a causa dei lupi non importa nulla alle istituzioni. Basta che allevatori, pastori, montanari escano di scena in silenzio, senza troppo clamore.
La testa di lupo mozzata a Scansano è solo una delle tante. Nel gennaio 2011 a Visso (località in provincia di Macerata di grande importanza per il pastoralismo appenninico che ha dato il nome alla razza ovina Vissana) era stata lasciata sulla statale della Valnerina (vedi foto sopra). La testa era indirizzata al sindaco e al presidente del parco dei Monti Sibillini senza ulteriori rivendicazioni e messaggi. Si tratta evidentemente di un repertorio di protesta consolidato che Internet porta anche in regioni più disciplinate come il Piemonte sabaudo (dove, conunque resta il sospetto che l'episodio di Ormea non sia "spontaneo" ma una messa in scena).
Arcaismo e villaggio globale in qualche modo sono inestricabilmente connessi. Queste proteste per quanto capaci di richiamare l'attenzione rischiano, però, di regalare alibi ai "benpensanti". Anche quando spontanee.
Molto meglio organizzare proteste "alla francese". Per esempio portando davanti ai palazzi del potere (sedi dei Parchi, Prefettura, Regione) le carcasse degli animali sbranati dai lupi, i cari animali che loro tanto proteggono e amano. E non certo perché amano la "natura" visto che si continuano a realizzare le Tav e altre opere inutili e devastanti e nell'ambiente si continuano a riversare ogni tipo di veleni scorie del sistema industriale consumista e capitalista cui tanto piace il rewilding. Visto che del declino di tante altre specie di animali selvatici (esistono anche uccelli, anfibi, pesci a rischio di estinzione) politica, parchi, verdi non se ne curano minimamente